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Siamo in guerra.

Ha ragione Barbara Spinelli: è meglio che Enrico Letta continui a sussurrare, perché quando ha alzato la voce alla Camera ha detto un’infelice castroneria, paragonando l’invasione dell’Ucraina all’attentato alle Torri Gemelle.

Invece che l’11 settembre 2001 era meglio ricordare l’11 febbraio del 2007 quando a Monaco fu promesso a Putin che non ci sarebbe stato allargamento della Nato verso Est, cioè verso i confini della Russia.

La verità, dice ancora Spinelli, è che tra il 2004 e il 2020 la Nato è passata da 16 a 30 paesi, compresi Polonia, Romania e i Paesi Baltici, tutti confinanti con la Russia.

Ora il problema è che la sovrapposizione tra Eu e Nato porta guai, come l’invasione russa dimostra. Guai che una volta cominciati, nessuno è davvero in grado di sapere come e quando finiscano.

Ora la guerra non è tra Russia e Ucraina, la guerra è qui, tra noi, contro di noi.

Siamo in guerra, non solo perché stiamo mandando armi in Ucraina e militari italiani in Romania.

Siamo in guerra perché dovremo razionare le fonti energetiche, con un aggravio di spese per famiglia si calcola intorno ai 400 euro annui, aumenti cominciati prima, ma che adesso trovano uno straordinario pretesto sia politico che commerciale.

Siamo in guerra, soprattutto perché non possiamo determinare gli esiti del conflitto, solo subirli.

In un mondo globale, le sanzioni sono a doppio taglio tra chi le commina e chi le dovrebbe subire.

Senza contare che Putin può sempre alzare il livello dello scontro. Spingere l’avversario temibile a giocarsi il tutto per tutto è l’anticamera di un disastro irreversibile.

Gli Usa, la Nato e la Ue stanno strumentalizzando il Zelenskij, la Russia le repubbliche popolari del Doneck e Lugansk.

Sono otto anni e decine di migliaia di morti il bilancio provvisorio della guerra in Dombass, finora letteralmente ignorata dalle cancellerie europee, nonostante il Protocollo di Minks.

Il torto di Letta è aver adottato lo schema propagandistico, quello tipico della Guerra Fredda, cercando di coniugarlo alla sciagurate teoria della “guerra al terrorismo”, teoria madre della fuga dall’Afganistan.

Ma questa guerra non è fredda.Il deterrente nucleare sarà ancora valido a raffreddare i bollenti spiriti imperialisti?

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democrazia libertà, informazione, pluralismo, Movimenti politici e sociali Politica Popoli e politiche Potere

Le Pussy Riot condannate, ma Putin ha perso.

Nadezhda Tolokonnikova, leader delle Pussy Riot.
Le Pussy Riot, le tre cantanti punk, diventate il simbolo del dissenso contro Putin, sono state condannate a due anni per teppismo e incitamento all’odio religioso. Mentre si svolgono proteste in tutta Europa, pubblichiamo una lettera dalla prigione

di NADEZHDA TOLOKONNIKOVA

La nostra carcerazione è servita come un chiaro e inconfutabile segno che l’intero paese è stato privato della libertà. E ciò minaccia di annichilire le forze di liberazione ed emancipazione in Russia: è questo che causa la mia rabbia, vedendo il grande nel piccolo, la tendenza nel segno, il comune nell’individuo.

Le femministe della seconda ondata dicono che il personale è politico. Così è. Il caso delle Pussy Riot ha mostrato come i guai individuali di tre persone di fronte alle accuse di teppismo possono dare vita a un movimento politico. Un singolo caso di repressione e persecuzione contro coloro che hanno il coraggio di Parlare in un paese autoritario ha scosso il mondo: attivisti, punk, pop star, membri di governo, attori ed ecologisti, femministe e maschilisti, teologi islamici e cristiani stanno pregando per le Pussy Riot. Il personale è diventato politico. Il caso delle Pussy Riot ha messo insieme forze così multidirezionali che io stento ancora a credere che non sia un sogno.

L’impossibile sta accadendo nella politica russa contemporanea: un esigente, continuo, potente e coerente impatto della società sul governo.
Sono grata a tutti coloro che hanno detto “Free Pussy Riot!”. Adesso ognuno di noi sta partecipando a un grande e importante Evento politico che il regime di Putin sta facendo sempre più fatica a controllare. Qualunque sarà l’imminente sentenza per le Pussy Riot, noi – e voi – stiamo già vincendo.

Perché abbiamo imparato a essere arrabbiati e a dirlo politicamente.

Pussy Riot è contenta che siamo stati in grado di spronare un’azione veramente collettiva, e che la vostra passione politica ha dimostrato di essere così forte da abbattere le barriere linguistiche, culturali, ambientali, di status economico e politico. Kant direbbe che non vede altre ragioni di questo Miracolo se non l’inizio della morale umana. Grazie per questo Miracolo. (traduzione a cura del collettivo Uninomade.

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democrazia Popoli e politiche

Putin al potere altri 12 anni?

di Mark Franchetti* -lastampa.it

Pochi in Russia si sono sorpresi quando il primo ministro russo Vladimir Putin ha annunciato che alle elezioni di marzo intende tornare alla presidenza, una mossa che potrebbe vederlo al Cremlino fino al 2024, facendo di lui il leader con più anni al potere dai tempi di Iosif Stalin. I tempi dell’annuncio hanno colto in contropiede perfino i suoi più stretti collaboratori ma da quando Putin si è dimesso quattro anni fa e ha lasciato il suo posto al Cremlino al suo pupillo Dmitry Medvedev, tutti in Russia hanno capito due cose: che anche da premier Putin continuava a essere il vero detentore del potere e che aveva tutte le intenzioni di essere di nuovo Presidente. Fin qui tutto come previsto. Ma la reazione al trionfale «ritorno» di Putin è invece stata in qualche modo inaspettata. Le migliaia di delegati del partito pro Cremlino presenti al congresso in cui Putin ha dato l’annuncio – e che hanno assistito all’harakiri politico in diretta di Medvedev – sono scoppiati in un fragoroso applauso. La televisione di Stato russa, ovviamente, si è profusa in lodi servili. È poi anche vero che Putin – nonostante la mancanza di democrazia in Russia – è ancora genuinamente popolare tra milioni di elettori. Eppure l’umore del Paese di fronte alla prospettiva di altri 12 anni di Putin sta rivelandosi sorprendentemente pessimista. Quasi il quaranta per cento degli intervistati di un sondaggio ufficiale ha detto di essere scontento della vita in Russia e sarebbe addirittura pronto a scendere in piazza per protestare – la cifra più alta da quando Putin è salito al potere dodici anni fa. Il suo attuale tasso di popolarità, secondo Vstiom, uno dei principali istituti di sondaggio del Paese, è poco più del 40%, dimezzato rispetto al suo picco nel 2008 e il più basso da quando è diventato Presidente per la prima volta. Gli studi mostrano anche che tra i russi comuni la tolleranza per l’endemica corruzione del Paese e gli abusi di potere dei funzionari è al punto di rottura. Un altro stimato istituto di sondaggi ha avvertito che i russi credono sempre meno alle elezioni e non sono scontenti del fatto che in pratica sia il Cremlino, piuttosto che l’elettorato, a scegliere chi governa il Paese.

E, in quella che alcuni stanno già definendo la fuga dei cervelli, secondo gli ultimi sondaggi almeno il 40% dei russi di età compresa tra i 18 e i 24 anni vorrebbe emigrare. Ripeto, milioni di russi saranno felici di votare per Putin, ma qualcosa sta cambiando. La scorsa settimana un’immagine ritoccata del premier ha fatto il giro della rete russa – mostrandolo vecchio e decrepito, sovrapposto a un ritratto di Leonid Breznev, il leader sovietico il cui regno durò 18 anni, fino alla morte, e che è generalmente associato a un periodo di profonda stagnazione. Quelli che non appoggiano il ritorno di Putin sentono che ha perso un’occasione unica per passare alla storia come un grande statista che, riportata la stabilità in Russia, ha passato il testimone a un leader più giovane, moderno e illuminato. I membri delle élite liberali si ritengono traditi da Medvedev, che nel corso degli ultimi due anni li ha indotti a credere che si sarebbe candidato a un secondo mandato. Spiegando la sua decisione di non farlo, il Presidente russo ha detto che Putin era più popolare di lui. Di fronte ai crescenti problemi economici aggravati dalla prospettiva di una seconda crisi finanziaria globale, pare che il Cremlino sia molto allarmato per la potenziale minaccia di disordini sociali. «Non c’è dubbio che la squadra di Putin sia preoccupata per l’aumento del malcontento popolare», ha detto un ex assistente del prossimo Presidente della Russia. «Come ogni sistema autoritario è estremamente suscettibile agli sbalzi d’umore tra la popolazione, soprattutto quando quasi la metà si dice pronta a scendere in piazza. Una dimostrazione di decine di migliaia basterebbe per spaventare chi è al potere. Il pericolo è che Putin, non appena tornato al Cremlino, faccia alcune concessioni, ma allo stesso tempo dia un ulteriore giro di vite, per esempio cercando di limitare le critiche su Internet».

In netto contrasto con la televisione di Stato, il Web in Russia è libero e vitale. Blogger e giornalisti criticano Putin di continuo e scrivono apertamente della corruzione tra le élite. Utente appassionato di Internet e Twitter che lascia raramente il suo ufficio senza il suo i-Pad, il Presidente Medvedev è stato visto da molti come un garante della libertà del Web russo. I liberali temono che Putin, che utilizza di rado Internet, preferisce scrivere a mano ed è considerato molto meno liberale del suo protetto, cerchi di reprimere il Web per frenarne il crescente impatto che sta avendo sulla società russa. Una fonte che gode di buoni contatti al Cremlino sostiene che l’arresto e il processo a Hosni Mubarak hanno molto impressionato Putin e hanno influenzato la sua decisione di ritornare Presidente. «L’ho personalmente sentito imprecare contro i traditori che hanno rovesciato Mubarak – dice la fonte -. Gli eventi della Primavera araba hanno solo rafforzato il suo istinto a non fidarsi di nessuno, nemmeno di Medvedev». Il governo Putin ha aumentato in modo significativo le pensioni e la spesa sociale nel tentativo di smorzare le critiche e migliorare le condizioni di vita. Ma la stabilità economica del Paese è fortemente dipendente dagli alti prezzi del petrolio. Negli ultimi dieci anni poco o niente è stato fatto per modernizzare le infrastrutture fatiscenti della Russia e diversificarne l’economia. Una caduta dei prezzi del petrolio comporterebbe per la Russia l’impossibilità di far quadrare il suo bilancio. La disoccupazione e l’inflazione sono destinate a salire e questo alimenterà il malcontento. Oligarchi come Mikhail Prokhorov, il terzo uomo più ricco della Russia, e personaggi di spicco come Anatoly Chubais, l’architetto delle riforme economiche liberali nel 1990, ed ex della squadra del Cremlino ai tempi di Boris Eltsin, hanno parlato di un futuro tenebroso e del rischio di terremoti tra le forze politiche. La questione principale tra i cremlinologi è come sarà Putin durante il prossimo mandato da Presidente – il Putin che è stato finora o, come alcuni credono e vogliono sperano, un nuovo leader illuminato che sorprenderà anche i suoi critici. Il portavoce di Putin che lavora con il leader russo da dodici anni, la settimana scorsa ha sorpreso molti rilasciando una rara intervista a un canale tv indipendente su Internet, parlando con insolita franchezza.

Dmitry Peskov innanzitutto ha ammesso che, almeno tra le élite privilegiate di Mosca, il ritorno di Putin raccoglie molte critiche: «Dobbiamo spiegarci meglio», ha detto. Quindi, con un’inattesa confessione, Peskov ha confermato che un recente filmato assai ridicolizzato, in cui Putin, indossata una muta, si tuffava in un sito archeologico marino e ne riemergeva dopo qualche minuto tenendo trionfalmente in mano due antichi vasi greci recuperati dopo migliaia di anni a una profondità di soli due metri e perfettamente puliti – era effettivamente una messa in scena – anche se la televisione di Stato l’aveva pedissequamente riportato come una vera scoperta. Un segnale della nuova Russia di Putin? Forse, o forse no. Solo il tempo lo dirà. Per ora il momento di sincerità ha solo confermato che in Russia le cose non sono sempre esattamente quello che sembrano. (Beh, giornata).

*corrispondente da Mosca del Sunday Times di Londra traduzione di Carla Reschia

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

Vi ricordate quando Berlusconi diceva di Putin “il mio amico Vladimir”?

(fonte: repubblica.it)

“Il monopolio di Gazprom per tenere i prezzi alti in Europa”. In questo dispaccio – inviato dall’ambasciata di Mosca nel settembre 2008 – si delinea la strategia di Gazprom nei confronti delle esportazioni di gas del gigante russo: “Il monopolio di Gazprom nelle esportazioni – spiega Ivan Zolotov, direttore delle relazioni esterne dell’azienda – è necessario per difendere gli alti prezzi che i consumatori europei pagano. L’accesso di terze parti ai gasdotti (possibile sul mercato interno, spiega Zolotov) non si applicherà mai alle esportazioni perché non si può permettere al gas russo di competere con altro gas russo: comporterebbe un calo dei prezzi in Europa” Director of Foreign Relationst
LEGGI “Monopolio Gazprom per tenere i prezzi alti in Europa” | “Da Gazprom 40% del budget del governo”
“Gazprom, inefficiente e corrotta” | “Ma non rinunciano a South Stream”

tag: russia, gazprom, energia, russia, unione europea, ambasciata di mosca

CODICE DATA CLASSIFICAZIONE FONTE
08MOSCOW2816 19/09/2008 CONFIDENTIAL Embassy Moscow
VZCZCXRO6521
PP RUEHFL RUEHKW RUEHLA RUEHROV RUEHSR
DE RUEHMO #2816/01 2630748
ZNY CCCCC ZZH
P 190748Z SEP 08
FM AMEMBASSY MOSCOW
TO RUEHC/SECSTATE WASHDC PRIORITY 0052
INFO RUCNCIS/CIS COLLECTIVE PRIORITY
RUEHZL/EUROPEAN POLITICAL COLLECTIVE PRIORITY
RUEHXD/MOSCOW POLITICAL COLLECTIVE PRIORITY
RHEHNSC/NSC WASHDC PRIORITY
RHMFISS/DEPT OF ENERGY WASHINGTON DC PRIORITY
C O N F I D E N T I A L SECTION 01 OF 02 MOSCOW 002816

SIPDIS

DEPT FOR EUR/RUS, FOR EEB/ESC/IEC GALLOGLY AND WRIGHT
EUR/CARC, SCA (GALLAGHER, SUMAR)
DOE FOR FREDRIKSEN, HEGBORG, EKIMOFF

E.O. 12958: DECL: 09/15/2018
TAGS: EPET ENRG ECON PREL PINR RS
SUBJECT: GAZPROM OFFICIAL DESCRIBES THE COMPANY AS A SOCIALIST RENT-SEEKING MONOPOLIST

REF: MOSCOW 2802

Classified By: Econ MC Eric T. Schultz for Reasons 1.4 (b/d)

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SUMMARY
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1. (C) Gazprom’s Director of Foreign Relations, Ivan Zolotov,
told us September 12 that the company’s top three priorities
are to: fulfill domestic gas demand, fulfill “social
obligations,” and to maximize control over domestic and
international oil and gas resources. Zolotov expressed
confidence that control of resources would eventually restore
the $200 billion in shareholder value losses the company has
recently sustained. He said Gazprom is steadfastly against
other Russian companies competing on gas exports to Europe,
which could lead to lower prices. Zolotov was unapologetic
about the difficulty in meeting with its senior officials,
noting that most of them were ill-suited to interacting with
foreign officials but that the company had no intention of
hiring people for that purpose. Finally, he expressed
optimism that there would be no difficulties this winter with
Ukraine. End summary.

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THE MINISTRY OF GAS
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2. (C) During a lengthy meeting at Gazprom’s elaborate
headquarters, a city within a city as Zolotov described it,
we asked Gazprom’s main interlocutor with Western Embassies
and officials to identify Gazprom’s top two or three
corporate priorities. In an unusually frank response,
Zolotov said Gazprom had two basic functions: to fulfill the
gas needs of domestic industrial and residential consumers,
and to fulfill its “social obligations,” which include a
variety of, in effect, charitable projects throughout the
country.

3. (C) When we suggested that most major global companies in
the West would likely have cited maximizing shareholder value
or market share as corporate goals, Zolotov added a third
priority — to maximize control over global energy resources.
He suggested that this control over resources is on par with
maximizing shareholder value, in that it raises the value of
a company’s asset base, which is the key to its long-term
profitability.

4. (C) Zolotov acknowledged that the steep slide in the
Russian stock markets since May, and especially since August
7, had taken a toll on Gazprom’s shareholder value. The
company was valued at more than $380 billion at its peak a
few months ago and is now worth less than $150 billion — a
stunning loss of over $200 billion of the company’s market
capitalization. Zolotov expressed confidence that the
company’s control of gas and oil reserves would ultimately
restore that lost value.

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MONOPOLY PROTECTS HIGH PRICES
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5. (C) In describing its priorities, Zolotov seemed to
appreciate that Gazprom is not a normal company, noting that
it had not yet completed the transition from its predecessor,
the Ministry of Gas. He was equally frank is discussing how
Gazprom’s monopoly powers work in practice. For instance,
when asked about recent efforts (ref A) to force Gazprom to
allow third-party access (TPA) to its pipelines, Zolotov said
that access in itself is not a problem. Indeed, he suggested
that in 15-20 years, some 30% of gas production in Russia
will come from independents.

6. (C) Zolotov added, however, that Gazprom draws a redline
against sharing access, through monetary compensation or
physical connection, to export markets. He explained that
Gazprom’s export monopoly is necessary to protect the high
prices charged to European consumers. He said TPA could
never apply to exports “because we can’t let Russian gas
compete against Russian gas; that would cause prices in
Europe to drop.”

—————————————-

MOSCOW 00002816 002 of 002

ONLY TWO INTERLOCUTORS; AND THEY’RE BUSY
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7. (C) Zolotov also touched on the reason it is so difficult
to get meetings with the company for high-level visitors.
According to Zolotov, in a company with over 400,000
employees, only two — CEO Alexey Miller, Deputy CEO
Alexander Medvedev — would be appropriate for such meetings.
He said few others, if any, would have the requisite
knowledge, authority, and diplomatic skills for such
meetings.

8. (C) Moreover, Zolotov said, both men were constantly
traveling, and hard to schedule; even scheduled meetings were
subject to sudden cancellations. By way of example, Zolotov
noted the recent visit to Moscow by Quebec’s Energy Minister.
Despite Gazprom’s desire to do a deal in Quebec, he could
not get a meeting for the Minister with either Miller or
Medvedev. Zolotov, however, brushed off the need for staff
to conduct such outreach saying “we’re not going to hire
someone just to meet with Energy Minister of Quebec.”

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UKRAINE
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9. (C) On Ukraine, Zolotov expressed optimism that there
would be “no problems” this year in price and contract
negotiations. He said there was even hope for a multi-year
contract to prevent the annual hand-wringing over the
Russia-Ukraine gas trade.

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COMMENT
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10. (C) Our own observations of Gazprom track with Zolotov’s
candid description — a rent-seeking monopolist, looking to
control resources wherever possible, and with a relatively
simplistic sense of responsibility to shareholders other than
the state. Perhaps the best hope for moving Gazprom toward a
model more compatible with modern definitions of a
competitive global business is continued and expanded
interaction with western partners. End comment.
Beyrle
(Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

Ha ancora senso il G8?

L’ULTIMO G8 di Vito Tanzi -lavoce.info

Gli otto grandi del mondo si incontrano tra pochi giorni in Italia, a L’Aquila. Ma ha ancora senso una riunione dei G8, quando ne sono esclusi paesi come Brasile, Cina o India? Tanto più che le decisioni prese dal G8 non saranno certo accolte con entusiasmo da paesi che non hanno avuto nessuna voce in capitolo. Forse è giunto il momento di sciogliere il G8 e sostituirlo col G20. E cominciare a pensare seriamente alla creazione di meccanismi permanenti che possano proporre soluzioni concrete ai problemi del mondo.

Tra pochi giorni, l’Italia ospiterà a L’Aquila, presso la scuola della Guardia di Finanza, la trentaquattresima riunione dei G8, i cui rappresentanti sono spesso descritti dai giornali come gli otto “grandi” della terra. Con il passare degli anni il numero dei “grandi” è aumentato rendendo l’appartenenza al gruppo progressivamente meno esclusiva. Certo, è stato più facile aumentare il numero dei membri del club che sostituire i paesi diventati meno importanti con quelli che sono diventati più importanti: nel corso degli anni, i membri sono infatti aumentati da cinque a sette e, nel 2007, con l’ammissione della Russia, si è arrivati a otto. C’è da aspettarsi che nei prossimi anni i G8 diventeranno i G13, con l’ammissione di Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa.

COME DEFINIRLI PICCOLI?

Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa oggi sono ovviamente molto importanti nel mondo e la loro esclusione dal gruppo dei “grandi” sembra strana. Èdifficile considerare paesi come la Cina, l’India e il Brasile come “piccoli”. E forse lo stesso si può dire per il Messico e il Sud Africa. Nel loro insieme questi cinque paesi coprono una proporzione enorme della superficie terrestre. Includono la metà della popolazione del mondo. Posseggono enormi risorse minerarie ed energetiche. Realizzano una proporzione alta e crescente delle automobili prodotte nel mondo. Sono diventati leader in alcuni settori di alta tecnologia, come satelliti, fabbricazione di aerei, tecnologie delle comunicazioni. Con l’eccezione del Messico, questi paesi stanno crescendo più rapidamente degli attuali membri del G8. Non solo: oltre a Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa, ci sono altri paesi che per la loro importanza meriterebbero di fare parte del club.È facile quindi capire perché il G20 sta progressivamente rimpiazzando in importanza il G8.

A L’Aquila i G8 prenderanno decisioni – se le dichiarazioni espresse alla fine del summit si potranno considerare “decisioni” – che poi cercheranno di “vendere” alle altre nazioni. Ma è facile anticipare la mancanza di entusiasmo da parte dei paesi che non fanno parte dei G8 verso queste decisioni, alla cui preparazione non hanno partecipato.

DIVISIONI TRA I G8

È allora interessante passare in rassegna i principali temi che saranno discussi a L’Aquila. La conferenza stampa, tenuta a Washington il 15 giugno dal presidente Obama e dal presidente del Consiglio Berlusconi, ci dà qualche informazione. Barack Obama ha menzionato quattro temi: (a) la creazione di una struttura legale permanente e internazionale per combattere il terrorismo; (b) la riduzione degli arsenali nucleari; (c) la sicurezza nella disponibilità di cibo nei paesi poveri; e (d) la discussione della situazione economica mondiale.

Silvio Berlusconi ha dichiarato che l’obiettivo del summit è quello di raggiungere “soluzioni concrete” su molte questioni “estremamente importanti”. E ne ha citate alcune. In primo luogo, sviluppare principi che impediscano il ripetersi della crisi economica e che possano essere accettati da tutti i paesi. Sembrerebbe una missione impossibile. Forse conscio delle difficoltà, il presidente del Consiglio ha aggiunto che questo lavoro probabilmente non sarà completato a L’Aquila, ma ha manifestato la speranza che possa essere ultimato nella prossima riunione dei G20 a Pittsburgh. Questo obiettivo non era stato menzionato da Obama. Sulla sicurezza alimentare nei paesi poveri, Berlusconi ha aggiunto che gli Stati Uniti metteranno a disposizione di vari paesi “una quantità enorme di moneta” per garantire il raggiungimento di quest’obiettivo. Stranamente, Obama non aveva fatto menzione alcuna di queste somme. E data la situazione dei conti pubblici negli Stati Uniti, è improbabile che voglia mettere “una quantità enorme di moneta” a disposizione di altri paesi. Berlusconi ha citato anche i cambiamenti climatici, la riduzione delle emissioni di CO2 e il rilancio del Doha Round. Anche questi sono temi che non erano stati citati da Obama.

Èchiaro che ci sono già divergenze all’interno dei G8 sugli obiettivi importanti da promuovere o raggiungere.
Berlusconi ha dichiarato anche che altri dodici paesi – India, Cina, Sud Africa, Messico, Brasile, Egitto, Corea del Sud, Indonesia, Australia, Olanda, Spagna e Danimarca – parteciperanno a vari incontri collaterali alla riunione dei G8. Due osservazioni. La prima è che è difficile credere che si potrà raggiungere qualcosa di concreto rispetto a temi così difficili in tre giorni. La seconda è che la partecipazione degli altri dodici paesi trasforma de facto il summit dei G8 in un summit dei G20. Forse è giunto il momento di sciogliere il G8 e sostituirlo col G20. E cominciare a pensare seriamente alla creazione di meccanismi permanenti che possano proporre soluzioni concrete ai problemi del mondo. Riunioni come quella dell’Aquila sono utili per creare rapporti tra i governanti dei paesi più importanti, non per risolvere questioni concrete.
(Beh, buona giornata).

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