Il berlusconismo di Fede riesuma la guerra al “culturame” di Maio Ajello-ilmessaggareo.it
E’ tornato il «culturame». Il berlusconismo avrebbe potuto prendere tante cose buone dalla tradizione della Dc, e invece ha adottato il suo aspetto meno esaltante: la polemica contro il «culturame» che fu lanciata da Mario Scelba. Che cos’è Roberto Saviano, agli occhi di Emilio Fede? «Non un eroe, ma un rompiscatole» appartenente, a quel ceto di intellettuali vanitosi e sinistresi che Brunetta, Bondi e compagnia mettono continuamente nel mirino della destra. Al punto che si preferisce un coiffeur per rifare gli Uffizi, o un ex dirigente della Mc Donald’s, Mario Resca, per dirigere i Beni Culturali. E se Saviano, già attaccato da Berlusconi, è un «rompiscatole» un po’ come la Guzzanti, un altro esponente del «culturame» – l’economista Marco Biagi, ucciso dalle Br – era un «rompicoglioni», secondo l’appena dimissionato Scajola. Lo Scelba che parlava di «culturame» era anche un politico serio, pure troppo, che intratteneva coversazioni e carteggi di alto livello con don Sturzo. I suoi epigoni si sono accontenati al massimo di qualche chiacchiera con il compianto don Gianni (Baget Bozzo) o di qualche sbirciata ai libri di Tremonti. (Beh, buona giornata).