di Riccardo Tavani
Scanzonato, profondo, lacerante, senza illusioni apre alla speranza.
Si tratta di un film che non tanto consiglio di vedere, quanto di fare in modo che si possa vedere nelle vostre città. Se conoscete, direttamente o indirettamente, proprietari e direttori di sale cinematografiche cercate almeno di convincerli ad informarsi, perché si tratta di una pellicola di qualità e anche di incasso garantito.
Al Nuovo Cinema Aquila di Roma, in Via L’Aquila, 68, al Pigneto, lo avevano programmato solo per il periodo festivo, ora hanno deciso di prolungarne la visione, perché sta facendo fare le file al botteghino e caricando di entusiasmo il pubblico.
Si vede anche e soltanto al “Dei Fabbri” di Trieste, “Beltrade” di Milano, “Mezzano” di Agrigento” e “Lanterni” di Pisa.
Proviamo a fare una campagna perché altre sale, in altre città, offrano la possibilità di vederlo.
Si sentiva il bisogno di una simile ventata di aria fresca nel cinema italiano. È la vera sorpresa del nostro cinema non solo dell’anno appena apparso ma anche di quelli indietro per almeno una decina abbondante di anni a questa parte.
Girato con una manciata di spiccioli (quindicimila euro), di giornate di ripresa (undici) e con una Canon 5D da discount dell’elettronica, ottiene un risultato di forma, narrazione e significati davvero stringente e convincente.
È la vicenda di quattro ragazzi di quella periferia generazionale smarrita dalla mancanza di reddito e prospettive, con sentimenti e cultura ad alta definizione e proprio per questo maggiormente umiliata, negata, cancellata. Tra battute di dialoghi fulminanti e scene da commedia del nostro primo neorealismo, si morde l’amaro di una condizione che non sembra offrire nessuna facile via di riscatto. Una generazione straniera a se stessa, no, anzi! arruolata a forza in una sorta di “legione straniera” di se stessa, e lasciata poi vagare assetata nel deserto, alla ricerca di un’oasi, o forse di una borraccia appena di fiducia nelle sue doti e qualità.
Quattro protagonisti di questa vicenda quotidiana delle nostre strade che non a caso sanno riconoscersi nel volto straniero, sconosciuto, lontano nel quale all’improvviso, riflettendosi, si imbattono e al quale cercano di offrire una possibilità, una speranza.
Scrive Walter Benjamin: “Solo per chi non ha più speranza ci è data la speranza”. Questo significa che la speranza autentica è quella che si nutre per altri, mai per se stessi. Essa, infatti, ha in sé quella particolare forza del dono completamente gratuito di spargere intorno la propria aura, la propria energia umana, sociale. Così è questo film.
Un film “ragazzo”, con autori e attori auratici che strameritano anche loro un’apertura di fiducia che sia insieme viatico al cammino del loro talento, come patrimonio che può fare bene a tutti. (Beh, buona giornata).