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Povera Italia.

SANREMO: FISCHIATI PUPO-EMANUELE FILIBERTO E LIPPI, “A CASA”-AGI

Bordate di fischi e proteste in sala all’Ariston da larga parte del pubblico quando sul palco sono arrivati Pupo ed Emanuele Filiberto, con il tenore Luca Canonici, accompagnati dal ct azzurro Marcello Lippi per l’esecuzione del brano ‘Italia amore mio’. Mentre Lippi provava a spiegare il perche’ della sua presenza, tranquilizzando tutti sul fatto che non avrebbe cantato, dalla galleria e dalla platea dell’Ariston ecco i fischi insistiti e urla ripetute.
Lippi ha detto “sono qui perche’ per una canzone con questo titolo non poteva non esserci il ct della nazionale. Qui c’e’ della sostanza, non ha importanza come il brano viene cantato…”. Lippi ha voluto anche ricordare il ct della nazionale azzura di ciclismo Franco Ballerini, scomparso tragicamente dieci giorni fa in un incidente stradale durante un rally in Toscana, e pero’ anche durante questo momento particolare i fischi (non certo con bersaglio il povero Ballerini, ndr) si facevano sentire con sempre maggiore forza.
Fino al ritmato “a casa, a casa”. E’ intervenuta Antonella Clerici che invocando il regolamento ha invitato Lippi a non aggiungere altro, dicendo che non era consentito: l’ospite non poteva dire la sua. Poi e’ partito il brano ‘Italia amore mio’ con alcune novita’ rispetto al pezzo originario: e’ stato inserita la frase “in quella notte di Berlino”, con riferimento alla finale dei Mondiali di calcio 2006, e infatti scorrevano le immagini della festa degli azzurri in campo per la conquista della Coppa. E anche in questo caso sono ugualmente partiti i fischi. Beh, buona giornata.

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Dall’olio di ricino ai sottaceti: dopo la nipotina del Duce, rischiamo di mandare al Parlamento europeo il pronipote del re che firmò le Leggi razziali.

Il ritorno del Re cipollino
di BRUNO GAMBAROTTA da lastampa.it

Altezza serenissima, permetta a un suddito devoto di salutare il suo “Discorso di Torino” come l’inizio del riscatto dei Savoia. Spero che la facciano parlare dal palco di piazza San Carlo, di fronte al monumento di Emanuele Filiberto, l’illustre antenato di cui Lei porta il nome.

I suoi precettori avranno trovato il tempo, fra un tango e una milonga, di spiegarle che Emanuele Filiberto è raffigurato nell’atto di rimettere la spada nel fodero dopo aver vinto, il 10 agosto 1557, la battaglia di San Quintino. Lei, che ha vinto la ben più cruenta battaglia del televoto, sarà raffigurato mentre ripone nella sacca gli scarpini da ballo.

In quella stessa piazza San Carlo abitava il conte Vittorio Alfieri che nel 1778 si rifugiò a Firenze per non sottoporre le sue tragedie alla censura di Vittorio Amedeo III; fosse ancora vivo, alla notizia che lei scende in campo, Alfieri tornerebbe di corsa, non per scrivere un’altra tragedia, ma una farsa. Principe, in Europa l’attende un compito gravoso: la battaglia per difendere i suoi amati sottaceti dalla concorrenza sleale di quelli dell’Est.

Gli spagnoli diedero al suo antenato il soprannome di “testa di ferro”; lei, se vincerà la sua battaglia, sarà “testa di cetriolo”, o “re cipollino”, a scelta. Dopo il conte Verde e il conte Rosso, suoi antenati, avremo in lei il conte Fucsia.

P.S. Durante la campagna elettorale raccomandi al suo illustre genitore di non usare il telefono. Non si sa mai, qualcuno potrebbe essere in ascolto.Vittorio Emanuele II Nato a Torino, in palazzo Carignano, nel 1820. Re di Sardegna, e dal 1861 al 1878, primo re d’Italia. Regnò a Torino fino al 1864, quando la capitale fu trasferita a Firenze. (Beh, buona giornata).

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