di Riccardo Tavani
Un film ingiustamente disconosciuto è senz’altro L’intrepido di Gianni Amelio, con una memorabile interpretazione di Antonio Albanese. Una pellicola disconosciuta innanzitutto dalla critica, che l’ha recensita negativamente, affibbiandogli, visivamente sulle pagine dei giornali o nel web, al massimo un paio di pallini, stellette, quadratini, ecc. Se questo ha influenzato preventivamente il pubblico a non andare proprio a vederlo, c’è da aggiungere subito dopo che il film è stato disconosciuto anche da molti spettatori che lo hanno visto.
D’altronde non è un film facile da recepire ed accettare. Ci descrive, senza falsa retorica, la nuda, cruda realtà della condizione di lavoro, e dunque di esistenza, di un’intera generazione. Anzi, dovremmo dire, di un’intera macro-generazione, in quanto non è più soltanto l’ultima generazione, ovvero quella dei più giovani. No, è un attraversamento di strati diversi di fasce di età, fino alla più adulta, se pensiamo alla beffa crudele inferta ai cosiddetti esodati, ovvero a coloro che, in procinto di andare in pensione, sono stati privati di ogni reddito e lasciati nudi alle nuove forme di intemperie sociali. Una cross-generazione per la quale, considerati gli elevati livelli di istruzione, è stato coniato il termine di cognitivato, in sostituzione di quello orami obsoleto di proletariato. Solo la fame, sia quella di giustizia che quella fisica, materiale, con i suoi morsi allo stomaco vuoto, rimane la stessa.
Antonio Pane, questo il nome del personaggio interpretato magistralmente da Albanese, fa di mestiere il rimpiazzo. Lui rimpiazza quella moderna forma impermanente e polivalente di figura lavorativa che è il precario. Il suo cognome già lo dice: il pane si accompagna con qualsiasi tipo di companatico. Inoltre, il vocabolo pan, in greco antico, significa anche tutto, che sta dappertutto. Il suo livello di cultura è tale che in uno di quei concorsi monstre con migliaia di concorrenti, è in grado di compilare in pochi minuti e senza nessun errore le centinaia di quiz sottoposti e di consegnarli, segnalando ai professori addetti le scorrettezze linguistiche che essi contenevano. In pochi minuti, sì, ma non senza aver prima passato la soluzione a una ragazza che vede in notevole difficoltà. Tanto sa che lui quel concorso non lo vincerà, ma vuol dare una chance a qualcuno come lui, ma che forse possiede meno risorse esistenziali di lui.
Antonio è separato da sua moglie, dalla quale ha avuto un figlio che ora studia al Conservatorio di musica e suona il sax in un gruppo che si esibisce nei centri sociali o altri luoghi alternativi. La passione per la musica l’ha ereditata dal padre e dal nonno, i quali, però, non sapevano leggere gli spartiti e suonavano ad orecchio. Paradossalmente, questo figlio, dato che la madre ha una sua posizione e si è anche risposata bene, ha un conto in banca e una carta di credito, con la quale si reca regolarmente allo sportello per fare… piccoli prestiti al padre. di verità. È l’esordio di una nuova forma di neo-realismo italiano, il quale ha richiamato per molti la lezione del 1951 di De Sica e Zavattini in Miracolo a Milano. (Beh, buona giornata)