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Profumo di Gelmini.

Le Rsu del Politecnico di Torino su Francesco Profumo, Ministro dell’Istruzione.

Francesco Profumo è Rettore del Politecnico di Torino dall’ottobre 2005 (ora in aspettativa per l’incarico governativo); Dal 2007 ad oggi è membro del Consiglio di Amministrazione di FIDIA S.p.A.; dal 2007 al 2009 è stato membro del Consiglio di Amministrazione del Sole 24 Ore;dal 2008 al 2010 è stato membro del Consiglio di Amministrazione di Unicredit Private Bank; Dal Febbraio 2011 è membro del Comitato Consultivo Divisionale Private Banking di UniCredit Banca; è membro dell’Advisory Board del Fondo Innogest e di Reply S.p.A; Consigliere di Amministrazione di Pirelli & C. S.p.A. dal 21 aprile 2011; Consigliere di Amministrazione di Telecom Italia dal 12 aprile 2011.

Dopo anni di governo dell’Ateneo, aprendone le porte a FIAT, MOTOROLA, GENERAL MOTOR , PIRELLI e promuovendo un incubatore d’impresa all’avanguardia a livello nazionale, nel 2010 ha tenuto sulle spine tutti prospettando la sua disponibilità alla candidatura a Sindaco del Comune di Torino nelle liste del PD. Candidatura che, pur avendo l’appoggio trasversale di Centro-sinistra, dei vertici imprenditoriali, nonché di ampi settori della CGIL cittadina, ha ritirato a causa della sua indisponibilità ad affrontare le elezioni primarie.

Chiuso il capitolo delle elezioni comunali, è stato poi nell’agosto 2011 nominato dal MIUR alla Presidenza del CNR. Il rapporto privilegiato di Profumo con la Gelmini è testimoniato dal fatto che il Politecnico, durante il mandato dell’allora Direttore Amministrativo Dott. M. Tomasi, si è classificato ai vertici della graduatoria degli Atenei italiani, diventando miracolosamente primo nel 2010, quando Tomasi è entrato ufficialmente nell’entourage della Gelmini, andando a ricoprire l’incarico di Direttore Generale del ministero di Viale Trastevere.

Affermare che Profumo ha avuto un ruolo determinante nella stesura della riforma Gelmini viene spontaneo, se si esamina il piano strategico del Politecnico che già nel 2007 impegnava l’Ateneo ad investire nella ricerca applicata, attirando finanziamenti privati che attualmente superano per entità quelli pubblici. Sempre in tale direzione l’Ateneo ha iniziato, prima ancora dell’approvazione della legge 240, una riorganizzazione che ha comportato la chiusura di sedi decentrate, l’adozione del sistema contabile economico-patrimoniale e di un regime aziendalistico propri della Legge Gelmini.

Tale percorso è stato attuato ignorando il malessere di Studenti, Ricercatori e Personale Tecnico-Amministrativo, disattendendo accordi integrativi di Ateneo e ignorando scioperi e manifestazioni. L’attuale bozza di statuto del Politecnico, ha vissuto un travagliato iter ed è stata di fatto respinta nel referendum dall’80% del personale tecnico-amministrativo, passando per un “pelo” solo grazie al peso dei voti (erano necessari 7 voti del personale tecnico ed amministrativo per fare un voto di un docente).

Dulcis in fùndo informiamo che il giorno prima (15 novembre 2011) della cessazione del mandato della Gelmini, il MIUR ha inviato al Politecnico il suo parere sulla bozza di statuto, offrendo così al Magnifico Prof. Profumo, la possibilità di approvare, nella sua nuova veste di Ministro, la versione finale dello statuto del Politecnico di Torino. In conclusione, non possiamo condividere l’ottimismo di certi gruppi politici e sindacali che si aspettano dal nuovo Ministro dell’Istruzione del Governo Monti segnali di discontinuità nel processo oramai ventennale di dismissione dell’Università pubblica a spese di studenti, precari e personale tecnico-amministrativo.

E’ necessario, viceversa, alzare la guardia, mobilitare i lavoratori, i precari, gli studenti, poiché Profumo non sarà meglio di Gelmini. La deriva aziendalistica e privatistica della scuola e dell’università, perseguita da tutti i governi negli ultimi 20 anni, con il Prof. Francesco Profumo ministro, uomo delle banche e di confindustria, rischia una brusca accelerazione e di giungere a compimento.

Le RSU del Politecnico di Torino, in lotta contro le politiche del rettore Profumo, contro i tagli al salario accessorio, contro la riorganizzazione unilaterale dell’organizzazione del lavoro, per il rispetto degli accordi sindacali e contro il licenziamento dei precari, hanno indetto lo stato di agitazione e nei prossimi giorni saranno programmate in tutte le sedi del Politecnico una serie di assemblee e di incisive azioni di lotta, che assumono oggi una valenza più generale. (Beh, buona giornata).

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Leggi e diritto Popoli e politiche

Il contributo dell’Italia alla crescita dell’idea dell’Europa è affidata a un semplice dibattito al Parlamento europeo sulla leggittimità del crocefisso nelle aule delle scuole italialiane. L’entusiasmo della Gelmini e di Frattini, due ammennicoli del governo Berlusconi. Il commento di Giorgia, una persona normale, che magari dalla Ue si sarebbe aspettata qualcosa di più interessante.

La notizia.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto l’appello presentato da Roma dopo la sentenza dello scorso anno
Il ministro Gelmini: “Successo dell’Italia nel riaffermare rispetto delle tradizioni cristiane e identità culturale del Paese”
Crocifisso, Strasburgo dice sì al ricorso italiano.Il caso sarà esaminato dalla Grande Camera.-repubblica.it

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso presentato dall’Italia contro la sentenza che ha sostanzialmente bocciato, il 3 novembre scorso, la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Il caso sarà quindi esaminato nei prossimi mesi dalla Grande Camera che, spiega la sentenza odierna della Corte di Strasburgo, si pronuncerà con un verdetto definitivo. Questo ultimo passaggio, aggiunge ancora il documento, “non è obbligatorio ma, nella pratica, è quasi sistematico”. La composizione della Grande Camera, sottolinea la sentenza, “sarà definita in uno stadio ulteriore”.

La notizia è stata appresa dal ministro degli Esteri Franco Frattini con “vivo compiacimento”: “E’ con soddisfazione che constato che sono stati accolti i numerosi e articolati motivi di appello che l’Italia aveva presentato alla Corte”, ha detto il ministro. Positivo anche il commento del deputato del Pd Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari Europei: “Non è negando il nostro passato che possiamo guardare al futuro di questo continente”, ha detto il deputato. Soddisfatta anche il ministro dell’Istruzione: “E’ un grande successo dell’Italia – ha dichiarato Mariastella Gelmini – nel riaffermare il rispetto delle tradizioni cristiane e l’identità culturale del Paese, ma è anche un contributo all’integrazione che non va intesa come un appiattimento e una rinuncia alla storia e alle tradizioni italiane”.

Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all’istituto statale ‘Vittorino da Feltre’ di Abano Terme, in provincia di Padova, frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. Dopo essersi inutilmente rivolta ai tribunali italiani aveva fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che aveva sentenziato che la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce “una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni” e una violazione alla “libertà di religione degli alunni”. Sulla sentenza il governo italiano aveva presentato ricorso.

Questa la notizia. Questo il commento.
E l’Italia si rimette in croce– di GIORGIA SPINA.

Una canzone di un noto musical cantava “Se il mondo fosse un gambero che a retromarcia va…” e nessuno, forse, pensava che un giorno quella strofa sarebbe diventata un’affermazione affatto ipotetica.
Questa volta il teatro che mette in scena la commedia non è il Sistina, ma l’Italia, e forse a questo punto sarebbe più corretto chiamarlo teatrino. Il cast è internazionale e di alto calibro: la Corte di Strasburgo.
Il copione è sempre lo stesso: tutto quello che si può mettere in atto per diventare un Paese degno di maiuscola, si vanifica con l’ingresso in scena dell’antagonista, il regresso.
E’ notiizia dell’ultima ora: la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso del nostro paesello che rivendicava il crocefisso nelle scuole, offeso dai dissacratori e dagli eretici che invece “erano pronti a farne legna da ardere”. Eh sì, perché alla fine della fiera questo è quello che tutti hanno pensato. I concetti di apertura e d’internazionalità appartengono ad altri vocabolari, di certo non al nostro.
E così l’Italia, non contenta della crisi, decide anche di rimettersi in croce. Sempre la stessa.
A quanto pare il vecchio lupo non vuole perdere né il pelo né il vizio.
E lo spettacolo continua. Attendiamo i colpi di scena. Sempre all’italiana, s’intende. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Mariastella, in piedi sulla sedia recita a memoria la poesia di Carnevale.

GELMINI: BERTOLASO NON SI TOCCA, DEVE RESTARE (fonte- AGI)

‘Guido Bertolaso non si tocca. Deve restare per continuare l’ottimo lavoro fin qui svolto’. Lo afferma in una nota il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. ‘Le emergenze che questo governo ha dovuto affrontare – osserva – non sarebbero state risolte e superate senza il contributo determinante del sottosegretario Bertolaso’. Per Gelmini c’e’ ‘l’ennesimo tentativo di diffamare un simbolo del buon governo di questa maggioranza, di screditare un esponente di un esecutivo che risolve le emergenze’. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Leggi e diritto Scuola

Lascia la scuola per aiutare la famiglia. Complimenti al ministro dell’Istruzione e al ministro dell’Economia: sta riuscendo il progetto di una scuola di classe?

(da repubblica.it)
Era uno studente modello, ma le circostanze lo hanno costretto a lasciare la scuola: il padre ha perso il lavoro e in famiglia servono soldi. Succede a Rovereto, in Trentino, dove la preside dell’istituto superiore frequentato dal ragazzo ha deciso di rendere nota la storia. A 17 anni, il diritto allo studio ai tempi della crisi deve i fare i conti con la dura realtà dei grandi.

Flavia Andreatta, preside del Fontana, ha raccontato al quotidiano locale “Trentino” di come sia stata colpita dalle parole dell’adolescente. Un giorno il ragazzo è andato da lei, dicendole: “Devo cercare qualcosa per sostenere la mia famiglia. Non ci sono alternative”. Categorico, con la maturità di chi si sente già responsabile per sè e per gli altri.

La dirigente scolastica ha poi spiegato di aver tentato, insieme ai genitori del ragazzo, di convincerlo a restare tra i banchi, ma invano. “La mamma ha ancora un impiego e avrebbero fatto dei sacrifici, pur di vederlo studiare, però il ragazzo si è sentito un po’ l’uomo di famiglia, con la responsabilità di contribuire al bilancio”, ha spiegato la preside. “Un vero peccato – ha aggiunto – perchè era bravo, con la media del 7. So che adesso ha trovato dei lavori interinali”.

Le difficoltà, a sentire la dirigente scolastica, non sono un caso isolato. Riguardano molte famiglie, “sia di extracomunitari che di italiani – ha proseguito – soprattutto se ci sono più figli e tra i genitori qualcuno è in cassa integrazione o ha perso il lavoro”. Per non parlare, poi, dei viaggi d’istruzione e delle attività extra, che ormai sono spesso considerate un lusso. “C’è chi arriva a fare un mutuo per pagare un viaggio d’istruzione, che magari costa qualche centinaio di euro. Per questo noi stiamo molto attenti a proporre iniziative, perché devono essere alla portata di tutti”.

La storia dell’ex-studente di Rovereto ha già attirato l’attenzione dell’assessore all’Istruzione della Provincia autonoma di Trento, Marta Dalmaso. “Un fatto di questo tipo è molto grave, inaccettabile”. Secondo l’assessore, non sono stati segnalati altri casi analoghi, anche se l’abbandono del percorso di studi per sostenere l’economia familiare è sicuramente un problema attuale. “Mi occuperò personalmente di approfondire la vicenda – ha proseguito Dalmaso, che ha poi lodato il 17enne per la “sensibilità verso i genitori e il sacrificio personale”.
(Beh, buona giornata)

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Finanza - Economia - Lavoro Scuola

I soldi finti del governo: la scuola.

di SALVO INTRAVAIA-repubblica.it

Per salvare la scuola pubblica dalla bancarotta i genitori devono mettere mano al portafogli. Più di 250 dirigenti scolastici dell’Asal (l’Associazione scuole autonome del Lazio) hanno consegnato ai genitori una lettera sulla “grave situazione finanziaria”. Faremo “di tutto per garantire il diritto allo studio e, nello stesso tempo, il contenimento della spesa – scrivono – Ma nelle attuali condizioni le due cose non sono più conciliabili e diventa indispensabile il versamento del contributo deliberato dal Consiglio d’istituto per contribuire alla sopravvivenza”. Insomma: senza l’intervento dei genitori la scuola pubblica si ferma. “Non è una situazione nuova – spiega Paolo Mazzoli, presidente dell’Asal – ma ora è diventata grave e, per il prossimo anno, è giusto che l’opinione pubblica conosca la realtà”.

La situazione è critica ovunque. Le scuole italiane, in questi cinque mesi del 2009, non hanno ricevuto neppure un centesimo per le cosiddette spese di Funzionamento didattico-amministrativo (toner, fotocopie, cancelleria, detersivi), i fondi per le supplenze sono stati ridotti del 40 per cento e per le visite fiscali, obbligatorie col decreto Brunetta anche per un giorno d’assenza, non ci sono fondi. Mancano, inoltre, i soldi per i corsi di recupero estivi nella scuola superiore che coinvolgeranno mezzo milione di studenti. Finora, gli istituti hanno tamponato con i cosiddetti residui di bilancio che sono presto svaniti. “Le scuole – segnala Francesco Scrima, leader della Cisl scuola – vantano un credito nei confronti dello Stato per un miliardo di euro”. Dal 2007 il budget per le supplenze è stato ridotto di 250 milioni. E da ottobre le scuole sono costrette ad richiedere, e pagare, alle Asl le visite fiscali anche per un solo giorno di malattia.

“Abbiamo calcolato – spiega Mazzoli – che la spesa complessiva nazionale per pagare i medici di controllo si aggira attorno ai 100 milioni”. Ma non è dato sapere se il calo delle assenze di questi mesi compensa questa spesa aggiuntiva. Così le scuole sono costrette a richiedere “contributi volontari” alle famiglie che oscillano tra i 20 ai 120 euro l’anno. Il ministero sa perfettamente che la scuola sta per crollare sotto il peso dei debiti. Basta vedere le tante interpellanze presentate in aula e in commissione. Le ultime sono del 21 e del 12 maggio, dell’8 aprile e del 5 marzo. Il grido d’allarme arriva dalle scuole di Parma, Piacenza, Settimo milanese, Crema, Bologna, Firenze, Palermo. E qualche settimana prima da Lecco, Ancona, Bergamo e dalla Sardegna. “Istituti costretti ad elemosinare la carta igienica, alunni che restano senza docente per molte ore, forte riduzione del recupero scolastico, annullamento dell’ora alternativa alla Religione, aule chiuse perché inagibili e aumento del rischio”. “Le misure di contenimento della spesa – ha risposto due giorni fa il sottosegretario all’Istruzione, Giuseppe Pizza – hanno comportato, come in altri settori pubblici, una riduzione delle risorse finanziarie determinando le note difficoltà”. (Beh, buona giornata).

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Scuola

La somara, raccomandata con ricevuta di ritorno al Ministero dell’ Istruzione.

“Anche io ho preso un 5 in condotta ma non sono mai stata rimandata”. Gelmini dixit. Beh, buona giornata.

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Attualità Scuola

Tornano di moda: “penne d’ordine” contro gli studenti.

di Giovani Sabbatucci da ilmessaggero.it

Il rituale è antico e collaudato. Gruppi di studenti protestano contro qualche decisione dei governi o delle autorità accademiche, organizzano cortei e occupazioni, lanciano slogan violenti, qualche volta occupano sedi universitarie, scuole o altri spazi pubblici.

Da qualche mese a questa parte, obiettivo della protesta sono i tagli alla spesa universitaria decisi dal ministro Gelmini, in parte ridimensionati e comunque contestati da un fronte abbastanza ampio che comprende anche docenti e organizzazioni sindacali. Ma le occasioni per protestare non sono mai mancate e verosimilmente non mancheranno in futuro.

L’impressione è che, in molti casi, la mobilitazione sia soprattutto fine a se stessa, che serva cioè a tenere in vita un “movimento” altrimenti destinato a esaurirsi: se poi, come è avvenuto ieri mattina alla Sapienza, parte una carica della polizia, l’obiettivo può dirsi per lo più raggiunto, visto che la repressione suscita ulteriore mobilitazione e così via all’infinito.

Fin qui tutto scontato e tutto già visto: ciò che colpisce è però la sproporzione sempre più evidente fra la consistenza numerica del movimento e la sua capacità di mobilitarsi e di occupare spazi. Ieri, davanti ai cancelli di piazzale Aldo Moro, c’erano poche centinaia di giovani, fronteggiati da un numero di poco inferiore di agenti di polizia in assetto antisommossa; dentro le facoltà, lo dico da testimone oculare, le lezioni e le altre attività accademiche si svolgevano regolarmente, senza che nessuno sapesse che cosa stava succedendo fuori.

L’“onda” evocata dalla protesta studentesca non aveva in realtà nulla di travolgente. Eppure gli incidenti (per fortuna non gravi), provocati dal rifiuto della polizia di lasciar partire un corteo non autorizzato, rischiano di mettere in moto altre agitazioni e di suscitare altre turbative della didattica, con inevitabile pregiudizio degli interessi dei più.

Nemmeno questa, a guardar bene, è una novità. Anche negli anni Sessanta e Settanta, e persino durante il mitico 76essantotto, gli studenti attivi nella contestazione erano una minoranza nel paese e nella stessa Università. Ma erano una minoranza consistente, collegata a un più generale e duraturo movimento di protesta sociale. Oggi i protestatari non solo sono espressione di un’area politica (la sinistra estrema) ridotta ai minimi termini, non solo rappresentano, come in passato, una minoranza della popolazione studentesca, ma appaiono sempre più isolati e arroccati nella difesa di spazi occupati non si sa bene a che titolo.

Anche le minoranze, naturalmente, hanno diritto di manifestare le loro opinioni in piazza, nei limiti stabiliti dalla legge (la normativa attualmente in vigore a Roma, come si sa, impone qualche restrizione, a tutela della libertà di movimento dei cittadini). Ciò che una minoranza protestataria – per quanto attiva, per quanto rumorosa, per quanto radicata in una tradizione ormai più che quarantennale – non può pretendere e attribuirsi una rappresentanza categoriale che nessuno le ha mai conferito (i risultati delle elezioni studentesche di qualche mese fa parlano chiaro in proposito), occupare spazi pubblici che nessuno le ha mai concesso, rifiutare ogni controllo di rappresentatività in base a una retorica assembleare che non ha nulla a che vedere con le procedure democratiche.

Fondandosi su queste premesse, il movimento potrà anche conoscere qualche giornata di gloria mediatica, guadagnare qualche generico e distratto sostegno in una parte (minoritaria) dell’opinione pubblica, e soprattutto centrare il suo obiettivo principale, ossia la perpetuazione di se stesso. Ma al prezzo di esaurirsi nella sua autoreferenzialità, di sopravvivere come fenomeno residuale, tollerato più per abitudine che per convinzione. Non ne trarrà vantaggio la funzionalità di un’istituzione universitaria di per sé già abbastanza disastrata. E, paradossalmente, non se ne gioverà nemmeno l’efficacia della protesta. (Beh, buona giornata).

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