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Attualità democrazia libertà, informazione, pluralismo, Marketing Politica

Se in Italia la politica si riduce al derby tra due Matteo.

A Gevova, dal palco di RepIdee, il road show di Repubblica,  Renzi ha detto che il suo competitor è Salvini, non Landini. Sì, certo,  il gusto tutto renziano della battutina da primo della classe ha spesso il sopravvento nei suoi ragionamenti. 

Tuttavia, senza fare processi alle intenzioni, si può ragionevolmente sostenere che Salvini fa comodo al governo in carica perché rappresenta un’opposizione totalmente allo sbando, che raccatta il peggior ciarpame ideologico di una destra fascista, violenta e senza prospettive, fatta solo di odio razzista e nostalgie di seconda mano, che appare come la cifra dello sfaldamento e la decomposizione organica di quello che fu Berlusconi e il berlusconismo. 

La manipolazione del manipolatore, o “l’uso parziale alternativo” delle felpe di Salvini sembrerebbe una strategia utile al disorientamento delle forze sociali nel perimetro dei consensi del centrodestra. Tenere in pista Salvini serve al Pd per dimostrare di essere una formazione capace di governare con equilibrio riformatore; ma serve anche al centrodestra, perché dimostra la necessità di essere moderati, unitari, compassionevoli. 

Insomma, Salvini sa bene di essere un pupazzo che prima o poi verrà bruciato. E quindi pesta sul pedale dell’acceleratore, e facendo a meno di freni inibitori, va dritto per una strada senza uscita, un sentiero sterrato dalle sue ruspe immaginarie.

In verità, non è questo che mi preoccupa: se mi permettete, mi fa semplicemente schifo. Nel senso che mi provoca un vero e proprio disgusto per le forme infime in cui si manifesta il cinismo della politica in Italia. 

Infatti, Salvini non crede a una parola di quello che dice, recita la parte che la commedia gli ha assegnato; Renzi gli fa da puparo, mentre Berlusconi passa col cappello a chiedere gli ultimi spiccioli di consenso verso un nuovo partito di centrodestra, magari “repubblicano”, da contrapporre a quello “democratico”. 

Ma in tutto questo, il veleno delle idee sbagliate, l’inquinamento delle coscienze, le narrazioni tossiche vengono scaricate in quantità industriali sull’opinione pubblica, facendo danni paragonabili alle fughe radioattive: i media, come centrali nucleari danneggiate, stanno spargendo particelle pericolose per l’ambiente della convivenza civile nel nostro Paese. Si respira un’aria mefitica perché è utile, oserei dire “organico” alla strategia sia del centrosinistra che del centrodestra, o comunque dei suoi pezzi e ruderi.

Alla ultime elezioni, la Lega ha guadagnato più o meno 250 mila voti. Per qualcuno sono inutili, perché hanno spostato niente. Per altri sono “danni collaterali” di un strategia politica precisa. Ma quegli elettori sono cittadini che sono stati ingannati con la complicità delle nostre tv. 

Complimenti per la trasmissione a Floris, Giannini, Vespa, Formigli, Gruber, Giletti, Paragone, Del Debbio, eccetera, eccetera.

Questo connubio cinico tra strategie politiche e marketing televisivo è raccapricciante, quanto lo sono le felpe, gli sfondoni, le farneticazioni, i saluti romani e l’intera paccottiglia propagandistica di Salvini.

Come credete sia cominciati i pogrom contro gli ebrei, i gitani, gli omosessuali? Cominciarono per vile compiacenza, si imposero per bieca convenienza, continuarono per complice connivenza, si consumarono tra la generale indifferenza. 

Fermiamoli finché siamo in tempo. Beh, buona giornata. 
   

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Attualità

La Russa, il ministro repubblichino della repubblica di Arcore rinnega Fini.

(da repubblica.it)
“Fini ha sbagliato? Non ci interessa dire chi ha ragione e chi ha sbagliato: dico che personalmente con grande sacrificio e amarezza ho dovuto rilevare che fosse giusta una strada diversa, quella di rimanere nel Pdl”. Lo ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, nel corso di un convegno a Milano sul tema “la nostra destra nel Pdl”, dove ha riunito di quadri della parte ex An del Pdl.

“La strada – ha detto La Russa – è di far crescere il Pdl, di migliorarlo, e di non aprire una crisi che fa piacere solo alla sinistra in un momento in cui vinciamo tutte le elezioni, in un momento in cui stiamo costruendo un partito nuovo che Fini e Berlusconi hanno voluto insieme”. La Russa ha spiegato di auspicare un destra “rispettosa della nostra storia, della cultura e della nostra tradizione, ma nel contempo una destra che sa interpretare anche la realtà di oggi, quindi una destra moderna come quella che abbiamo voluto a Fiuggi. Ma un destra che non rifugga dalla sensibilità che gli uomini di destra hanno sempre portato nella politica”.

Alla domanda se ci fosse febbre nel Pdl, La Russa ha risposto: “Non c’è febbre, c’è solo un po’ di amarezza almeno da parte nostra, da parte di chi ha una storia in An perché quello che è successo poteva facilmente essere evitato. Non c’erano ragioni profonde, non si viene da una sconfitta, anzi si viene da una innumerevole serie di successi elettorali, da un solo anno di vita del Pdl. Credo che se non ci fosse stato lo spauracchio, l’annuncio da parte di Fini di voler creare gruppi autonomi e quindi di aprire la strada alla secessione si sarebbe potuto arrivare a soluzioni completamente diverse e noi stessi avremmo assunto atteggiamenti diversi”. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

Fini e l’attacco “Arcore” della maggioranza.

PDL: BERLUSCONI INCONTRA COORDINATORI, NESSUNO SEGUIRA’ FINI.
(AGI) – Roma, 15 apr. – E’ gia’ partita la ‘caccia all’uomo’.
Secondo quanto si apprende da fonti parlamentari del Pdl, Silvio Berlusconi avrebbe incaricato i vertici del partito di contattare tutti i deputati legati in qualche modo al presidente della Camera per far capire che dar vita a un gruppo autonomo “e’ un’iniziativa suicida”. Nel comunicato, redatto al termine dell’incontro a Palazzo Grazioli, si parla di stupore e di atteggiamento incomprensibile da parte della terza carica dello Stato. Espressioni e stati d’animo che il premier ha rimarcato piu’ volte durante l’incontro. “Non credo – ha osservato il premier secondo quanto viene riferito – ci sara’ qualcuno disposto a seguire Fini”. Dalle parti della presidenza della Camera si ritiene che siano piu’ di 70 tra deputati e senatori pronti a sottoscrivere un nuovo patto. Il premier con i vertici avrebbe fatto ‘la conta’. “In tutto non sono neanche venti”, questa e’ la considerazione del premier sempre secondo quanto viene riferito. (Beh, buona giornata).
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Attualità

Quando i piazzisti scendono in piazza.

Non sono stati capaci di presentare in tempo la documentazione necessaria per presentare la lista del Pdl nel Lazio. E hanno urlato al complotto della magistratura. Non sono stati capaci di portare in piazza tanti quanti ne avrebbero voluti. E urlano al complotto della Questura di Roma. Non riescono più a piazzare i loro articoli? Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

PierFerdi Casini fa come Forrest Gump. Ma non si ricorda che “stupido è chi lo stupido fa”.

Casini: “Stupida la Trani-opposizione”. Santoro: “In Usa sarebbe Watergate”-blitzquotidiano.il

Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, dice che: “Ci sono stupidi all’opposizione”. Non tutti, ma troppi. “Stupidi” quelli che si esaltano e si eccitano per l’inchiesta di Trani, “stupidi” perché non vedono che così offrono a Berlusconi una campagna elettorale che prima non aveva. “Stupidi” con l’aggravante della recidiva perché è più o meno da venti anni che va così: Berlusconi fa la vittima, la sua gente si innervosisce e mobilita e lui raccoglie voti con il secchio e la pala.

Ha ragione Casini, c’è uno “stupido eterno” in campagna elettorale ed abita all’opposizione? Indizi a favore della tesi di Casini ci sono. Due cortei sabato 20 a Roma, obiettivo Piazza San Giovanni e titolo già scritto: “Un milione con Berlusconi”. Ci saranno tutti i ministri e perfino carri allegorici. La Russa la chiama la “Festa della democrazia”. Democrazia da difendere dai “comunisti e dai pubblici ministeri”. Democrazia va ripetendo tre volte al giorno sempre uguale in ogni Tg Berlusconi in persona. Con alle spalle il simbolo elettorale del Pdl il premier annuncia e ripete: “Non vogliono farci parlare dei nostri successi…Vogliono impedirci di votare…Vogliono spiarci al telefono…Un piano ben congegnato…”.

E’ una trama, una sinfonia di campagna elettorale che prima di Trani Berlusconi non aveva. Prima la musica era: tangenti in Lombardia, una, due, dieci volte. E tangenti alla Protezione civile. E Pdl che impiccia e pasticcia con le sue liste. E Tremonti che non ha una lira per abbassare le tasse. E disoccupati che crescono e avanzano. Crescono e avanzano anche i ricchi ma questo in campagna elettorale meglio non dirlo.

Dopo Trani Berlusconi può provare a scuotere i suoi alla riscossa. Dopo Trani può raccontare che ogni volta che si vota i magistrati d’accordo con la sinistra lo accusano e indagano: il complotto. Complotto che se c’è, deve essere davvero “stupido”, infatti accuse, incriminazioni e processi non sono mai costati a Berlusconi neanche un voto. Se il complotto lo fanno per motivi politici ed elettorali devono davvero essere stupidi come zucchine.

Ma non è “stupida”, anzi è drammaticamente banale l’osservazione di Michele Santoro: “In America sarebbe stato Watergate”. In America fu Watergate e cioè dimissioni di un presidente perché quel presidente aveva dato incarico e preteso che pubblici ufficiali controllassero e condizionassero i luoghi e le mosse dell’avversario politico.

Quando si seppe il presidente non poté resistere al suo posto per democratica legge e popolare volontà. In Italia il presidente rivendica la sua fatica e il suo affanno per chiudere trasmissioni televisive, trova naturale e legittimo ordinare e pretendere che sia fatto. Trova disdicevole solo essere ascoltato mentre lo fa. In America sarebbe Watergate e non è “stupido” dirlo e pensarlo. Forse è “stupido” pensare che l’Italia sia l’America o possa mai esserlo. Ma, se così è, è “stupida” l’opposizione e “furbo” il paese?

“Stupida” o meglio stupefacente è la circostanza per cui sembrano elezioni Berlusconi contro Santoro. Sciocchi se non proprio “stupidi” sono argomenti pur di successo in campagna elettorale come quello di Gasparri: “L’inchiesta di Trani serviva a bilanciare lo scandalo della sinistra in Puglia sulla Sanità”. E’ arrivata infatti anche questa: l’arresto per tangenti dell’ex vice di Vendola, del Pd Frisullo. Che magistrati sono questi che arrestano uno di sinistra sotto elezioni? Magistrati “stupidi” che non sanno quello che fanno visto che la sera prima il premier aveva smascherato il piano nazionale della magistratura contro la destra?

Il premier ci dice che saremmo “stupidi” a non vedere il suo meraviglioso ed efficace governo e la odiosa malignità della sinistra e dei pubblici ministeri. L’opposizione ci invita a non commettere la “stupidità” di considerare normale la Rai zittita, il premier che chiama i Carabinieri contro Santoro, l’economia che langue. Instupiditi più che stupidi andiamo tutti verso l’appuntamento elettorale. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Adesso è chiaro perché Berlusconi ha gestito in modo arrogante lo scandalo liste nel Lazio: sapeva che Polverini era comunque perdente. Ma così facendo ha solo peggiorato le cose.

Regionali Lazio, sondaggio Ipsos. Bonino vince anche a “liste pari”: 50 a 48%-blitzquotidiano.it

Emma Bonino è in vantaggio su Renata Polverini nella corsa alla presidenza della Regione Lazio: la candidata del centrosinistra è infatti davanti alla sua rivale appoggiata dal centrodestra nel sondaggio sulle previsioni di voto effettuato dall’istituto Ipsos. Il dato interessante è che, stando al sondaggio, la Bonino vincerà sia se la lista del Pdl di Roma e provincia rimarrà esclusa, sia se la stessa lista dovesse essere riammessa: nel primo caso il gradimento della Bonino si attesta al 52% contro il 47% della Polverini; nel secondo caso, la Bonino dovrebbe ottenere il 50,5% delle preferenze contro il 48,5% della rivale.

In caso di esclusione della lista del Pdl, i partiti che otterrebbero maggiori vantaggi sono ovviamente gli altri che appoggiano la Polverini: la Lista Renata Polverini passerebbe dal 4,8 al 16%, La Destra di Storace andrebbe dal 2,5 al 4,2%, l’Udc dal 4,5 al 7,5%. Molti elettori del centrodestra probabilmente non andrebbero a votare o si troverebbero in difficoltà: il numero degli elettori che rimarrebbero a casa, sommato a quello degli incerti, salirebbe dal 41,6% a 47,2%.

Un altro dato può aiutare a fornire una spiegazione a questo fenomeno: il 45% degli elettori del Pdl sono fermamente convinti che “la legge è uguale per tutti” e che “se ci sono irregolarità le liste devono essere escluse”. Dunque il “pasticcio” del Lazio potrebbe aver “deluso” molti sostenitori pidiellini.

Nel centrosinistra, la Bonino si dimostra una candidata più “forte” della coalizione che sostiene: infatti in una competizione con la lista pdl i partiti a sostegno della Bonino otterrebbero il 49,6% (rispetto al 50,5% dell’esponente radicale). Se il Pdl rimanesse fuori, i partiti di centrosinistra otterrebbero il 51,6%, rispetto al 52% del candidato a governatore.

In base ai risultati del sondaggio Emma Bonino si presenta come un candidato molto competitivo: una possibile spiegazione potrebbe essere la capacità del leader dei radicali di “racimolare” i voti degli “scontenti” della sinistra. Ma leggendo i dati dello studio Ipsos si scopre invece che la Bonino è molto apprezzata negli ambienti cattolici: tra i “praticanti assidui” il 37% voterebbe per la Bonino, mentre la Polverini (appoggiata anche dall’Udc) non andrebbe oltre il 30% di gradimento.

Per quanto riguarda i temi più cari agli elettori, al primo posto si piazza il lavoro, prioritario per il 53% del campione preso in esame. Segue col 22% la sanità. E proprio sulla sanità, gli elettori “premiano” la Bonino: il candidato del centrosinistra è ritenuto più preparato in materia dal 28% degli elettori, contro il 18% che ritiene più competente la Polverini. Tuttavia il 62% dei laziali pensa che di questo tema si sia parlato troppo poco in campagna elettorale: la pensa così il 70% degli elettori della Bonino e il 53% di chi voterà la Polverini.

Infine, il sondaggio ha esaminato il giudizio degli elettori sull’operato dell’amministrazione in carica: il 46% è soddisfatto, il 45% no. Sono soddisfatti il 55% degli elettori del centrosinistra (la coalizione che governa attualmente la regione), ma la percentuale sale al 69 tra gli elettori del Pd. Invece tra gli elettori del Pdl “solo” il 35% giudica positivamente il lavoro svolto dall’attuale giunta: la percentuale “vola” però al 49% se si considerano gli elettori di tutti i partiti a sostegno della Polverini. (Beh, buona giornata).

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democrazia Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Leggi e diritto

Anche Confindustria nel suo “piccolo” si incazza per il casino elettorale.

(fonte: AGI)
“Siamo preoccupati e delusi perché l’economia italiana va ancora male ed è necessario e urgente prendere decisioni per tornare a crescere. A pochi giorni dalle elezioni non si sente minimamente parlare di programmi non si sente parlare di crisi, economia, di crescita e dei problemi delle imprese e soprattutto dei lavoratori e dell’occupazione. Noi facciamo un richiamo forte alla politica: quello di concentrarsi su questi temi che sono i temi che veramente interessano alle persone”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in un’intervista al Tg2. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

In Italia elezioni anticipate? Ma no, è solo un ballo in maschera.

Se, telefonando, Bossi… E Berlusconi si dà il contrordine sulle elezioni-blitzquotidiano.it

Martedì sera per Schifani le elezioni anticipate sono possibili, forse necessarie Schifani non parla a vanvera e da solo Mercoledì pomeriggio Berlusconi dice non non averci mai pensato Cosa è successo in quelle venti ore scarse?

Martedì sera Renato Schifani, in un discorso ufficiale, evoca il rischio, agita la minaccia e mette nel mazzo delle cose possibili, anzi forse necessarie, le elezioni anticipate.

Parla da solo, parla a caso, parla senza pensare e pesare quel che dice il presidente del Senato? E’ sventato, leggero e isolato Schifani, l’uomo che Berlusconi e Forza Italia hanno insediato alla seconda carica dello Stato? Non è pazzo e non è sciocco Schifani e, soprattutto, non si ha memoria di una sua mossa politica senza l’assenso preventivo del premier.

Infatti al mattino di mercoledì tutte le ricostruzioni più o meno esatte dell’accaduto concordano su un punto: Schifani ha detto lui quel che Berlusconi vuole sia detto ma che il premier non può dire in prima persona. E tutti, più o meno informati, raccontano, suppongono, riferiscono di una telefonata tra Berlusconi e Schifani, una telefonata nella quale i due si danno il reciproco “via”.

E’ ancora mercoledì ma è già mezzogiorno, passato da poco. Nelle ore del mattino si sono esibiti Casini: «Le elezioni anticipate sono una pistola scarica, voglio vederla la maggioranza che va davanti agli elettori dicendo mi sono auto affondata…». E poi Maroni: «D’accordo con Schifani: se la maggioranza non è compatta, allora si scioglie». Stanno tutti prendendo le misure a Schifani, decidendo se è una “minaccia” rivolta a Fini, un bluff, uno sfogo, un progetto, un “la butto lì e poi vediamo quel che succede”. Qualcosa succede perché è da poco passata la prima ora del pomeriggio e arriva, solenne, nero su bianco, il contrordine sulle elezioni anticipate. Berlusconi dichiara: «Non ci ho mai pensato, sono stupito che qualcuno ci pensi». Stupito è improbabile assai, anzi impossibile. Come è impossibile che la sera prima non ne abbia parlato con Schifani. Che non ci abbia mai pensato davvero può essere, ma è cronaca ufficiale da giorni che ha dato mostra di pensarci, lo racconta tutta Forza Italia. E allora come arriva, da dove e da chi il contrordine?

Dall’unico che può darlo: ci deve essere stata al mattino di mercoledì un’altra “telefonata”, quella di Bossi a Berlusconi. Già, perchè se Berlusconi può stringere all’angolo Fini ed eventualmente annichilirlo con la minaccia e, se necessario, con la pratica delle elezioni anticipate, se Berlusconi può imporre e ottenere tutti i voti di fiducia che vuole in Parlamento senza perdere praticamente neanche un voto dei “finiani”, se Berlusconi può perfino sfidare Napolitano nella partita dello scioglimento delle Camere, tutto questo non può farlo se Bossi non dà il “via”. E a Bossi, almeno finora, fatti i suoi calcoli, dare questo “via” non conviene.

Bossi e la Lega sono alacremente e fruttuosamente impegnati in quella che in Borsa si chiama “presa di beneficio”. In questa legislatura e in questo governo le “azioni” leghiste valgono moltissimo, sono salite come non mai di valore. E la Lega sta “incassando”: attende presidenze di Regioni del Nord, gestioni di fette importanti di spesa pubblica, il federalismo fiscale, perfino una progressiva crescita di consensi ai danni proprio del Pdl. Bossi Berlusconi vuole tenerlo lì, a Palazzo Chigi, per tutta la legislatura. Ma non ha interesse a consentirgli una “ricarica” elettorale. Non per ostilità e concorrenza, Bossi con Berlusconi premier sta alla grande. Ma perché durante e intorno alla “ricarica” la Lega vede per se stessa e per la sua egemonia più rischi che vantaggi.

E allora? Allora vediamo i punti fermi, quelli sui quali si può giurare. Primo: Berlusconi non accetterà mai il rischio di una crisi “parlamentare” da cui potrebbe uscirne un altro governo prima del ritorno alle urne. Secondo: Fini non cerca e non può cercare lo show down, la resa dei conti. E’ troppo debole. Soprattutto non ha la forza e neanche la voglia di mettere in piedi una crisi “parlamentare”. Se Berlusconi fa l’appello al popolo elettore, Fini non può fermarlo. Terzo: Bossi invece può, basta che non dia a Berlusconi la garanzia che la eventuale crisi di governo non sia “parlamentare”. Basta che Bossi esprima un “dubbio di fattibilità”, dia a Berlusconi un “consiglio” di pensarci bene e Berlusconi si ferma.

Pronostico dunque su come va a finire il gioco più giocato in città, il girotondo e l’avanti-indietro sulle elezioni. Non con un “tutti giù per terra”. Berlusconi resta premier fino alla fine della legislatura. Sottoposto ad una relativa e fisiologica ”erosione”. Anagrafica e politica. Erosione, non crollo. Poi, tra tre anni o giù di lì, si vedrà se e quale centro destra esiste senza Berlusconi premier e se esiste un’alternativa di centro sinistra. A meno che Bossi non canbi idea, non decida che la “presa di beneficio” è finita. (Beh, buona giornata)

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Attualità democrazia

Come le favorite del papi hanno fatto carriera politica.

Le candidate di papi di Marco Lillo-L’espresso.
Ronzulli, Matera, Comi. Prima nelle residenze del Cavaliere tra escort e ballerine, poi elette al Parlamento europeo. Ecco come si sceglie la nuova classe politica La festa a villa La CertosaTutte sono passate per villa Certosa e palazzo Grazioli. Sia le bad girls, Patrizia D’Addario e Barbara Montereale, che le angeliche Licia Ronzulli, Barbara Matera e Lara Comi. Tutte hanno partecipato alle feste leggendarie del Cavaliere ma solo poche fortunate (Ronzulli, Matera e Comi) sono arrivate all’Europarlamento.

Per cinque anni avranno uno stipendio garantito di 20 mila euro con assistenti e benefit a disposizione. Mentre le due protagoniste del sexgate barese, Patrizia D’Addario e Barbara Montereale, si sono dovute accontentare di un posticino in una lista apparentata al Pdl che correva per le comunali di Bari.

Dopo aver fallito l’elezione hanno deciso di raccontare tutto a stampa e magistratura. A unire mondi così diversi in uno scenario unico però non sono stati i pm e i giornalisti ma Berlusconi in persona. È stato lui a ospitare contemporaneamente volontarie in partenza per il Bangladesh e ragazze di ritorno da una trasferta a Dubai con lo sceicco.

Nemmeno il più fervido sceneggiatore della commedia italiana avrebbe potuto immaginare a villa Certosa una comitiva che include la direttrice sanitaria destinata all’Europarlamento, Licia Ronzulli, e la mangiatrice di fuoco Siria De Fazio, più nota come la ‘lesbica del Grande fratello’. Senza controllo e senza filtro, tutte hanno avuto il privilegio di entrare nelle dimore del sultano. Le bocconiane, come Lara Comi, ma anche le escort da duemila euro a notte come Patrizia D’Addario.

Persone e storie totalmente diverse che dovevano restare distinte e che invece sono state mescolate nel gran frullatore impazzito delle candidature 2009. A imbastire questa matassa che lega insieme manager, letteronze, annunciatrici, dirigenti e stelline dei reality ha contribuito l’incapacità del premier di distinguere pubblico da privato, dovere da piacere, festa e politica. Le protagoniste delle riunioni e delle cene, con le loro bugie e i loro silenzi, hanno fatto il resto.

Paradossalmente a parlare sono le escort. Mentre le ragazze ‘serie’ restano silenziose. E se parlano dicono bugie. La migliore allieva del Cavaliere da questo punto di vista è certamente Licia Ronzulli. Questa infermiera 34enne ha raccolto oltre 40 mila preferenze nel nord-ovest grazie anche alle indicazioni che provenivano da Roma. I coordinatori locali dicevano che se non fosse stata eletta, avrebbero perso il posto.

Quando ‘L’espresso’, la settimana scorsa, le ha chiesto cosa facesse sulla barca di Berlusconi il 14 agosto 2008 con altre sei giovani che non hanno nulla a che fare con la politica, lei ha risposto: “Sbaglia, non ci sono io. Ci sono tante ragazze more. Mai stata a villa Certosa. Cado dalle nuvole”.

Finché un’altra amica e ospite del Cavaliere, Barbara Montereale, l’ha smentita su ‘Repubblica’: “A metà gennaio 2009 sono stata accolta a villa Certosa da Licia Ronzulli. È lei che organizza la logistica dei viaggi delle ragazze. Che decide chi arriva e chi parte e smista nelle varie stanze”.

Invece di dimettersi all’istante l’europarlamentare-receptionist ha vergato un comunicato per annunciare querela confermando en passant che la sua parola non vale nulla: “Più di una volta, in occasione di vacanze, sono stata ospite a villa Certosa con mio marito”. Del quale nelle foto non c’è traccia.

Prodiga di particolari sulle sue umili origini nel quartiere Baggio di Milano, sulla passione per il Milan, sul papà maresciallo dei carabinieri e sulle sue attività di volontariato, Ronzulli non ha mai spiegato perché sia stata incaricata dal premier di ricevere un tipino come Barbara Montereale, una ragazza madre di 23 anni pagata per mostrarsi carina con gli ospiti del Billionaire che non si tira indietro se c’è da accompagnare l’amica escort in trasferta sul panfilo dello sceicco.

Spedita in villa dall’imprenditore barese Giampaolo Tarantini, indagato per induzione alla prostituzione, è prima apprezzata da Emilio Fede, poi sistemata da Licia Ronzulli e infine gratificata dal Cavaliere con una busta con dentro diecimila euro. Montereale, che dice di non avere avuto rapporti sessuali con il Cavaliere, riconosce tra le ospiti del premier anche Carolina Marconi, reduce del Grande fratello, e Susanna Petrone, conduttrice del calcio su Mediaset. Ed è un’altra strana coincidenza.

Pochi mesi prima, il 14 agosto sulla barca del premier ritroviamo la Petrone accanto alla solita Ronzulli e alla futura protagonista del reality Mediaset: Siria. Tutte e tre all’epoca non erano note al grande pubblico. Pochi mesi dopo quella gita diverranno tutte famose ciascuna nel proprio settore.

Se si può sorvolare sui criteri di selezione delle reti televisive berlusconiane (Siria è stata segnalata agli autori del Gf dalla segreteria del premier) non si può fare lo stesso con le elezioni. Le candidature non sono casting e l’Europarlamento non un reality né tanto meno un luogo da escort, come farebbe pensare la storia raccontata da Patrizia D’Addario. La donna che ha passato la notte del 4 novembre 2008 sul lettone donato da Putin a Silvio Berlusconi, ha raccontato che pochi mesi dopo le sarebbe stata ventilata dal solito Tarantini una candidatura alle europee.

Nonostante non avesse mai nascosto di avere registrato le sue trasferte romane e nonostante tutti sapessero quale fosse il suo mestiere. Patrizia, dopo l’intervento di Veronica Lario, non è poi stata candidata per Bruxelles ma solo per le comunali con la lista ‘Puglia prima di tutto’, ora confluita nel Pdl.

Scelte come queste gettano un’ombra anche su candidature limpide come quella di Lara Comi. Anche lei ha avuto l’onore di essere trasportata sull’aereoFininvest in Sardegna? ‘L’espresso’ pubblica una serie di foto scattate il 14 ottobre 2006 all’aeroporto di Olbia nelle quali appare una donna mentre scende dal jet di Berlusconi a lei molto somigliante. Il contesto però è ben diverso dalle foto in barca. La ragazza è in compagnia di altre giovani azzurre e sembra diretta a una riunione politica non a una convention di veline.

Lara Comi, a 26 anni può vantare una laurea in Bocconi con il massimo dei voti e un impiego da manager alla Giochi preziosi, nessuno può accomunarla a una velina o a un’esperta di ‘logistica’. Probabilmente il presidente l’ha aiutata a raggranellare 63 mila voti perché stima questa milanista temeraria che gli si è presentata durante una partita di calcio nel giugno del 2004.

Più oscura l’origine della scintilla scoccata tra Berlusconi e Barbara Matera. L’ex annunciatrice Rai in anni non troppo lontani non stravedeva per il suo attuale mentore. Alla fine del 2003 la letteronza della Gialappa’s era diventata una delle annunciatrici di RaiUno insieme a Virginia Santjust di Teulada. In quel periodo la sua collega era legata da una relazione sentimentale (‘platonica’, dice lei) a Silvio Berlusconi e volava spesso a villa Certosa.

Nella foto pubblicata da ‘L’espresso’ a pagina 43, scattata nel settembre del 2006, si vede una ragazza in bianco che somiglia molto a Virginia scendere dall’aereo con il deputato-segretario di Berlusconi Valentino Valentini. Una scena consueta in quel periodo. Quando Virginia raggiungeva Silvio a Olbia, Barbara era costretta a coprire gli annunci del week-end su RaiUno e non poteva far visita ai genitori a Lucera, in provincia di Foggia.

In quei week end solitari si racconta anche di una breve storia sentimentale con il marito separato di Virginia, l’agente segreto Federico Armati. Da allora sono cambiate molte cose. Virginia Sanjust non è più nelle grazie del Cavaliere e non se la passa bene. Barbara Matera è fidanzata con un altro agente segreto ed è diventata la giovane promessa del Pdl.

Chissà se l’europarlamentare ricorda quei giorni lontani nei quali non lesinava critiche al Cavaliere, a Virginia e alla Rai che la trattavano da brutto anatroccolo rispetto all’amica del premier. Acqua passata. Oggi Berlusconi è dalla sua parte. Nella vita, basta sapere aspettare. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Botte da orbi nel partito del premier.

Caos nel Pdl, scatta il ‘tutti contro tutti’-da unità.it
Sale la tensione nel Popolo della Libertà in vista delle elezioni. Con Berlusconi che sceglie di fare qualche passo indietro rispetto al suo consueto presenzialismo (forse per far scemare il clamore degli scandali e delle sue vicende private) e con i suoi “luogotenenti” che si scatenano.

È il senatore Pdl Marcello Dell’Utri, amico di lunga data del premier, ad aprire il “fuoco” contro il partito accusato di essere un partito «insensibile», che «non riconosce il suo ruolo e quello dei suoi “circoli del buongoverno”». E, dunque, annuncia il senatore palermitano in una intervista a “La Stampa”: «Io e i miei circoli non faremo campagna elettorale per il Pdl». Motivo di tanta acredine? Un posto “al sole” per i suoi “ragazzi”: «Giovani interessati a una carriera politica. Anche dispostissimi a cominciare dal gradino più basso, di consigliere provinciale o circoscrizionale, o da un ruolo nel partito» che, invece, secondo Dell’Utri «non riconosce il loro ruolo» e li usa solo come «manovalanza per attaccare manifesti o allestire gazebo». Per Dell’Utri si è trattato di «un dispetto» a cui «io cercherò di rimediare, di ricucire, ma lo sfregio resta».

Solo in apparenza più pacate le parole che il ministro Bondi scrive al presidente della camera Fini in una lettera affidata al giornale della “famiglia Berlusconi”. Bondi invita Fini a rimanere «entro certi limiti» nell’esprimere opinioni all’interno del partito altrimenti si rischia «di abbracciare posizioni culturali distanti dalle nostre», indebolendo le «proposte politiche e programmatiche» del Pdl. In particolare, il ministro ricorda gli interventi di Fini in materia di immigrazione e bioetica e lo “richiama all’ordine” precisando: «Entro certi limiti, naturalmente, questa pluralità capace di intercettare istanze diverse della società può apparire positiva e perfino necessaria». Purché, sottolinea, non si arrivi ad «abbracciare posizioni culturali distanti dalle nostre». Il minaccioso invito del ministro a Fini è quello di esprimere il suo dissenso sulle scelte del governo solo dentro il partito: «Quello che sogno è un partito nel quale un leader politico come Gianfranco Fini partecipi attivamente, pur considerando il suo attuale incarico istituzionale, alla ricerca e alla formulazione della identità e della linea politica del nuovo partito, piuttosto che seguire una “svolta personale” come ha scritto Giuliano Ferrara». (Beh, buona giornata).

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Attualità

Secondo un sondaggio del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, sul secondo divorzio di Silvio Berlusconi, il 64% dei lettori si schiera con l’ormai ex compagna Veronica Lario, il 18% sta col premier e il restante 18% non si schiera con nessuno dei due.

Gli italiani stanno con Veronica Lario: lo rivela un sondaggio del “Sole 24 Ore”-blitzquotidiano.it

Secondo un sondaggio del quotidiano “Il Sole 24 Ore”, sul secondo divorzio di Silvio Berlusconi, il 64% dei lettori si schiera con l’ormai ex compagna Veronica Lario, il 18% sta col premier ed il restante 18% non si schiera con nessuno dei due.

Alla domanda “La decisione di Veronica di chiedere il divorzio dal marito Silvio, presidente del Consiglio e capo del partito di maggioranza, è una vicenda che attiene solo alla sfera privata della vita dei due protagonisti o avrà conseguenze sulla vita politica italiana?”, c’è equilibrio tra chi sostiene che la vicenda avrà ripercussioni sulla vita politica italiana (47%) e chi invece sostiene il contrario, trattandosi di una faccenda privata (45%).

Meno unanime invece il voto dei lettori alla seguente domanda: “Il Berlusconi politico si è sempre dichiarato paladino dei valori della famiglia, definita “nucleo fondamentale della nostra società” nella Carta dei valori del Pdl. Il divorzio anche dalla seconda moglie e le cause che lo hanno determinato delegittimano queste posizioni?” Il 66% ha risposto sì.(Beh, buona giornata).

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Attualità

Il G8 dalla Sardegna all’Abruzzo: “una lacerazione di un patto che il Pdl e il suo leader hanno stretto con la grande maggioranza degli elettori sardi.”

G8 a L’Aquila/ Sardegna delusa, divisioni nel Pdl di Viola Contursi (Scuola superiore di Giornalismo Luiss) da blitzquotidiano.it

Si agitano le acque nel Pdl sardo. La decisione di Silvio Berlusconi di spostare il G8 dalla Maddalena a L’Aquila, sta creando qualche problema all’interno della maggioranza. Almeno per quanto riguarda quella sarda, la cui immagine potrebbe essere danneggiata agli occhi degli elettori che l’hanno da poco scelta. Il Cavaliere, infatti, ha fatto le cose di fretta e ha annunciato questo cambiamento senza prima consultare nessuno, neppure il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, che a caldo ha sottolineato i gravi «problemi di natura tecnica», assicurando dopo poche ore che «prevarrà comunque il sentimento di solidarietà» per le popolazioni vittime del terremoto.

Alla delusione di quanti hanno appreso la notizia con sconforto, il premier ha risposto promettendo «che l’isola della Maddalena potrà ospitare in autunno un summit sull’ambiente» per cui il Cavaliere avrebbe già preso «contatti con il presidente americano Obama». Una magra consolazione che se non ha convinto gli esponenti dell’opposizione ha però spinto molti esponenti del Pdl sardo ad adeguarsi alla scelta del Consiglio dei Ministri. Tutti tranne uno: il senatore Piergiorgio Massidda che ha bollato come «incomprensibile» la decisione del governo e ha avvertito come questa potrebbe essere colta dai sardi come una «abiura a una parola data» e portare a «una lacerazione di un patto che il Pdl e il suo leader hanno stretto con la grande maggioranza degli elettori sardi».

È previsto per venerdì l’incontro a Roma tra il presidente della Regione Sardegna e Berlusconi per chiarire tutti i dubbi sul caso e per allontanare quella «preoccupazione» e quel «forte stupore» che Cappellacci ha espresso su questo «fatto improvviso, importante e inopinato». (Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Il terremoto, una mano santa per la popolarità di Berlusconi.

Il premier e il sisma. Fiducia in crescita
Le conseguenze politiche del terremoto
di Renato Mannheimer da corriere.it

La tragedia del terremo­to ha avuto inevitabil­mente anche effetti po­litici e ripercussioni sull’opi­nione pubblica. In due direzioni principali. La prima è stata l’improvviso instaurarsi di un clima meno conflittuale tra le forze politi­che. Di fronte a una situazio­ne così drammatica, molte delle tradizionali dispute tra i partiti sono state accantonate dalla necessità di operare di comune accordo per reagire il più rapidamente e il più ef­ficacemente possibile al­l’emergenza. La seconda con­seguenza è costituita dalla forte accentuazione della dif­ferenza di popolarità tra le principali forze politiche, con un netto accrescimento del vantaggio, già consisten­te, acquisito dal presidente del Consiglio. Berlusconi ha confermato le proprie capaci­tà comunicative e la sua abili­tà nell’instaurare, spesso al di là di ogni intermediazione, un rapporto e un colloquio di­retto con la «gente».

Gli ultimi sondaggi confer­mano questo quadro. Quasi metà dell’elettorato (48%) ritie­ne che, al di là del proprio giu­dizio in merito, il Cavaliere sia riuscito oggi a riscuotere più fiducia di prima. Questa opi­nione è relativamente più pre­sente tra chi è politicamente simpatizzante per il centrode­stra: ma anche tra gli elettori del Pd la convinzione che Ber­lusconi abbia ottenuto un van­taggio è assai diffusa (36%).

Se si approfondisce l’anali­si e si interrogano i cittadini non tanto sulle loro conside­razioni di carattere generale, quanto sulla propria reazione alle iniziative del Cavaliere, l’immagine del successo di Berlusconi viene meglio deli­neata e chiarita nelle sue com­ponenti. Più di un quarto de­gli italiani (26%) dichiara di avere incrementato la pro­pria personale fiducia nel Pre­sidente del Consiglio proprio a seguito del suo comporta­mento in Abruzzo. Costoro sono naturalmente in gran parte già elettori del centro­destra e ne riproducono le ca­ratteristiche sociali (anziani, casalinghe, possessori di tito­li di studio medio-bassi). Ma anche una quota — modesta, ma significativa: poco meno del 10% — di votanti per il Pd «confessa» di provare, dopo il terremoto, più fiducia in Berlusconi.

Negli ultimi giorni, insom­ma, il Cavaliere ha visto incre­mentare ulteriormente la pro­pria popolarità, grazie special­mente alla mobilitazione del proprio elettorato già acquisi­to, ma anche attraverso la conquista delle simpatie di un piccolo segmento dei vo­tanti per l’avversario. La con­seguenza è un ulteriore allar­gamento del grado di consen­so goduto nel Paese — oggi superiore al 50% — e, ciò che forse è più importante, un au­mento della percentuale di in­tenzioni di voto per il Pdl che oltrepassano oggi il 45% e, se­condo alcuni, si avvicinano al 50%. (Beh, buona giornata).

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Attualità Popoli e politiche

Verso il Pdl: “La tendenza presidenzialista corre parallela all’affermarsi della ‘democrazia del pubblico’.”

di ILVO DIAMANTI da repubblica.it

LE polemiche sullo stravolgimento della nostra Costituzione trascurano un aspetto importante. Il nostro sistema istituzionale è già cambiato profondamente. Senza bisogno di grandi riforme, approvate in sede parlamentare oppure referendaria.

Ad esempio, siamo da tempo avviati verso il presidenzialismo. Anzitutto, attraverso il rafforzamento dell’esecutivo e, al suo interno, della figura del primo ministro (definito, non a caso, “premier”, echeggiando il modello inglese). Poi, attraverso la mutazione dei partiti, che oggi è improprio definire “personali” (secondo la nota formula di Mauro Calise, fra i più attenti a registrare questi cambiamenti). Meglio chiamarli, appunto, “presidenziali”. Perché tutti – e non solo l’archetipo Forza Italia – sono organizzati intorno a leader da proporre e imporre come candidati alla guida del governo del paese (ma anche degli enti locali). Al punto che, al momento del voto, sulle schede elettorali partiti e coalizioni accostano al proprio marchio il nome del candidato. Un segno di stravolgimento istituzionale, secondo Giovanni Sartori. Infine, il mutamento – per definizione – più visibile. Causa ed effetto degli altri. La mediatizzazione. La centralità assunta dai leader nella comunicazione politica.

Si tratta, ripetiamo, di un percorso comune ad altre democrazie occidentali. (Ne hanno fornito, di recente, una ricostruzione puntuale i politologi Thomas Poguntke and Paul Webb). Ma in Italia ha assunto un formato del tutto originale per l’interpretazione che ne ha dato Silvio Berlusconi. Un imprenditore mediatico, che conosce a fondo i meccanismi della comunicazione. E li possiede. In senso letterale. Berlusconi ha trasferito le logiche del marketing alla politica e ai partiti. Ne ha personalizzato l’immagine e il potere. Ha, inoltre, trasformato in modo rapido e profondo anche la forma di governo, rendendo il ruolo dell’esecutivo preminente sul Parlamento, come sottolinea il ricorso sempre più frequente alla legislazione per decreto (peraltro già abusata).

Alla preminenza dell’esecutivo sul Parlamento, d’altronde, si aggiunge la preminenza del premier sul governo. Che Berlusconi ha di fatto personalizzato. Visto che i ministri e i leader della maggioranza si incontrano a casa sua. A Palazzo Grazioli, Arcore, oppure nella sua villa in Sardegna. Dove riceve anche i “grandi della Terra”, secondo un modello monarchico, più che presidenziale. La tendenza presidenzialista, inoltre, corre parallela all’affermarsi della “democrazia del pubblico”, come la definisce il filosofo Bernard Manin. Dove il rapporto fra il leader e i cittadini diventa diretto, (im)mediato dai media. Una sorta di populismo mediatico che trasforma i cittadini in spettatori; misura il consenso per le politiche e i politici in base all’auditel.

Al principio di legittimazione offerto dal voto se ne è affiancato un altro, espresso dall’Opinione Pubblica. Descritta e, anzi, prodotta dai sondaggi riverberati dai media. Cittadini e Opinione Pubblica. Istituzioni e media. Berlusconi governa entrambi i settori. E li fa reagire, reciprocamente, in modo efficace. Utilizza l’Opinione Pubblica per rafforzare il potere sulle istituzioni ma anche sui cittadini. Per lui è naturale. Commentando i ripetuti sfoghi del premier, negli ultimi tempi, Vittorio Feltri, che se ne intende, ha scritto: “Berlusconi è talmente sincero che dice la verità anche quando racconta balle”. Ragionamento, peraltro, reversibile. Ma certamente Berlusconi è sincero quando esprime fastidio verso le procedure – ahimé lunghe e complesse – della democrazia rappresentativa. E avanza l’idea di far votare i capigruppo per tutti i parlamentari. È altrettanto sincero quando manifesta tutta la sua insofferenza verso le cariche dello Stato, che interferiscono troppo sulle decisioni del governo. Verso Giorgio Napolitano: il Presidente della Repubblica parlamentare. Ridotto, dal presidenzialismo all’italiana, a un contrappeso istituzionale. Un garante della Costituzione. Una specie di Magistrato. Quindi, per Berlusconi, un avversario. Verso Gianfranco Fini. I cui continui richiami, la cui pretesa di contrastare il solo, vero Presidente, a Berlusconi appaiono irritanti e inattuali. Le resistenze di un passato che non vuol passare. Con l’aggravante che Fini, leader di An, con le sue critiche, danneggia l’immagine monocratica del nascente Popolo della Libertà. Napolitano e Fini: colpevoli, di fronte a Berlusconi, di essere più “popolari” di lui.

D’altronde, per il premier, la legittimazione fondata sull’Opinione Pubblica conta più di quella costituzionale. Da ciò la polemica continua – quasi un mantra – contro i media, colpevoli di distorcere la realtà. La fretta di rimodellare il sistema radiotelevisivo pubblico (cioè, le nomine). L’irritazione verso Sky: concorrente, politicamente non condizionabile. L’intento di intervenire anche sui giornali “indipendenti” più importanti. Berlusconi. Ha bisogno di legittimarsi ancora e a lungo presso l’Opinione Pubblica per rafforzare la sua autorità sulle istituzioni e sui cittadini. Non può permettersi, come avvenne tra il 2001 e il 2006, che crescano l’insoddisfazione e insieme la sfiducia. Parafrasando quanto scrisse Ernest Renan a proposito della nazione: la democrazia del pubblico è un plebiscito di tutti i giorni. Una lotta quotidiana, dura e insidiosa. Per Berlusconi. Anche per la democrazia. Anche per noi. (Beh, buona giornata).

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