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Un celerino scrive agli studenti: «Siamo con voi. Se siamo in piazza è per consertivi che il vostro diritto di manifestare sia rispettato». Gasparri, Alemanno, Mantovano e Maroni: il Daspo dovrebbe essere dato a voi.

(da ilmessaggero.it)

«Siamo con voi. Se siamo in piazza è per consertivi che il vostro diritto di manifestare sia rispettato». È quanto scrive Maurizio Cudicio, un poliziotto della questura di Trieste, in una lettera aperta agli studenti che «che mercoledì andranno in piazza».

«Io poliziotto, sono figlio e padre, e quando finisco di lavorare torno a casa dalla mia famiglia – scrive Cudicio nella lettera pubblicata su Grnet.it, il portale di informazione indipendente del comparto Difesa e Sicurezza – Mia moglie mi chiama al cellulare e mi dice di non fare tardi. Io la tranquillizzo e le dico che tornerò prima possibile. Passano le ore e mi ritrovo in ospedale con la testa rotta. Studente, mi rivolgo a te, io sono consapevole che non sei stato tu, tu hai tutte le ragioni del mondo di manifestare per i tuoi diritti, ma quello che non sai forse è che noi poliziotti siamo con voi, siamo dalla vostra parte e non siamo contro nessuno».

«Noi rappresentiamo lo Stato quando ci vedete in strada – continua la lettera – ma credimi siamo orgogliosi di farlo, amiamo il nostro lavoro ma siamo in piazza anche per voi. Per noi siete tutte persone che hanno diritto di manifestare e noi siamo in piazza perchè questo diritto sia rispettato. Non siamo lì per divertimento e facciamo di tutto, credimi studente, per evitare che qualcuno si faccia male. Certo gli ordini sono ordini e noi siamo obbligati ad eseguirli, ma sappiamo benissimo dove dobbiamo fermarci per il bene nostro e vostro. Abbiamo paura, sì tanta a volte e in certi momenti forse sbagliamo, ma credimi, parlo con il cuore, quando ci troviamo tra due fronti, in mezzo alla guerriglia urbana è veramente dura».

Cudicio ha creato un gruppo su Facebook, Movimento poliziotti, con il quale si propone di creare un punto di incontro fra cittadini e poliziotti. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Colletti neri.

Cambio di cravatta nel corso della seduta al Senato per la fiducia al governo anche per Gasparri, il capo manipolo dei senatori del partito di maggioranza, che ne indossa una identica a quella del premier.

C’è chi cambia abito, chi cambia solo la cravatta: ‘sti fascistelli attempati, però, non cambiano mai. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

PierFerdi Casini fa come Forrest Gump. Ma non si ricorda che “stupido è chi lo stupido fa”.

Casini: “Stupida la Trani-opposizione”. Santoro: “In Usa sarebbe Watergate”-blitzquotidiano.il

Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, dice che: “Ci sono stupidi all’opposizione”. Non tutti, ma troppi. “Stupidi” quelli che si esaltano e si eccitano per l’inchiesta di Trani, “stupidi” perché non vedono che così offrono a Berlusconi una campagna elettorale che prima non aveva. “Stupidi” con l’aggravante della recidiva perché è più o meno da venti anni che va così: Berlusconi fa la vittima, la sua gente si innervosisce e mobilita e lui raccoglie voti con il secchio e la pala.

Ha ragione Casini, c’è uno “stupido eterno” in campagna elettorale ed abita all’opposizione? Indizi a favore della tesi di Casini ci sono. Due cortei sabato 20 a Roma, obiettivo Piazza San Giovanni e titolo già scritto: “Un milione con Berlusconi”. Ci saranno tutti i ministri e perfino carri allegorici. La Russa la chiama la “Festa della democrazia”. Democrazia da difendere dai “comunisti e dai pubblici ministeri”. Democrazia va ripetendo tre volte al giorno sempre uguale in ogni Tg Berlusconi in persona. Con alle spalle il simbolo elettorale del Pdl il premier annuncia e ripete: “Non vogliono farci parlare dei nostri successi…Vogliono impedirci di votare…Vogliono spiarci al telefono…Un piano ben congegnato…”.

E’ una trama, una sinfonia di campagna elettorale che prima di Trani Berlusconi non aveva. Prima la musica era: tangenti in Lombardia, una, due, dieci volte. E tangenti alla Protezione civile. E Pdl che impiccia e pasticcia con le sue liste. E Tremonti che non ha una lira per abbassare le tasse. E disoccupati che crescono e avanzano. Crescono e avanzano anche i ricchi ma questo in campagna elettorale meglio non dirlo.

Dopo Trani Berlusconi può provare a scuotere i suoi alla riscossa. Dopo Trani può raccontare che ogni volta che si vota i magistrati d’accordo con la sinistra lo accusano e indagano: il complotto. Complotto che se c’è, deve essere davvero “stupido”, infatti accuse, incriminazioni e processi non sono mai costati a Berlusconi neanche un voto. Se il complotto lo fanno per motivi politici ed elettorali devono davvero essere stupidi come zucchine.

Ma non è “stupida”, anzi è drammaticamente banale l’osservazione di Michele Santoro: “In America sarebbe stato Watergate”. In America fu Watergate e cioè dimissioni di un presidente perché quel presidente aveva dato incarico e preteso che pubblici ufficiali controllassero e condizionassero i luoghi e le mosse dell’avversario politico.

Quando si seppe il presidente non poté resistere al suo posto per democratica legge e popolare volontà. In Italia il presidente rivendica la sua fatica e il suo affanno per chiudere trasmissioni televisive, trova naturale e legittimo ordinare e pretendere che sia fatto. Trova disdicevole solo essere ascoltato mentre lo fa. In America sarebbe Watergate e non è “stupido” dirlo e pensarlo. Forse è “stupido” pensare che l’Italia sia l’America o possa mai esserlo. Ma, se così è, è “stupida” l’opposizione e “furbo” il paese?

“Stupida” o meglio stupefacente è la circostanza per cui sembrano elezioni Berlusconi contro Santoro. Sciocchi se non proprio “stupidi” sono argomenti pur di successo in campagna elettorale come quello di Gasparri: “L’inchiesta di Trani serviva a bilanciare lo scandalo della sinistra in Puglia sulla Sanità”. E’ arrivata infatti anche questa: l’arresto per tangenti dell’ex vice di Vendola, del Pd Frisullo. Che magistrati sono questi che arrestano uno di sinistra sotto elezioni? Magistrati “stupidi” che non sanno quello che fanno visto che la sera prima il premier aveva smascherato il piano nazionale della magistratura contro la destra?

Il premier ci dice che saremmo “stupidi” a non vedere il suo meraviglioso ed efficace governo e la odiosa malignità della sinistra e dei pubblici ministeri. L’opposizione ci invita a non commettere la “stupidità” di considerare normale la Rai zittita, il premier che chiama i Carabinieri contro Santoro, l’economia che langue. Instupiditi più che stupidi andiamo tutti verso l’appuntamento elettorale. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Cicchitto, Gasparri e Ciarrapico accompagnano la Polverini nel suo primo tour elettorale nel Lazio: “AHÒ, ME SEMBRA ‘NA GITA SCOLASTICA!”

(fonte: Dagospia.com)
IN VIAGGIO CON RENATA POLVERINI: “AHÒ, ME SEMBRA ‘NA GITA SCOLASTICA!” – A FROSINONE, VISITA AL VESCOVO E BENEDIZIONE DEL PARROCO CHE PORTA FORTUNA SALE SUL PALCO E SBUCA UNA EVITA ALL’AMATRICIANA, POPULISTA E DEMAGOGA A GO-GO: – “A NATALE SONO STATA CON I MIEI ZII CHE CON LA PENSIONE NON ARRIVANO A FINE MESE” – “LEGALITÀ, CHIAREZZA, FUORI I CLANDESTINI E DENTRO CHI SCEGLIE DI ESSERE ITALIANO” – AD ACCOGLIERLA C’È GASPARRI, CIARRAPICO, CICCHITTO, IL MARITO DELLA CUCINOTTA CHE GESTISCE IL COMITATO ELETTORALE E BEA LORENZIN, DEPUTATA PDL -Fabrizio Dell’Orefice per “Il Tempo”

La prima sosta è all’area di servizio Salaria Est. L’aspetta lo staff: le Polverini girls, Francesca e Carlotta, la portavoce e l’assistente personale. Lei, Renata, corregge subito: «Prego, Polverini boys, perché hanno gli attributi». Presto si aggiunge un’altra girl, Beatrice. Beatrice Lorenzin, deputata Pdl di Ostia. È appena rientrata da una vacanza in Jamaica dove è stata narcotizzata e derubata: «Ero andata a raccogliere le forze in vista della campagna elettorale e mi sono trovata in mezzo a questa esperienza terribile». «Bea», tutti la chiamano così, era braccio destro di Paolo Bonaiuti.

Insomma, una berlusconiana «de fero» ed è lei che si muove in mezzo al pubblico per riconoscere quelli di Forza Italia e portarli da Renata. Adesso è la portavoce del comitato elettorale, quasi una vicecandidata. Poi c’è Giulio Violati, marito di Maria Grazia Cucinotta: gestisce il comitato elettorale. E un silenzioso, quasi sommerso, Stefano Cetica, predecessore della Polverini alla segreteria Ugl: si occuperà della lista civica. Arriva Renata, la candidata, scende dalla macchina, una familiare Fiat Idea color anonimo, spalanca il sorriso e fa a tutti: «Ahò, me sembra ‘na gita scolastica». E ride. E’ di buon umore. Il primo giorno di campagna elettorale sta per cominciare.

Così, in un’area di servizio alle otto di mattina di un sabato freddo e piovoso, proprio in mezzo agli automobilisti con gli sci sul tetto, che si vanno a godere gli ultimi weekend sulla neve. Niente giacca rossa, come nel primo manifesto elettorale, sostituita da una più sobria sull’arancio.

Pantaloni marroni, cappotto spigato. Niente tacchi alti. Rapido caffè, i baristi dell’Autogrill si guardano: «Ahò, hai visto quella? È ‘a Polverini». Compaiono due agenti di scorta, scorta discreta. Si commentano gli articoli di giornale e Renata fa la sua prima correzione quando spunta l’argomento delle classi con il tetto del 30% di stranieri come vorrebbe la ministra Gelmini: «Proposta interessante» Di nuovo in macchina.

Prima tappa: Rieti. La Polverini arriva al cinema. Tra i manifesti di Verdone, spunta il suo bel faccione. Quello che Alemanno chiama il faccione da «bella romana verace». Ad accoglierla c’è Maurizio Gasparri, il capogruppo del Pdl al Senato, la prende sotto braccio e la scorta al Vescovado. La conduce da monsignor Delio Lucarelli, con loro c’è anche don Valerio Shango, un parroco di colore di origine congolese, parroco di San Giovanni Battista. Visita alla cappella, un momento di preghiera.

Don Valerio si spinge oltre: «Già ho portato fortuna a Berlusconi. Venne qui nel maggio del 2007 e nell’aprile successivo ha vinto le elezioni». Gongola Gasparri: «Ecco, abbiamo rimesso a posto le cose. Visita al vescovo e benedizione del parroco», si lascia scappare sorseggiando un altro caffè al bar Quattro stagioni, in piazza.

Nei forum su internet divampano le polemiche. Anche in quelli di centrodestra, che accusano la Polverini di essere troppo di sinistra, di essere troppo finiana e quindi laica, di aver indossato al suo primo manifesto un vestito color rosso. Il cinema. Renata non se l’aspetta. Lo trova pieno. Siamo in mille, dicono quelli del Pdl. Il capogruppo regionale di An, Cicchetti, elenca gli errori di Marrazzo. Nessun riferimento ai trans: «Ha quadruplicato i ticket e ha chiuso gli ospedali, Storace ne aveva aperti tre».

Si teme la disaffezione dell’ala di Forza Italia. Per questo fin qui (e poi anche a Frosinone e Latina) ci sarà Fabrizio Cicchitto, che rinuncerà ad andare allo stadio per Roma-Chievo pur di lanciare la candidata: «La nostra candidata», avverte subito, lui che è uno degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. E più avanti è ancora più esplicito: «Sosteniamo Renata senza se e senza ma». Spiega come si sia messa in campo una coalizione inedita e ampia, che va da Storace a Casini: «Lo schieramento più ampio possibile che tiene assieme cattolici, laici, liberali e gente di destra come la logica suggerisce». Sul palco arriva anche un bigliettino di auguri di Italo Pappa, capo dell’area legale del gruppo Toto.

Arriva un biglietto per ricordare che in sala c’è anche una delegazione della Confcommercio e una dei liberali di Sgarbi. Tocca a Gasparri, che mette subito in chiaro: «Polverini è di destra ma non è mai stata militante, ha scelto di lavorare nel sindacato». Ripete le parole d’ordine: legalità, chiarezza, fuori i clandestini e dentro chi sceglie di essere italiano. La parola a Renata, non perde tempo e dice chiaro: «Sono del Pdl. Non ho preso la tessera perché sono candidata di tutta la coalizione».

Via il primo dubbio. Ancora: «Il primo manifesto era senza simboli per rispetto delle forze con le quali stavamo chiudendo l’accordo. Avevamo preso un impegno con loro e siamo di parole. È l’ultimo manifesto senza loghi». E fuori due. Terzo punto: «Non lasciamo alla sinistra il tema del lavoro. Anzi, noi più di loro ci sappiamo battere per il lavoro», e chiarito anche questo: quarto. «Non esistono colori che sono solo di sinistra, ognuno si mette la giacca che vuole».

Messi i puntini sulle i, la candidata del Pdl rivela: «Ieri sera mi ha chiamato Berlusconi per farmi gli auguri». Chiuso anche il capitolo Cavaliere. Ma quella che si apre è una campagna elettorale nuova. Una campagna de-berlusconizzata, una campagna di un Pdl che cammina da solo. Via i cieli azzurri di sfondo. Per ascoltare «Meno male che Silvio c’è», anzi solo un accenno delle prime note, bisogna aspettare la terza tappa e un Cicchitto che si giustifica: «Scusate se non canto ma sono stonato».

Riecco i palchi con i big del partito stile politburo, le scalette degli interventi dei leader locali e regionali. Sembra la campagna di Fini nel ’93. O forse della Mussolini a Napoli lo stesso anno. C’è un linguaggio nuovo, o forse antico ma che non si sentiva da un po’: «Farò una grande campagna di ascolto. Verrò in tutte le province per una settimana a sentire le proposte e poi faremo il programma».

Incita tutti: «Stringete le mani, quante più mani possibile. Per noi significa prendere un impegno». Promette: «Partecipazione e collegialità sono le nostre parole d’ordine». Si presenta come una brava donna, come tante. Rivela: «In questi giorni sono andata al mercato, o al supermercato, come sempre». Oppure: «Sono andata a trovare dei parenti al Policlinico». Oppure: «A Natale sono stata con i miei zii che con la pensione non arrivano a fine mese».

Sì, in effetti, sembra di essere tornati indietro di quindici anni. La Polverini ha una sua campagna elettorale, suoi manifesti, una sua comunicazione e usa le sue parole. Non si fa imporre kit da Arcore. Porta i maggiorenti del partito a pranzo in un ristorante locale, stavolta è toccato a Tito a Rieti. Va incontro agli elettori. La invitano ad Amatrice. «Solo se me fate ‘na amatriciana fatta bene», risponde lei. Mai una parola contro la Bonino, la possibile sfidante. Bisogna aspettare il Gasparri di Latina che ammonisce: «Non l’abbiamo mai vista davanti a una fabbrica o tra i lavoratori in lotta».

Al massimo il capogruppo alla Camera accusa: «Oramai il Pd è a rimorchio dei Radicali». Di cosa intende fare, Renata dice poco. Qualche frase fatta. Ci sarà tempo. La sanità, certamente. Accorpare le Asl, abolire poltrone e giù applausi. «Perché non possiamo essere al livello di Lombardia e Veneto? Vogliamo essere la prima regione d’Italia».

Rifiuti, ambiente. E trasporti. Attacca: «Non si può inaugurare l’Alta velocità e il giorno dopo non c’è posto per salire sul treno dei pendolari». O anche: «Ho scoperto una cosa assurda. C’è una corsa per una cittadina a trenta chilometri da Roma che finisce alle 19, una vergogna». Tira aria di vittoria. A Frosinone la sala dell’hotel Cesari non riesce a contenere tutti gli intervenuti.

Anche Giuseppe Ciarrapico, intontito da tanta gente, si guarda attorno in mezzo a una pozzanghera cercando una via d’uscita; riesce a fare cenno all’autista di passare a prenderlo con la Mercedes nera. Lei dentro parla di crisi economica, contro la desertificazione, come il caso della vicina Videocon. A Latina il teatro Cafaro esonda e lascia per strada persone nonostante il maxischermo. Lei stessa fa fatica a trovare un varco per entrare.

A ogni tappa c’è sempre qualcuno che le presenta il primario di ortopedia o quello di pedagogia. Il nemico numero uno per il centrodestra ora si chiama sottovalutazione. Lei lo dice apertamente a ogni tappa: «Non esistono partite importanti che non siano difficili».

Cicchitto a Latina avverte: «Renata, non ti illudere. Hai visitato oggi solo le provincie esterne. E sono quelle dove notoriamente abbiamo sempre avuto percentuali bulgare anche quando vinceva la sinistra». Piove. Piove a Rieti. Piove a Frosinone. A Latina non piove più. Renata prova a tirare le somme della giornata: «Stamattina, uscendo di casa, pensavo alla gente che avrei incontrato. E mi son detta: “E mo’? Che je dico?”». Strada facendo ha trovato le parole. E c’ha pure preso gusto. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Lo scoop dell’ex-fidanzato che prende i soldi per rilasciare interviste: il pacco, il contro-pacco e la legge del contrappasso.

Il capo dei senatori del partito di maggioranza ha accusato il quotidiano la Repubblica di aver pagato l’ex fidanzato della fanciulla che chiama papi il presidente del Consiglio dei Ministri.

Il quotidiano ha risposto, sfidandolo a trovare le prove che sia stato versato anche un solo centesimo.

La notizia secondo la quale l’ex fidanzato sarebbe uno disposto a farsi pagare per rilasciare interviste è apparsa su Il Giornale, quotidiano molto vicino al premier. Un paio di cronisti si sono fatti passare per corrispondenti esteri disposti a pagare una intervista. Alle domanda se la Repubblica lo avesse pagato per l’intervista, il giovanotto ha risposto “quelli mi hanno fregato”, cioè non gli hanno dato una lira.

Come si spiega allora la presa di posizione del capo dei senatori del partito di maggioranza? Forse ha visto il servizio di una delle reti commerciali, che oggi nell’edizione di mezza giornata ha mostrato le immagini del cronista de Il Giornale che, seduto in un bar dava dei soldi al giovanotto. E forse il capo dei senatori del partito di maggioranza è stato ingannato dal servizio televisivo, perché mentre fuori campo il giornalista parlava dell’intervista a Repubblica, si vedevano le immagini delle banconote che passavano dalle mani del cronista a quelle dell’ex-fidanzato della fanciulla che chiama papi il premier.

Insomma, sembrerebbe che il capo dei senatori del partito di maggioranza sia caduto in una trappola tesa da una rete televisiva di proprietà del capo del governo. Senza contare, che, se quanto afferma Repubblica è vero, quello che abbiamo letto e che abbiamo visto è che è stato proprio il giornalista de Il Giornale che ha dato soldi all’ex-fidanzato. Insomma, lo scoop si è rivelato un pacco. Il quale pacco è andato a vuoto, ma il contropacco se lo è cuccato il capo dei senatori del partito di maggioranza. Quando si dice la legge del contrappasso. Beh, buona giornata.

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