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di Slavoj Zizek – Testo dell’intervento del filosofo sloveno alla convention di Syriza (Grecia)

Al termine della sua vita Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, fece la famosa domanda «che cosa vuole una donna?», ammettendo la perplessità di fronte all’enigma della sessualità femminile. Una simile perplessità sorge oggi:T «Che cosa vuole l’Europa?» Questa è la domanda che voi, il popolo greco, state rivolgendo all’Europa. Ma l’Europa non sa quello che vuole.

Il modo in cui gli stati europei e i media riportano ciò che sta accadendo oggi in Grecia è, credo, il miglior indicatore di che tipo di Europa vogliono. È l’Europa neoliberale, è l’Europa degli stati isolazionisti. I critici accusano Syriza di essere una minaccia per l’euro, ma Syriza è, al contrario, l’unica possibilità che ha l’Europa. Ma quale minaccia. Voi state dando all’Europa la possibilità di uscire dalla sua inerzia e di trovare una nuova via.

Nelle sue note sulla definizione di cultura, il grande poeta conservatore Thomas Eliot ha sottolineato quei momenti in cui l’unica scelta è tra eresia e il non credere. Vale a dire momenti in cui l’unico modo per mantenere il credo, per mantenere viva la religione, è necessario eseguire una diversione drastica dalla via principale. Questo è ciò che accade oggi con l’Europa. Solo una nuova eresia – rappresentata in questo momento da Syriza – può salvare ciò che vale la pena salvare dell’eredità europea, cioè la democrazia, la fiducia nelle persone, la solidarietà egualitaria.

L’Europa che vincerà, se Syriza verrà messa fuori gioco, sarà un’Europa con valori asiatici: e, naturalmente, questi valori asiatici non hanno nulla a che fare con l’Asia, ma con la volontà attuale ed evidente del capitalismo contemporaneo di sospendere la democrazia.
Si dice che Syriza non ha abbastanza esperienza per governare. Sono d’accordo, manca loro l’esperienza di come far fallire un paese, truffando e rubando. Non avete questa esperienza. Questo ci porta all’assurdità dell’establishment della politica europea: ci fa la predica sul pagare le tasse, opponendosi al clientelismo greco e nello stesso tempo ripone tutte le lsue speranze sulla coalizione tra i due partiti che hanno portato la Grecia a questo clientelismo.

Christine Lagarde ha recentemente affermato che ha più simpatia per i poveri abitanti del Niger che per i greci, e ha anche consigliato i greci ad aiutare se stessi pagando le tasse, che, come ho potuto verificare pochi giorni fa, lei non deve pagare. Come tutti i liberali umanitari, ama i poveri impotenti che si comportano da vittime, evocano la nostra simpatia spingendoci a fare la carità. Ma il problema con voi greci è che sì, soffrite, ma non siete vittime passive: resistete, lottate, non volete comprensione e carità, volete solidarietà attiva. Volete e chiedete una mobilitazione, il sostegno per la vostra lotta.

Syriza è accusata di promuovere finzioni di sinistra, ma è il piano di austerità imposto da Bruxelles ad essere chiaramente una finzione. Tutti sanno che questo piano è fittizio, che lo stato greco non potrà mai ripagare il debito, in questo modo. Allora perché Bruxelles impone queste misure? Il vero scopo non è quello di salvare la Grecia, ma ovviamente di salvare le banche europee.
Queste misure non sono presentate come decisioni fondate su scelte politiche, ma come necessità imposte da una logica economica neutrale. Come a dire: se vogliamo stabilizzare la nostra economia, dobbiamo semplicemente ingoiare la pillola amara. Oppure, come dicono i proverbi tautologici: non si può spendere più di quello che si produce. Ebbene, le banche americane e gli Stati Uniti sono stati una grande prova, per decenni, che si può spendere più di quello che si produce.

Per illustrare l’errore delle misure di austerità, Paul Krugman spesso le paragona alla pratica medievale del salasso. Una bella metafora, che ritengo debba essere ulteriormente estremizzata. I medici finanziari europei, a loro volta non sicuri di come questo farmaco funzionerà, stanno usando voi greci come cavie da laboratorio, stanno rischiando il vostro sangue, non il sangue dei loro paesi. Non vi è alcun salasso per le banche tedesche e francesi. Al contrario, quelle stanno ottenendo grandi trasfusioni.

Il buon senso radicale
Dunque Syriza è davvero un gruppo di pericolosi estremisti? No, Syriza è qui per portare un pragmatico buon senso. Per cancellare la confusione creata da altri. I sognatori pericolosi sono quelli che vogliono imporre le misure di austerità. I veri sognatori sono coloro che pensano che le cose possono andare avanti, a tempo indeterminato, così come stanno apportando qualche modifica cosmetica. Voi non siete dei sognatori: voi vi state risvegliando da un sogno che si sta trasformando in un incubo. Voi non state distruggendo nulla, state reagendo al modo in cui il sistema sta gradualmente distruggendo se stesso.

Conosciamo tutti la classica scena del cartone di Tom e Jerry: il gatto raggiunge il precipizio, ma continua a camminare, ignorando il fatto che non c’è terreno sotto i suoi piedi. È solo quando comincia a scendere che guarda verso il basso e si rende conto che c’è il vuoto. Questo è quello che state facendo: state dicendo a chi è al potere, «ehi, guarda giù!» e quelli cadono.

La mappa politica della Grecia è chiara ed esemplare. Al centro c’è un solo partito, con due ali, destra e sinistra, Pasok e Nuova Democrazia. È come, che so, la Cola che è o Coca o Pepsi, una scelta che non è una scelta. Il vero nome di questo partito, se si mettono insieme Pasok e Nd, dovrebbe essere qualcosa, penso, come Nmced, Nuovo movimento ellenico contro la democrazia. Naturalmente questo grande partito sostiene di essere a favore della democrazia, ma io sostengo che sia a favore di una democrazia decaffeinata. Sapete, come il caffè senza caffeina, la birra senza alcool, il gelato senza zucchero. Vogliono la democrazia, ma una democrazia dove invece di compiere una scelta, la gente si limita a confermare quello che saggi esperti diranno loro di fare. Vogliono il dialogo democratico? Sì, ma come nei dialoghi tardi di Platone, dove un ragazzo parla tutto il tempo e l’altro dice solo, ogni dieci minuti, «per Zeus, è così!»

Poi c’è l’eccezione. Voi, Syriza, il vero miracolo, movimento di sinistra radicale, che è uscito dalla comoda posizione di resistenza marginale e coraggiosamente ha segnalato la disponibilità a prendere il potere. Questo è il motivo per cui dovete essere puniti. Ecco perché Bill Freyja ha scritto di recente, sulla rivista Forbes, un articolo dal titolo «Dare alla Grecia quello che merita: comunismo». Cito: «Quello di cui il mondo ha bisogno, non dimentichiamolo, è un esempio contemporaneo del comunismo in azione. Quale miglior candidato della Grecia? Buttatela fuori dall’Unione europea, interrompete il flusso libero di euro e ridategli le vecchie dracme. Poi, state a guardare che succede per una generazione». In altre parole, la Grecia dovrebbe essere punita in modo esemplare, così che una volta per tutte, la tentazione per una soluzione radicale e di sinistra della crisi venga messa a tacere.

So che il compito di Syriza è quasi impossibile. Syriza non è l’estrema sinistra folle, è la voce pragmatica della ragione, che contrasta la follia ideologia del mercato. Syriza avrà bisogno della combinazione formidabile di principi politici e pragmatismo senza radici di impegno democratico, oltre alla capacità di agire rapidamente e brutalmente quando necessario. Perché Syriza abbia una Cialis chance, anche una minima chance di successo, sarà necessaria una solidarietà pan-europea.

Cambiare la Grecia
Per questo penso che voi, qui in Grecia, dovreste evitare il nazionalismo facile, tutti i discorsi su come la Germania vuole rioccupare la Grecia, distruggerla e così via. Il vostro primo compito è quello di cambiare le cose qui. Syriza dovrà fare il lavoro che gli altri avrebbero dovuto fare. Il lavoro di costruzione di uno stato migliore, moderno: uno stato efficiente. Dovrete fare un lavoro di bonifica dell’apparato statale dal clientelismo. È un lavoro duro, non c’è nulla di entusiasmante in questo: è lento, duro, noioso.

I vostri critici pseudo-radicali vi stanno dicendo che la situazione non è ancora quella giusta per un vero cambiamento sociale. Che se prendete il potere ora, non farete che aiutare il sistema, rendendolo più efficiente. Questo è, se ho ben capito, quello che il Kke,, che è fondamentalmente il partito delle persone ancora vive perché si sono dimenticate di morire, vi sta dicendo.
È vero che la vostra élite politica ha dimostrato la sua incapacità di governare, ma non ci sarà mai un momento in cui la situazione sarà completamente giusta per il cambiamento. Se aspettate il momento giusto, il momento giusto non arriverà mai. Quando si interviene, è sempre il momento non proprio maturo. Quindi, avete di fronte una scelta: o aspettare comodamente e guardare la vostra società che si disintegra, come alcuni altri partiti di sinistra suggeriscono, o intervenire eroicamente, pienamente consapevoli di quanto sia difficile la situazione. Syriza ha fatto la scelta giusta.

I vostri critici vi odiano perché, penso, segretamente sanno che voi avete il coraggio di essere liberi e di agire come persone libere. Quando si è davanti agli occhi della gente, quelli che osservano colgono, almeno per un istante, che state offrendo loro la libertà. State osando fare ciò che anche loro sognano di fare. In questo istante, sono liberi. Sono un unicum con voi. Ma è solo un attimo. Torna la paura e vi odieranno ancora, perché hanno paura della loro libertà.

Qual è dunque la scelta che voi, popolo greco, vi troverete ad affrontare il 17 giugno? Si dovrebbe tenere a mente il paradosso che sostiene la libertà di voto nelle società democratiche: siete liberi di scegliere, a condizione che facciate la scelta giusta. Ecco perché, quando la scelta è quella sbagliata, per esempio quando l’Irlanda ha votato contro la costituzione europea, la scelta sbagliata è trattata come un errore. E allora vogliono ripetere la votazione, per illuminare le persone a fare la scelta giusta. È per questo che l’establishment europeo è in preda al panico. Ritengono che forse non meritiate la vostra libertà, perché c’è il pericolo che facciate la scelta sbagliata.

Caffè senza latte
C’è una barzelletta meravigliosa in Ninoska di Ernst Lubitsch: l’eroe entra in una caffetteria e ordina un caffè senza panna. Il cameriere risponde «mi dispiace, ma abbiamo esaurito la panna, abbiamo solo latte. Posso portarle un caffè senza latte?» In entrambi i casi, si avrà solo il caffè, ma credo che la barzelletta sia corretta.

Anche la negazione è importante. Un caffè senza panna non è lo stesso che un caffè senza latte. Voi oggi vi trovate nella stessa situazione: la situazione è difficile. Avrete una specie di austerità, ma avrete il caffè dell’austerità senza panna o senza latte? È qui che l’establishment europeo sta barando. Si sta comportando come se avrete il caffè dell’austerità senza panna. Vale a dire che i frutti della vostra fatica non beneficeranno solo le banche europee: vi stanno offrendo anche il caffè senza latte. Sarete voi a non beneficiare dei vostri sacrifici e difficoltà.

Nel sud del Peloponneso ci sono le cosiddette piangenti, donne che vengono chiamate per piangere ai funerali, a fare uno spettacolo per i parenti del morto. Ora, non c’è nulla di primitivo in questo. Noi, nelle nostre società sviluppate, facciamo esattamente la stessa cosa. Pensate a questa meravigliosa invenzione, penso che sia forse il maggior contributo dell’America alla cultura mondiale: il sottofondo di risate registrate. Le risate che fanno parte della colonna sonora della televisione. Torni a casa stanco, sintonizzi la tv su uno di questi stupidi programmi tipo Cheers o Friends. Ti siedi e la tv ride anche per te. E, purtroppo, funziona.

È così che chi detiene il potere, l’establishment europeo, vuole vedere non solo i greci, ma tutti noi: che guardiamo lo schermo e osserviamo come gli altri sognano, piangono e ridono. C’è un aneddoto, apocrifo ma meraviglioso, sullo scambio di telegrammi tra il quartier generale dell’esercito tedesco e quello austriaco nel mezzo della prima guerra mondiale. I tedeschi inviano un messaggio agli austriaci: «Dalla nostra parte del fronte, la situazione è grave ma non catastrofica». Gli austriaci rispondono: «Dalla nostra parte la situazione è catastrofica, ma non grave».

Questa è la differenza tra Syriza e gli altri: per gli altri la situazione è catastrofica ma non grave, le cose possono andare avanti come al solito, mentre per Syriza la situazione è grave, ma non catastrofica e per questo il coraggio e la speranza devono sostituire la paura. Dunque ciò che avete davanti, per dirla con il titolo di una vecchia canzone dei Beatles, è «una strada lunga e tortuosa». Quando anni fa la guerra fredda minacciava di esplodere in una caldissima, John Lennon scrisse una canzone, «all we are saying is give peace a chance» («tutto quello che stiamo dicendo è dare una chance alla pace»). Oggi, voglio sentire una nuova canzone in tutta Europa, «tutto quello che stiamo dicendo è dare una chance alla Grecia».

La rivoluzione a casa propria
Consentitemi un riferimento a una delle grandi, forse la più grande, delle tragedie classiche, Antigone: non combattere battaglie che non sono le tue battaglie. Nella mia idea di Antigone, abbiamo Antigone e Creonte. Sono solo due sette della classe dirigente. Un po’ come Pasok e Nuova Democrazia. Nella mia versione di Antigone, mentre i due membri delle famiglie reali stanno combattendo tra loro, minacciando di mandare in rovina lo Stato, mi piacerebbe vedere il coro, le voci delle persone, uscire da questo ruolo stupido di mero commento saggio, impadronirsi della scena, costituire un comitato pubblico di potere del popolo, arrestare entrambi, Creonte e Antigone, e dare vita al potere del popolo.

Permettetemi ora di finire con una nota personale. Odio la sinistra tradizionale, intellettuale, che ama la rivoluzione, ma la rivoluzione che avviene in qualche luogo lontano. Era così quando ero giovane: più lontano è, meglio è, Vietnam, Cuba, ancora oggi, Venezuela. Ma voi siete qui e questo è ciò che ammiro. Non avete paura di impegnarvi in una situazione disperata, sapendo quanto le probabilità siano contro di voi. Questo è quello che ammiro. C’è anche un opportunismo di principio, l’opportunismo dei principi. Quando si dice la situazione è persa, non possiamo fare nulla, perché significherebbe tradire i nostri principi, questo sembra essere una posizione coerente, ma in realtà è la forma estrema di opportunismo.
Syriza è un evento unico di come proprio quella sinistra – in contraddizione con ciò che fa la solita sinistra extraparlamentare, che si preoccupa di più se i diritti umani di qualche criminale vengono violati, che di migliaia di esseri umani che muoiono – ha trovato il coraggio di fare qualcosa. (Beh, buona giornata)

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Romano Prodi: il G20 ha messo sotto torchio il governo, non il Paese.

di Romano Prodi-Il Messaggero
Il G20 di Cannes era partito con un obiettivo ed è finito con un altro. Per mesi la roboante regia francese ci aveva annunciato che questo sarebbe stato il vertice delle grandi riforme del sistema finanziario internazionale. Un obiettivo più volte ripetuto anche se politicamente impossibile perché le grandi riforme non si fanno in un periodo in cui nessuno ha interesse a farle. Non gli Stati Uniti perché con qualsiasi riforma perderebbero i loro ingiustificati privilegi, non la Cina perché ha tutto l’interesse a rinviare le riforme a quando sarà più forte e più pronta, non l’Europa perché a Bruxelles non comanda nessuno e nelle diverse capitali ognuno la racconta per conto suo. Tolto ogni grande progetto di riforma è rimasta in agenda l’emergenza della zona euro. In teoria il G20, rappresentando tutti i grandi Paesi del mondo, avrebbe dovuto aiutare il confezionamento di un paracadute per l’attuale crisi europea ma tutti i grandi, a cominciare dalla Cina, hanno fatto marcia indietro quando si sono resi contro che nemmeno i Paesi europei erano disposti ad aumentare il proprio contributo nei confronti del Fondo salva-Stati (Efsf).

Di fronte all’impossibilità di accordo su nuove regole e di fronte al rifiuto di raccogliere nuove risorse per fare fronte all’emergenza, l’unica strada rimasta al G20 è stata quella di fare la voce grossa di fronte ai Paesi devianti. A questo punto si è snodato l’aspetto per noi drammatico e inatteso: il processo cominciato nei confronti della Grecia si è trasformato in un serrato dibattimento contro l’Italia, con tanto di condanna ad un lungo periodo di libertà vigilata. E per essere sicuri che i comportamenti del condannato non si discostino dagli obblighi contenuti nella sentenza è stato deciso un doppio controllo sia da parte della Commissione Europea che del Fondo Monetario Internazionale.

Un’umiliazione nei confronti dell’Italia del tutto inedita e, da parte di molti osservatori, ritenuta eccessiva anche tenendo conto delle difficoltà oggettive della nostra economia. A Cannes non è stata tuttavia processata l’economia italiana ma la mancanza di credibilità del nostro governo e la sua incapacità sia nel prendere le decisioni necessarie per porre rimedio alle nostre anomalie, sia nel dare attuazione agli impegni faticosamente e tardivamente assunti.

Più che un processo contro l’Italia abbiamo assistito ad un processo contro il governo italiano, ritenuto da tutti gli organismi internazionali non credibile e perciò non degno di fiducia. Un fatto estremamente dannoso perché riportato e ossessivamente ripetuto in tutti i media del pianeta, forse perché dal vertice di Cannes non vi era null’altro da riportare o forse anche perché il folklore del nostro primo ministro fa notizia ovunque. Il primo ministro, durante la conferenza stampa conclusiva, si è difeso descrivendo l’immagine di un’Italia prospera, spendacciona e felice, che potrebbe navigare serena nelle acque tempestose della crisi se non fosse entrata nell’euro con un tasso di cambio sbagliato. Non vale nemmeno la pena di sottolineare l’aspetto tragicamente ridicolo di quest’affermazione: basta ricordare come la fissazione del livello di ingresso della nostra moneta nell’euro a 990 lire per marco tedesco sia stato riconosciuto da tutti gli osservatori stranieri e italiani (compresi quelli appartenenti alla parte politica dell’attuale presidente del consiglio) come un insperato successo per l’economia italiana che, con questo tasso di cambio, poteva entrare nell’euro con la massima capacità concorrenziale possibile.

È doveroso invece sottolineare come questi attacchi all’euro e le ripetute manifestazioni di sfiducia nei suoi confronti siano state nei giorni scorsi una delle principali cause di irrigidimento dei governi europei e di sfiducia dei mercati finanziari nei nostri confronti. La conferenza stampa del premier al termine del G20 ha lanciato infatti un messaggio chiaro: la responsabilità dei problemi e dei guai dell’Italia sarà, nei prossimi mesi e nella prossima o futura campagna elettorale, interamente imputata all’euro. Lasciamo in disparte (perché rientra nel genere del ridicolo) la contraddizione fra la gravità di questi guai e la descrizione del Paese di bengodi che ci è stata propinata e concentriamoci sui danni che anche in futuro ci verranno addosso da un governo che da un lato si è impegnato ad adottare una politica e una disciplina mirate a mantenere l’Italia nell’ambito della moneta unica e, dall’altro, tenterà continuamente di imputare alla stessa moneta unica le conseguenze dei propri ritardi e della propria inazione.

Di fronte a queste prospettive ci conviene prendere per buone le affermazioni di un Twitter che il Financial Times attribuisce al ministro Tremonti. Il ministro dell’Economia avrebbe dichiarato che domani i mercati si aggiusteranno e gli spread diminuiranno solo se Berlusconi si farà da parte. È assai probabile che Tremonti non abbia detto nulla di simile e che la battuta sia da attribuire alla consueta malignità dei giornali inglesi nei nostri confronti, ma ritengo comunque che il consiglio contenuto in questo messaggio sia degno di essere preso in considerazione. (Beh, buona giornata).

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I frutti acidi del berlusconismo: “Se l’Italia non trova più un investitore che voglia rischiare i suoi soldi imprestandoli all’Italia a tassi convenienti, il coro della finanza mondiale e dei suoi sicofanti nazionali sarà: “Privatizzate” che tradotto in latino vuol dire “vendete a buon prezzo per gli stranieri”.

Attacco degli hedge fund Usa contro l’euro e delle banche contro Grecia, Spagna e Italia-blitzquotidiano.it

Dalle segrete stanze della grande finanza americana è partita una nuova guerra contro l’Europa. Secondo il quotidiano Wall Street Journal di venerdì 26 febbraio, i maggiori hedge fund americani stanno scommettendo alla grande e di concerto sulla debolezza dell’euro. I colossi del Sac Capital Advisors e il Soros Fund Management sarebbero in prima fila nello sviluppo di questa azione speculativa. E il nome di Soros rimanda alla grande speculazione che aggredì la sterlina nel 1992.

L’attacco alla moneta unica europea (dei grandi, solo la Gran Bretagna non aderisce all’euro) sembra rientrare in un disegno globale del grande capitalismo americano, che operando come un gigantesco granchio, con l’altra chela ha aggredito la credibilità (i tecnici la chiamano rating) dei paesi deboli: Grecia, Spagna, Italia.

Questi paesi sono stati aiutati, dalle grandi banche americane, le stesse che sono all’origine della grande crisi iniziata nel 2008 e che ci fa soffrire ancora oggi, a taroccare i propri conti nascondendo le reali dimensioni dei propri debiti per entrare a testa alta nell’euro, senza essere costretti a misure feroci di risparmio, altamente impopolari.

Che le misure di rientro del debito siano ferocemente osteggiate dai cittadini lo dimostrano i disordini che tormentano in questi giorni proprio la Grecia. Che sotto ci possa essere una manovra studiata a tavolino e non solo crudeltà, spietatezza e cinismo da parte dei banchieri trova sostegno in un ragionamento che chiunque può fare. I paesi deboli, quelli del “ventre molle” dell’Europa, tra cui l’Italia, conservano alcune attività tra le più redditizie in società controllate dallo Stato. In Italia le tre principali sono Eni, Enel e Finmeccanica. L’interesse dei partiti che controllano lo Stato perché lo Stato tenga in pugno i cordoni di controllo di quante più industrie possibile è dimostrato abbastanza chiaramente ad ogni scandalo che si abbatte su politica e dintorni. L’ultimo esempio viene dalla Protezione civile.

L’interesse del grande capitale americano, che domina la finanza mondiale, in una crisi della capacità di indebitamento di un paese come l’Italia sono altrettanto evidenti: se l’Italia non trova più un investitore che voglia rischiare i suoi soldi imprestandoli all’Italia a tassi convenienti, il coro della finanza mondiale e dei suoi sicofanti nazionali sarà: “Privatizzate” che tradotto in latino vuol dire “vendete a buon prezzo per gli stranieri”. E di bocconi buoni, come s’è visto, ce ne sono ancora.

Sul fronte dell’attacco all’euro, il Wall Street Jourrnal riporta importanti indiscrezioni raccolte durante un esclusivo incontro ospitato da una banca di investimenti a Manhattan: l’”idea dinner” della serata era per l’appunto scommettere sul probabile collasso dell’euro, in previsione di un suo riavvicinamento al dollaro, se non sulla loro parità. L’euro, che veniva scambiato a 1,51 dollari a dicembre, è sceso attualmente 1,355 e le recenti crisi dei debiti sovrani europei ne accentuano la caduta.

Secondo il quotidiano newyorkese i vertici degli hedge fund avrebbero deciso di concordare una serie di mosse per speculare al ribasso sulla moneta unica, mettendo così ancora più sotto pressione l’Europa alle prese con i rischi di un default greco. La prova che il quotidiano porta a supporto del suo scoop è il livello record di contratti futures ribassisti sulla moneta unica (che garantiscono un premio in caso la valuta scenda oltre una certa soglia) acquistati a partire dalla settimana successiva alla cena: circa 60mila secondo dati Morgan Stanley. Si tratta del livello più alto dal 1999.

La previsione della parità tra le valute americane e europee è un’occasione unica per gli investitori per realizzare enormi profitti. Il gioco al ribasso dei trader segnala una tendenza: e se tutti gli investitori seguono questa dinamica sono guai. La convergenza speculativa su un’unica valuta può addirittura affossarla a dispetto di fondamentali economici sostanzialmente sani. (Beh, buona giornata).

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Lavoro

E’ ufficiale: in Italia stipendi da fame.

Gli italiani incassano ogni anno uno stipendio che è tra i più bassi tra i Paesi Ocse. Con un salario netto di 21.374 dollari, l’Italia si colloca al 23/o posto della classifica dei 30 paesi dell’organizzazione di Parigi. Buste paga più pesanti non solo in Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Francia, ma anche Grecia e Spagna. E’ quanto risulta dal rapporto Ocse sulla tassazione dei salari, aggiornato al 2008 e appena pubblicato.

La classifica riguarda il salario netto annuale di un lavoratore senza carichi di famiglia. E’ calcolato in dollari a parità di potere d’acquisto. Gli italiani guadagnano mediamente il 17% in meno della media Ocse. Salari italiani penalizzati anche se il raffronto viene fatto con la Ue a 15 (27.793 di media) e con la Ue a 19 (24.552). Beh, buona giornata.

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