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Quello che può fare la pubblicità per uscire dalla crisi.

Creativi anti-crisi: arriva l’agenzia di pubblicità di nuova generazione-di Jacopo Orsini-ilmessaggero.it

Uno dei fondatori lo definisce un «aggregatore di capacità». Una struttura leggera, «senza spargimento di costi», in grado di svolgere tutte le attività di comunicazione commerciale. Ma anche un «fornitore di idee» che le aziende potranno poi gestire con la loro struttura di pubblicità. Si chiama Consorzio creativi ed è un nuovo modo di concepire l’agenzia di pubblicità ai tempi della crisi.

«Le aziende hanno grandi difficoltà ad avere rapporti con le agenzie, che con la crisi si sono impoverite e annaspano», dice Marco Ferri, uno dei fondatori di Consorzio creativi. Il ciclone che ha investito l’economia mondiale infatti non ha risparmiato la pubblicità. I grandi marchi hanno tagliato fortemente gli investimenti (-16% nei primi nove mesi dell’anno secondo i dati di Nielsen Media Research) e anche le agenzie sono state costrette a ridurre costi e personale per non soccombere. Da qui l’idea di creare una nuova organizzazione più snella, senza i costi delle grandi holding, con l’ambizione di rivoluzionare il settore.

Il gruppo è composto da una rete di professionisti, tutti con parecchi anni di esperienza alle spalle (con Ferri i fondatori sono Paolo Del Bravo, Fabrizio Sabbatini, Agostino Reggio, Francesca Schiavoni e Paolo Costa). Un desk a Roma, un altro in fase di apertura a Milano. Via le strutture gerarchiche e burocratizzate dei grandi nomi del settore, ecco gruppi di lavoro che si creano intorno ai progetti concordati con le aziende e si sciolgono subito dopo. E attenzione concentrata soprattutto sui settori in via di sviluppo, come le energie rinnovabili.

Ma la crisi, inevitabilmente, dopo aver fatto crollare le vendite, modificherà anche il modo di comunicare e di fare pubblicità. Non capire che il mondo è cambiato, sarebbe rischioso anche per i pubblicitari. «Il nosto compito non è solo riempire di prodotti le case dei consumatori – spiega ancora Ferri -. La comunicazione commerciale deve informare in maniera corretta e non intrattenere trastullando». (Beh, buona giornata).

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Conti in rosso, futuro nero per la pubblicità: Interpublic Group a -18%.

Il terzo trimestre 2009 si chiude con il segno meno per Interpublic Group. L’utile netto della società guidata dal si è infatti attestato a 17,2 milioni di dollari contro i 38,7 milioni dello stesso periodo dello scorso anno.

A 1,43 miliardi di dollari (-18%) il fatturato. La crescita organica invece è diminuita del 14,2%. Considerando i primi nove mesi dell’anno, la perdita netta di Interpublic Group si è attestata a 35,8 milioni di dollari rispetto ai 56,7 milioni di dollari di utile netto del 2008. Il fatturato è stato pari a circa 4,23 miliardi (-17% sullo scorso anno), mentre la crescita organica nei primi nove mesi è calata dell’11,8%.

“La crisi economica continua ad incidere negativamente sui conti della società – ha commentato Michael Roth, Ceo di Interpublic Group- Tra gli investitori regna ancora la cautela ed è molto difficile fare previsione per il prossimo anno”. Beh, buona giornata.

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Conti in rosso, futuro nero per la pubblicità: Wpp in difficoltà.

Secondo Martin Sorrell è ancora presto per stappare le bottiglie di champagne. Anche se tra i clienti si registra un maggiore grado di fiducia e di ottimismo infatti, per il Ceo di WPP, colosso mondiale del marketing, non si può ancora parlare di ripresa del mercato dell’advertising.

Come si legge oggi sulla stampa internazionale, per Sorrell “è sbagliato parlare di fine della recessione basandosi su miglioramenti sequenziali”. Il top manager ha affermato che per dichiarare finita ufficialmente la crisi aspetterà la crescita delle vendite same-store. Beh, buona giornata.

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La crisi morde gli italiani e si mangia i consumi. Se il Governo non cambia politica economica, anche la pubblicità finisce nei guai.

Diminuisce il reddito disponibile lordo delle famiglie italiane, calano il potere d’acquisto, le spese per consumi finali e gli investimenti fissi lordi. Diminuisce anche la propensione al risparmio. È il quadro delineato dall’Istat nell’indagine riferita al secondo trimestre 2009.

Il reddito lordo a disposizione delle famiglie italiane, consumatori e micro-imprese, è calato di 11 miliardi di euro (-1%). Secondo l’Istat insieme al reddito si riduce anche la propensione al risparmio che è scesa dello 0,4% rispetto al trimestre precedente. Nel dettaglio, la propensione al risparmio delle famiglie nel secondo trimestre 2009 è stata pari al 15,2% del reddito lordo, in calo dopo molti trimestri di aumento.

La spesa delle famiglie per consumi finali si è ridotta invece dello 0,5%. Beh. buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Ecco una fotografia aggiornata della quarta crisi, la crisi dell’editoria che si aggiunge alla crisi energetica, alla crisi ambientale, alla crisi economica.

In Italia l’evoluzione recessiva ha determinato una contrazione significativa degli investimenti pubblicitari (-16,4% nei primi otto mesi del 2009) che ha interessato, seppur con differente intensità, praticamente tutti i mezzi.
La stampa, con un calo del 23,9%, è tra i settori più colpiti: i quotidiani a pagamento hanno registrato una flessione leggermente più contenuta (-20,2%), mentre più accentuata è risultata quella dei periodici (-28,8%) e dei quotidiani free press (-27,4%).
Anche la radio ha mostrato una diminuzione significativa (-15,8%), seppur meno grave di quella della stampa, mentre la performance resta positiva per internet la cui raccolta cresce del 6,2%.
In termini di tendenza, il calo degli investimenti pubblicitari rispetto all’esercizio 2008 si sta attenuando in corso d’anno; tuttavia tale evoluzione è dovuta al progressivo indebolimento degli investimenti registratosi nel corso del 2008 e non ad una ripresa del mercato.
Parallelamente, in un contesto di calo dei consumi, anche le diffusioni delle testate quotidiane e periodiche hanno registrato un andamento negativo, con una diminuzione del 6,5% per i quotidiani, del 7,2% per i settimanali e del 9% per i mensili (fonte ADS a giugno). Beh buona giornata.

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La pubblicità italiana non riesce a uscire dalla quarta crisi.

Secondo Nielsen Media Research da gennaio ad agosto 2009 gli investimenti pubblicitari ammontano a 5.275 milioni di euro con una flessione del -16,4% rispetto al corrispondente periodo del 2008. Ad agosto 2009 verso agosto 2008 la variazione è del -15,8%. A livello di settori merceologici, considerando il periodo cumulato, si registrano: -11,6% per gli Alimentari, -21,9% per le Auto e -5,4% per le Telecomunicazioni.

Unilever, Wind, Vodafone, Telecom It. Mobile, Barilla, Ferrero, L’Oreal, Volkswagen, Procter&Gamble e Fiat Div. Fiat Auto guidano la classifica dei Top Spender nei primi otto mesi del 2009 con investimenti pari 715 milioni di euro, in calo del -13,4% sul corrispondente periodo dell’anno scorso.

La Televisione, considerando i canali generalisti e quelli satellitari (marchi Sky e Fox), mostra una flessione del -13,9% sul periodo cumulato e del -17,7% sul singolo mese.

La Stampa, nel suo complesso, da gennaio ha un calo del -23,9%. I Periodici diminuiscono del -28,8% con l’Abbigliamento a -28,7%, la Cura Persona a -25,7% e l’Abitazione a -29,5%. I Quotidiani a pagamento mostrano una flessione del -20,2% con l’Auto, l’Abbigliamento e la Finanza/Assicurazioni, i tre settori più importanti, che riducono la spesa rispettivamente del -36,9%, del -27,0% e del -32,0%. Sono in controtendenza l’Abitazione che aumenta del +7,7% e il Turismo/Viaggi con il +8,6% sul cumulato e il +17,5% sul mese. A livello di tipologie la Commerciale segna il -23,9%, la Locale il -15,3% e la Rubricata/Di Servizio il -17,7%. In contrazione anche la raccolta dei Quotidiani Free/Pay Press (-27,4%).

La Radio diminuisce del -15,8% in otto mesi e del -1,9% sul singolo mese. Fanno registrare variazioni negative anche: Affissioni (-26,4%), Cinema (-8,3%), Cards (+1,8%) e Direct Mail (-17,3%). Performance positiva invece per Internet che cresce del +6,2% raggiungendo i 371 milioni di euro. Beh, buona giornata.

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Per salvare la pubblicità italiana ci vuole una trasfusione di idee.

Per anni si è creduto che per convincere i consumatori bastasse dire tante volte la stessa cosa, non importava che cosa. Sono stati investiti milioni e milioni di euro tra passaggi televisivi, annunci stampa, radiocomunicati, banner, manifesti. Poi la crisi ha raggelato i grp’s, mentre i coefficenti di penetrazione (con rispetto parlando) si sono ammosciati: c’è la crisi, non si possono più buttare i soldi nel ripetere.

Gli editori, gli inserzionisti, i centri media e le agenzie di pubblicità sono nel panico: sono crollati gli investimenti pubblicitari. Che fare? Forse è giunto il momento per la pubblicità di dire cose importanti, dirle così bene che non c’è bisogno di ripeterle, ripeterle, ripeterle. Cioè di spendere, spendere, spendere.

E scoprire che una buona idea è un moltiplicatore del budget di pubblicità. Quelli abituati alla mediocrità della ripetizione sono andati in crisi, perché non corrispondono alle attuali esigenze del mercato della comunicazione commerciale. Quelli costano troppo, sono presuntuosi, non valgono la spesa.

Non ci sono più scuse, non ci sono alternative: dalla crisi dei consumi si esce rompendo l’ordalia della quantità, riscoprendo il talismano della qualità del messaggio commerciale.

La qualità fa bene a chi la vede (il consumatore), a chi la paga (l’inserzionista), a chi la rende pubblica (gli editori), a chi la fa. Ma è proprio qui che casca l’asino: chi la fa oggi non la sa più fare. Le vecchie agenzie di pubblicità sono anatre zoppe. Urge sangue nuovo, urge l’agenzia di nuova generazione. La pubblicità italiana ha bisogno di una trasfusione di idee. Beh, buona giornata.

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Pubblicità italiana: quelli che non arrossiscono mai.

di Marco Ferri-advexpress.it

Secondo uno studio di Corine Dijk dell’Università di Groningen in Olanda, quando uno diventa rosso in viso cerca inconsciamente un vantaggio emotivo: quello di essere perdonati. Insomma, dimostrando imbarazzo si cerca di non far scattare reazioni violente da parte degli altri. In termini scientifici, si tratterebbe di un segnale prettamente umano, che esprime un significato adattativo, darwiniano: diventare rossi può essere un bene per la sopravvivenza.

Temo che Corine Dijk non abbia tenuto conto del fatto che ci sono categorie antropologiche che fanno arrossire i bilanci senza il minimo di emozione. Prendiamo quella specie umana che si è formata nella gestione delle agenzie di pubblicità in Italia: quelli mica arrossicono di imbarazzo di fronte a quello che hanno combinato in questi anni. Scuriscono in volto se qualcuno contraddice i loro bilanci, sbiancano se qualcuno vuole capire meglio i loro piani di sviluppo. Arrossire? Non se ne parla: come bambini viziati, pensano ‘il pallone è mio e il rigore lo tiro io’. E quando regolarmente tirano fuori pensano che è una congiura, un complotto: e invece che diventare rossi di vergogna, diventano neri di rancore.

Insomma, se il mercato della comunicazione evolve, loro si sono autosclusi dall’evoluzione della specie. Ogni giorno che passa camminano spediti, frettolosi e convinti sulla via dell’estinzione. Beh, buona giornata.

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La quarta crisi: al festival di Cannes è andata in scena la crisi della pubblicità.

(fonte:advexpress.)
Dopo l’incontro del 2008 con le big media company del web, il ‘Cannes Debate’ ha visto nuovamente Sir Martin Sorrell, ceo di WPP Worldwide, sulla poltrona di moderatore: a rispondere alle sue domande sono state stavolta quattro fra le più grandi multinazionali a livello globale, Kraft, P&G, J&J e McDonald’s, che come ha ricordato Sorrell hanno investito complessivamente lo scorso anno circa 16,5 miliardi di dollari in advertising.

“Oggi però la vita non è facile: il primo trimestre è andato male, aprile e maggio sono stati anche peggio, e anche il resto dell’anno sarà duro. Quali sono – ha chiesto quindi Sorrell – gli effetti della recessione sulle vostre aziende in termini di spesa, di media mix e di crescita degli investimenti nel digital?”.

Mary Dillon , executive vice president e global chief marketing officer di McDonald’s Corporation, ha confessato di trovare questo periodo particolarmente ‘eccitante’, “E non solo perché stiamo guadagnando market share… I nostri investimenti sono una percentuale delle vendite, e quando salgono le seconde salgono anche i primi. È vero però che le cose sono difficili e complicate: tutto è costantemente esaminato al microscopio e può essere cambiato da un momento all’altro. Per quanto riguarda il mix, le cose variano a seconda dei paesi, e la televisione continua a essere fondamentale. Ma il digitale assorbe in media il 7% della nostra spesa totale, e la sua quota cresce molto velocemente”.

“Con la recessione, i budget di Kraft Foods sono aumentati – ha confermato Mary Beth West, executive vice president e chief marketing officer dell’azienda –: la prima spesa che le persone hanno tagliato sono i pranzi e le cene fuori casa, eccezion fatta, evidentemente, per la qui presente McDonalds. E questa per noi è un’opportunità. Stiamo ancora cercando di ‘educare’ il nostro senior management all’online, ma il digitale vale per noi già oltre il 10%”.

“La crisi ci ha spinto a investire sempre di più in communication planning – ha spiegato Michael Murphy, vice president of consumer integrated marketing Johnson & Johnson –, perché in momenti come questo il marketing e l’advertising diventano ancora più importanti. In particolare il digitale ha ormai una share a doppia cifra sul totale dei nostri investimenti”.

Anche Procter & Gamble investe sempre di più online, anche se le cose variano da paese a paese, ha testimoniato il suo global marketing officer Marc Pritchard: “I nostri budget globali sono diminuiti del 4%, ma l’effetto più importante della recessione per noi e per la media industry nel suo complesso è stato quello di costringerci a fare un passo indietro e resettare tutte le nostre attività di marketing. Abbiamo quindi chiesto drettamente al consumatore che cosa volesse, e la risposta è stata: valore. Questo è ciò che stiamo facendo: variando il media mix e, soprattutto, puntando sempre di più sull’impatto e sulla creatività della nostra comunicazione: il punto, infatti, è integrare il digitale con tutto il resto, dalla Tv alle relazioni pubbliche fino al retail. Tutto ruota attorno all’integrazione di tutte le discipline fin dal primo momento e in funzione del brand: al nostro interno come nelle agenzie e nei centri media”.

Alla domanda di Sorrell su quanto contino le dimensioni di agenzie e centrali, la risposta è stata unanime: “A volte, lavorando in così tanti paesi, abbiamo bisogno della ‘scalabilità’ che le holding garantiscono, ma in altri casi non è così: la prima preoccupazione è e resta l’integrazione”.
“Personalmente, però, – ha aggiunto Murphy –, sono ancora in attesa di vedere una holding significativamente superiore alla somma delle sue parti e capace di aiutarci concretamente a sviluppare idee olistiche”.

Sempre parlando di agenzie e loro holding, l’ultima domanda di Sorrell ha riguardato le cose essenziali che non vanno e che devono essere sistemate con maggiore urgenza?

Per West e Dillon, ciò che è cambiato è il marketing nel suo complesso: “Abbiamo tutti già cominciato ad applicare i nuovi principi che ne derivano, ma non lo abbiamo ancora fatto sul fronte della relazione fra agenzia e cliente… Aiutateci a essere clienti e partner migliori, integrati fin dall’inizio”.

Murphy e Pritchard hanno invece preferito l’autocritica: “Sono da sempre convinto che ogni cliente abbia esattamente l’advertising che si merita – ha affermato il primo -… Troppe volte siamo noi a non dare alle agenzie un brief chiaro o non restituire immediatamente il feedback necessario”.
“Vanno ancora abbattuti e cambiati – ha concluso il global marketing officer di P&G – molti dei silos che circondano le aziende prima ancora delle agenzie”. (Beh, buona giornata).

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