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L’Alitalia da azienda di Stato ad azienda governativa era meglio quando era peggio.

La nuova Alitalia più in ritardo della vecchia di MASSIMO MUCCHETTI-corriere.it
L’estate avrebbe dovuto rilanciare la nuova Alitalia all’insegna della qualità. E invece la compagnia di bandiera, dopo il salvataggio tricolore voluto da Silvio Berlusconi, sta rendendo un servizio peggiore di prima. Gli italiani in viaggio per le vacanze avrebbero dovuto scoprire le virtù taumaturgiche della gestione privata e invece sono tentati di pensare che andava meglio quando andava peggio. L’allarme viene dal maggior aeroporto italiano, Fiumicino.

A luglio a Fiumicino la percentuale dei voli Alitalia in partenza puntuali, o con un ritardo inferiore ai 15 minuti, è scesa al 44%. Dodici mesi prima, quando la società era sull’orlo del fallimento, la percentuale di puntualità era al 50% e nel luglio 2007 al 53%. Agosto sta confermando la tendenza. E la compagnia ha ridotto del 23% i collegamenti. I velivoli restano fermi sulla pista, manca il catering, il pilota viene con un altro volo che però è in ritardo. Le scusanti di sempre. E anche peggio, se si passa al servizio bagagli.

Secondo gli standard internazionali, il 90% dei bagagli dovrebbe poter essere ritirato entro 32 minuti dall’atterraggio dei voli nazionali ed entro 42 minuti per gli internazionali. Ebbene tra il luglio 2008 e il luglio 2009 siamo scesi dal 67 al 51%. Eppure, questa volta, non c’è conflittualità sindacale. Certo, Fiumicino non è un gioiello di efficienza. Negli anni Novanta, governi ed economisti pensarono che, separando lo scalo monopolio naturale dalla compagnia di bandiera che qui aveva e ha la sua base d’armamento, si facilitasse la competizione tra i vettori a beneficio dei consumatori. E ritennero che lo si potesse vendere senza curarsi se l’acquirente pagava con soldi suoi o con quelli delle banche. Adesso scopriamo che la società Aeroporti di Roma avrebbe dovuto ultimare il molo C entro il 2005 e invece, se andrà bene, lo farà tra due anni. La sua priorità non era investire per lo sviluppo, ma spremere il limone per pagare i debiti fatti dall’acquirente per comprare le azioni. L’economia del debito non è solo un’invenzione americana.

Stiamo imparando che gestire una compagnia aerea— ma anche un grande aeroporto o, su un altro piano, la rete ferroviaria—è un mestiere terribilmente complicato, che richiede società stabili, capaci di allevare e selezionare nel tempo una classe manageriale competente. Questa è la storia di Air France e Lufthansa. O di hub come Parigi Charles de Gaulle o Francoforte e Monaco che hanno conservato legami di ferro con le compagnie nazionali. Con l’alibi della Cisl che non voleva lo straniero e della Cgil incapace di fare un accordo separato, il governo ha fatto decadere la cessione di Alitalia ad Air France, che avrebbe garantito la continuità aziendale a beneficio di creditori, dipendenti ed erario. In nome della bandiera: anche quando non conviene più. E del Nord: anche se il treno della grande Malpensa il Nord l’aveva perso da anni.

Adesso, abbiamo un’Alitalia mignon, in ritardo, con i soldi contati e Air France che comunque condiziona tutto pur avendo solo il 25%. E Fiumicino sempre al centro, ma con 85 milioni da prendere dalla liquidazione. E il ragionevole sospetto che i soci reggano il gioco contando i giorni che mancano a quando potranno finalmente vendere Alitalia ai francesi. (Beh, buona giornata).

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Attualità Lavoro Leggi e diritto

Sdl accusa la nuova Alitalia di ostacolare il diritto di sciopero.

(riceviamo e pubblichiamo)

A:
Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
Presidente del Senato
Renato Schifani
Presidente della Camera
Gianfranco Fini
Presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi
Sottosegretario Presidenza del Consiglio
Gianni letta
Presidente Commissione Trasporti della Camera
Mario Valducci e componenti Commissione
Presidente Commissione Lavoro della Camera
Silvano Moffa e componenti Commissione
Presidente 8a Commissione Senato e componenti
Commissione
Luigi Grillo e componenti Commissione
Presidente Commissione Lavoro del Senato
Pasquale Giuliano e componenti Commissione
Ministro dei Trasporti
Altero Matteoli
Ministro del Lavoro
Maurizio Sacconi
Presidente Commissione di Garanzia Legge
146/90
Antonio Martone
Segretari e Presidenti dei Partiti
Organizzazioni Sindacali
Organi di informazione
Lavoratori dei Trasporti

Oggetto: “abolizione” del diritto di sciopero nella società CAI/Alitalia

Scrivo questa lettera a nome dell’Organizzazione sindacale che rappresento per
denunciare una situazione che sta diventando grottesca ed al limite della comprensione,
oltre che inaccettabile nei contenuti e nel metodo. Mi rivolgo a Voi in quanto garanti
massimi dei valori costituzionali di questo Paese.

Sicuramente siete a conoscenza di come si è “evoluta” la questione Alitalia e del
trasporto aereo nel nostro Paese, della drammaticità della condizione di circa la metà dei
dipendenti della Compagnia di Bandiera che non sono più in produzione, di quelli che sono
forzatamente in cassa integrazione e ci rimarranno sino all’ottenimento del minimo della
pensione e soprattutto di quelle migliaia che invece tra qualche anno si troveranno senza
ammortizzatori, senza pensione e senza lavoro in una situazione economica caratterizzata
da forte crisi e ad un’età nella quale una ricollocazione nel mondo del lavoro sarà
difficilissima, se non impossibile. Più che drammatica poi la condizione di migliaia di precari
(tra i quali tantissimi trentenni e quarantenni) che non hanno ammortizzatori sociali, hanno
perso lavoro e speranza di riottenerlo e si trovano a ricercare un’attività che li faccia
sopravvivere in una fase economica che, come già detto, è assolutamente priva di occasioni
e di opportunità.

Forse meno conosciute sono le condizioni di chi è rimasto a lavorare, di quanto e di
come si lavori nella “nuova Compagnia”, del clima di paura e di tensione che si vive ogni
giorno, di come il lavoratore sia frustrato ed abbia perso qualsiasi motivazione, elemento
questo importante in qualsiasi attività di lavoro, ma fondamentale in un’azienda di servizi e
di trasporto.

A prescindere dalle valutazioni di merito sull’intera operazione rispetto alla quale
abbiamo espresso e continuiamo ad esprimere dubbi, perplessità e forte preoccupazione, è
indubbio che se sindacati fortemente rappresentativi nel trasporto aereo come SdL (in tutte
le categorie presenti in Alitalia), come Anpac e UP (con la quasi totalità della
rappresentanza dei piloti), con altre associazioni che hanno siglato sotto ricatto e in un
secondo momento (Anpav e Avia) e con fortissime critiche e differenziazioni all’interno dello
stesso sindacato confederale, allora vuol dire che è esistito un forte dissenso ed ancora
adesso non si è trovato un equilibrio nei rapporti tra lavoratori ed azienda.

Se è vero tutto ciò, è evidente che i lavoratori ed il sindacato hanno il dovere di
utilizzare la leva del dissenso e per fare ciò hanno bisogno di poter contrattare con l’azienda
migliori condizioni di lavoro, richiedere il rispetto di diritti elementari messi in discussione
dalla nuova dirigenza, chiedere a gran voce maggiore occupazione e trasparenti
meccanismi di riassunzione del personale in cassa integrazione e precario. Per fare ciò, cioè
“semplicemente” per fare sindacato, se necessario, dovrebbe essere disponibile anche lo
strumento costituzionale dello sciopero.
A questo punto la situazione si complica notevolmente: SdL non può trattare perché
l’Azienda si rifiuta di avere rapporti con chi non ha sottoscritto accordi che riteneva
assolutamente non soddisfacenti e non equilibrati per i lavoratori, per il Paese e per
l’azienda stessa.

Non resta quindi che utilizzare lo strumento dello sciopero e qui si pone un problema
che sta travalicando l’intera vicenda Alitalia ed assume caratteristica di negazione di diritti
costituzionali che dovrebbero essere garantiti in uno stato di diritto.
SdL ha iniziato una vertenza alla fine del 2008 e sino ad oggi gli è stato negato per
ben sette volte il diritto di sciopero in Alitalia. Di fatto è stato messo in campo un
meccanismo per il quale se esiste il pur minimo appiglio o dubbio sulla legittimità, anche se
ipotetica o potenziale, interviene la Commissione di Garanzia e vieta lo sciopero. Molto più
spesso, invece, non potendo intervenire la Commissione perché lo sciopero è
assolutamente indiscutibile da qualsiasi punto di vista, è il Ministro a vietare l’azione di
sciopero adducendo le più svariate, fantasiose o incomprensibili motivazioni.

Di fatto lo sciopero in Alitalia è da mesi vietato per ordinanza ministeriale.
Ma è possibile eliminare un diritto costituzionale attraverso ripetute ordinanze
ministeriali che non presentano di fatto quelle motivazioni straordinarie che possono
portare a richiedere di revocare e poi vietare uno sciopero, sospendendo così l’esercizio di
un diritto costituzionale? Ed è altrettanto indubbio che un diritto costituzionale non possa
essere sospeso perché l’azienda ha problemi, perché è nata da poco, perché lo sciopero
recherà disagi agli utenti, perché potrebbero esistere generici problemi di ordine pubblico
che si rivelano sempre inesistenti (queste le ripetute motivazioni contenute nelle
ordinanze).

Lo sciopero è strumento e diritto costituzionalmente previsto e tutelato e porta con
se il fatto che reca danno ad un’azienda o può creare disagi all’utenza di quel servizio. Non
sarebbe uno sciopero se così non fosse e non sono certo i lavoratori ad essere contenti di
dover utilizzare questo strumento di riequilibrio dei rapporti con l’azienda, visto che pagano
di tasca loro ogni giornata di sciopero.
Viene da pensare che se si vieta ormai da quasi un anno lo sciopero in CAI/Alitalia,
se anche per il prossimo sciopero del 20 luglio il Ministro Matteoli ha già effettuato l’invito
alla nostra Organizzazione a sospendere l’azione, cosa questa che prelude una nuova
ordinanza di divieto (l’ottava), allora c’è veramente qualche cosa che non funziona.
La piena consapevolezza di ciò è data anche dal fatto che l’invito a differire e la
successiva ordinanza di divieto, vengono effettuate dal Ministro non con tempi sufficienti
per permettere al sindacato di ricorrere eventualmente al TAR, ma si concretizzano
VOLUTAMENTE nei giorni a ridosso dello sciopero, per non dare la possibilità di ricorrere
alla magistratura e richiedere la sospensione dell’ordinanza.

Ciò sta avvenendo anche in queste ore –
– Indizione sciopero per il 20 luglio effettuata il giorno 26 giugno 2009, cioè ben 24 giorni
prima della data dello sciopero stesso.
– Invito a differire arrivato il giorno 14 luglio (6 giorni prima dello sciopero).
– Incontro previsto dalla legge oggi, 15 luglio 2009 (5 giorni prima dello sciopero).
– Probabile arrivo dell’ordinanza il 16 o il 17 luglio (3 o 4 giorni prima dello sciopero).
Risultato ottenuto: impossibile temporalmente presentare richiesta di sospensione
dell’ordinanza e arrivare a sentenza prima del giorno dello sciopero.
Questa procedura è stata applicata sistematicamente dal ministero dei Trasporti,
dimostrando con ciò che esiste una precisa volontà anche di sottrarsi al giudizio del TAR
che, se giunge dopo il giorno dello sciopero previsto, può entrare nel merito ma non certo
discutere e decidere sull’unico provvedimento necessario, cioè la sospensione
dell’ordinanza.

Una cosa è contemperare il diritto dell’utenza alla mobilità con l’esercizio del diritto
di sciopero dei lavoratori, cosa diversa è vietare sistematicamente lo sciopero, sostenendo
di fatto gli interessi dell’azienda.
Ciò produce a nostro avviso più di un effetto:
1. si privano i lavoratori di un diritto costituzionalmente garantito;
2. si indebolisce consapevolmente la forza dei lavoratori e del sindacato;
3. mentre l’azienda, tra i sindacati, effettua una scelta impropria ed arbitraria tra chi
può e non può trattare soltanto in base ad un consenso preventivo alle decisioni
prese dalla stessa azienda, si rende meno forte quel sindacato che non è funzionale
ai desideri della dirigenza e della proprietà aziendale – si produce un danno enorme
al sindacato ed ai lavoratori che ad esso aderiscono;
4. si costruisce progressivamente una situazione esplosiva che oggi viene tenuta a
freno da un sistema basato sulla paura, ma domani potrebbe emergere in modo
drammatico;
5. tra l’altro si sta di fatto costruendo un sistema di “tutela degli interessi di un
vettore”, che a nostro avviso si potrebbe configurare anche come distorsione della
concorrenza, un paradossale impedimento proprio a quel “libero mercato” a cui a
parole si ispirano molti dei soggetti che hanno sostenuto l’attuale “soluzione Alitalia”
– è infatti evidente che se in un’azienda non si può scioperare, i lavoratori ed il
sindacato hanno meno peso specifico di quello espresso in aziende nelle quali è
libero il confronto e, se necessario, il conflitto;
6. si dice che SdL è un piccolo sindacato e significativamente meno importante di altri,
ma allora, se la situazione di Alitalia e dei suoi lavoratori viene da molti
rappresentata come soddisfacente e positiva, perché vietare uno sciopero che, se
fossero vere questi presupposti, non avrebbe alcun effetto?

Per questi motivi sono qui a richiedere un Vostro autorevole intervento perché venga
rimosso questo inaccettabile ed immotivato impedimento ad un diritto costituzionalmente
previsto e tutelato, a cominciare dallo sciopero previsto per il giorno 20. Precisiamo altresì
che siamo disponibili ad un incontro immediato con la dirigenza aziendale per evitare lo
sciopero e per ricostruire un ambito di confronto costruttivo tra le parti sociali.
Rimango in attesa di un Vostro gentile riscontro e disponibile a qualsiasi ulteriore
approfondimento ed incontro sulla materia posta alla Vostra attenzione.

Distinti saluti
Il Coordinatore Nazionale
Fabrizio Tomaselli
____________________
SdL Intercategoriale
Sede Nazionale: Via Laurentina, 185 – 00142 Roma – telefono: 06.59640004 Fax: 06.54070448 –
segreterianazionale@sdlintercategoriale.it – www.sdlintercategoriale.it (Beh, buona giornata).

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“In Francia gli operai sequestrano i manager, in Italia tre manager hanno sequestrato la vita di 20.000 lavoratori Alitalia.”

dal comunicato stampa di Segreteria Nazionale SdL Intercategoriale – Trasporto Aereo

Le notizie che cominciano a trapelare dalla stampa rispetto alle indagini della Procura della Repubblica sulle responsabilità dei precedenti Amministratori Delegati di Alitalia, Mengozzi, Zanichelli e Cimoli sul crack Alitalia, riaccendono finalmente la luce sulle vere cause che hanno rovinato il lavoro di 20.000 persone dipendenti dell’ex- Compagnia di Bandiera.
Altro che i privilegi delle maestranze, triste strumentalizzazione che abbiamo dovuto subire durante l’ultima vertenza: il disastro che ha depauperato un patrimonio industriale, professionale e umano dell’intero Gruppo Alitalia ha avuto ben altre origini.

Dobbiamo dire che tutta la serie impressionante di valutazioni negative e di pubbliche denuncie fatte dalla nostra Organizzazione Sindacale rispetto alla gestione di Alitalia durante il periodo di che va dal 2001 al Commissariamento del 2009, non solo non hanno trovato il dovuto ascolto, ma hanno addirittura provocato la reazione degli stessi dirigenti in termini di discriminazione ed emarginazione sindacale di SdL.

Alla fine, il conto è stato lasciato sulle spalle dei lavoratori e dell’intera collettività.
E’ compito della magistratura fare le indagini e determinare le possibili responsabilità, ma fin d’ora annunciamo che SdL si costituirà parte civile nell’eventuale processo che si venisse a determinare nel caso fossero confermate le prime indiscrezioni.

Ciò non lenisce i problemi che assunti in CAI, cassaintegrati e precari stanno vivendo sulla loro pelle a causa del fallimento di Alitalia, ma l’individuazione delle vere responsabilità di chi ha guidato l’Azienda, percependo tra l’altro lauti stipendi, potrebbe evidenziare ulteriormente l’iniquità dell’intero processo subito da 20.000 persone, oltre a rappresentare un atto di dovuta chiarezza e giustizia verso l’intera Nazione. (Beh, buona giornata).
14 maggio 2009

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Leggi e diritto

Alitalia: nuova compagnia, vecchi problemi.

Disservizi, ritardi, organici largamente insufficienti. Ma «conti migliori del previsto».
Intervista a Paolo Maras (segretario SdL) «Il peggio deve ancora venire: Cai è un modello contro i diritti del lavoro» di Francesco Piccioni-Il Manifesto

Ritardi, manutenzione incerta, disservizi, carenza di organico. Alitalia torna in prima pagina, ma con i conti – spiega il socio di riferimento, Jean-Cyril Spinetta, presidente di air France – «al di sopra delle attese». Ne parliamo con Paolo Maras, segretario nazionale dell’SdL- trasporto aereo, steward ora in cassa integrazione.

Quanti problemi ha la «nuova» Alitalia?

Che si faccia il bilancio dei primi 100 giorni è doveroso, ma era già noto che i problemi principali – ritardi, inefficienze, organici e condizioni del lavoro – fossero irrisolti. Non a caso avevamo sempre detto che attraverso questa operazione non passa solo la trasformazione da Alitalia a Cai, ma un treno micidiale addosso a diritti, conquiste, condizioni di lavoro. E anche una visione diversa da quella di una compagnia di bandiera, che presuppone comunque un interesse dello Stato nel garantire servizi ai cittadini. Oggi vediamo anche Formigoni e Castelli strapparsi i capelli per Malpensa, dove non funzione più nulla e i passeggeri rimangono a terra. Certo, se gli organici sono insufficienti, sia a bordo che a terra, succede questo.

Eppure si era detto che si voleva creare una compagnia grande, forte e «italiana».

Fin dall’inizio l’obiettivo era di tenere bassissimi i costi e il personale ridotto all’osso, confezionando un pacchetto appetibile per il migliore offerente. Che in Cai sappiamo essere «mister 25%», ovvero Air France. Che ora dice – traduco – «come fate a ottenere risultati superiori alle aspettative»? In Francia sequestrano i manager, qui avete distrutto sindacato e lavoratori e nessuno dice niente…

Previsioni fosche per i vostri colleghi francesi…

Appunto. In secondo luogo, Spinetta ha sollevato la politica italiana e il governo (quello che diceva «ai francesi, mai») da ogni responsabilità per la cattiva gestione precedente alla vendita. L’unico «colpevole» è stato trovato nel sindacato. Tutti, senza eccezione. Noi siamo convinti che il peggio debba ancora arrivare. Il «problema Alitalia» non c’è più, come la monnezza napoletana. Ma se si pensa che deve ancora la fusione effettiva tra le cinque aziende che compongono oggi la nuova Alitalia, è facile prevedere nuovi «esuberi» causati da queste sinergie.

Ma se già ora nell’«operativo» gli addetti sono pochi…

Se una macchina che ha bisogno di quattro assistenti di volo la fai partire con soltanto due, la legge della «sinergia » funziona anche in quel caso. I numeri delle assunzioni fatte sono fortemente squilibrati rispetto agli stessi impegni iniziali. Gli assistenti di volo – a quattro mesi dalla partenza – sono sotto organico di oltre 400 unità. Si parla ora di 190 assunzioni, che non coprono le necessità.

Le politiche del trasporto dipendono sempre più dalle scelte europee. Come si fa a tenere il punto del conflitto senza una qualche sponda politica?

La vicenda Alitalia è andata come è andata proprio perché c’è una desertificazione della politica. C’è necessità di riportare competenze vere, non ideologiche – insomma esperienze vissute, «sapere di che si parla» – dentro certe istituzioni. Per esempio, credo che la scelta di Andrea Cavola, mio compagno di lotte per oltre 20 anni – di candidarsi come indipendente con Rifondazione, sia assolutamente giusta. La sensazione di questi anni è che non importa quanto tu abbia ragione, quanti lavoratori hai dietro; tutto il sistema – anche l’informazione, con poche eccezioni – si muove a tutela degli interessi del «grande capitale ». Basta vedere il ruolo politico-mediatico del ministro Matteoli: di scioperi nel trasporto non si parla più, nemmeno a livello di annuncio, perché ogni giornalista sa che tanto lui li vieta sempre, con la precettazione. (Beh, buona giornata).

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Attualità

Volare Alitalia ai tempi della Cai.

Roma, 2 maggio:Lettera di due passeggeri del volo AZ628, pubblicata su ilmessaggero.it

Raccontiamo con tremendo disagio la disavventura capitataci a bordo di un volo alitalia (AZ00628) da Roma a Chicago del 25 Aprile 2009. Il viaggio inizia subito male con due ore di ritardo. Il volo schedulato per le 10.45, decolla alle 12.00. Sul monitor della cabina appare il tempo di volo e con disapprovazione apprendiamo che questo sarebbe stato di 10 ore e 30 invece delle 8 e 50 riportate sulla prenotazione.

Durante il volo notiamo una scarsa assistenza del personale di volo in particolare per quel che riguarda bevande e cibo. Inoltre due bagni dell’aereo erano fuori uso e pertanto i duecento e più passegeri avevano a disposizione solo i restanti due bagni. Davanti ai bagni era posto un orribile cesto di cartone posticcio dove i viaggiatori potevano gettare fazzoletti sporchi e altro…

Arriviamo comunque sopra Chicago e il capitano (nessuno di noi sapeva ancora quanto lo avremo sopportato) ci informa che a causa di maltempo il nostro volo doveva rimanere in attesa. Cominciamo perciò a girare sopra l’aeroporto per un’altra ora e poi veniamo dirottati su Indianapolis.

A Indianapolis inizia (o meglio continua l’incubo), l’aereo non riceve alcuna assistenza dal personale aeroportuale per tre ore durante le quali ci viene impedito di scendere (assenza della dogana) non ci viene data alcuna assistenza (niente acqua, niente aria condizionata, 30 gradi di temperatura) alcune persone iniziano a sentirsi male.

Il capitano ci informa che prima o poi sarebbe arrivato il servizio doganale e saremmo scesi. Ad un tratto colpo di scena. Il capitano ci informa che la compagnia aerea ha permesso un prolungamento delle ore di lavoro. Possiamo quindi ripartire verso Chicago.

Bisogna pero attendere il rifornimento: altro tempo. Rifornito l’aereo tutti pronti per partire: neanche per idea, il capitano ci informa che dobbiamo attendere il servizio aeroportuale di accensione dei motori. Altro tempo. Finalmente decolliamo da Indianapolis.

Dopo un’ora arriviamo sopra Chicago e il capitano ci informa che finalmente atterriamo. A circa 300 metri dal suolo, improvvisamente, l’aereo riattacca i motori e si rialza. Panico a bordo il capitano ci informa di non preoccuparsi (sfido chiunque a non farlo) e che il nuovo decollo era dovuto all’intenso traffico sulle piste (boh sarà vero? Nessuno ci ha creduto).

Atterriamo! Il capitano ci informa con voce indecisa, che purtroppo il nostro parcheggio sarebbe stato pronto in pochi minuti. I viaggiatori esausti (non esiste termine più forte altrimenti lo userei) urlano dalla disperazione. I pochi minuti diventano trenta. Usciamo alla fine dall’aereo in condizioni disperate affamati e assetati dopo 18 ore e mezza di permanenza in aereo (o meglio in una carretta del cielo).

Tutto ciò è totalmente intollerabile per l’incapacità della compagnia e del personale di risolvere più velocemente la situazione. Inoltre i numerosi passeggeri americani non credo sceglieranno ancora di volare con alitalia e ancora di più diffonderanno i solito odioso clichè della totale inefficienza del popolo italiano danneggiando l’immagine della gran parte del nostro popolo che ogni giorno lavora duramente con ottimi risultati.

Due passeggeri del volo AZ628

(2 maggio 2009)

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