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«L’Italia rischia di trovarsi di fronte a un bivio tra la stagnazione e la crescita». Il governatore della Banca d’Italia smentisce clamorosamente il ministro dell’Economia, e manda alle ortiche le politiche del governo italiano.

(fonte:ilmessaggero.it)
«L’Italia rischia di trovarsi di fronte a un bivio tra la stagnazione e la crescita»: è l’allarme lanciato dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nel suo intervento al convegno della facoltà di Economia dell’università olitecnica delle Marche. Per Draghi gli effetti della recessione sulla struttura produttiva italiana «devono ancora essere valutati» e la «difficoltà dell’economia italiana di crescere e creare reddito non deve smettere di preoccuparci».

«L’inerzia sulla crescita colpisce di più i giovani». «L’inerzia, l’inazione sulla crescita del Paese – dice Draghi – privilegiando il passato rispetto al futuro esclude dalla valutazione del benessere la visione di coloro per cui il futuro è l’unica ricchezza: i giovani». Secondo Draghi gli indicatori internazionali dicono che «gli italiani sono mediamente ricchi» e «sono in gran parti soddisfatti delle loro condizioni», ma gli stessi indicatori mostrano che «l’inazione ha costi immediati. La ricchezza è il frutto di azioni e decisioni passati, mentre il pil, legato alla produttività, è frutto di azioni e decisioni prese guardando al futuro.

«Stabilizzare i precari per una migliore produttività». Per Draghi è indispensabile offrire una prospettiva di stabilizzazione ai precari. «Senza la prospettiva di una pur graduale stabilizzazione dei rapporti di lavoro precari si hanno effetti alla lunga negativi su produttività e profittabilità» rileva Draghi, secondo cui nel nostro Paese «rimane diffusa l’occupazione irregolare, stimata dall’Istat in circa il 12% del totale dell’unità di lavoro».

«Produttività deludente anche al Nord». «Per capire le difficoltà di crescita dell’Italia – sostiene il governatore di Bankitalia – dobbiamo interrogarci sulle cause del deludente andamento della produttività. La stagnazione della produttività nel decennio precedente la crisi, è stata uniformemente diffusa sul territorio. E’ un problema del Paese». Per Draghi i dati mostrano una «evidente perdita di competitività rispetto ai partner europei». Il governatore ha spiegato come non risponda a verità che la diminuzione della crescita del prodotto per abitante «sia media di un Nord allineato al resto d’Europa e di un Centro-Sud in ritardo. Ma così non è». Il governatore ha ricordato che la crescita del prodotto per abitante in Italia «si va riducendo da tre decenni: siamo passati da un aumento annuo del 3,4% negli anni ’70 a uno del 2,5% negli anni ’80, dell’1,4% negli anni ’90 fino alla stasi dell’ultimo decennio». Nel confronto con gli altri paesi europei, Draghi ha quindi evidenziato come nei primi dieci anni dell’Unione Europea (1998-2998) il costo del lavoro per unità di prodotto è aumentato del 24% in Italia, del 15% in Francia, mentre «è addirittura diminuito in Germania». Divari, ha argomentato il governatore, i quali riflettono «i diversi andamenti alla produttività del lavoro. Nel decennio citato questa è aumenta del 22% in Germania, del 18% in Francia e solo del 3% in Italia». Per il governatore i fattori all’origine di tali meccanismi «sono molteplici», fra cui, citando l’economista Giorgio Fuà, «sono simili a quelli che distinguevano il modello di sviluppo tardivo dell’Italia con marcati e persistenti dualismi nella dimensione delle imprese, nel mercato del lavoro». Proprio la dimensione delle imprese, ha concluso Draghi, «rimane ridotta nel confronto internazionale». (Beh, buona giornata).

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Berlusconi e Letta, Pier Ferdinando Casini, il cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato, Cesare Geronzi e Mario Draghi: tutti a cena da Vespa per salvare il Governo.

Berlusconi a casa Vespa con Bertone presente chiede aiuto a Casini per tamponare l’emorragia finiana
Bruno Vespa con l’occasione di festeggiare i suoi 50 anni di giornalismo giovedì 8 luglio ha organizzato una cena a casa sua che come spesso accade quando c’è di mezzo lui, si è trasformata in qualcosa di più. Tra gli invitati c’erano Berlusconi e Letta, Pier Ferdinando Casini, il cardinale Tarcisio Bertone segretario di Stato, Cesare Geronzi e Mario Draghi.-blitzquotidiano.it

Cosa ci facevano insieme il primo collaboratore del Papa, il governatore della Banca d’Italia e il presidente di Generali? Assistevano all’ultimo tentativo del Cavaliere di evitare lo sfarinamento della sua maggioranza, iniettando forze fresche – quelle dei centristi di Pier Ferdinando Casini – in un momento di grande difficoltà.

Il premier appare da subito deciso a tentare l’affondo finale. Anche la cornice – da Bertone, rappresentante del Vaticano a Geronzi, custode del nuovo assetto finanziario italiano – sembra creata apposta per accerchiare Casini, pronto a mettere tutto sul piatto pur di imbarcare “Pier Ferdinando” e lasciare a terra quel “traditore” di Fini. La presenza del segretario di Stato vaticano, agli occhi del premier, dovrebbe rendere più “ragionevole” il cattolico Casini.

Una convinzione tratta dai contatti con i vertici d’Oltretevere, per i quali Letta aveva ricevuto un incarico preciso. Così, dopo un vago richiamo alle “comuni radici del Ppe”, il Cavaliere aggiunge: “Pier, noi apparteniamo alla stessa famiglia, i nostri elettori sono gli stessi. Cosa ci fai in quella compagnia di giro? Il tuo posto è alla guida del paese accanto a me. Se solo volessi potresti fare il vicepresidente del Consiglio, saresti il numero due del governo. Sceglieresti tu il successore di Scajola e magari potreste avere anche la Farnesina”.

Il premier ha assoluto bisogno di tamponare l’emorragia finiana: di cedere alle richieste del presidente della Camera non lo prende nemmeno in considerazione. Anzi, sta provando a sfilare a Fini tutti gli interlocutori dell’ex leader di An, compreso Francesco Rutelli.

“Fini ti ha già fregato una volta – ricorda Berlusconi a Casini – ha detto che rompeva con me e poi è corso a fare il Pdl lasciandoti da solo. Se tornassi con noi nessuno potrebbe dirti niente”. Ma il leader dell’Udc, nonostante molti dei suoi non aspettino altro, anche stavolta delude il suo interlocutore. E non è solo la volontà di non farsi utilizzare contro Fini, prestandosi all’accusa di trasformismo parlamentare. Casini i suoi 39 deputati sarebbe anche disposto a concederli, ma solo in cambio di un “forte segnale di discontinuità” rispetto all’attuale maggioranza. Un “cambio di passo” che non potrebbe che essere marcato da una “crisi di governo” e dalle conseguenti dimissioni del premier.

“Non posso semplicemente aggiungermi a voi – spiega dunque al Cavaliere – perché vorrebbe dire rinnegare tutto quello che abbiamo detto e fatto finora. Non si può cambiare la base parlamentare del governo senza tornare al Quirinale e noi non facciamo la ruota di scorta, mi dispiace”.

Altra cosa sarebbe se si presentasse un nuovo governo: “Silvio, a guidarlo saresti sempre tu, ma sarebbe una nuova maggioranza per un nuovo programma. Riforme difficili, anche impopolari, da fare insieme per uscire dalla crisi. In questo caso potremmo anche valutare l’ipotesi”. Bertone ascolta in silenzio e non si intromette.

Berlusconi appare teso, protesta. “Io non posso aprire una crisi al buio, come puoi chiedermi questo? Dovrei ammettere che abbiamo fallito e invece stiamo facendo e abbiamo fatto tanto”.

Nella cena casa Vespa, Berlusconi non fa cenno a quello che realmente lo agita. Poi, riferendo della serata a più di un ministro il premier confessa: “Se si apre una crisi di governo la palla passa al Quirinale. Come faccio a fidarmi?”. Lo spettro che lo scuote è la possibilità di un ritorno ad un governo istituzionale come fu quello di Dini nel 1995 o quelli del ‘92 del dopo Tangentopoli.
(Beh, buona giornata).

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Il governatore della Banca d’Italia: “Siamo meno sicuri che si stia effettivamente avviando una ripresa duratura, che non poggi solo sul sostegno straordinario delle politiche economiche”.

La crisi rovinosa si è fermata, ma la certezza di una nuova stabilità è ancora lontana. E’ il monito lanciato dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, nel corso del suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio. “La caduta in cui le nostre economie si stavano avvitando, tra la fine del 2008 e l’inizio di quest’anno – dice il numero uno di via Nazionale – si è fermata. Siamo meno sicuri che si stia effettivamente avviando una ripresa duratura, che non poggi solo sul sostegno straordinario delle politiche economiche”. Anche da qui deriva la necessità, ”urgente”, di riprendere “il cammino delle riforme”.

Draghi diffonde anche cifre poco incoraggianti sul fronte dell’occupazione: in un anno, da settembre 2008 a settembre 2009 – sono stati persi, rivela, 650 mila possti di lavoro. Ed è probabile che negli ultimi mesi del 2009 ci saranno ulteriori perdite. Beh, buona giornata.

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Fmi decide a tavolino che ci sono segnali di ripresa economica.

Crisi, recessione, ripresa/ Draghi, Geithner, Zhou, Tremonti: c’è ancora, ma quasi non c’è più da blitzquotidiano.it

Riuniti a Washington, nella sede dell’Imfc, braccio operativo del Fondo monetario internazionale, il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha detto: “Nelle ultime settimane abbiamo assistito a un modesto recupero di fiducia sul mercato. Sembra che gli scenari peggiori sulle prospettive dell’economia globale e del sistema finanziario non siano più così centrali nel pensiero dei partecipanti al mercato”.

Secondo l’agenzia di stampa Agi, Draghi ha detto che il miglioramento di clima “offre una finestra di opportunità unica sia per le azioni a breve termine tese a stabilizzare le istituzioni e promuovere l’espansione del credito sia per realizzare misure tese a rafforzare il sistema nel lungo periodo”.

Ha proseguito Draghi: il nostro obiettivo principale è rompere il circolo vizioso che si è instaurato tra il sistema finanziario e l’economia reale”. In questa direzione, ha sottolineato il governatore, “un punto chiave” è “ripulire i bilanci delle istituzioni finanziarie”. Dal canto loro, “le autorità hanno adottato un’ampia gamma di misure per iniettare capitale nelle banche, garantire i loro obblighi e ridurre o rimuovere la loro esposizione verso gli asset tossici”.

L’obiettivo finale di queste azioni, ha osservato ancora Draghi, è “creare un contesto in cui le banche siano in grado di ripulire i loro bilanci attraverso una crescita sostenibile dei profitti e raccogliere il capitale di cui hanno bisogno dal mercato privatoa un costo relativamente bassi”. Ciò, ha aggiunto Draghi,”significa anche fornire sufficiente trasparenza sulle esposizioni a rischio per consentire al mercato di distinguere tra banche deboli e banche forti e ridurne le incertezze”.

“Parte centrale di questo processo”, ha affermato il governatore, sono gli stress test, che rappresentano “uno sforzo per migliorare la trasparenza”. Proprio gli stress test negli Stati Uniti sono stati uno degli argomenti al centro della riunione, anche se, ha detto Draghi, se ne è parlato in termini generali senza andare nel dettaglio dei risultati dei singoli istituti.

Draghi però ha anche detto che la situazione di capitale delle banche italiane è positiva. ”Conduciamo regolarmente stress test: se avessero rilevato situazione di sottocapitalizzazione, l’autorità di vigilanza avrebbe reagito”.

Alla riunione del Fondo c’era anche il segretario al Tesoro americano, Timothy Githner. Ha detto: la ripresa economica negli Stati Uniti non è dietro l’angolo, anche se il peggio è forse ormai alle spalle. ”L’economia statunitense ha di fronte sfide serie e ci vorrà tempo perché i fondamentali migliorino”. Geithner non ha comunque mancato di sottolineare che “ci sono alcuni segnali positivi e gli sforzi per stabilire la stabilità del mercato finanziario e stimolare la crescita sono ben avviati”. Insomma, gli Usa “stanno facendo la loro parte ma siamo consapevoli”, ha concluso Geithner, “che la nostra ripresa dipendera’ da quella mondiale”.

C’era anche il presidente della Banca Centrale Cinese, Zhou Xiaochuan. La Cina, ha detto è nelle condizioni di poter mantenere un ritmo di crescita stabile e relativamente elevato. Zhou ha affermato che i trend di crescita cinesi non cambieranno nel lungo termine e che il governo di Pechino continuerà a portare avanti le politiche fiscali e di espansione monetaria adeguate a rispondere alla crisi.

E c’era anche il ministro dell’Economia italiano Giulio Tremonti: ”Sul fronte dell’occupazione non sono in vista nuovi interventi”, ha detto. “La base di riferimento è il recovery plan europeo. Riteniamo che quanto messo in campo sia sufficiente. Se servirà altro lo metteremo in campo”. (Beh, buona giornata).

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