di Mario Tozzi – da lastampa.it
E’ sempre spiacevole riflettere sulle catastrofi quando ci sono ancora persone da tirare fuori dalle macerie, ma bisogna farlo se si vuole evitare di trovarci ancora nel dolore e nella rabbia.
E rabbia è la parola giusta, quando sono anni che si classifica meticolosamente il territorio nazionale, mettendo in luce quanto sia esposto ai rischi naturali, e sono anni che non se ne tiene alcun conto. Agli italiani sembra di poter vivere in Scandinavia, ma il terremoto dell’Aquila ci ricorda brutalmente che non è così, che da noi ci sono alluvioni, frane ed eruzioni vulcaniche, che in buona misura possono essere previste, e terremoti di cui, invece, non si sa né l’ora o il giorno né tanto meno il mese o l’anno in cui si scateneranno.
È pero certo che lo faranno e ormai si sa bene dove: in Friuli, in Garfagnana, nella dorsale appenninica umbro-marchigiana-abruzzese, in Irpinia, in Calabria, nel Gargano e nella Sicilia orientale. E anche con che tipo di danno: veramente catastrofici nello Stretto di Messina, in Irpinia e nel Catanese. Eppure non viene speso un centesimo nel risanamento antisismico degli edifici pubblici, anzi si progettano faraoniche grandi opere che stornano denari dall’unico uso sensato che se ne dovrebbe fare in un contesto come il nostro. E si ipotizzano «piani edilizi» che permetterebbero la sopraelevazione degli edifici, proprio una delle cause più frequenti di crollo da terremoto, come insegna la storia dei nostri sismi, da quello di Messina e Reggio Calabria del 1908, aggravato dall’aver ignorato – già allora! – le norme antisismiche borboniche che vietavano di innalzarsi a più di 10 metri di altezza e di sovraccaricare gli edifici.
Sarà bene ricordare che non solo le città italiane sono il frutto di ricostruzioni dopo innumerevoli terremoti, ma anche il paesaggio è un paesaggio sismico, prodotto cioè da successivi eventi, come è normale in un paese geologicamente attivo, in cui si può convivere con il rischio solo usando scienza e intelligenza. Non uccide il terremoto, ma la casa mal costruita o mal posta. Sarebbe bene ricordarlo sempre. Dovremmo infine farla finita di parlare di ipotetiche catastrofi naturali, che in realtà non esistono: esiste solo la nostra incapacità, ignoranza o malafede nel rapportarci con il rischio e una delittuosa propensione a perdere la memoria degli eventi passati. Ma in Italia nessun posto è immune dal rischio e la Terra non smetterà di ricordarcelo. (Beh, buona giornata).