L’allarme è stato innalzato: siamo a codice rosso. Non c’è più tempo per le riunioni segrete: alla luce del sole, Ferrara, Sallusti e Brachino varcano il portone di Palazzo Grazioli, l’ufficiale residenza romana di Silvio Berlusconi.
Un vero e proprio gabinetto di guerra mediatica: si pianifica il contrattacco. Il primo assalto arriva con l’artiglieria pesante: Ferrara invade il Tg Uno del direttore-fantoccio Minzolini,
monologa per sei lunghissimi minuti. Vogliono la testa del Re, dice
Ferrara. Viva il Re, sostiene Ferrara. Guai a chi tocca il Re, minaccia Ferrara.
Covava da tempo, si pianificava da mesi, ma ora ci siamo: è scoppiata la guerra totale, senza quartiere per la strenua difesa di Berlusconi e del berlusconismo. E’ una guerra civile, che sarà aspra, senza regole, feroce: contro la magistratura, contro gli editori della carta stampata, contro gli intellettuali, contro le opposizioni parlamentari.
Si cerca lo scontro finale e non c’è tempo di rispettare le regole democratiche. Niente a che
vedere con l’intervista di Ruby alla trasmissione Kalispera sumCanale 5, nella quale la ragazza marocchina ritratta tutto ciò che aveva detto nelle intercettazioni e nelle comunicazioni rese ai pm di Milano. Niente a che vedere neppure con la discesa in campo
delle “ministre” a difesa del Cavaliere: la Gelmini a Porta a Porta, la Carfagna a Matrix e la
Santanché ad Annozero.
Quello che si sta scatenando è, se possibile, molto più in profondità della valanga di videomessaggi auto-assolutori e intimidatori dello stesso premier alle tv.
Qui siamo allo schieramento tattico dell’elite militar-mediatica, l’estrema difesa personale del presidente del Consiglio fa quadrato, minacciosa e armata fino ai denti: la Guardia che non si arrende, che combatte fino all’ultimo uomo. Ferrara arringa e sventola mutande da un teatro milanese; una manifestazione anti-giudici davanti al Tribunale di Milano, ad uso e consumo delle tv; Il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi pubblica le foto di Neomi Letizia ad Arcore, per disinnescarne l’uso e dimostrare l’innocenza delle serate bunga-bunga
Ma tutto questo sferragliare di truppe, paradossalmente dimostra debolezza. Berlusconi si
sente accerchiato perché si è auto-accerchiato: sta facendo tutto da solo la sua personale Waterloo. Sta distruggendo tutto come a Stalingrado. Ma sente forte l’alito cattivo della sconfitta. Reagisce come una bestia ferita, e per questo è pericoloso. Ma nonci sono dubbi che le ferite inferte alla sua reputazione di uomo politico, di capo di governo sono ferite
profonde, sono ferite mortali. Non tanto e non solo per i reati ascrittigli, per i quali si rifiuta ostinatamente di rispondere davanti ai giudici. Ma soprattutto perché si rifiuta ciecamente di
cercare una via d’uscita politica.
In questo modo dichiara chiaramente, addirittura ingenuamente di non avere alternative.
La guerra, anche quella mediatica è la continuazione della politica, con altri mezzi. Berlusconi
i mezzi ce li ha. E’ la politica che gli manca. E’ questo, in ultima analisi il problema dei problemi,
che né Ferrara, né Sallusti o Branchino potranno risolvere.
Non ci sono alternative: sarà una guerra mediatica all’insegna della disperazione di perdere
tutto. Beh, buona giornata.