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E ora lo Squalo si fa la sua Auditel.

di Giulio Gargia *

Che differenza c’è tra Murdoch e Genny ‘a carogna ? Che con il secondo si può trattare. Gira questa battuta, da qualche giorno, negli uffici dell’Auditel, dopo il lancio dello Smart Panel di Sky.

Da quando è apparsa nel panorama dell’etere, i rapporti tra la nuova Tv e il vecchio rilevatore degli ascolti, l’Auditel, non sono mai stati idilliaci. Le diatribe sull’audience sono state all’ordine del giorno, con frequenti incursioni nei tribunali e richieste di danni.

Oggi la Tv di Murdoch segna un punto a suo favore, lanciando il suo sistema di rilevazione. Praticamente, un’ Auditel fatta in casa, ma con un dispiego di mezzi che non ha nulla a che invidiare a quella ufficiale: subito un campione di 5.000 famiglie, a pareggiare le 5.127 dell’Auditel, per arrivare a 10.000 entro pochi mesi. Ma che bisogno aveva Sky di raddoppiare un sistema degli ascolti già esistente ? La prima risposta, quella che non si può dare, è che anche loro non si fidano dei dati.

La seconda, quella ufficiale, è affidata alle parole di Eric Gerritsen, vicepresidente esecutivo di Sky Italia per la Comunicazione e gli affari istituzionali.

“Il punto – dichiara alle agenzie – è che noi abbiamo bisogno di capire quali sono i comportamenti dei nostri abbonati e purtroppo gli attuali schemi di rilevazione sono un po’ vecchiotti, abbiamo più volte sollecitato Auditel a essere più innovativi ma la risposta ci sembra un po’ lenta quindi ci muoviamo noi” .

Poi in un rigurgito di diplomazia, precisa, giusto per non essere troppo conflittuale che lo Smart Panel “è uno strumento non alternativo ma integrativo rispetto all’Auditel “.
Walter Pancini, direttore generale di Auditel, abbozza e accetta lo ‘Smart Panel come “un legittimo strumento di indagine interna a fini editoriali, non in competizione con noi”.

Ma poi Gerritsen insiste. Il manager della pay tv italiana osserva che le abitudini di consumo della tv sono cambiate: “Basti pensare che nei fine settimana la Formula Uno, come il calcio, viene seguita da circa 600 mila persone sui tablet. Noi dobbiamo misurare gli effetti del cambiamento, nel dettaglio. Non miriamo a una sorta di autonomia dall’Auditel ma abbiamo bisogno di capire puntualmente quali sono i comportamenti degli spettatori”.

A Sky sono interessati soprattutto alla nuova frontiera, ovvero ai consumi da altri dispositivi che non siano il televisore, come smartphone, tablet ma anche l’interazione con i social. Anche per il recente accordo con Telecom che permetterà di portare l’offerta della pay tv anche sulle reti a banda ultralarga dell’operatore tlc.
E qui Pancini non può far altro che inseguire ” Quello dell’analisi degli ascolti in mobilità è un obiettivo al quale stiamo lavorando da tempo, parallelamente con le altre Auditel europee: siamo in fase di sperimentazione”.

Poi vira sul patetico: “Non siamo un organismo vetusto. Auditel resterà un punto di riferimento per le aziende “.
Intanto, però le tensioni più o meno sotterranee tra Auditel e Sky emergono alla luce del sole. Il sistema di rilevazione degli ascolti nato nel 1986 non ha mai riscosso le simpatie degli uomini di Murdoch per due ragioni. Una è che il è nato per garantire gli equilibri tra RAI e Mediaset , la seconda è che la logica analogica dell’Auditel penalizzava il sistema satellitare e digitale di Sky.

Lo Smart Panel rappresenta quindi “ la soluzione finale” che – al di là delle rassicurazioni sul fatto di essere integrativo e non alternativo – costringerà quanto prima Auditel ad affrontare una rivoluzione nei metodi e nei campioni.

Una “ bomba atomica “ che – anche se per ora non si prevede che siano resi disponibili all’esterno – con la sua sola esistenza sposta gli equilibri tra le grandi emittenti. E chiama in causa l’opera dell’AGCOM per capire chi maneggerà questi dati che sono – ricordiamolo – quelli che determinano gli investimenti pubblicitari sulle emittenti.

Chi controlla l’Auditel, controlla gli spot. E chi controlla gli spot è il vero padrone delle Tv. Perciò l’Autorità delle Comunicazioni potrebbe fare 2 cose: una, un lavoro preventivo sulla trasparenza di queste procedure murdochiane ( come non fu fatto per l’Auditel ) visto che gli approcci dello Squalo ( il soprannome di Murdoch ) non tranquillizzano, in questo senso.

Sky lancia Smart Panel, l'"Auditel" di Sky.
Sky lancia Smart Panel, l'”Auditel” di Sky.
Due, molto più importante, porre all’ordine del giorno del governo la questione dell’applicazione finale della legge 249 che chiede di istituire un sistema pubblico di rilevazione degli ascolti. E’ come se nella sanità, ci fossero solo ospedali privati : va bene per chi ci vuole andare e se lo può permettere, ma gli altri? (Beh, buona giornata.)

* autore del libro “ L’arbitro è il venduto” – la radio dopo Audiradio – Bibliotheka edizioni

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Tempi duri per lo Squalo e il Caimano.

Sarà il gioco beffardo delle coincidenze, ma sembrerebbe proprio che, quasi all’unisono, lo Squalo globale e il Caimano nazionale si trovino in pessime acque.

Sia a Murdoch che a Berlusconi è andata liscia per troppo tempo: uno coltivava il sogno di diventare il capo di una compagnia potente e influente come lo sono nel mondo globalizzato colossi del calibro di Microsoft, di Apple, di Google. Berlusconi contava di riuscire a diventare il prossimo presidente della Repubblica Italiana e, salendo al Quirinale, garantirsi l’indulgenza plenaria totale. E invece no.

Lo scandalo del News of the World, vale a dire la corruzione di politici e poliziotti per ottenere informazioni coperte da segreti d’ufficio e poterle utilizzare per produrre scoop e tenere alte vendite e introiti pubblicitari, non ha solo mandato in fumo un affare da 8,1 miliardi di dollari, che era l’obiettivo della scalata della News Corp per il controllo totale di BskyB: quello che è davvero grave per Murdoch è che lo scandalo ha messo a nudo davanti agli azionisti e all’opinione pubblica mondiale il modo di fare affari.

Quanto a Berlusconi, si registra un grave guasto alla sua macchina da soldi, perché il traino della “discesa in campo”, cioè del protagonismo politico in prima persona per tutelare e sviluppare gli affari si è rotto: va male la pubblicità, va male l’editoria, va male la tv, va malissimo anche Endemol.

E come se non bastasse, arriva la batosta dei 560 milioni da pagare all’odiato De Benedetti, l’editore de la Repubblica, il nemico pubblico numero uno, secondo la religione berlusconista. E’ vero che a entrambi, sia allo Squalo che al Caimano è successo più di una volta di passare brutti momenti, ma tutti e due si sono poi risollevati e hanno saputo manovrare per riprendere il vento in poppa. Ma stavolta è diverso. Non di solo di affari, ma di reputazione personale, si tratta.

In Uk e negli Usa ormai si dice ormai ad alta voce che “il metodo News of the World” è il metodo News Corp. Dunque,il problema non è tanto lo scandalo in sè, quanto il durissimo giudizio politico e finanziario che si è levato contro l’impero di Murdoch. In Italia, la motivazione della sentenza della Corte d’Appello con cui la Mondadori dei Berlusconi è stata condannata a risarcire la Cir dei De Benedetti è suonata come una severissima e inappellabile sentenza di condanna al modo con cui Berlusconi ha condotto gli affari che gli hanno permesso di costruire il suo impero mediatico.

D’altra parte, attualmente la sua credibilità in politica si è estinta, come dimostrano gli avvenimenti di questi giorni. Tanto sono sembrati uguali il “metodo News of the World” di Murdoch e il “metodo Boffo” di Berlusconi, tanto sembrano uguali i rispettivi destini personali. Nessuno dei due riuscirà a perseguire fino in fondo i rispettivi sogni.

C’è da augurarsi che alle disgrazie dei due satrapi corrisponda il crollo dei rispettivi imperi monopolistici a favore di una circolazione globale dell’ informazione, meno manipolabile a fini speculativi, sia finanziari che politici. Lo Squalo e il Caimano imponevano che il medium da messaggio diventasse il loro strapotere mediatico.

Per una volta, pare che il messaggio sia pronto a riprendersi il medium: e già pare di sentire un’aria che sa di libertà di stampa e di diritto all’informazione, come fossero beni comuni.Beh, buona giornata.

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Televisioni italiane: è scoppiata la guerra. Si salvi chi può.

Calabrò: “Rai anche su Sky se indispensabile” Mediaset, ricorso contro la chiavetta digitale
Il gruppo del Biscione denuncia all’Antitrust la distribuzione dell’apparecchiatura “contraria alla normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza”-repubblica.it

Si riaccende la guerra delle tv. Da una parte Corrado Calabrò, presidente dell’Agcom, chiarisce che la Rai deve stare anche su Sky “se indispensabile”, per consentire a tutti gli utenti di vedere i programmi. Dall’altra Mediaset ricorre all’Antitrust contro la chiavetta di Sky per il digitale terrestre. La replica dell’emittente di Murdoch è immediata: “E’ solo un modo per garantire a milioni di famiglie la possibilità di fruire dell’offerta digitale in chiaro sul digitale terrestre”.

A margine dell’audizione in commissione di Vigilanza, dove ha presentato le linee guida del nuovo Contratto di servizio, Calabrò ha affermato che la Rai “potrà stare su tutte le piattaforme commerciali” e invece “dovrà stare su tutte le piattaforme tecnologiche, quindi anche sul satellite”, così da consentire a tutti gli utenti di vedere le trasmissioni. E quindi “se Sky in una zona è indispensabile, la Rai deve starci nel periodo transitorio”, limitandosi a criptare “proprio il minimo” delle sue trasmissioni. Il tutto in questa fase di transizione che secondo quanto stabilito a livello europeo dovrà portare al digitale in tutta Italia entro il 2012.

In questo lasso di tempo le cose potranno cambiare, ha spiegato ancora Calabrò, rispondendo a una domanda dei giornalisti, in relazione alla diffusione di TivùSat (la
nuova piattaforma satellitare creata da Rai, Mediaset e Telecom Italia Media, ndr): “Vedremo che copertura sarà stata assicurata da TivùSat”, ha concluso. In buona sostanza, qualora la Rai decidesse di oscurare Rai1, Rai2 e Rai3 su Sky prima del 2012, l’Agcom valuterà “la copertura altrimenti assicurata sul satellite” del servizio pubblico.

L’ordine dei canali. L’Agcom si occuperà dell’ordine dei canali sul telecomando del televisore nella prossima seduta di giovedì 19 novembre. ”Ne avremmo fatto volentieri a meno ma – ha detto Calabrò – la questione non si è risolta. Ce ne occuperemo quindi nella prossima seduta”. Allo studio, tra le altre, l’ipotesi di obbligare chi fabbrica televisori a produrre un telecomando dotato di guida elettronica ai programmi, tecnicamente ‘Epg’.

Il ricorso di Mediaset all’Antitrust. Il ricorso di Mediaset, si legge su un comunicato della società, è motivato dal fatto che “la distribuzione da parte di Sky di questa chiavetta è contraria alla normativa comunitaria e nazionale in materia di concorrenza e costituisce una violazione degli impegni assunti nel 2003 da Newscorp in occasione della concentrazione delle attività di Telepiù e Stream”.

“Le norme Antitrust, infatti – prosegue Mediaset – non consentono a un’impresa dominante di ostacolare l’ingresso sul mercato di concorrenti mediante vendite abbinate o aggregate dei propri prodotti”. Inoltre per Mediaset, il fine della digital key, che non consente l’accesso né ai servizi interattivi né ai contenuti a pagamento, “è quello di frenare la diffusione sul mercato di decoder che consentano di ricevere i programmi a pagamento e i servizi interattivi di altri operatori. Il tutto evidentemente a danno dei consumatori che vedranno così limitata la loro possibilità di scelta a livello di offerta e di contenuti”.

A stretto giro la replica di Tom Mockridge, amministratore delegato Sky: “La Digital Key è una semplice iniziativa di Sky che garantirà a milioni di famiglie la possibilità di fruire dell’offerta in chiaro sul digitale terrestre in modo facile ed efficace”.

E Mockridge passa al contrattacco sulla tendenza oligopolistica di Mediaset: “Si tratta di uno strumento che aiuta il processo di digitalizzazione del paese offrendo un servizio per i consumatori in un mercato in veloce sviluppo. Uno sviluppo che, evidentemente, non è facile da accettare per un gruppo come Mediaset che per molti anni è stato, ed è ancora oggi, il principale soggetto privato operante in Italia nella televisione commerciale e dominante nel mercato della pubblicità”.
(Beh, buona giornata).

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La quarta crisi morde Murdoch.

Conti in rosso per Rupert Murdoch, News corp perde 203 mln di dollari-repubblica.it

Brutte notizie per l’impero mediatico di Rupert Murdoch. Nel quarto trimestre fiscale, News Corp registra una perdita netta di 203 milioni di dollari, la solida performance delle divisioni di trasmissioni via cavo (+39%) è stata annullata dal crollo delle entrate pubblicitarie. Un anno prima il gruppo, che controlla tra gli altri il Wall Street Journal e le emittenti televisive Fox, aveva registrato un utile di 1,13 miliardi di dollari. Il giro d’affari è calato dell’11% a 7,6 miliardi di dollari, mentre le entrate del settore tv, inclusa Fox, scendono del 27%. Il gruppo si aspetta una modesta ripresa nei prossimi mesi.

Per quanto riguarda Sky Italia, nel quarto trimestre fiscale la piattaforma digitale ha riportato utili per 155 milioni di dollari, in calo di 57 milioni rispetto ai 212 milioni dell’anno scorso. Per l’intero anno fiscale Sky ha registrato profitti per 393 milioni di dollari, in calo di 26 milioni dai 419 milioni dell’anno scorso. Rupert Murdoch, amministratore delegato del gruppo, nel corso della conference call per commentare i risultati si è detto “non preoccupato”. Il numero di abbonati è cresciuto di 235.000 unità nel corso dei 12 mesi, portando il totale alla fine del quarto trimestre a 4,8 milioni. Negli ultimi tre mesi dell’anno la crescita del giro d’affari è stata ridotta dallo slittamento dei dati relativi agli introiti derivati dai programmi calcistici, che in parte saranno iscritti nel bilancio del primo trimestre fiscale.

I risultati del gruppo per l’intero anno fiscale 2009 sono stati comunque in linea con le previsioni, che la società aveva rivisto per due volte al ribasso a causa del perdurare della crisi economica e della recessione globale. Rupert Murdoch è tornato sull’idea di rendere a pagamento tutti i siti di news del gruppo. L’accesso al Wall Street Journal è già in parte gratuito e in parte a pagamento. Il magnate australiano non è sceso nel dettaglio dell’operazione ma ha detto che questa misura potrebbe essere introdotta a metà del 2010. “Un’industria che regala i suoi contenuti – dice – sta cannibalizzando la sua capacità di fare buon giornalismo”.

Murdoch ha anche detto che potrebbe rompere l’alleanza con Amazon sul lettore digitale Kindle, se non si arriverà ad una rinegoziazione degli accordi. Il tycoon si è detto scontento delle relazioni tra Kindle e i lettori online dei suoi giornali, lasciando anche trapelare la possibilità di un accordo tra News Corp e Sony. (beh, buona giornata).

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Tv italiane: ecco un gran casino.

Sky, Rai, Mediaset, digitale terrestre. Ecco come cambia-blitzquotidiano.it

Per gli spettatori italiani è un periodo di grandi cambiamenti. Una girandola di sostituzioni, diritti non acquisti, nuove concessioni, stanno modificando il panorama dell’offerta televisiva di tutti noi.

A cambiare nuovamente le carte in gioco interviene adesso un ‘annuncio di Sky che, in maniera irrituale, annuncia un divorzio probabilmente irreparabile: dal 1 agosto i canali di RaiSat non saranno più visibili sulla piattaforma satellitare di Sky.

Cosa faranno allora gli appassionati di RaiSat, il canale recipiente del David Letterman Show, i cuochi amatori, fedeli seguaci del Gambero Rosso, i giovanissimi telespettatori, allettati dall’offerta di Yoyo e Smash Girl? Per adesso stanno a guardare, aspettando le decisioni che il Cda di Viale Mazzini dovrebbe dare nei prossimi giorni, quando la Rai, ingolfata dalle nomine e paralizzata dai problemi di salute del suo Dg, si desterà dal torpore estivo di questi giorni.

Ma cosa si può già sapere che cambierà nell’offerta della nostra Tv?

La tv satellitare di Murdoch sostituirà i dieci canali ospitati di Rai Sat con una nuova programmazione. Vedremo alloratra i nuovi canali, Sky Cinema Italia, dedicato ai film italiani (si comincia con il restauro del Gattopardo di Luchino Visconti), e poi Fox Retro, con i telefilm più celebri del passato, Nick Junior, Baby Tv, il canale di casa Fox per i piccolissmi, Lady Channel, per le signore. Inoltre il David Letterman Show della Cbs resterà sulla piattaforma Sky, che, subodorando un cattivo esito delle trattative con la Rai, aveva già acquistato i diritti per lo spettacolo dell’intrattenitore newyorchese.

Per la tv generalista italiana sono previsti altri cambiamenti. Mediaset, Rai e La7 stanno presentando la loro offerta satellitare, per ora gratuita e visibile sul normale digitale terrestre. Il decoder cui hanno affidato la commercializzazione del loro prodotto, TivùSat (prezzo 100 euro fornito, per adesso, dalle marche Humax, Abn e Telesystem), permetterà di vedere sia il digitale terrestre sia i canali satellitari TivùSat. Chi riceve il digitale terrestre vedrà tutti i canali gratuiti di Rai, Mediaset e La7.

Nel corto periodo di fatto potrebbe non cambiare quasi nulla dal digitale terreste al digitale satellitare Rai-Mediaset-La7. Chi ha già comprato il decoder del digitale terrestre può fare a meno di comprare quello di TivùSat, vedrà comunque tutto. Chi comprerà il decoder di TivùSat vedrà tutto ma dovrà avere la parabola. Chi ha solo la parabola e vede tutto con l’abbonamento a Sky per adesso può fare a meno di comprare il decoder di TivùSat ma può darsi che un domani sia obbligato a farlo.

Aspettando gli inevitabili sviluppi, si delinea sempre più l’allontanamento di Rai da Sky e il seguente consolidamento dell’alleanza Rai-Mediaset-La7.

TAG: baby tv, cbs, david letterman show, decoder, digitale terrestre, fox retro, gambero rosso, gattopardo, luchino visconti, mediaset, murdoch, nick junior, parabola, rai, satellitare, sky, sky cinema italia, smash girl, tivù sat, viale mazzini, yoyo

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Berlusconi dice che il Times di Londra è “insufflato” dalla sinistra. Rupert Murdoch se la starà ridendo a crepa pelle.

Berlusconi risponde sul Times. «I giornali stranieri – dice il premier ai microfoni di 28 Minuti, su Radio Due- sono in collegamento diretto con i giornali della sinistra italiana: sono cose ispirate e insufflate dalla sinistra italiana». Rupert Murdoch se la starà ridendo a crepa pelle, (“la prossima volta che ti viene in mente di mettermi il 20% di Iva su Sky e Fox, pensaci prima”, forse sta pensando). Beh, buona giornata.

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Per uscire dalla quarta crisi Murdoch ha deciso di far pagare le news su internet. Gli editori italiani ci stanno facendo un pensierino.

di G.Bal.-sole24ore.com
L’era delle news online come commodity gratuita è finita. «Finalmente i grandi editori hanno capito che non tutto può essere gratis», dice Andrea Riffeser Monti, a.d. del gruppo Poligrafici Editoriale. Il dibattito sul futuro della stampa su internet è partito con l’annuncio del magnate Rupert Murdoch: «In futuro i giornali online si pagheranno».

Una riflessione continuata giovedì sulle pagine del Sole 24 Ore con l’intervento del presidente del gruppo L’Espresso, Carlo De Benedetti che ha sottolineato come per i giornali esista «certamente uno spazio per conquistare utenti web disposti a pagare i contenuti giornalistici». A patto però che siano contenuti ad «elevato tasso di esclusività e di valore aggiunto », un aspetto che mette in prima fila i giornali di settore, dallo sport all’economia, e locali, perché più legati al territorio. In serata poi la presa di posizione di Google. Dopo aver riflettuto sulla possibilità di entrare nel capitale del New York Times, il gruppo ha annunciato di voler abbandonare le ambizioni editoriali e l’a.d. Eric Schmidt ha confessato a Financial Times di essere scettico sulle proposte di Murdoch. Di certo la questione sarà all’ordine del giorno del convegno “Crescere tra le righe” (al via oggi a Borgo La Bagnaia in provincia di Siena) organizzato dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, guidato da Andrea Ceccherini. Il futuro dell’editoria online sarà uno dei punti centrali della relazione d’apertura del presidente Ceccherini, così come in quelle di Giancarlo Cerutti e Claudio Calabi, presidente e a.d. del Gruppo 24 Ore, e di Maurizio Costa, a.d. di Mondadori.

«La prospettiva è complicata, bisogna capire come fare», spiega Alessandro Zegler, a.d. di Athesis, il gruppo editoriale dei quotidiani locali L’Arena, Il Giornale di Vicenza e BresciaOggi, che aggiunge: «Abbiamo lavorato molto per essere pronti al grande passo, ma si devono trovare le giuste modalità. Finora abbiamo scoperto che tra i nostri lettori c’è una bassa sovrapposizione tra carta e online». Scommette sui giornali locali anche Repubblica che ha lanciato,solo su internet, l’edizione di Parma non disponibile in cartaceo: «Con l’abbonamento – spiega il gruppo –si può accedere ai contenuti premium, dall’archivio storico al giornale in formato pdf», una formula proposta anche da Athesis, ma che – almeno per il momento – non raccoglie molti consensi: «Gli abbonati online – dice Zegler – sono alcune centinaia, per lo più studi professionali ». Più scettico il d.g. di Avvenire, Paolo Nusiner che dice: «La chiave di volta è il consumatore, dobbiamo assecondare i nostri lettori». A dicembre il gruppo editoriale ha terminato il restyling del sito, «ma non abbiamo ancora una linea definita».

Sul futuro dell’informazione su internet si divide anche il Parlamento. Per Maurizio Gasparri (Pdl) «alcuni contenuti internet saranno a pagamento, ma ci sarà sempre una grande offerta free»; così l’ex premier Massimo D’Alema (Pd): «Dato che i giornalisti andranno sempre pagati, forse bisognerà pagare i giornali online, soprattutto se dobbiamo pensare che il cartaceo tenderà a scomparire ». Assolutamente contrario Massimo Donadi (Idv): «La libera circolazione delle notizia è un’enorme ricchezza». «Di certo –dice l’a.d.di Microsoft Italia, Pietro Scott Jovane – non si può cambiare di punto in bianco senza offrire qualcosa di diverso, di nuovo e di speciale ». Un ragionamento condiviso da Riffeser Monti che parla di una transizione lunga almeno 3- 4 anni durante la quale si lavorerà a contenuti speciali, «ma finché non si muoveranno i grandi gruppi internazionali – conclude – non cambierà nulla». (G.Bal.)

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Quarta crisi: “Rupert Murdoch ha sparato la sua cannonata. Per uscire dalla crisi i giornali sulla rete passino all’accesso a pagamento.”

Vittorio Zambardino contro il magnate Murdoch e la sua idea di far pagare le notizie sulla Rete-blitzquotidiano.it

Per il boss della News Corporation Rupert Murdoch i giorni dell’accesso gratuito ai siti web dei giornali stanno per finire. I siti di giornali come il “Times” ed il “Sun” non saranno più gratuiti entro 12 mesi. Quali saranno le conseguenze della proposta e della decisione presa da Murdoch? Nel suo Blog, Vittorio Zambardino, giornalista di “Repubblica”, analizza l’intera questione di Murdoch e dei giornali on-line:

“Rupert Murdoch ha sparato la sua cannonata per uscire dalla crisi i giornali sulla rete passino all’accesso a pagamento. Non che nessuno se ne sia accorto, quando a dire che bisogna far pagare l’accesso on line ai giornali era stato il direttore del New York Times, Bill Keller. Ma se lo dice lo squalo che non ne sbaglia una – è il ragionamento dell’industria – allora vuol dire che così si deve fare: basta con i siti di informazione gratuiti. Si paga tutto. […]”.(Beh, buona giornata).

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