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3DNews/SORU: VOGLIO VENDERE L’UNITA.

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“Sono azionista con grandissimo sacrificio economico. Non vedo l’ora che qualcuno la compri. Sono andato a chiederlo con molta insistenza in tante occasioni”. Renato Soru, intervenuto al seminario di formazione per giornalisti di Redattore Sociale a Capodarco di Fermo e intervistato l’altro giorno dal direttore di Radio 3 Marino Sinibaldi, parla così de l’Unità, giornale di cui è editore dal 2008. Nella sala una giornalista free lance chiede all’ex presidente della Sardegna perché il quotidiano non paga i collaboratori. Prima Soru dice che non è così. Poi interviene il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino e afferma: “C’è qualcuno che non le dice tutto…”. A quel punto, imbarazzato, il numero uno di Tiscali risponde: “Se ci sono collaboratori che non percepiscono lo stipendio e che hanno scioperato da ottobre me ne scuso come azionista. Questo le dà il segno di un giornale che soffre la difficoltà di andare avanti. Si potrebbe prendere in considerazione anche l’ipotesi di chiudere”

Proprio il direttore di Radio 3 Marino Sinibaldi parlerà della crisi de l’Unità lunedì 28 novembre con l’ex direttore Concita De Gregorio.

 

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Attualità Teatro

Ma che c’è da ridere?

«Sinceritù»… Quando il comico fa notizia Parla De Carlo, un giornalista sul palco
di Silvia Garambois-l’unità

Si scrive «Sinceritù», si legge alla romana «s’in c’eri tu», è l’ode di una velina promossa in Parlamento,sulle note di «Sincerità» di Arisa. È uno dei pezzi di Francesco De Carlo, giornalista salito sul palco.

Le inchieste? Ci sono le Iene, il Gabibbo… L’informazione? Per fortuna c’è Sabina Guzzanti, e poi Daniele Luttazzi, anche Maurizio Crozza… Ma allora i giornalisti che fanno? È stato più o meno riflettendo su come va il mondo che Francesco De Carlo, coordinatore di un perio-dico sulle questioni dell’informazione, con all’attivo qualche querela per i suoi articoli sui guai di viale Mazzini, a trent’anni ha deciso che era arrivato il momento di scegliere: ha chiuso il blocchetto degli appunti, posato la penna, ed è salito su un palcoscenico. Meglio il comico del giornalista.

Non ci va leggero, De Carlo: «Guarda la tv: c’è Zelig, che dovrebbe far ridere e non mi fa ridere. Dall’ altra c’è Ballarò che non dovrebbe e fa più ridere di Zelig, con tutti che si accapigliano in studio».
Lui c’è stato nel “laboratorio” di Zelig: non si sono reciprocamente piaciuti. Bocciato al provino con Gi-no e Michele. Senza rimpianti. I testi “alla maniera della tv”, dove la satira politica si comprime in un ammiccamento, gli vanno stetti: “Ma come si fa a fare satira politica senza nominare i politici?”. Meglio il cabaret, in giro per l’Italia, meglio la soddisfazione di salire sul palcoscenico del Festival di Grottamma-re, davanti a Sabina Guzzanti, Giobbe Covatta, Enzo Iacchetti e vincere tutto insieme il premio della critica per i testi, quello della tv per il “ritmo” e il premione finale. Mica male, per uno che si permette di far satira su Berlusconi e sul Vaticano, terreno insidioso, troppo facile e troppo difficile, troppo abusato e troppo “riservato” a chi ha le spalle grosse. Va a finire che i suoi pezzi li trovate sul sito della Guzzanti, a partire da una canzoncina sulle note di Sincerità di Arisa, titolo: Sinceritù, ma scritto alla romana, “S’in c’eri tu”, cantico di una velina diventata onorevole.

«Zelig ha le sue esigenze – dice ora -ci deve essere un equilibrio tra mono-loghisti e personaggi, un gusto omogeneo, adatto al pubblico di Canale 5… A me però dà fastidio quando la comicità esalta i luoghi comuni: anzi, lo considero un male assoluto far ridere dicendo che i napoletani non lavorano, che i dipendenti pubblici sono fannulloni, le donne sottomesse. È il più grande difetto di Zelig, sono le regole di un impero commerciale. Pensare che li dentro ci sono comici e autori davvero bravissimi, ma è il prodotto che appiattisce tutto».

E così lui va a fare i suoi monologhi in quelle che una volta erano le “cantine” e ora sono nobilitate dalla tradizione anglo-americana, quella degli “stand-up comedy”, dove ha cominciato Woody Allen. Ce ne sono ancora in giro per l’Italia. E ce n’è una a San Lorenzo a Roma, vecchio quartiere popolare a due passi dall’ Università, il Mads di via dei Sabelli, dove al lunedì sera i comici “provano” i testi nuovi. Gratis. Il pubblico fa la fila, molti non ce la fanno a entrare.

Ma come t’è venuto in mente di mollare il giornalismo per le canti-ne? «Ho scoperto che in un tema di seconda elementare lo avevo già scritto che da grande volevo fare il comico: dopo di che, l’oblio. Poi l’anno scorso sono salito su un palco… e non sono più voluto scendere. Non ho fretta, in fondo non ho ancora compiuto 31 anni».

E come si campa aspettando il successo? «Ci s’arrangia: io faccio l’autore per una radio, ho tenuto da parte i soldi del premio, una specie di anno sabbatico in cui faccio le prove su me stesso. Nella comunità dei comici romani, a dir tanto, saremo una quarantina, dai 20 ai 50 anni: ci conosciamo tutti. Per noi la scommessa è far tornare la gente nei cabaret a sentirci. E da marzo si parte in tournée…».(Beh, buona giornata)

Sito ufficiale www.francescodecarlo.it

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Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Una fotografia della carta stampata a sinistra in Italia.

(fonte: blitzquotidiano.it)
Le voci della sinistra si sono moltiplicate e l’offerta in edicola è ampia e variegata. Si espande infatti la galassia di carta con risultati sorprendenti (anche se non tutti i giornali sono certificati), e con una nuova platea che si fa largo: Il Fatto è la sorpresa di quest’anno, l’Unità è in buona salute e cresce rispetto all’anno scorso, più o meno stabili Liberazione e il Manifesto così come il Riformista.

Nell’elenco ci sono anche Gli altri di Piero Sansonetti (4000 copie vendute), e Terra che rappresenta l’istanza ecologista. Il Fatto è l’ultimo arrivato, seguito – ma solo in questo – nella sua scelta di rinunciare ai finanziamenti pubblici – dal Clandestino, il quotidiano di David Parenzo e Pierluigi Diaco in edicola da qualche giorno.

Il giornale fondato da Antonio Padellaro e Marco Travaglio – considerando i dati – è il fenomeno dell’anno: nato il 23 settembre, dopo una campagna di promozione che ha attraversato tutta l’Italia, si è assestato nell’ultimo mese su una media di 65 mila copie vendute. Nei suoi primi trenta giorni di vita la media è stata di 75 mila. In più ci sono i quarantunomila abbonamenti postali e on line.

Un giornale da centomila copie: il picco con 133 mila l’8 ottobre, il giorno dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il Lodo Alfano. Dieci redattori, venti pagine, tante firme, collaboratori autorevoli e free lance anche all’estero, Il Fatto rappresenta un nuovo pubblico e ‘pesca’ in una inedita fetta di mercato: i lettori mostrano di apprezzare il giornale con le sue scelte nette e per la riuscita integrazione con Internet.

Nel momento della sua uscita, l’idea comune era che avrebbe portato via copie ai suoi ‘fratelli’, primo fra tutti l’Unità, ma questo non è accaduto. L’Unità, firmata da Concita De Gregorio dal 25 agosto 2008, è in crescita: a ottobre l’indice positivo è del 9,8 %, 55.672 copie di media giornaliera contro le 50.716 dell’ottobre del 2008 (dati Fieg).

Il Fatto ha quindi raccolto consensi in altri e inesplorati ambiti: i suoi lettori – secondo gli analisti – sono giovani, più vicini ad Antonio Di Pietro che a Pierluigi Bersani, quelli che riempiono teatri e piazze alle presentazioni dei libri di Marco Travaglio e agli spettacoli di Sabina Guzzanti, lontani dai partiti tradizionali e contro Silvio Berlusconi. Una conferma a questa tesi arriva dai dati riguardanti gli altri giornali.

Il Manifesto, storica testata diretta da Valentino Parlato e gestita da un collettivo di giornalisti, secondo i dati forniti dal giornale, vende circa 24 mila copie giornaliere (primo semestre 2009) , senza registrare particolari fluttuazioni rispetto al 2008. Né rispetto all’uscita del Fatto: nei giorni successivi al 23 settembre ha accusato un calo temporaneo di 400-500 copie.

Stabile Liberazione, organo di Rifondazione Comunista: le vendite – spiegano al giornale – sono di circa 10 mila copie al giorno. Un nocciolo duro di lettori rimasti fedeli alla linea del direttore Dino Greco subentrato a Piero Sansonetti, rimosso dal suo incarico per volontà della segreteria di Rifondazione guidata da Paolo Ferrero.

Sansonetti, per cinque anni alla guida di Liberazione, ha dato vita a Gli Altri. Il primo numero è uscito il 12 maggio di quest’anno: la vendità è di circa 4000 copie. Il Riformista completa il puzzle: il quotidiano, fondato da Antonio Polito e ideato dall’ex consigliere politico di Massimo D’Alema, Claudio Velardi, è stabile su 12-15 mila copie vendute, secondo le cifre fornite dallo stesso giornale. Beh, buona giornata.

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