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Il piccoletto Berlusconi cerca di difendere la piccola figura dell’Italia a un vertice piccino.

“I giornali disinformano. I lettori dovrebbero scioperare per insegnare a chi scrive a non prenderli in giro”. Il premier Silvio Berlusconi, a San Paolo del Brasile per una visita istituzionale, ha inaugurato il viaggio attaccando la copertura dedicata dalla stampa italiana al vertice G20 in Canada: “I resoconti sono l’esatto contrario della riunione”, ha detto. “Da molti mesi”, ha aggiunto, “vedo una disinformazione inconcepibile”. Beh, buona giornata.

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Italia Spa.

L’ideologia del fare di ILVO DIAMANTI-repubblica.it

È l’era del “fare”. I fatti contrapposti alle parole. Quelli che “fanno” opposti a quelli che “dicono”. E perdono tempo a discutere, controllare, verificare. È un argomento caro al premier. Ripreso, in questi giorni, con particolare insistenza per replicare alle polemiche.

Polemiche sollevate dalle inchieste della magistratura sull’opera della Protezione civile, in Abruzzo dopo il terremoto e alla Maddalena, in vista del G8 (in seguito spostato a L’Aquila). E, ancor più, contro le critiche al progetto di trasformare la Protezione civile in Spa per meglio affrontare ogni emergenza. Allargando il campo dell’emergenza fino a comprendere ogni evento speciale e straordinario. Per visibilità e risorse investite. Oltre alle celebrazioni del 150enario dell’Unità d’Italia: i giochi del Mediterraneo e i Mondiali di nuoto; l’Anno giubilare paolino, l’esposizione delle spoglie di San Giuseppe da Cupertino, e i viaggi del Papa in provincia (perché non quelli del presidente della Repubblica e del premier?). Insomma, tutto quanto fa spettacolo e richiede grandi quantità di mezzi. Affidato alla logica della “corsia preferenziale”, superando i vincoli imposti dalle regole, dalle procedure. Dagli organismi di controllo istituzionali. Per sottrarsi ai tempi e alle fatiche della democrazia.

Che spesso delude i cittadini. E impedisce al governo di produrre risultati da esibire, come misura dell’efficacia della propria azione.

La mitologia del “fare” è alla radice del successo politico di Silvio Berlusconi. Il sogno italiano. L’imprenditore che si è “fatto” da sé. Dal nulla ha costruito un impero. In diversi settori. Da quello immobiliare a quello editoriale. A quello mediatico. Anche nello sport, ovviamente. Ha sempre vinto. Dovunque. E ha imparato che, se vuoi “fare”, le regole, le leggi e, peggio ancora, i controlli a volte sono un impedimento. I giudici e i magistrati, per questo, possono rappresentare un ostacolo. Perché non sono interessati ai risultati, ma alle procedure. Alla legittimità e non alla produttività. Anche se nell’era di Tangentopoli i giudici erano celebrati da tutti (o quasi). Tuttavia, allora apparivano non i garanti della giustizia, ma i “giustizieri” di una democrazia malata. Bloccata e soprattutto improduttiva. Ostile ai cittadini e agli imprenditori.

Sul mito del “fare” si basa l’affermazione del politico-imprenditore alla guida di un partito-impresa, che gestisce la politica come marketing e promette di governare il paese come un’azienda. Anzi: di guidare l’azienda-paese. In aperta polemica con il professionista politico e il partito di apparato.

Si delinea, così, un modello neo-presidenziale di fatto. Realizzato su basi pragmatiche ed economiche. Quindi, molto più libero da regole e controlli rispetto ai sistemi presidenziali e semi-presidenziali effettivamente vigenti nelle democrazie occidentali.

L’evoluzione della Protezione civile è coerente con questo modello. Ne è il prodotto di bandiera, ma anche il modello esemplare. In fondo, Bertolaso anticipa e mostra quel che Berlusconi vorrebbe diventare (e costruire). È il suo Avatar. Affronta emergenze “visibili” e produce per questo risultati “visibili”. In tempi rapidi. Puntualmente riprodotti dai media. Napoli. Sepolta dall’immondizia. L’Aquila devastata. Poi, arriva Bertolaso. L’immondizia scompare. Le prime case vengono consegnate a tempo di record. Sotto i riflettori dei media. Che narrano il dolore, l’emozione. E i successi conseguiti dal premier-imprenditore attraverso il suo Avatar. Aggirando vincoli e procedure. Perché nelle calamità, come in guerra, vige lo Stato di emergenza, che non rispetta i tempi della democrazia e della politica. Da ciò la tentazione di estendere i confini dell’emergenza fino a comprendere i “grandi eventi”. Cioè: tutto quel che mobilita grandi investimenti, grandi emozioni e grande attenzione.

La Protezione civile diventa, così, modello e laboratorio per governare l’Italia come un’azienda. Dove il presidente-imprenditore può agire e decidere “in deroga” alle regole e alle norme. Perché lo richiede questo Stato (di emergenza diffusa e perenne). Dove il consenso popolare è misurato dai sondaggi. Dove, per (di) mostrare i “fatti”, invece che al Parlamento ci si rivolge direttamente ai cittadini. O meglio, al “pubblico”. Attraverso la tivù. Dove anche la corruzione diventa sopportabile. Meno “scandalosa”, quando urge “fare” – e in fretta.

Di fronte a questa prospettiva – o forse: deriva – ci limitiamo a due osservazioni
La prima: la democrazia rappresentativa non si può separare dalle regole. Perché la democrazia, ha sottolineato Bobbio, è un “metodo per prendere decisioni collettive”. Dove le procedure e le regole sono importanti quanto i risultati. Perché garantiscono dagli eccessi, dalle distorsioni, dalle degenerazioni. Come rammenta Montesquieu (nel 1748): “ogni uomo di potere è indotto ad abusarne. Per cui bisogna limitarne la virtù”. Bilanciandone il potere con altri poteri. Perché, aggiunge un altro padre del pensiero liberale, Benjamin Constant (nel 1829): “ogni buona costituzione è un atto di sfiducia”. Nella natura umana e del potere.

La seconda osservazione riguarda il fondamento del “fare”, cui si appella il premier. In effetti, coincide con il “dire”. Meglio ancora: con l’apparire. Perché i “fatti” – a cui si appella Berlusconi – esistono in quanto “immagini”. Proposte oppure nascoste dai media. Secondo necessità. Come i “dati” dell’economia e del lavoro. Come i disoccupati o i cassintegrati e i morti sul lavoro. Che appaiono e – preferibilmente – scompaiono sui media. A tele-comando. Perché il pessimismo e la sfiducia minano la fiducia dei consumatori e dei cittadini. Meglio: del cittadino-consumatore. O viceversa.

È la retorica del “fare”. Narrazione e al tempo stesso ideologia di successo. Per costruire e proteggere l’Italia spa.

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Silvietto e il G8, Silviotto e il G Etto: “Non stupisce che perfino fatti secondari siano mal raccontati, come fossero schegge insensate: ad esempio l’assenza dal programma G8 di Carla Sarkozy, giunta all’Aquila il giorno dopo il vertice. I giornali arzigogolano su una persona che ha voluto far l’originale, differenziarsi. Nessuno rammenta l’appello di 13.000 donne italiane – presumibilmente ascoltato da Carla – perché le first ladies non venissero al G8.”

Barbara Spinelli-La Stampa.

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Silvietto e il G8, Silviotto e il G Etto:”Lo scandalo delle ragazze a Palazzo Grazioli cancella la corruzione di Mills, le minorenni di Berlusconi obnubilano la mafia, le dieci domande di Repubblica cancellano innumerevoli altri quesiti.”

Chi rompe la tregua paga
di BARBARA SPINELLI-La Stampa.
La tregua che è stata invocata nei giorni scorsi, per proteggere da aggressioni l’immagine dell’Italia durante il G8, introduce nella politica democratica un’esigenza di immobile quiete su cui vale la pena riflettere. Presa in prestito dal vocabolario guerresco, tregua significa sospensione delle operazioni belliche, concordata di volta in volta per stanchezza, timore del pericolo, subitanee emergenze. Fino alla rivoluzione francese, scrive Clausewitz, le guerre erano fatte soprattutto di pause: l’ozio assorbiva i nove decimi del tempo trascorso in armi.

Era «come se i lottatori stessero allacciati per ore senza fare alcun movimento». Le battaglie smettono quest’usanza quando si fa più possente il pensiero dello scopo per il quale si guerreggia, giacché solo tale pensiero può vincere la «pesantezza morale» del combattente. Ma la tregua non è solo «pesantezza, irresolutezza propria all’uomo». L’etimologia dice qualcos’altro: perché ci sia tregua efficace occorre che i lottatori siano leali, che la sospensione sia un patto, che non sia unilaterale. L’etimologia, germanica, rimanda all’inglese true-vero, e al tedesco treu-leale, fiducioso.

Verità, fiducia, lealtà, patto: sono gli ingredienti essenziali della tregua, specie quando dal teatro di guerra ci si sposta a quello di pace, e quando il concetto si applica alla selezione dei governanti migliori che avviene in democrazia. Un prorompente atto terrorista, una calamità naturale, possono comportare la sospensione della conflittualità propria alle democrazie.

Non per questo vengono sospese la ricerca di verità, la pubblicità data all’azione dei politici, il contrasto fra partiti, l’informazione indipendente. Altrimenti la tregua politica altro non è che continuazione della guerra con altri mezzi, e per essa vale quel che Samuel Johnson usava dire dei conflitti armati, nel 1758: «Fra le calamità della guerra andrebbe annoverata la diminuzione dell’amore della verità, ottenuta tramite le falsità che l’interesse detta e che la credulità incoraggia». Se sostituiamo la parola tregua a guerra, vediamo che i rischi sono gli stessi.

Quando ha chiesto una tregua, il 29 giugno, il presidente Napolitano non pensava certo a questo sacrificio della verità. Ma il rischio è grande che i governanti l’intendano in tal modo: usando il Colle, rompendo unilateralmente la tregua come ha subito fatto Berlusconi aggredendo oppositori e giornali. Il conflitto maggioranza-opposizione, le inchieste giornalistiche o della magistratura sul capo del governo, sono automaticamente bollate come poco patriottiche, fedifraghe, addirittura eversive. Questo in nome di uno stato di emergenza trasformato in condizione cronica anziché occasionale, necessitante la sospensione di quel che dalla Grecia antica distingue la democrazia: la parresia, il libero esprimersi, la contestazione del potere e dell’opinione dominante, il domandare dialogico.

Significativa è l’allergia del potente alle domande, non solo quelle di Repubblica ma ogni sorta di quesiti: netto è stato il rifiuto di Berlusconi di permettere domande ai giornalisti, il primo giorno del G8. Sulla scia dell’11 settembre 2001 Bush reclamò simile tregua, che non migliorò la reputazione dell’America ma la devastò. Washington si gettò in una guerra sbagliata, in Iraq, senza che opinione pubblica e giornali muovessero un dito. La recente storia Usa dimostra che la democrazia guadagna ben poco dalle tregue politiche, quando i governi possono tutto e l’equilibrio dei poteri è violato. Il vantaggio delle tregue è la coesione nazionale: falsa tuttavia, se passiva. Lo svantaggio è la libertà immolata. Tanto più grave lo svantaggio, se l’emergenza è un mero vertice internazionale.

Ripensare la tregua e le sue condizioni può servire, perché la tendenza è forte, in chi governa, a prolungare emergenze e sospensioni della parresia, rendendole permanenti. Purtroppo la tendenza finisce con l’estendersi all’opposizione, alla stampa, e anche qui vale la descrizione di Clausewitz sul cessate il fuoco: che spesso interviene non perché la tregua sia necessaria, ma perché nell’uomo che rinvia decisioni c’è pavidità. Perché dilaga «l’imperfezione delle conoscenze, delle facoltà di giudizio». Perché, soprattutto, opposizione e giornali non hanno un «chiaro pensiero dello scopo» per cui si oppongono, analizzano, interrogano. Sono le occasioni in cui la tregua non è un patto di verità ma una variante dell’illusionismo e della menzogna.

Ma c’è una condizione supplementare, affinché la tregua si fondi su verità e fiducia. La condizione è che la memoria resti viva, e non solo il ricordo del passato ma la memoria del presente, meno facile di quel che sembri perché essa presuppone un legame tra i frammenti dell’oggi e aborre la fissazione su uno solo di essi: l’ultimo della serie. È la memoria di cui parla Primo Levi, quando descrive la tregua nei campi. Nel Lager, simbolo della condizione umana, esistono remissioni, «tregue». Ma esse sono chimere se non s’accompagnano alla memoria di quel che ineluttabilmente avverrà al risveglio, quando risuonerà il «comando dell’alba»: l’urlo in polacco – wstawac – che intima di alzarsi.

Meditare attorno all’idea di tregua è fecondo perché aiuta a capire come deve organizzarsi, in Italia e altrove, la parresia greca che i latini traducevano con libertas. Parresia è letteralmente parlare con libertà: un compito che politici e stampa condividono col medico, che non deve dire tutto alla rinfusa ma andare all’essenza e fare sintesi. Galeno, medico del primo secolo dopo Cristo, scriveva che «non si può guarire senza sapere di cosa si deve guarire»: il malato ha diritto alla verità, detta «senza ostilità ma senza indulgenza». La tregua anche in Italia ha senso se non si sacrifica il vero. Se non è solo la stampa estera a indagare sulla nostra singolare apatia etica.

Il mondo dell’informazione non è estraneo a tale apatia, incomprensibile all’opinione straniera e da essa biasimata. Il difetto, il più delle volte, è lo sguardo corto: uno sguardo che non collega i fatti, che sempre si fissa sull’ultimissimo evento, che non scava con la memoria né nel passato né nel presente. L’influenza della mafia sulla politica, i cedimenti di quest’ultima, il conflitto d’interesse che consente al privato di manomettere il pubblico, l’impunità reclamata dai massimi capi politici, infine la lunga storia italiana di stragi e corruzioni su cui mai c’è stata chiarezza: c’è un nesso fra queste cose, ma l’ultimo scandalo da noi scaccia il precedente e ogni evento (buono o cattivo) cancella il resto.

Lo scandalo delle ragazze a Palazzo Grazioli cancella la corruzione di Mills, le minorenni di Berlusconi obnubilano la mafia, le dieci domande di Repubblica cancellano innumerevoli altri quesiti. Anche l’opposizione si nutre di amnesia: i successi di Prodi (aiuti allo sviluppo, clima, liberalizzazioni, infrastrutture, accordo vantaggioso per Alitalia) sprofondano nell’oblio, se ne ha vergogna. Non stupisce che perfino fatti secondari siano mal raccontati, come fossero schegge insensate: ad esempio l’assenza dal programma G8 di Carla Sarkozy, giunta all’Aquila il giorno dopo il vertice. I giornali arzigogolano su una persona che ha voluto far l’originale, differenziarsi. Nessuno rammenta l’appello di 13.000 donne italiane – presumibilmente ascoltato da Carla – perché le first ladies non venissero al G8.

L’Italia come tutti i paesi è una tela, non un’accozzaglia caotica di episodi. Se non ricordiamo questo quadro non solo le tregue saranno basate su contro-verità. Si faticherà anche a ricominciare i normali conflitti e il parlare franco, finita la tregua. Sotto gli occhi della stampa mondiale appariremo come i lottatori di Clausewitz: allacciati ininterrottamente l’uno all’altro, senza fare alcun movimento. (Beh, buona giornata).

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Silvietto e il G8, Silviotto e il G Etto:”Faccio questa precisazione, ovvia ma spesso dimenticata da chi commenta i risultati di questo genere di incontri, a cominciare spesso da alcuni degli stessi partecipanti desiderosi di ricevere vantaggi di immagine anche a costo di manipolare la realtà di quanto è accaduto. “

Il meritato successo di un abile anfitrione di EUGENIO SCALFARI-Repubblica.

“PRENDIAMO ispirazione dalle intuizioni e dalle scelte lungimiranti che emersero alla vigilia o all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale, quando nacquero le Nazioni Unite e ancor prima le istituzioni di Bretton Woods. Da allora molto si è costruito ma non poco purtroppo si è negli ultimi anni venuto perdendo”.

Queste parole sono state pronunciate la sera di giovedì scorso da Giorgio Napolitano nella cena da lui offerta all’Aquila a tutti i leaders mondiali presenti al G8, diventato per l’occasione un G14 con la partecipazione dei principali paesi emergenti.

Non si poteva dir meglio con poche parole e non si può adottare metro migliore per valutare i risultati di questo penultimo incontro dei paesi occidentali che presto cederanno il posto ad altre e più allargate forme di consultazione internazionale.

Occorre comunque ricordare che il G8 non è mai stato un organo decisionale perché nessuno dei governi che vi partecipano gli ha mai conferito una parte della propria sovranità. Ciò non toglie tuttavia che su alcuni temi specifici i governi possano firmare accordi operativi, formulando su altri temi raccomandazioni di indirizzo che dovranno poi essere tradotte in apposite norme da parte di istituzioni dotate di poteri operativi.
Faccio questa precisazione, ovvia ma spesso dimenticata da chi commenta i risultati di questo genere di incontri, a cominciare spesso da alcuni degli stessi partecipanti desiderosi di ricevere vantaggi di immagine anche a costo di manipolare la realtà di quanto è accaduto.

Al G8 dell’Aquila c’erano tre temi specifici e un tema generale di puro indirizzo. Quest’ultimo riguardava lo stato della crisi economica mondiale, la diagnosi delle possibili terapie da raccomandare. Quanto ai temi specifici, peraltro di grande portata, riguardavano il clima, gli aiuti ai paesi poveri e principalmente all’Africa, la politica dei paesi del G8 nei confronti dell’Iran.

I giudizi, o come si dice la pagella da compilare sugli esiti dell’incontro aquilano vanno dunque articolati su questa tastiera ed è quanto cercheremo di fare.

* * *

La diagnosi sullo stato attuale della crisi è stata abbastanza difforme. Barack Obama è nella sostanza il più pessimista, ritiene che il peggio sia al suo culmine e che si aggraverà ancora nel prossimo autunno e nell’inverno del 2010. Il peggio che determina il suo giudizio riguarda il delicatissimo tema della disoccupazione che in Usa ha già raggiunto il 10 per cento e potrebbe aumentare fino all’11 nei prossimi mesi con effetti pesanti sui redditi e sui consumi.

Il presidente americano inoltre non è ancora del tutto tranquillo sulla tenuta di alcune istituzioni bancarie e non esclude altri massicci interventi a sostegno sia di banche sia di grandi imprese a corto di capitali.

Il pessimismo operativo di Obama ha tuttavia come contrappeso il suo robusto ottimismo politico, che ha profuso in abbondanza e con notevole efficacia su tutto l’andamento del G8.

Al polo opposto della diagnosi di Obama si è collocato Berlusconi, secondo il quale il peggio è già passato e la disoccupazione non presenta scenari drammatici.

Di questa divergente diagnosi ha dato conto lo stesso Berlusconi in una delle sue conferenze stampa, spiegando però che il parere di Obama su queste materie è assai più importante del suo: un esempio molto infrequente di modestia che il premier italiano ha offerto per ingraziarsi il suo principale interlocutore. Lui è fatto così, vuole essere amato. Per essere amato da Obama ha anche buttato alle ortiche Bush. Quella è acqua passata. Obama invece è da conquistare e la modestia ne è stata questa volta lo strumento.

Il ministro Tremonti aveva proposto, con la collaborazione dell’Ocse e del governo tedesco, alcune nuove regole da introdurre nel sistema economico internazionale. Un documento di 13 cartelle è stato presentato al G8 con il titolo ambizioso di Global Legal Standard e menzionato favorevolmente come raccomandazione da esaminare nelle competenti sedi operative, suscitando una immodesta soddisfazione dello stesso Tremonti.

Di quali regole si tratta? In realtà non sono regole vere e proprie né potevano esserlo trattandosi di raccomandazioni di indirizzo. Ed anche per un’altra ragione: si enunciano valori e, come sappiamo, i valori non sono norme ma auspici e modi di sentire; riguardano più il dover essere che l’essere.

I valori tremontiani elencati nel documento sono l’etica nelle decisioni economiche, la trasparenza di quelle decisioni, la lotta contro la corruzione, la lotta contro l’evasione fiscale, la vigilanza del credito, la lotta contro i monopoli in favore della libera concorrenza. Ma chi mai oserebbe incitare gli operatori ad essere disonesti, a mentire, a favorire i monopoli e ad evadere le imposte? E quale uomo d’affari, imprenditore, banchiere si riconoscerebbe in un ritratto così perverso?

Debbo dire che a Tremonti va riconosciuta una notevole audacia: raccomandare la lotta all’evasione fiscale, quella contro i monopoli, la trasparenza delle decisioni da parte di uno dei principali membri dei governi berlusconiani è come parlar di corda in casa dell’impiccato. Ma il punto non è questo o non soltanto questo. Si tratta soltanto di raccomandazioni e non di altro.

Nel frattempo e nello stesso giorno in cui Tremonti presentava il suo documento al G8, il governatore Draghi annunciava un documento assai più corposo redatto dal “Financial Stability Forum” che è l’organo del Fmi da lui guidato, dove non si parla di valori ma di norme concrete che saranno imposte alle banche e alle istituzioni finanziarie quando lo studio del Fsf sarà definitivamente approvato entro l’anno in corso. Da notare che nel Fsf non sono rappresentati soltanto i paesi del G8 ma un ventaglio molto più ampio e quindi assai più interessante per l’operatività di quelle regole.

* * *

Bastano pochi accenni per i tre temi specifici affrontati dal G8, dei quali i giornali di tutto il mondo hanno già ampiamente parlato nei giorni scorsi.

Iran. I temi da affrontare in materia erano due: il nucleare iraniano e la repressione violenta del dissenso e quindi una violazione molto grave dei diritti di libertà in quel paese teocratico.

Entrambi i temi sono stati in qualche modo elusi nel documento approvato all’unanimità dal G8. La riprovazione delle violenze è stata affidata alle dichiarazioni di singoli capi di governo, tra i quali il più severo è stato il presidente francese Sarkozy. Sul tema del riarmo nucleare è intervenuto seccamente Obama, che attenderà comunque fino alla fine dell’anno sperando nell’avvio di un negoziato costruttivo. La vera e solenne reprimenda approvata all’unanimità (Russia compresa) nei confronti del governo iraniano è stata lanciata contro il negazionismo dell’Olocausto da parte di Ahmadinejad: era il meno attuale dei temi e forse per questo è stato scelto dopo una serrata discussione da parte degli “sherpa” durata a quanto si sa per due settimane.

Sul clima si è registrato un mezzo fallimento quando sono entrati in gioco i Cinque emergenti (Cina, India, Brasile, Messico, Sudafrica). I quali hanno accettato il principio dei 2 gradi di riscaldamento del pianeta come limite estremo, superato il quale ci sarebbe una catastrofe climatica planetaria; ma non hanno invece acconsentito a ridurre le proprie emissioni di gas inquinanti.

Se ne riparlerà in un’apposita riunione a fine anno a Copenaghen. Il colpo di scena di Obama è stato a questo punto l’impegno per il proprio paese di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra facendo della ricerca di energie alternative il centro del rilancio industriale americano. La speranza è che un impegno del genere serva di orientamento anche al gruppo dei Cinque, il che però è tutto da verificare.

Infine l’Africa e i poveri. Tutti i paesi ricchi sono allo stato dei fatti largamente inadempienti rispetto agli impegni presi nei precedenti vertici. Il più inadempiente di tutti è il nostro: avremmo già dovuto versare un miliardo di dollari mentre abbiamo finora conferito 30 milioni, pari al 3 per cento di quanto dovuto. Ora Berlusconi ha promesso un versamento entro il prossimo agosto di 130 milioni e lo ha presentato come una manna. Questo è lo stato dei fatti per quanto ci riguarda.

Nel meeting del G8 è stato deciso un aiuto, destinato soprattutto all’agricoltura, di 20 miliardi di dollari. La cifra è cospicua ma restano tuttora indefinite le modalità e i tempi, chi guiderà gli investimenti e quando. Comunque su questo tema un mezzo successo politico c’è indubbiamente stato, ma è il solo dell’intero vertice.

Del tutto inevaso è stato invece il vero tema che i Grandi del mondo dovranno porsi e che invece è stato del tutto ignorato salvo che dalla Cina e dal gruppo dei Cinque emergenti: il nuovo assetto monetario internazionale. In altre parole il problema del dollaro.

La Cina vuole che si costruisca una moneta di conto e di riserva, calcolata attraverso una sorta di paniere ponderato delle principali monete a partire dal dollaro, dall’euro, dallo yen e naturalmente dallo yuan cinese. Moneta amministrata dall’Fmi, le cui quote di appartenenza dovranno essere profondamente riviste per fare appunto spazio ai paesi emergenti che sono rappresentati attualmente da quote soltanto simboliche.

Sarà un’operazione complessa, che vede gli Usa in totale disaccordo, ma che la Cina sembra decisa a portare avanti facendo leva sulla sua posizione di primo creditore degli Stati Uniti e primo detentore di riserve in dollari.

Sarà questo il vero tema del prossimo futuro, adombrato nel richiamo alle istituzioni nate a Bretton Woods nelle parole di Napolitano che abbiamo citato all’inizio. Un tema denso di implicazioni, che vedrà diminuire drasticamente il peso dei singoli Stati europei a beneficio dell’Unione europea e delle istituzioni che la rappresentano a cominciare dalla Banca centrale.

Questo tema sarà al centro della prima assemblea del Fondo monetario internazionale che è destinato a diventare la vera sede dei dibattiti e delle decisioni.

* * *

Ultimo argomento: il successo di Berlusconi e quindi dell’Italia, perché è vero che nei vertici internazionali un successo del governo è patrimonio comune al di là dei partiti e delle persone.

Berlusconi ha avuto successo, ha ricevuto complimenti da tutti, ha evitato con abilità i guai che incombevano sul suo capo e di questo gli va dato atto.

Per che cosa è stato complimentato? Per il suo ruolo, magistralmente ricoperto, di padrone di casa. Se lo è meritato. E’ un compito che sa gestire molto bene come dimostrò nell’analogo meeting di Pratica di Mare: alloggiamento perfetto, cibo eccellente, sicurezza garantita, intrattenimento rilassante. Il “Financial Times” di ieri, che era stato il giornale tra i più severi nei suoi confronti, ha titolato “Da playboy a statista”, ma ha sbagliato l’ultima parola, doveva scrivere anfitrione. Lo statista si è visto ben poco anche perché l’unico statista in campo è stato Obama e con lui nessuno era in grado di competere.

Berlusconi avrebbe potuto esercitare una piccola parte da statista associando al successo l’opposizione che ha accettato la tregua chiesta da Napolitano. Ma nemmeno questo ha fatto. Ha continuato ad attaccarla tutti i giorni, chiamandola “opposizione-cadavere, comunista, faziosa”. Poi, una volta chiuso il sipario sul G8 dell’Aquila, è andato ancora più in là: si sta rimangiando l’impegno preso anche in suo nome dal ministro Alfano con il Quirinale circa una pausa nella legge sulle intercettazioni; ha ripetuto che non ha intenzione di trattare alcunché con l’opposizione; ha maltrattato i suoi dissidenti interni; ha richiamato all’ordine perfino la Lega. “Ora dev’esser chiaro a tutti che sono io che comando” ha detto ieri. L’ora della carota è passata e si ricomincia col bastone.

Ho letto ieri un interessante articolo del collega La Spina su “La Stampa”. Scrive che la maggiore sobrietà dimostrata da Berlusconi al G8 è stata probabilmente l’effetto delle critiche acerbe di cui è stato oggetto da parte di alcuni giornali ai quali (scrive La Spina) andrebbe riconosciuto il merito del “new look” saggio e prudente del nostro premier di solito scapestrato.
Forse La Spina ha ragione; forse quel merito ad alcuni giornali andrebbe riconosciuto. Purtroppo però quella saggezza e quella prudenza di cui parla il collega sono già dietro le spalle.

Dal canto nostro, poiché è di noi che si parla, le nostre riserve e le nostre critiche non cesseranno se non altro per indurre il premier scapestrato a cambiare definitivamente comportamenti pubblici e privati che sono l’esatto contrario da quelli ai quali un capo di governo dovrebbe attenersi.

Continueremo dunque a pubblicare notizie di fatti come è compito di ogni giornale, ma non speriamo e non ci illudiamo di vedere effetti vistosi. Salvo quello di vedere il premier far bene il mestiere dell’anfitrione, ma di questo eravamo certi. Purtroppo non è di questo che ha bisogno il nostro Paese. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

Il G8 secondo il New York Times:« una programmazione imperdonabilmente negligente da parte del governo ospite, l’Italia, e la debolezza politica di molti dei leader presenti, lascia poco spazio all’ottimismo».

(fonte:corriere.it)
Il Presidente Usa Barack Obama dovrebbe assumere la guida del vertice del G8 al via in Italia, per evitare che sia uno spreco di tempo e di impegno. E’ quanto scrive nel giorno dell’apertura del summit in un editoriale il quotidiano americano The New York Times. Non sono i problemi a mancare, precisa il quotidiano, «ma una programmazione imperdonabilmente negligente da parte del governo ospite, l’Italia, e la debolezza politica di molti dei leader presenti, lascia poco spazio all’ottimismo».

LA GUIDA – Per questo, scrive il Nyt, «se questa sessione non vuole essere uno spreco di tempo e impegno, il Presidente Obama dovrà assumerne la guida», trasformando la fiducia politica che si è guadagnato negli ultimi sei mesi in capitale diplomatico. Il quotidiano invita quindi il Presidente americano a «fare nuove pressioni sulla Germania perché investa di più nel pacchetto di stimolo», a intervenire sugli altri leader per scongiurare «pericolose tendenze protezionistiche» e a sollecitare una «decisa presa di posizione da parte del G8, Russia inclusa», contro l’ambizione nucleare iraniana.

CLIMA – Sui cambiamenti climatici, gli Stati Uniti sono ancora molto indietro rispetto all’Europa, ammette il Nyt, per cui Obama dovrà fare pressioni sul Congresso americano perchè approvi la sua legge per la riduzione delle emissioni. Al vertice, i leader del G8 «dovrebbero impegnarsi a rispettare l’obiettivo» di raddoppiare gli aiuti ai Paesi poveri, e «ogni Paese dovrebbe annunciare un contributo preciso per questo e il prossimo anno». «Tradizionalmente è l’ospite a dettare tono, tema e agenda di questi incontri – prosegue il quotidiano – ma il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha speso gran parte delle sue energie, nelle ultime settimane, a cercare di eludere le accuse pubblicate dalla stampa sulle sue frequentazioni con escort e minorenni. “Showmanship”: forse. Leadership: no». «Tutti i Paesi presenti all’Aquila hanno un chiaro interesse a favorire una più forte e rapida ripresa economica, a fermare la corsa nucleare dell’Iran, a rallentare il riscaldamento terrestre e a sostenere lo sviluppo delle nazioni più povere del mondo – conclude il Nyt – spetta ad Obama ricordarlo ai leader e stimolarli». Beh, buona giornata.

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Attualità Popoli e politiche

Proteste in tutta la Penisola contro il G8 dell’Aquila.

(fonte:ilmessaggero)
Riflettori puntati su Roma, città blindata per la visita di Barack Obama, dopo le manifestazioni di ieri. Sono circa 3mila gli agenti della polizia impiegati nella capitale, negli aeroporti e sulla Roma-L’Aquila.

Blitz da Benetton, no global aggrediti da passanti. Tre manifestanti a volto coperto della V-Strategy, il gruppo che fa parte della rete di contestazione al G8, hanno compiuto un blitz all’interno di un negozio Benetton in via Magna grecia a San Giovanni. Hanno tirato vernice viola prima sulle vetrine e poi all’interno del locale. Al momento del blitz, nel negozio c’erano dei clienti e una bimba su un passeggino è stata colpita da schizzi di vernice. Alcuni passanti, vista la scena, hanno reagito e c’è stata una colluttazione con i tre manifestanti che poi sono riusciti a fuggire. Sulla vetrina del negozio con spray viola i manifestanti hanno lasciato scritto: «Benetton uguale Impregilo».

Dopo il blitz due fotografi sono stati denunciati. I due, uno dell’Ansa e l’altro di un quotidiano, avrebbero, secondo alcune testimonianze, favorito la fuga dei manifestanti. Accuse respinte dai due fotografi. «Io ho semplicemente fatto il mio lavoro – racconta uno dei fotografi – non ho favorito la fuga di nessuno. Mi trovavo tra l’altro ad almeno due metri di distanza. C’è una telecamera nella strada che spero abbia ripreso la scena per chiarire quanto siano allucinanti le accuse che ci vengono fatte».

A piazza di Spagna striscione contro il G8. Sono stati rilasciati, dopo essere stati identificati, gli attivisti del movimento «Avaaz-Il mondo in azione», quattro francesi e un greco, fermati dalla polizia questa mattina a piazza di Spagna mentre stavano esponendo uno striscione contro il G8. Nello striscione, sequestrato dai carabinieri, era stata tracciata la scritta: «Manteniamo il clima freddo così Berlusconi può tenere i suoi vestiti addosso».

Striscioni al Ministero dell’Economia. In via XX Settembre alcune decine di manifestanti hanno aperto striscioni con le scritte «G8-Fmi-Banca Mondiale, chi saccheggia e devasta siete voi» e «Il G8 è un terremoto, siamo tutti aquilani». I manifestanti, con caschi gialli e bianchi, hanno anche esposto cartelli con la scritta «Indebitati di tutto il mondo unitevi» e hanno sistemato volantini sui parabrezza delle auto. Sul posto è subito intervenuta la polizia, che si è schierata in tenuta antisommossa. Alcuni contestatori hanno coperto il volto con l’immagine del presidente Usa Barack Obama. Molti gli slogan contro il ministro italiano dell’economia Giulio Tremonti e contro la crisi.

Pigneto: studenti occupano edificio abbandonato. Un centinaio di studenti dell’Onda hanno occupato un edificio abbandonato di tre piani in via Fortebraccio nel quartiere del Pigneto. I manifestanti hanno rivendicato «il diritto a un giusto welfare contro gli affitti supercari per gli universitari».

Vestiti da “Bianconiglio” occupano ufficio della Sapienza. Alcune decine di studenti hanno occupato un ufficio dell’univerità La Sapienza in via Regina Elena con il volto coperto dalla maschera del “Bianconiglio”, il personaggio di «Alice nel paese delle meraviglie». Hanno chiesto l’immediata liberazione degli arrestati per gli scontri di Torino lo scorso maggio e dei ragazzi di ieri per i disordini avvenuti a Roma. I manifestanti hanno simbolicamente circondato l’entrata dell’edificio con del nastro bianco e rosso. L’ufficio occupato è quello di “Sapienza e Innovazione”.

Bocca della Verità: «I grandi cucinano la terra». I leader del mondo in versione chef cucinano a fuoco lento la terra. È l’azione dimostrativa «I leader del g8 cucinano il pianeta, serve una ricetta per fermare i cambiamenti climatici», andata in scena questa mattina nei pressi della Bocca della Verità. A organizzarla Oxfam International, gruppo di ong che combattono la povertà, e la ong di cooperazione allo sviluppo Ucodep.

Manifestazioni davanti ai due carceri romani. A Rebibbia manifestanti hanno esposto uno striscione con su scritto «Stop al G8, burn the state». Alcune centinaia di persone, invece, hanno dato vita ad un sit-in di fronte a Regina Coeli, dove sono detenute le persone arrestate ieri nel corso di una manifestazione che si stava svolgendo tra Testaccio e Lulngotevere. «Tutte libere! Tutti liberi!», lo slogan dei volantini.

Arresto per due manifestanti fermati ieri a Termini. Si tratta di un italiano e uno spagnolo che fanno salire a 10 il numero complessivo degli arrestati nella giornata di ieri.

Consigliere regionale denuncia: i 5 ragazzi in semi-isolamento. «Gli agenti penitenziari di Regina Coeli questo pomeriggio esultavano: “Abbiamo fatto fuori l’Onda”. L’ho sentito con le mie orecchie e lo reputo estremamente grave», ha detto la consigliera del Lazio Anna Evelina Pizzo (Sinistra e Libertà). «Ho fatto visita ai 5 ragazzi detenuti qui – ha raccontato Pizzo – uno spagnolo, uno scozzese e tre italiani. Sono imprigionati in una sezione del carcere (la VII) che, a quanto ci riferisce il comandante, è stata completamente svuotata per far posto ai futuri arresti del G8. Sono in semi-isolamento – ha proseguito – e mi hanno detto di essere stati chiusi in celle blindate fino a poco prima che arrivassi». La consigliera, che ha parlato «attraverso le sbarre con i detenuti», ha aggiunto che «i ragazzi non hanno problemi di salute, fatta eccezione per uno che non riesce a sentire».

Assessore regionale: una delle tre ragazze è stata malmenata. «E’ stata malmenata al momento dell’arresto e riporta lividi alle gambe, dietro la schiena e al braccio destro», ha riferito l’assessore al Bilancio della Regione Lazio Luigi Nieri che si è recato nel carcere di Rebibbia. «All’inizio non volevano farci vedere le ragazze – ha raccontato Nieri – ed è stata la prima volta in assoluto che ci hanno fatto resistenza nel vedere un detenuto. Abbiamo dovuto ricordare che l’articolo 67 dell’ordinamento penitenziario non prevede vincoli alla visite. Le arrestate sono giovanissime – ha aggiunto – la ragazza che ha subito maltrattamenti è di San Benedetto del Tronto e ha circa vent’anni, poi c’è una romana e una giovane tedesca».

Carsoli: 4 olandesi fermati poi rilasciati. Sono stati rilasciati senza alcuna denuncia i 4 giovani olandesi, fra i 27 e i 30 anni, che erano stati fermati stamattina dalla polizia stradale a Carsoli lungo la A/24. Dagli accertamenti effettuati è infatti emerso che uno dei 4 aveva un tesserino professionale da giornalista della federazione olandese, mentre gli altri 3 sono cineoperatori e tecnici. All’interno dell’auto la polizia aveva trovato un caschetto e una maschera antigas che avevano fatto scattare i controlli. I 4 hanno però spiegato che si trattava di materiale che sarebbe servito loro in caso di manifestazione dei no-global.

L’Aquila: tre fogli di via obbligatorio. È stato denunciato a piede libero e sottoposto al provvedimento del foglio di via obbligatorio un 25enne in possesso di mazza ferrata lunga 50 centimetri. E’ stato identificato dalla polizia ferroviaria su un treno in arrivo a Sulmona. Aveva con se anche sassi avvolti in panni e una batteria da 12 volt. Il giovane di Policoro (Matera) ha confermato ai poliziotti che si stava recando a L’Aquila. Altri due fogli di via sono stati disposti nei confronti di due 25enni nell’hinterland milanese. La polizia stradale li ha identificati e ha verificato che avevano precedenti per porto d’armi ed oggetti atti ad offendere oltre che per lesioni personali.

Torino: 6 anarchici fermati. Soldi finti cosparsi di passata di pomodoro sull’ingresso dell’Unione industriale di Torino, simbolo del legame fra il potere economico e «il sangue, la sofferenza, la schiavitù dei miliardi di esseri umani vittime delle politiche degli 8 criminali che si riuniscono all’Aquila». E’ l’azione messa in atto stanotte da un gruppo di anarchici torinesi. I sei appartenenti alla Fai torinese sono stati fermati e denunciati per danneggiamento. Alla mezzanotte gli anarchici hanno sparso decine di mazzette di soldi fotocopiati, finte banconote da 20, 50 e 100 euro e sacchetti di monetine false, circondandoli di una pozza sangue-pomodoro, sulla porta dell’Unione industriale di via Fanti. I carabinieri hanno riconosciuto alcuni di loro e la loro auto, una Fiat Doblò.

Firenze, Trieste e Torino: occupato il rettorato. Circa 50 studenti della rete dei collettivi ha occupato stamani il rettorato dell’ateneo. La protesta è terminata verso le 12.30. Gli studenti identificati verranno denunciati per interruzione di pubblico servizio. Una denuncia per «manifestazione non autorizzata» scatterà, invece, per una ventina di giovani che non erano riusciti a entrare, per l’intervento delle forze dell’ordine e che avevano organizzato un presidio davanti allo stesso rettorato. Una decina di rappresentanti del movimento studentesco, invece, hanno occupato la sede del rettorato dell’università di Trieste. Una cinquantina di studenti ha fatto irruzione e occupato la sala «Mario Allara» dell’università di Torino dove era in corso una riunione sindacale.

L’Aquila: maxi scritta di protesta e manifesti in città. “Yes we camp!”, recita la grande scritta di protesta, con lettere di plastica, che alcuni comitati cittadini hanno sistemato sulla collina di Roio che domina l’autostrada A24 dell’Aquila. «La gente pensa che la ricostruzione sta procedendo liscia, che gli aquilani sono già tornati nelle loro case e invece siamo tutti accampati, a tre mesi dal sisma», dice Mattia Lolli, del Comitato 3e32. I manifestanti, alcune decine di giovani, sottolineano che non ce l’hanno con il G8, ma che la loro «battaglia» è finalizzata esclusivamente a informare l’opinione pubblica «che le cose all’Aquila non vanno come dicono, perchè la ricostruzione non è mai partita, e, sotto le tende, le persone più anziane stanno morendo». Anche su molti muri dell’Aquila sono stati affissi grandi manifesti con la scritta «Yes we camp, but we don’t go away».

Siena: dai bastioni della fortezza striscione contro il vertice. «Non arrivi al 28? Colpa del G8», è il testo dello striscione appeso ai bastioni della Fortezza medicea. Contemporaneamente alcuni giovani dello stesso collettivo hanno distribuito alcuni volantini.

Padova: tensione davanti al Tribunale. Una cinquantina di disobbedienti volevano affiggere degli striscioni di solidarietà a favore di Massimiliano Gallob, leader del centro sociale patavino, e Benjamin Bondean, arrestati lunedì mattina su ordinanza di custodia cautelare del gip di Torino. Dopo che le forze dell’ordine non hanno lasciato affiggere gli striscioni, sulla parete esterna del Tribunale, il gruppo ha iniziato a spingere contro gli scudi degli agenti del reparto mobile. Con una breve carica di alleggerimento i dimostranti sono stati allontanati e il gruppo di attivisti si è sciolto. Beh, buona giornata.

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Il G8 non è un bell’ambiente.

(Fonte:ilmessaggero.it)
Salta l’accordo di riduzione delle emissioni di gas serra del 50% entro il 2050. Si apre con una sconfitta il G8 dell’Aquila al quale partecipano i leader di Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Russia, Canada e Giappone. Era proprio il clima, accanto alla crisi finanziaria, uno dei temi principali del summit che si svolge nella caserma della scuola della Guardia di Finanza di Coppito, in Abruzzo. Il tema verrà affrontato domani al Major economies Forum, cui, oltre ai paesi del G8, partecipano anche Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa.

Silvio Berlusconi ha commentato che fra i partecipanti del G8 c’è un accordo sostanziale sul clima, ora bisogna «verificare» se sia possibile un’intesa con India e Cina.

Cina e India: niente accordo su taglio emissioni gas serra. Non ci sarà lo sperato storico accordo di riduzione delle emissioni di gas serra del 50% entro il 2050. Ci sarà invece un’indicazione più blanda, che sottolinea l’importanza di non consentire un surriscaldamento del pianeta superiore ai gue gradi centigradi. Secondo fonti del vertice, India e Cina si sarebbero infatti opposte a identificare obiettivi concreti di riduzione delle emissioni. I due paesi ritengono che i paesi occidentali debbano prima tagliare drasticamente le loro emissioni entro il 2020 se poi vogliono imporre target ambiziosi al resto del mondo. Il tema sarà affrontato giovedì ai lavori del Major economies Forum, cui, oltre ai paesi del G8, partecipano anche Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa, incontro presieduto da Obama. Berlusconi aveva anticipato ieri che sul tema dell’ambiente non c’era unanimità. Beh, buona giornata.

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Romano Prodi sul G8: è assurdo che Cina, India e Brasile non partecipino da protagonisti.

Romano Prodi ha aperto i lavori del “Global think-tank summit” che si è svolto in questi giorni a Pechino alla presenza delle più alte autorità cinesi e dalla Capitale cinese ha inviato al Messaggero questa sua riflessione alla vigilia del G8-da ilmessaggero.it

” Nello scorso autunno il governo cinese decise, con una operazione senza precedenti, di iniettare nel sistema economico un’enormequantità di risorse, pari a 575 miliardi dollari, circa il 17% del Prodotto interno lordo.

La decisione veniva in un momento in cui qui a Pechino vi era paura. Era infatti la prima volta, dopo tanti anni, che il sistema rallentava vistosamente la propria crescita e la prima volta, probabilmente dalla fine della seconda guerra mondiale, che milioni di disoccupati affollavano le stazioni ferroviarie delle metropoli costiere per tornare verso le campagne.

Anche se i tassi di crescita non raggiungono ancora le incredibili cifre precedenti alla crisi, il motore dell’economia cinese ha dimostrato formidabili capacità di resistenza e di flessibilità. Oggi marcia, secondo le statistiche, tra il 6% e l’8% di crescita annua. Il piano d’intervento straordinario si è concentrato verso un colossale programma di lavori pubblici (ferrovie, autostrade, infrastrutture in genere), verso una rianimazione dell’ormai moribondo sistema sanitario e verso nuovi investimenti nel sistema scolastico per un migliore accesso allo studio. Sono stati inoltre previsti sussidi diretti alle popolazioni rurali e veri e propri aiuti finanziari alle classi più povere per l’acquisto di beni di consumo durevole, come gli elettrodomestici.

Un’operazione dedicata a rimediare, attraverso l’aumento della domanda interna, al crollo delle esportazioni. E, nello stesso tempo, a cambiare progressivamente i comportamenti economici dei cinesi finora spinti, in conseguenza dell’incertezza sul loro futuro, a risparmiare il più possibile a scapito dei consumi. L’intervento sembra funzionare: esso si esprime nel miglioramento della crescita ma, ancor di più, nel miglioramento delle prospettive future.

In questi giorni si sono riuniti, qui a Pechino, i rappresentanti di moltissimi think-tank e istituti di ricerca internazionali per discutere del futuro dell’economia del mondo. L’opinione largamente dominante è che sarà la Cina a guidare la ripresa. Naturalmente la Cina non potrà da sola cambiare lo stato delle cose dato che, nonostante i suoi giganteschi progressi, essa rappresenta ancora meno del 10% dell’economia mondiale. E chi, tra i grandi blocchi economici, seguirà la Cina nella via della ripresa? Ancora una volta la risposta degli esperti è quasi corale nel prevedere che il resto dell’Asia e gli Stati Uniti precederanno l’Europa, anche se poi nessuno è ancora in grado di dire quando questo avverrà.

Sul perché, invece, non vi sono dubbi: gli Stati Uniti hanno adottato anch’essi misure di politica economica forti e immediate, mentre i Paesi europei vanno ognuno per conto proprio, senza una strategia comune né nei confronti degli investitori, né dei consumatori. Ci si limita a constatare il raffreddamento dello spirito europeo emerso anche dalle precedenti elezioni, senza mettere in rilievo l’enorme costo che questo comporta sia in termini economici sia in termini politici.

L’evoluzione cinese è comunque così rapida che si fa sempre più strada l’idea che dagli otto grandi del G8 si possa, fra non molto, passare ad un mondo governato dai G2, cioè dagli Stati Uniti e dalla Cina. Un’idea che ritengo certo prematura e forse anche impossibile perché sono gli stessi cinesi, consapevoli dei propri problemi, a preferire un mondo con più protagonisti, in modo da assumere progressivamente un forte ruolo negli assetti mondiali senza però provocare tensioni per loro pericolose o addirittura irrimediabili.

È una strategia perfettamente in linea con la politica degli ultimi decenni, volta ad assumere responsabilità sempre più forti, usando come strumento una società che cambia più nelle cose e nei comportamenti che non nelle sue strutture istituzionali. Con un impressionante ritmo di cambiamento ma senza rotture di continuità che potrebbero bloccare il cambiamento stesso.

Chi pensava che la società cinese non fosse in grado di resistere a tutto questo si è finora sbagliato e credo che, come la reazione alla presente crisi ha dimostrato, la robustezza del sistema politico e sociale possa per ancora lungo tempo accompagnare la sua espansione economica.

I problemi da risolvere sono ancora tanti: più della metà dei suoi abitanti sono in situazione di povertà, le tensioni etnico-religiose nelle provincie periferiche ancora forti, mentre le impressionanti differenze sociali potranno essere solo marginalmente alleviate dal pacchetto delle misure economiche adottate dal governo. Il cammino della Cina è quindi lungo, anche se la direzione è già segnata, ed è quella di essere nel numero ristretto delle grandi forze politiche che guideranno il nostro futuro. Questo destino è inevitabile: dobbiamo semplicemente operare in modo che il ruolo che la Cina coprirà nel mondo (dato che essa ha ormai una politica globale) sia sempre più cooperativo e non conflittuale.

Considero quindi una assoluta bizzarrìa della storia che la Cina e gli altri grandi nuovi protagonisti della politica mondiale come l’India e il Brasile non si seggano attorno al tavolo dei G8 ma siano relegati, con complicate finzioni diplomatiche, a mangiare in cucina. Le finzioni possono mascherare la realtà per un periodo di tempo brevissimo. Il periodo per adattare il G8 alla realtà della storia è già passato da un pezzo.” (Beh, buona giornata).

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Per la stampa estera il G8 non è ancora cominciato ed è già un disastro.

di ENRICO FRANCESCHINI-repubblica.it

Un summit che sta “discendendo nel caos”, su cui è meglio avere “basse aspettative” e che potrebbe addirittura produrre, oltre al rischio di nuove “gaffe di Berlusconi” e controversie sulla sua vita privata, proposte per “espellere l’Italia dal G8” e sostituirla con la Spagna. Sono le indiscrezioni raccolte dalla stampa estera tra le delegazioni degli altri paesi invitati al vertice che si apre domani all’Aquila e i commenti e le previsioni che alcuni dei più autorevoli giornali del mondo, dal Financial Times al Wall Street Journal, fanno sull’appuntamento internazionale che richiama i grandi della terra, e le luci dei riflettori, sul nostro paese.

“Crescono le pressioni all’interno del G8 per espellere l’Italia, mentre i preparativi per il summit scendono nel caos”, è il titolo del Guardian di Londra. Nell’assenza di qualsiasi iniziativa sostanziale da parte italiana per organizzare l’agenda del vertice, scrive il quotidiano della capitale britannica, “gli Stati Uniti hanno assunto il controllo”, con un giro di conferenze telefoniche effettuate dai loro “sherpa”, come si chiamano in gergo gli alti funzionari che pianificano i temi e le iniziative del G8, per “iniettare all’ultimo momento qualche significato” nell’incontro dell’Aquila. “Che sia un altro paese a organizzare le telefonate degli sherpa è un fatto senza precedenti”, dice al Guardian un alto esponente della delegazione di un paese del G8. “Gli italiani sono stati semplicemente terribili. Non c’è stata organizzazione e non c’è stata pianificazione”.

Dice allo stesso giornale un altro diplomatico europeo coinvolto nei preparativi del vertice: “Il G8 è un club e per far parte di un club ci sono le quote d’iscrizione. L’Italia non ha pagato la propria”. Le proteste dietro le quinte del summit sono arrivate al punto, prosegue l’articolo del Guardian, da far circolare suggerimenti di espellere l’Italia dal G8 o da un gruppo che ne diventi il successore. Una possibilità che circola nelle capitali europee, secondo il giornale, è che la Spagna, che ha un reddito pro capite più alto e versa in aiuti al Terzo Mondo una percentuale più alta del pil, “prenda il posto dell’Italia”.

Il ministero degli Esteri italiano, afferma Julian Borger, corrispondente diplomatico del Guardian e autore dell’articolo, non ha risposto a richieste di commentare simili critiche. Oltre alle fonti anonime, il giornalista riporta il parere di Richard Gowan, un analista del Centre for International Cooperation presso la New york University: “I preparativi italiani per il vertice sono stati caotici dall’inizio alla fine”, dice il politologo. “Già in gennaio gli italiani dicevano di non avere una visione per il summit e che se l’amministrazione Obama aveva delle idee loro erano pronti a seguire le istruzioni degli americani”. Il giornale conclude che l’Italia ha cercato di coprire la mancanza di sostanza aumentando la lista degli ospiti, che secondo una stima saranno ben 44. “Gli italiani non hanno idee e hanno deciso che la cosa migliore è allargare l’agenda al massimo in modo da oscurare il fatto che non hanno un’agenda”, dice ancora il professor Gowan.

Giudizio analogo è espresso da un editoriale non firmato, dunque espressione della direzione del giornale, sul Financial Times. “Da settimane”, scrive il quotidiano finanziario, “le notizie sulla vita privata del 72enne leader italiano sono stato un totale imbarazzo, ma la sua reputazione è calata per ragioni che vanno al di là dei recenti titoli di giornale”. Il Ft afferma che Berlusconi è sempre stato giudicato all’estero come una figura controversa e imprevedibile. Durante il suo precedente governo, dal 2001 al 2006, Bush “aveva bisogno di corteggiarlo” perché Washington era in conflitto con Chirac e Schroeder, “ma oggi tutto è cambiato, Francia e Germania hanno leader fortemente pro-americani, sicché Obama non ha bisogno di essere tollerante verso Berlusconi come il suo predecessore”. Il giornale cita le questioni che hanno irritato gli Usa e gli altri membri del G8: l’inadempienza dell’Italia sugli aiuti all’Africa, lo scarso interesse del premier italiano sull’impegno per combattere il cambiamento climatico, la sua ambizione di mediare sull’Iran e sulla Russia. “Le previsioni non sono buone”, conclude il Financial Times, ricordando che la prima volta che Berlusconi presiedette un summit del G8 gli fu inviata una comunicazione giudiziaria (Napoli, 1994), la seconda volta il summit fu rovinato dalle proteste e dagli scontri (Genova 2001): meglio tenere “le aspettative vasse” per la terza volta.

Sempre sul Financial Times, un secondo articolo, firmato dal columnist più autorevole di affari internazionale Quentin Peel, rivela che l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan, noto per essere uno dei diplomatici più tranquilli e posati della scena internazionale, ha perso la pazienza e ha scritto “una dura lettera personale” a Berlusconi, rimproverandolo per non avere mantenuto gli impegni da lui presi al precedente G8 sugli aiuti all’Africa. In proposito, un corsivo del Guardian ironizza che il premier italiano potrebbe venire ribattezzato “mister 3 per cento”, come lo ha chiamato Bob Geldof, il cantante paladino degli aiuti ai paesi poveri, nel senso che Berlusconi “mantiene solo il 3 per cento delle promesse fatte”.

A Berlusconi dedica la prima e la terza pagina anche il Daily Telegraph, il più diffuso quotidiano “di qualità” britannico. In prima pubblica una gigantografia di una giovane donna con una maglia traforata sotto la quale non indossa niente: “Quale leader europeo porta il suo ministro pieno di glamour al G8?” è il titolone che l’accompagna. La donna è Mara Carfagna, rivela un articolo a pagina 3, e il leader ovviamente è Berlusconi: “la modella in topless che è diventata ministro riceve il compito di intrattenere le moglie al G8”, afferma il servizio all’interno, a causa dell’assenza di Veronica Lario che ha chiesto il divorzio accusando il marito di avere “rapporti copn minorenni” dopo la sua partecipazione alla festa per il 18esimo compleanno di Noemi Letizia.

Altri articoli sulle difficoltà logistiche e politiche del summit, che si sommano agli scandali sulla vita privata del premier, appaiono sull’Independent, sul Times e su giornali di altri paesi. Il Wall Street Journal rivela che lo scetticismo e la preoccupazione degli altri leader del G8 è tale che Angela Merkel ha confidato a un consigliere politico che starà attenta a come viene fotografata accanto a Berlusconi durante il summit “nel contesto delle prossime elezioni tedesche”: un’immagine ridicola o offensiva accanto al premier italiano, si rende conto il cancelliere della Germania, potrebbe costargli la rielezione.(Beh, buona giornata).

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Ha ancora senso il G8?

L’ULTIMO G8 di Vito Tanzi -lavoce.info

Gli otto grandi del mondo si incontrano tra pochi giorni in Italia, a L’Aquila. Ma ha ancora senso una riunione dei G8, quando ne sono esclusi paesi come Brasile, Cina o India? Tanto più che le decisioni prese dal G8 non saranno certo accolte con entusiasmo da paesi che non hanno avuto nessuna voce in capitolo. Forse è giunto il momento di sciogliere il G8 e sostituirlo col G20. E cominciare a pensare seriamente alla creazione di meccanismi permanenti che possano proporre soluzioni concrete ai problemi del mondo.

Tra pochi giorni, l’Italia ospiterà a L’Aquila, presso la scuola della Guardia di Finanza, la trentaquattresima riunione dei G8, i cui rappresentanti sono spesso descritti dai giornali come gli otto “grandi” della terra. Con il passare degli anni il numero dei “grandi” è aumentato rendendo l’appartenenza al gruppo progressivamente meno esclusiva. Certo, è stato più facile aumentare il numero dei membri del club che sostituire i paesi diventati meno importanti con quelli che sono diventati più importanti: nel corso degli anni, i membri sono infatti aumentati da cinque a sette e, nel 2007, con l’ammissione della Russia, si è arrivati a otto. C’è da aspettarsi che nei prossimi anni i G8 diventeranno i G13, con l’ammissione di Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa.

COME DEFINIRLI PICCOLI?

Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa oggi sono ovviamente molto importanti nel mondo e la loro esclusione dal gruppo dei “grandi” sembra strana. Èdifficile considerare paesi come la Cina, l’India e il Brasile come “piccoli”. E forse lo stesso si può dire per il Messico e il Sud Africa. Nel loro insieme questi cinque paesi coprono una proporzione enorme della superficie terrestre. Includono la metà della popolazione del mondo. Posseggono enormi risorse minerarie ed energetiche. Realizzano una proporzione alta e crescente delle automobili prodotte nel mondo. Sono diventati leader in alcuni settori di alta tecnologia, come satelliti, fabbricazione di aerei, tecnologie delle comunicazioni. Con l’eccezione del Messico, questi paesi stanno crescendo più rapidamente degli attuali membri del G8. Non solo: oltre a Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa, ci sono altri paesi che per la loro importanza meriterebbero di fare parte del club.È facile quindi capire perché il G20 sta progressivamente rimpiazzando in importanza il G8.

A L’Aquila i G8 prenderanno decisioni – se le dichiarazioni espresse alla fine del summit si potranno considerare “decisioni” – che poi cercheranno di “vendere” alle altre nazioni. Ma è facile anticipare la mancanza di entusiasmo da parte dei paesi che non fanno parte dei G8 verso queste decisioni, alla cui preparazione non hanno partecipato.

DIVISIONI TRA I G8

È allora interessante passare in rassegna i principali temi che saranno discussi a L’Aquila. La conferenza stampa, tenuta a Washington il 15 giugno dal presidente Obama e dal presidente del Consiglio Berlusconi, ci dà qualche informazione. Barack Obama ha menzionato quattro temi: (a) la creazione di una struttura legale permanente e internazionale per combattere il terrorismo; (b) la riduzione degli arsenali nucleari; (c) la sicurezza nella disponibilità di cibo nei paesi poveri; e (d) la discussione della situazione economica mondiale.

Silvio Berlusconi ha dichiarato che l’obiettivo del summit è quello di raggiungere “soluzioni concrete” su molte questioni “estremamente importanti”. E ne ha citate alcune. In primo luogo, sviluppare principi che impediscano il ripetersi della crisi economica e che possano essere accettati da tutti i paesi. Sembrerebbe una missione impossibile. Forse conscio delle difficoltà, il presidente del Consiglio ha aggiunto che questo lavoro probabilmente non sarà completato a L’Aquila, ma ha manifestato la speranza che possa essere ultimato nella prossima riunione dei G20 a Pittsburgh. Questo obiettivo non era stato menzionato da Obama. Sulla sicurezza alimentare nei paesi poveri, Berlusconi ha aggiunto che gli Stati Uniti metteranno a disposizione di vari paesi “una quantità enorme di moneta” per garantire il raggiungimento di quest’obiettivo. Stranamente, Obama non aveva fatto menzione alcuna di queste somme. E data la situazione dei conti pubblici negli Stati Uniti, è improbabile che voglia mettere “una quantità enorme di moneta” a disposizione di altri paesi. Berlusconi ha citato anche i cambiamenti climatici, la riduzione delle emissioni di CO2 e il rilancio del Doha Round. Anche questi sono temi che non erano stati citati da Obama.

Èchiaro che ci sono già divergenze all’interno dei G8 sugli obiettivi importanti da promuovere o raggiungere.
Berlusconi ha dichiarato anche che altri dodici paesi – India, Cina, Sud Africa, Messico, Brasile, Egitto, Corea del Sud, Indonesia, Australia, Olanda, Spagna e Danimarca – parteciperanno a vari incontri collaterali alla riunione dei G8. Due osservazioni. La prima è che è difficile credere che si potrà raggiungere qualcosa di concreto rispetto a temi così difficili in tre giorni. La seconda è che la partecipazione degli altri dodici paesi trasforma de facto il summit dei G8 in un summit dei G20. Forse è giunto il momento di sciogliere il G8 e sostituirlo col G20. E cominciare a pensare seriamente alla creazione di meccanismi permanenti che possano proporre soluzioni concrete ai problemi del mondo. Riunioni come quella dell’Aquila sono utili per creare rapporti tra i governanti dei paesi più importanti, non per risolvere questioni concrete.
(Beh, buona giornata).

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I ventuno arresti degli studenti dell’Onda: il vecchio trucco di costruire il nemico interno per nascondere le difficoltà esterne.

Scontri G8 università Torino: 21 arresti. Da Milano a Palermo studenti occupano-ilmessaggero.it

Università occupate in tutta Italia dopo che 21 persone sono state raggiunte da misure cautelari (16 in carcere e cinque ai domiciliari) per gli incidenti avvenuti lo scorso 18 maggio a Torino in occasione del G8 dell’Università. Il Gip motiva le ordinanze con il rischio di reiterazione dei reati al summit dell’Aquila, ossia pericolo che gli indagati ripetano quelle azione al vertice. Il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli ha parlato di manifestanti «organizzati in modo paramilitare». Negli arresti colpiti in particolare due centri sociali “storici”: il Pedro di Padova e l’Insurgencia di Napoli.

Gip: rischio reiterazione reati all’Aquila. GLi arresti vengono motivati dal giudice per le indagini preliminari con il pericolo di reiterazione dei reati, anche «in vista dell’imminente apertura dei lavori del G8» dell’Aquila. Gli arrestati, si legge infatti nell’ordinanza, «appartengono a un comune ambiente, riconducibile al movimento antagonista non solo torinese, in grado di elaborare un disegno criminale collettivo ben organizzato, preparato in anticipo, suscettibile di porre in serio pericolo l’incolumità personale delle forze dell’ordine e di turbare gravemente l’ordine pubblico». Ciò «rende evidente l’estrema concretezza e gravità del rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose». Tanto più, conclude il giudice, «in vista dell’imminente apertura dei lavori del G8».

Sul web messaggio e foto di una bomba carta. Sulla pagina lombarda del sito web Indymedia, uno dei portali di riferimento della galassia antagonista, è apparso un post intitolato «E allora ‘l’onda si fece bomba», accompagnato dalla foto di una bomba carta. Il messaggio è rimasto visibile per circa mezz’ora, poi è stato cancellato. Nell’immagine, a sinistra ci sono una miccia, quella che sembra polvere da sparo, un foglio di carta e un piccolo cilindro. A destra l’ordigno pronto. Sotto, la scritta: «Pensate che gli arresti ci spaventano? Pensate di impedirci di manifestare? Pensate che gabbie e manganelli salveranno la vostra società di sfruttamento? Pensate male». Il post anonimo, inserito alle 16.26, è stato immediatamente più volte commentato prima di essere rimosso.

Le occupazioni. Prima l’occupazione del rettorato dell’ateneo di Torino, poi quella di tante altre università da parte degli studenti dell’Onda che chiedono ai rettori di prendere posizioni contro gli arresti. Occupati l’ufficio del pro-rettore de La Sapienza (gli studenti hanno deciso che resteranno anche stanotte) la facoltà di Architettura di Roma Tre, il Rettorato di Bologna, della Federico II a Napoli, di Pisa, Venezia, e La Statale di Milano dove la situazione è tornata alla normalità dopo che gli studenti hanno incontrato il preside della facoltà di Lettere e Filosofia. Gli universitari si sono uniti a un presidio già previsto davanti alla Prefettura contro la nuova normativa in tema di sicurezza. A Venezia il Rettore Carlo Magnani ha preso posizione contraria agli arresti. Protesta anche a Genova con gli studenti dell’Onda che sono entrati con striscioni alla conferenza strategica sul futuro della città. Il rettore dell’ateneo genovese, Giacomo Deferrari, ha risposto esprimendo solidarietà. Solidarietà anche da parte del sindaco di Genova Marta Vincenzi. Si mobilitano anche gli studenti di Cagliari che entrano in assemblea permanente nella facoltà di Scienze della Formazione. Protesta anche a Palermo con l’occupazione delle facoltà di Lettere e
Filosofia e di Scienze politiche.

Cortei, striscioni e proteste. Sarebbero un centinaio a Napoli dove domani si prevede una mobilitazione, una ventina quelli del movimento pisano dell’Onda a Pisa, a Bologna gli studenti hanno improvvisato un corteo, alla Sapienza i ragazzi hanno invaso l’ufficio del pro-rettore Avallone, a Roma Tre una cinquantina di aderenti della Rete V Strategy che fa parte del cartello anti G8 hanno occupato Architettura. Alla Statale di Milano esposti striscioni dal rettorato con la scritta “Liberi tutti, liberi subito”.

Agnoletto: si alimenta la tensione verso il summit dell’Aquila. Gli arresti «a due giorni dal G8 dell’Aquila è un chiaro messaggio da parte del Governo, che così facendo alimenta ed esaspera il clima di tensione verso l’evento (come aveva fatto a Genova, otto anni fa)». Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum ai tempi del G8 di Genova parla di «strategia finalizzata a spostare l’attenzione dei media e dei cittadini dalle due vere notizie: il fallimento annunciato di quest’ennesimo vertice e l’evidente perdita di credibilità di Berlusconi agli occhi dell’opinione pubblica mondiale»

Luca Casarini, il leader dei disobbedienti, ha sottolineato che si tratta di «arresti preventivi di stampo fascista, un’operazione politica fatta prima del G8 e dopo il vertice si smonterà». Per Luca Casarini «dietro» quanto accaduto «c’è la mano dei servizi segreti italiani: non siamo disposti ad accettare questo tipo di imposizioni e di vergogne nazionali». «Chiunque ci sia dietro – spiega – pagherà molto caro quello che sta succedendo».

Onda: Maroni il mandante. E’ Roberto Maroni sottolinea l’Onda Anomala di Torino, «il mandante di questa operazione che, oltre a reprimere il dissenso, compie una azione preventiva in vista dell’imminente G8 dell’Aquila». Di «arresti ad orologeria» parla anche Lele Rizzo, leader del network antagonista torinese: «Potevano fare tutto dieci giorni fa», afferma Rizzo, che scagiona i suoi compagni arrestati: «Al corteo – dice – di paramilitare c’era ben poco».

Gli arresti. Dodici persone sono state arrestate a Torino, mentre le altre a Padova, Bologna, Napoli e L’Aquila. A Padova ordine di arresto per il leader del centro sociale padovano Pedro Max Gallob e un esponente dell’ala universitaria della disobbedienza padovana, attualmente in Iran, suo paese di origine. Un altro attivista è stato sottoposto a perquisizione domiciliare. All’Aquila arrestato Egidio Giordano, napoletano di 25 anni, uno dei leader del centro sociale Insurgencia di Napoli che ha partecipato alla fiaccolata di ieri dei cittadini aquilani. Alcuni degli arrestati, ha inoltre reso noto la procura di Torino, hanno partecipato agli scontri di Vincenza, sabato scorso in occasione della manifestazione No Dal Molin.

Legale leader centro sociale Padova: strana l’ordinanza dopo tanto tempo. È «particolare» che le ordinanze di custodia per i tafferugli di Torino del maggio scorso «vengano emesse, per un episodio di scontri di piazza, a distanza di più di un mese dall’accaduto». La riflessione è dell’avvocato Aurora D’Agostino, legale che assiste Max Gallob, e che ha annunciato il ricorso al tribunale del riesame. Il legale ha anche detto che l’ordinanza del gip è datata 3 luglio, ma non si sa quando la procura ha chiesto le misure cautelari. L’avvocato D’Agostino ha anche detto che la procura aveva chiesto i domiciliari per tre persone, mentre il gip ha ritenuto di applicare tale misura a cinque giovani, mentre per gli altri 16 ha firmato l’ordinanza di custodia in carcere. Dopo aver ricordato che nell’ordinanza si contesta ai giovani l’uso di bastoni ed estintori ed il lancio di pietre e fumogeni, il legale ha sottolineato che le lesioni riportate dagli uomini delle forze dell’ordine, reato indicato tra le accuse, vanno da prognosi di tre o quattro giorni alla più grave di 15 giorni.

Tra gli indagati anche uno studente di Gemonio, 25 anni, denunciato per violenza privata in concorso. Nella sua abitazione la Digos ha trovato fogli e volantini che dimostrerebbero, secondo gli investigatori, che lo studente è vicino all’area del centro sociale Askatasuna. Avrebbe partecipato a una delle manifestazioni in cui erano state chiuse con delle catene le entrate di una banca nel capoluogo piemontese.

Nelle scorse settimane erano già state arrestate due persone. Domenico Sisi, parente del sindacalista Vincenzo Sisi processato a Milano con l’accusa di far parte di un’organizzazione terroristica, e Alessandro Arrigoni, dipendente della prefettura di Milano. Entrambi avevano poi avuto l’obbligo di dimora.(Beh, buona giornata).

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“Magari il G8 fosse quello che i no global immaginano e paventano, magari ci fosse un governo del mondo. E’ proprio quel che manca il governo del mondo, ma questo tutti gli attori in scena non lo racconteranno, perderebbero la parte.”

G8, il fumo e l’arrosto: non fidatevi di stampa e tv, italiane e straniere. Raccontano solo la scena, ma la sostanza…di Lucio Fero-blitzquotidiano.it

Del G8 ci sarà raccontata solo e soprattutto la scena. Poco o niente ci verrà invece narrato della sostanza. Per abitudine e pigrizia, per modello culturale e metabolizzata ignoranza, per libera scelta ed imposto modello, il grande sistema di comunicazione di massa altro non vede e quindi “comunica” che la scena. Non necessariamente il fumo al posto dell’arrosto, ma sempre e comunque la scena sì e la sostanza no. Poco male, tenendo conto che il G8 è per ammissione e consapevolezza dei suoi stessi protagonisti soprattutto “parata”, sfilata di problemi, esibizione di intenti. Poco male la narrazione limitata alla scena, basta, basterebbe, saperlo. Ma stavolta c’è qualcosa di più e di diverso: stavolta nel e del racconto della scena non bisogna fidarsi, sia che venga da stampa e tv italiane, sia che arrivi da stampa e tv straniere.

Entrambe narreranno in maniera inaffidabile. Perchè il G8 si svolge in Italia. Un paese dove l’appunto alla scenografia, la non lode della messa in scena diventa un atto destabilizzante, politicamente destabilizzante. Quindi la gran parte dei media italiani si sentiranno investiti di una responsabilità e di un mandato “istituzionale” a raccontare che tutto è risultato grande utile e bello della tre giorni abruzzese. Sarà un racconto di trionfi e perfezione “a prescindere”. Come altrettanto a prescindere dalla realtà sarà il racconto di una minoranza dei media italiani, pronti a cogliere un cigolio di una porta o un mugugno di cittadino come presagio di debolezza politica. Succede nei contesti emergenziali-autoritari che l’arredo, la puntualità, la soddisfazione dei commensali a tavola siano indicati dal potere e raccolti dall’informazione come simboli e notizie di buon governo e viceversa. Succede oggi in Italia.

Simmetricamente da non fidarsi sarà la narrazione della stampa e tv straniere. Se la comunicazione italiana ha ingurgitato e assimilato il pregiudizio della lode come “mission” informativa, fuori dai confini si adotta il pregiudizio per cui un paese berlusconizzato non può che essere “unfair” qualunque cosa faccia. La stampa straniera descrive un paese politico che non c’è, racconta gli ultimi giorni di “Berluscolandia”, racconterà a prescindere i tre giorni de L’Aquila applicando lo stesso falso schema.

La scena del G8 verrà dunque narrata con enfasi e trionfi che non ci sono se non nel dettato della regia, oppure con incertezze e passi falsi costruiti a tavolino. Comunque racconti già scritti. Solo il terremoto nella sua disumana imprevedibilità potrebbe mutare i racconti che sono già nella testa degli uomini. O forse nemmeno il terremoto. In caso di una scossa che sconvolgesse il G8, probabilmente anche qui i racconti sono due e già scritti anch’essi: il racconto dell’eterno otto settembre italiano in cui tutti si squagliano, lo Stato per primo, oppure il racconto di San Bertolaso che sconfisse il Drago che scuoteva la terra portando al dito l’anello magico consegnatogli da re Silvio.

E la sostanza del G8? Hanno davanti le tre fasi della crisi economica. Quella finanziaria che è tamponata, arginata ma non finita. Devono, dovrebbero, vogliono, vorrebbero scrivere e far rispettare nuove regole restrittive all’uso finanziario del denaro su scala planetaria. Non sanno se si può fare, non sanno fino a che punto è utile farlo, non sanno se riusciranno a farlo tutti insieme.

Quella del lavoro e dell’occupazione che cala, la fase della crisi che non è tamponata e anzi si allargherà per almeno due anni. Devono decidere se fronteggiarla spendendo denaro pubblico, ma non possono indebitarsi tutti alla stessa maniera. Oppure rintanandosi e aspettando che passi. E poi ci sarà la terza fase, quella del rientro dai debiti pubblici dilatati, quella che, quando verrà, potrebbe stroncare più di una popolarità e di un governo. Quando verrà sarà l’inizio della fine della crisi ma sarà il momento delle tasse o dell’inflazione.

Devono e vogliono, ma non parlano la stessa lingua. Negli Usa la “lingua” del governo e del paese coniuga la grammatica della speranza, la retorica del nuovo inizio, la sintassi della scommessa ed è una lingua parlata con un “accento” culturale che potremmo definire emotivamente e socialmente di sinistra. In Europa si parla la lingua della paura, della difesa strenua dell’esistente, della bilancia tra le corporazioni. Alla crisi l’Europa reagisce con sentimenti e voglia di destra. Accadde già dopo la crisi del 1929, di là il New Deal, di qua la borghesia e i ceti popolari impauriti che sceglievano regimi autoritari. L’ha rilevato D’Alema, non per questo vuol dire sia sbagliato. E’, insieme, una suggestione storica e una constatazione empirica. In ogni caso non saranno i G8 a L’Aquila a decidere, saranno i G20 a Pittsburgh a settembre. E’ quella la sede dove parlano e contano le altre grandi economie mondiali, a partire dalla Cina che ha, niente meno, bisogno insieme di sviluppo del Pil, welfare interno, stabilità finanziaria degli Usa e mantenimento del livello dei consumi americani. Lettere a appelli di Ratzinger o Bono è meglio che portino anche questo secondo indirizzo.

Ci sono poi e niente meno che la pace e la guerra. Se la Cina non taglia il cordone ombelicale, la Corea del Nord non crolla e non molla. Ma, se la Corea crolla, la Cina deve accollarsela. Quindi la Cina non taglia. E non deciderà certo di farlo a L’Aquila. L’Iran: con somma leggerezza e disinvoltura Berlusconi ha annunciato giorni fa nuove sanzioni verso Teheran. Sanzioni che non ci saranno. Non funzionano e Mosca non vuole che funzionino. E poi sanzioni potrebbero rafforzare il regime ormai militare di Teheran. Con l’Iran l’Occidente non sa bene che fare. L’unica cosa che sa bene, Obama e non l’Europa, è che in Afghanistan c’è una guerra vera da non perdere. Lui infatti ha deciso di combatterla, gli altri stanno a guardare, i più amichevoli fanno il tifo ma non osano dire alle rispettive opinioni pubbliche che val la pena morire per Kabul.

Quindi il clima. Strana umanità quella rappresentata al G8. Non c’è cittadino del mondo sviluppato che non sia consapevole e preoccupato. Però quando questo cittadino diventa imprenditore, operaio, automobilista o comunque consumatore di energia, consapevolezza e preoccupazione evaporano. Obama una legge perchè gli americani consumino meno e diversa energia l’ha fatta. Negli Usa proveranno ad applicarla. In Europa una direttiva l’avevano fatta, l’abbiamo fatta. Nella certezza che nessuno l’applicherà.

Sostanza dura e scarsa dunque quella del G8. Ma non si vedrà perchè sarà tutta scena, scena per la quale lavorano anche quelli che protestano. Gridano che non vogliono che otto o ottanta potenti decidano per il mondo, per i popoli. Giurano che questo è il guaio. Al netto del fatto che i popoli, quando parlano, parlano con discreta babele tra loro e comunque con lingua non sempre diritta, il vero guaio è che gli otto o ottanta potenti sono abbondantemente impotenti. Magari il G8 fosse quello che i no global immaginano e paventano, magari ci fosse un governo del mondo. E’ proprio quel che manca il governo del mondo, ma questo tutti gli attori in scena non lo racconteranno, perderebbero la parte. (Beh, buona giornata).

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” È facile attendersi che il comunicato di Palazzo Chigi più che congelare l’attenzione dei media internazionali, rafforzerà i loro sforzi per offrire alle opinioni pubbliche occidentali una rappresentazione più puntuale e documentata dell’uomo che governa l’Italia.”

Quell’incubo che tormenta il premier di GIUSEPPE D’AVANZO-Repubblica.it
ALLA vigilia del G8, con i Grandi della Terra attesi a Roma nelle prossime ore, Silvio Berlusconi riscrive nell’agenda dell’attenzione pubblica – non solo nazionale – i suoi incubi, la sua paura, l’ossessione per comportamenti che, da mesi, non può spiegare e giustificare se non mentendo. Il capo del governo mostra alla luce del sole, e ora anche impietosamente all’opinione pubblica internazionale, la sua vulnerabilità e l’abisso su cui pencola il suo destino politico.

Lo fa nel modo più ufficiale che si conosca. Con un comunicato di Palazzo Chigi. Poche righe che impartiscono ai media internazionali la stessa minacciosa lezione assegnata all’informazione nazionale. Lo si ricorderà: ai giornali italiani andava “chiusa la bocca”. Costi quel che costi, anche la rovina economica preparata dall’invito agli imprenditori di non fornire più pubblicità, e quindi i necessari profitti, alle testate e ai gruppi editoriali che non rispettano la consegna del silenzio sugli scandali che vedono il premier mattatore unico e ambiguissimo.

Ora tocca a tutti gli altri media, quale che sia la loro nazionalità. Si preparano a pubblicare foto raccolte a Villa Certosa, avverte con indignazione Palazzo Chigi. Si preparano a nuovi racconti, altre cronache come se non dovesse essere questo il loro impegno verso il lettore. Con una tecnica che può essere convincente soltanto per un servizio pubblico televisivo sottomesso e servile come il nostro o per media di proprietà del capo del governo, la nota della presidenza del Consiglio parla di “menzogna”, “fotomontaggi digitali”, “manipolazioni”, “morbosa campagna di stampa”.

Consapevole delle tecniche di adulterazione abituali per i media che possiede o indirettamente controlla (il Tg1, su tutti), Berlusconi muove un attacco preventivo e intimidatorio nella presunzione che l’informazione internazionale ne rimanga intimidita e muta.

La mossa è politicamente catastrofica, per il capo del governo e per la reputazione del Paese che governa. Azzera con un solo gesto il tentativo di Giorgio Napolitano di superare il G8 (8/10 luglio) senza danni d’immagine al nostro Paese. Il calcolo di Berlusconi è clamorosamente miope, buono per un Paese che non conosce il conflitto d’interesse come il nostro, inefficace per un Occidente consapevole che una stampa libera è necessaria alla democrazia come un potere controllato da contrappesi. È facile attendersi che il comunicato di Palazzo Chigi più che congelare l’attenzione dei media internazionali, rafforzerà i loro sforzi per offrire alle opinioni pubbliche occidentali una rappresentazione più puntuale e documentata dell’uomo che governa l’Italia.

È questo che Berlusconi teme. È questo il suo angoscioso tormento – e d’altronde soltanto lui può essere consapevole di che cosa deve temere. Il capo del governo sa che non può rispondere a nessuna domanda che voglia verificare le sue narrazioni fantastiche. Si è illuso che i suoi dispositivi di dominio mediatico e politico del discorso pubblico fossero sufficienti per dissolvere nel nulla ogni legittimo interrogativo o addirittura la trama stessa della realtà.

Asini e corifei a parte, chiunque si è reso conto in questi mesi del paradigma berlusconiano, nel “caso veline” (le ragazze del presidente, “gingilli da esibire”, conquistano senza alcun merito responsabilità pubbliche); nel “caso Noemi” (minorenni a Villa Certosa); nel “caso D’Addario” (prostitute a Palazzo Grazioli).

La tecnica è nota. Berlusconi nega con forza l’episodio che gli si contesta. Accusa chi non tace, o trucca i ricordi, di essere al soldo del suo “nemico” politico (anche Rupert Murdoch finisce nell’immaginoso calderone). Scatena l’intero sistema mediatico che controlla contro i malaccorti che hanno aperto la bocca. Inventa dal nulla testimoni e testimonianze che distruggono quei poveretti, con una accorta operazione di character assassination amplificata dai media della Casa o gregari per tendenza o passione.

Nel silenzio, chi ha avuto la decenza di raccontare quel che ha visto o ascoltato nelle residenze del governo, riceve nel suo appartamento la visita di stravaganti ladri o, una notte, un “pirata” prova a gettarlo fuori strada (accade alla D’Addario).

Questa scena, questi metodi possono funzionare in un Paese sempre più lobotomizzato nella sua scadente qualità democratica non nei sette Paesi i cui leader saranno presto ospiti in Italia. Berlusconi, consapevole forse che quanto finora emerso è soltanto una piccola parte delle sue condotte e abitudini, se ne renderà presto amaramente conto. Non era senza fondamento il vaticinio che il capo del governo avrebbe trascinato nel suo declino l’intero Paese. Il comunicato di Palazzo Chigi, che apre di fatto il G8, ne è la conferma. La prima. (Beh. buona giornata).

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La politica italiana sembra sempre di più un reality show, “e Berlusconi non soltanto è il campione in carica dei reality show, ne è anche il produttore esecutivo”.

Economist: “Il vero scandalo? Berlusconi che nega la crisi” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

Il padrone di casa del G8, il summit dei grandi della terra che si tiene la settimana prossima all’Aquila, ha “tanti luridi scandali” domestici: ma il più grosso dovrebbe essere il suo rifiuto di riconoscere i problemi economici dell’Italia. Così scrive l’Economist in un ampio servizio dedicato a Silvio Berlusconi nel numero oggi in edicola. Il settimanale concentra l’attenzione su un aspetto singolare del vertice: vedendo i danni causati dal terremoto all’Aquila, i leader del G8 potrebbero pensare che anche le loro economie sono state scosse fino alle fondamenta dalla recessione globale. Ma uno di essi non lo pensa: “Il primo ministro italiano insiste che la recessione, nel suo paese, non sarà severa né prolungata come altrove”.

L’Economist osserva che, a prima vista, ciò può apparire veritiero. Il sistema bancario italiano, avendo vissuto isolato e protetto dal resto del mondo, non ha sofferto i disastri di banche americane o britanniche. E un’economia fatta di tante piccole industrie non porta la crisi in prima pagina come fa, negli Usa, il collasso di un gigante quale la General Motors. Ma l’autorevole periodico (un milione e mezzo di copie di tiratura, vendute in tutto il mondo, la maggior parte fuori dal Regno Unito, il che gli dà il titolo di primo vero giornale globale) nota i fattori negativi della nostra economia: la dipendenza dalla esportazioni, l’enorme debito pubblico, la mancanza di riforme per liberalizzare il mondo del lavoro e riformare il sistema pensionistico. L’Economist elenca le previsioni allarmistiche sul futuro dell’Italia fatte negli ultimi tempi da organismi internazionali e dalla stessa Banca d’Italia, sottolineando che Berlusconi ha reagito a questi dati arrabbiandosi, affermando che bisogna “chiudere la bocca a chi parla di crisi”, e suggerendo alle aziende di non fare pubblicità sui giornali che spargono pessimismo.

Conclude il settimanale: “Avendo già incrinato la propria credibilità con la sua vita privata, rifiutando di mantenere l’impegno di spiegare in parlamento la sua relazione con un’aspirante modella 18enne, e ritorvandosi ora a dover rispondere a un mucchio di storie su call-girl intrattenute nella sua residenza di Roma, il premier non può permettere che le sue affermazioni sulla salute dell’economia siano contraddette da prove lampanti davanti agli occhi e alle orecchie degli elettori”.

Di Berlusconi si occupa anche l’americano Time. Ospitando il G8 all’Aquila, il premier italiano sperava di attirare attenzioni positive su di sé e sul suo paese, scrive il settimanale, ma invece “sono le storie sulle feste del premier che catturano l’immaginazione”. Time ricostruisce i vari scandali da Noemi a Patrizia D’Addario, riferendo dell’inchiesta dei pm pugliesi e notando che Berlusconi liquida tutte le polemiche come “spazzatura” e pettegolezzi. “E’ possibile, se le indagini sulla prostituzione porteranno a conclusioni imbarazzanti, che Berlusconi debba dimettersi, aprendo la strada a un governo a interim guidato da qualcuno come il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi o il ministro dell’Economia Giulio Tremonti”, afferma Time. Ma aggiunge anche che è presto per dare Berlusconi per spacciato: la politica italiana sembra sempre di più un reality show, “e Berlusconi non soltanto è il campione in carica dei reality show, ne è anche il produttore esecutivo”. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Repubblica bugiarda, opposizione un cadavere che cammina. Così Berlusconi affonda l’appello del Capo dello Stato alla stampa e alla politica per accantonare le polemiche in vista del G8.

“Il mio governo è il più stabile dell’Occidente”. Silvio Berlusconi, durante la conferenza di presentazione del G8, tenta di spazzare così il campo dalle voci che lo dipingono in difficoltà, con lo spettro delle dimissioni che aleggia. Non è così, giura il premier. Che torna ad attaccare Repubblica: ” “L’Italia è con me, ho il 62% dei consensi, ovunque io vada si fermano le strade. Repubblica e altri giornali si inventano le cose, non credete alle loro invenzioni”. Poi uno stringato commento all’appello di Napolitano che ha invocato un freno alle polemiche politiche in vista del G8: “Speriamo che venga accolto”. Ma un attimo dopo dalla bocca del premier esce una nuova stoccata: “L’opposizione è un cadavere che cammina”. Beh, buona giornata.

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

Entrate fiscali: -37 miliardi; Pil: -5%; dicoccupazione:+10%; rapporto deficit-pil:+5%; indici di fiducia dei consumatori italiani: al disotto dei minimi storici. Questa è l’Italia del 2009. Cosa ne pensa il capo del governo?

(Ansa.)
NAPOLI – “La crisi che è stata globale ha spiegato la sua massima forza” e se si avrà “fiducia si potrà uscire bene”. E’ quanto sottolineato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi nel corso della conferenza stampa sul G8 a Napoli. La crisi oggi ha come fattore di debolezza la “sfiducia”, ha spiegato il premier sottolineando che metterla in primo piano, continuando a dire che non finirà mai, porta nei consumatori una paura che si riflette nelle loro abitudini agli acquisti e sui consumi”. Un meccanismo che, con effetto volano – ha aggiunto il premier – si riflette sugli ordini delle imprese con una “regressioné” e quindi sui bilanci delle imprese che calano indebolendo la loro capacità di accesso al credito. Se invece ci “sarà fiducia potremo uscire bene dalla crisì”, ha aggiunto Berlusconi. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Il G8, Berlusconi e la stampa europea.

La stampa inglese e lo scandalo di Silvio :”Anche Gianni Letta ha preso le distanze” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

Gianni Letta, sottosegretario e più fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, ha preso le distanze dal premier e rifiuta i suoi inviti a cena. Lo scrive il Sunday Times, citando fonti anonime dall’interno del governo. L’indiscrezione fa parte dell’ampia copertura che la stampa britannica continua a dedicare agli scandali che coinvolgono il primo ministro italiano. Sia il Times che il Telegraph della domenica gli dedicano una pagina intera. E l’Independent parla della vicenda in un editoriale.

Il Sunday Times, più diffuso trai domenicali “di qualità” con circa due milioni di copie vendute, scrive in una corrispondenza da Bari dell’inviato John Follain che “insiders”, ovvero fonti dall’interno, fonti che conoscono bene Berlusconi e il suo entourage, “dicono che Gianni Letta si è distanziato dal premier e da alcuni mesi declina i suoi inviti a cena”. Un collaboratore “disamorato” del presidente del Consiglio dichiara al giornalista inglese: “Berlusconi si è trasformato nell’opposto di re Mida, sporca tutto quello che tocca”. Notando anche le critiche al suo comportamento espresse dalla chiesa cattolica, il giornale afferma che le rivelazioni sulla sua vita privata hanno indebolito politicamente il leader del Pdl, e sebbene non ci sia una minaccia immediata, “alleati nella sua coalizione di centro destra si azzardano in privato a contemplare un’era post-Berlusconi”.

L’articolo contiene anche una serie di dichiarazioni di Patrizia D’Addario, la escort pugliese che ha visitato due volte Berlusconi a Palazzo Grazioli e vi ha trascorso una notte con lui. “Non ho mai dormito”, racconta la donna di cui Berlusconi sostiene di non ricordare il volto, “era instancabile, un toro”. Secondo la sua ricostruzione, il premier la condusse in camera da letto quasi alle 4 del mattino, dopo che le altre ragazze se n’erano andate. La D’Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante la notte e lei lo raggiunse sotto la doccia a sua richiesta. A un certo punto, secondo quanto la donna ha raccontato in seguito a un amico, “d’improvviso smise di muoversi e pensai fra me e me, grazie a Dio, si è addormentato. Ma non durò molto”.

La escort confida di essersi sentita imbarazzata quando un membro dello staff del premier entrò in camera da letto al mattino, con un vestito per Berlusconi, ricordandogli che doveva fare una dichiarazione pubblica sulla vittoria di Barack Obama, eletto presidente quella notte. La D’Addario lo attese in bagno, dove scattò varie foto. Più tardi accese il registratore del suo telefonino, dove si sente la voce di un uomo che dice: “Vuoi tè o caffè?” Lasciò la residenza di Berlusconi alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: “Bambina mia!”, le disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei gli spiegò: “Per via delle docce”.

Il Sunday Times riferisce anche il contenuto di una successiva telefonata fra la D’Addario e Barbara Montereale, un’altra partecipante alla cena a Palazzo Grazioli. “Ti ricordi come mi carezzava mentre eravamo sul sofà? E come carezzava te e guardava me?”, chiede la D’Addario. E la Montereale replica: “Era disgustoso, faceva tutto di fronte alle guardie del corpo”. Il domenicale inglese riporta poi le rivelazioni del settimanale L’espresso sulle conversazioni telefoniche in cui Berlusconi avrebbe descritto all’uomo d’affari pugliese Giampaolo Tarantini che tipo di donne voleva invitare a Roma e in Sardegna, compreso il colore dei capelli e le misure, con dettagli spesso “spinti” su cosa succedeva ai party notturni.

Il Sunday Telegraph pubblica invece un ritratto di Berlusconi (e dell’Italia), a firma dello scrittore inglese Tobya Jones, che vive da un decennio nel nostro paese, autore del libro “The dark heart of Italy” (Il cuore tenebroso dell’Italia). Come mai, si chiede Jones, Berlusconi è ancora primo ministro, nonostante tutti gli scandali del passato, le accuse di falsa testimonianza, di ostruzione della giustizia, di collusione con la mafia, di appartenenza a una loggia massonica, di evasione fiscale e di corruzione di pubblici ufficiali, alle quali si aggiungono ora le notizie sulle sue feste con decine di giovani fanciulle? Lo scrittore dà una serie di motivazioni. Primo, l’Italia è talmente abituata agli scandali, che non ci fa più caso e anzi non ne può più. Secondo, almeno per qualcuno, le infedeltà del premier suscitano invidia e ammirazione. Terzo, Berlusconi si presenta come un “uomo qualunque, una persona semplice che non appartiene alla elite snob della politica, uno a cui piacciono le cose che piacciono a tutti, il denaro e le donne”. Quarto: la sinistra è fragile e divisa, per cui non offre un’alternativa valida. Quinto: essere “furbi” e “spregiudicati”, in Italia, è considerata da alcuni una virtù. E sesto, le critiche dei media stranieri possono ottenere l’effetto di rinsaldare il sostegno verso Berlusconi, perlomeno in quella parte della popolazione che, dopo secoli in cui l’Italia è stata dominata da potenze straniere, è determinata a tenere gli stranieri fuori dai propri affari.

Il commento di Sarah Sands, columnist del quotidiano Independent, suona come un corollario delle ragioni offerte da Jones sul Telegraph: “Forse ogni nazione ha lo scandal, o che si merita. In un paese famoso per la sua televisione pornografica, la sua indifferenza per il processo politico e per la sua storicamente rilassata visione dello stupro, Berlusconi non è un mostro”. Ma poi conclude che, anche in un paese simile, l’atteggiamento del premier va oltre i limiti della dignità.

In Europa. Il settimanale francese Nouvel Observateur sottolinea come i nuovi scandali abbiano fatot precipitare il gradimento di Berlusconi sotto il 50 per cento per la prima volta da quando è ritornato al governo nel 2008. “Malgrado tutto – scrive il settimanale francese – chi lo sostiene di più sono proprio i cattolici”.

“Le donne del G8 boicotteranno Berlusconi?”. A chiederselo è un altro autorevole settimanale francese, L’Express, che dà spazio alla richiesta di 4 docenti universitarie che in vista del G8 di Genova stanno raccogliendo firme per chiedere a Carla Bruni e a Michelle Obama tra le altre, di boicottare il summit dei Grandi all’Aquila. “Finora – si chiede L’Express – hanno ottenuto 6,500 firme. Cresceranno?”

Lo spagnolo El Paìs invece dedica un reportage agli “scandali di Berlusconi”, intitolandolo “Le pericolose amicizie di Papi”. Nel pezzo vengono riassunti i rapporti di Berlusconi con Tarantini, Patrizia D’Addario e Barbara Montereale. “Tra soli 12 giorni – prosegue il corrispondente da Roma, Miguel Mora -, il politico e magnate milanese accoglierà i leader del G8 dove si riscriveranno le regole della finanza globale tra gli scandali che ne stanno minando la credibilità”. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Berlusconi, il G8 e la stampa internazionale.

“Gli scandali di Berlusconi alla prova del G8” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

Un giornale lo paragona a “un imperatore romano, che si lancia in iniziative lontano da casa propria per distogliere l’attenzione dai suoi problemi domestici”. Un altro ipotizza che i problemi domestici lo seguiranno anche quando si occupa di affari internazionali, con la possibilità che i magistrati baresi lo “chiamino a testimoniare” alla vigilia o nei giorni del summit del G8. Un terzo riporta che la sua popolarità è scesa rapidamente “sotto il 50 per cento”, e che continua a perdere consensi, in particolare tra “donne, giovani e cattolici praticanti”.

Sono alcuni degli articoli sul caso Berlusconi che appaiono oggi sulla stampa straniera. Interessati alla vicenda fin dall’inizio, i media stranieri la mettono ora sotto una lente d’ingrandimento per la prossimità con il vertice del G8, che richiamerà inevitabilmente l’attenzione del mondo sul paese ospitante, l’Italia, e sul suo leader, che ha la presidenza di turno del “club più esclusivo del mondo”, come viene soprannominato il Gruppo delle democrazie più ricche della terra.

E’ il quotidiano Independent di Londra a fare un paragone tra Silvio Berlusconi e gli imperatori di Roma antica: “Allo stesso modo, confrontato da una serie di scandali interni che farebbero imbarazzare l’imperatore Tiberio, il primo ministro italiano sale sul palcoscenico mondiale”, oggi annunciando il programma del G8, poi partendo per la Libia dove incontrerà Gheddafi, quindi la settimana prossima ospitando il presidente Obama e gli altri leader del G8 all’Aquila. “Voci in patria e all’estero si chiedono se i suoi problemi interni diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali”, come l’immigrazione, il cambiamento climatico, la crisi iraniana, scrive Michael Daly da Milano, ricordando le indiscrezioni dei giorni scorsi secondo cui Berlusconi avrebbe detto al premier israeliano Netanyahu che Obama è “debole” sull’Iran, un commento che non è certo stato gradito a Washington, e altre recenti prese di posizioni del leader del Pdl che hanno suscitato irritazione tra i nostri alleati.

Il Times di Londra riporta che il presidente del Consiglio potrebbe essere chiamato a deporre, come testimone, nell’indagine su Giampaolo Tarantini, l’uomo d’affari pugliese che portava modelle ed escort alle sue feste in Sardegna e a Roma, il quale è ora inquisito non solo per “incitamento alla prostituzione ma anche per traffico di cocaina. Il quotidiano londinese scrive che gli inquirenti pugliesi stanno esaminando dichiarazioni rese alla polizia di Olbia, in Sardegna, l’estate scorsa, da due donne che dissero di “essersi sentite male” dopo un party nella villa di Tarantini, che è vicina a quella di Berlusconi, apparentemente dopo avere preso della droga. E l’inchiesta, aggiunge il Times, si sta allargando al possibile reclutamento di “donne straniere”, dopo che Barbara Montereale, una delle invitate a Villa Certosa, ha affermato di avere visto in un’occasione numerose “donne slave o dell’Est Europa che sembravano di casa” alla villa del premier. Convocare Berlusconi come testimone “è possibile ma è al momento solo un’ipotesi”, dice Marco Dinapoli, uno dei magistrati che indagano, citato dal Times. Il giornale scrive che, secondo la polizia, Tarantini e Berlusconi si parlavano “circa 20 volte al giorno” l’estate scorsa prima e dopo le vacanze di Ferragosto.

Sempre sul Times, che pubblica in un riquadro a parte la nuova versione delle “dieci domande” presentate al premier italiano da “Repubblica”, ci sono indicazioni sul calo di popolarità di Berlusconi, il cui indice di gradimento secondo un sondaggio pubblicato lo scorso fine settimana sarebbe sceso “sotto il 50 per cento”, con un calo particolarmente forte “tra donne, giovani e cattolici praticanti”.

Un altro giornale inglese, The Age, dedica a Berlusconi un lungo ritratto, chiedendosi che peso avranno le polemiche degli ultimi due mesi sul summit del G8 e più in generale se il premier riuscirà a conservare il potere. A Berlusconi dedica oggi una pagina anche l’americano Wall Street Journal, con un’inchiesta da Porto Rotondo su un altro filone dello scandalo, passato in questi giorni in secondo piano ma non tramontato: il rapporto tra Berlusconi e Noemi Letizia, e soprattutto le foto di Antonello Zappadu, il fotografo autore degli scatti delle feste a Villa Certosa, alcuni dei quali sono stati pubblicati dal quotidiano spagnolo El Pais. (Beh, buona giornata).

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L’indifendibile Berlusconi: la stampa internazionale sta preparando il G8 in Italia.

La stampa internazionale non molla il caso-“In Italia c’è una emergenza morale”di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.
“L’Italia è nella morsa di un’emergenza morale”, titola oggi il Times, riferendo in una corrispondenza da Roma gli ultimi sviluppi dello scandalo delle call-girls in cui è coinvolto Silvio Berlusconi. Il quotidiano londinese riferisce le critiche mosse al premier italiano dal settimanale Famiglia Cristiana, che ha giudicato il suo comportamento “indifendibile”, e i timori dei suoi stessi sostenitori di un “calo di consnesi” da parte dell’elettorato cattolico. Il Times rileva in proposito che papa Benedetto XVI, lo scorso fine settimana, ha volutamente lodato Alcide De Gasperi, il leader della Democrazia Cristiana nel primo dopoguerra, come un esempio di “moralità in coloro che governano”.

L’articolo è illustrato da una grande foto di Manila Gorio, il transessuale barese che conosce alcune delle donne che hanno frequentato la residenza romana di Berlusconi, ora a sua volta interrogato dagli inquirenti per fare piena luce sulla vicenda. Intervistato dal Times in un secondo articolo datato Bari, Gorio rivela dettagli su un nuovo personaggio emerso nell’inchiesta dei magistrati pugliesi, un trafficanti di droga gay descritto nelle indagini come “Nicola D”, ben noto a Porto Rotondo, in Sardegna, dove il presidente del Consiglio ha una delle sue ville. Dice il transessuale al quotidiano di Londra: “Nic invita belle ragazze ai party. Organizza serate nei locali e ha molti contatti a Roma, a Milano, ovunque. Conosce uomini d’affari, politici, molta gente”. Il Times scrive che apparentemente “Nicola D” viene citato più volte nelle conversazioni telefoniche del businessman Giampaolo Tarantini, ossia di colui che portò Patrizia D’Addario e altre ragazze a casa di Berluscono a Roma. L’avvocato di Tarantini, Nicola Quaranta, contattato dal Times, dice: “Non sappiamo chi sia (Nic). Non abbiamo commenti. Questo è gossip. Se c’è un’incriminazione formale, allora verificheremo le fonti e ci difenderemo”.

Anche l’Independent dedica una pagina al caso Berlusconi. Un articolo fa il punto sul risultato del secondo turno delle amministrative, notando che “al di fuori dei confini dell’Italia sarebbe inconcepibile che un leader si comporti come un Imperatore di Roma antica senza pagare gravi conseguenze politiche”, ma nel nostro paese Berlusconi ha ottenuto lo stesso una “convincente vittoria” alle elezioni municipali. Tuttavia il quotidiano londinese cita il sociologo Renato Mannheimer, secondo cui lo sviluppo più importante del voto è stato la crescita dell’astensione; e il fatto che Berlusconi sia largamente responsabile per il crescente “disgusto” dell’opinione pubblica verso la classe politica. Anche l’Independent osserva che lo scandalo sembra avere “fatto squillare campanelli d’allarme” tra i sostenitori di Berlusconi: “Nessun politico italiano vorrebbe inimicarsi il voto cattolico”. Il giornale nota che la vicenda ha già obbligato Berlusconi a rinunciare al suo progetto di conquistare, alla scadenza del mandato da premier, la carica di presidente della repubblica. E la prossimità dello scandalo con il summit del G8, conclude l’Independent, risveglia spiacevoli ricordi per il primo ministro italiano: a un summit del G7, nel 1994, durante il suo primo mandato da capo del governo, gli fu servita un’incriminazione giudiziaria per corruzione, e “poco tempo dopo, diede le dimissioni”.

Articoli sullo scandalo appaiono oggi anche sul Daily Telegraph, sul Sun, sul Wall Street Journal e sul New York Times. Quest’ultimo titola: “Diminuisce la tolleranza per i suoi peccatucci”, notando che Berlusconi ha vinto le elezioni, ma con un margine più basso delle aspettative. La sua residenza romana ha acquisito un’immagine da “Playboy Mansion”, continua il quotidiano newyorchese, alludendo alla villa dove il fondatore di Playboy si intrattiene con le sue “conigliette”, e ciò “sta cambiando l’umore dell’Italia” nei confronti del premier. Il New York Times cita poi Stefano Folli, editorialista del Sole 24 ore, secondo il quale si avvertono “segnali di debolezza politica” nel premier, che ormai fa fatica perfino a “governare i propri alleati”.

Il Wall Street Journal apre con la difesa del premier che “nega di avere mai pagato donne per trascorrere una notte con lui”. Il quotidiano americano di proprietà di Ruper Murdoch, dopo avere citato le inchieste di Repubblica e sottolineato come l’intervista di Berlusconi sia stata rilasciata ad un settimanale di sua proprietà, Chi, il quotidiano ricorda i tanti scandali che hanno coinvolto il premier a 15 anni dalla sua discesa in campo. “E’ stato accusato di tutto, dalla frode al falso in bilancio, ma è sempre stato assolto o prescritto per le leggi che lui stesso si è fatto”.

Sono quattro i pezzi dedicati oggi su El Pais a Silvio Berlusconi. Il primo è un editoriale dal titolo “Declive Politico”. Al centro dell’editoriale la preoccupazione che Berlusconi, avvolto dagli scandali che ne stanno minando la credibilità, non sia in grado di affrontare gli impegni internazionali che attendono l’Italia, come il prossimo vertice del G8. In “La sombra de la cocaina planea sobre Berlusconi”, vengono ricostruite le ultime vicende legate all’inchiesta della procura di Bari. Un’indagine che apre uno spaccato preoccupante sulle feste a base di sesso e droga che avrebbero coinvolto il presidente del Consiglio. Poi un durissimo commento, “L’enigma Berlusconi”, che parte con una domanda molto amara: “Com’è possibile che l’Italia, patria del Rinascimento e gran dama della cultura e della civilizzazione occidentale, abbia eletto e rieletto un uomo come Silvio Berlusconi alle più alte cariche di governo?”. Il quarto è un articolo intitolato “In Italia molti più velini che veline” :”Silvio Berlusconi incarna tutti i sogni del popolo: ha a disposizione veline, calciatori, avvocati, giornali, parlamentari, ministri. E l’impunità”.

Coomenti anche sul quotidiano di Singapore, Today: “Se Silvio Berlusconi teme di essere una ‘anatra zoppa’ per i prossimi 4, non lo ha certo messo in mostra lo scorso weekend mentre passeggiava per le strade di Milano, baciando i bambini e abbozzando al suo programma politico di fronte ad una folla di ammiratori”. Citando le pagine di Repubblica poi aggiunge: “A Roma, il risultato dello scandalo sembra aver causato un irrigidimento delle posizioni tra gli italiani che amano Berlusconi e quelli che lo odiano”. (Beh, buona giornata).

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