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democrazia Leggi e diritto

Speriamo che piova.

Claudio Scajola è il nuovo presidente del Copaco. E’ stato eletto oggi all’unanimità nel corso della prima riunione del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti. Il diessino Massimo Brutti è stato eletto vicepresidente ed Emanuele Fiano, dell’Ulivo, è stato eletto segretario. Anche Brutti e Fiano sono stati eletti all’unanimità. Scajola vanta una onorevole, breve ma significativa presenza nel governo Berlusconi come Ministro dell’Interno. Può vantare l’operato delle forze dell’ordine durante il G8 di Genova: con l’ausilio di importanti esponenti di An, tra cui la fulgida presenza del vice primo ministro, on. Gianfranco Fini, che andavano e venivano nelle sale operative della Polizia e dei carabinieri, la gestione dell’ordine pubblico fu esemplare. Piazza Alimonda, la caserma Bolzaneto, la scuola Diaz sono i luoghi di un testimonianza imperitura. Claudio Scajola si è ulteriormente distinto in un’affermazione lusinghiera nei confronti di Marco Biagi, ucciso dalle nuove Br a Bologna. A proposito della richiesta ignorata di una scorta per Biagi, Scajola disse che Biagi era niente altro che un “rompicolglioni” ( testuale). Dopo un breve pausa, lo Scajola rientrerà nel governo Berlusconi bis. In un momento, quanto meno “delicato” del rapporto tra i servizi segreti e l’ordinamento democratico del paese, di cui alle recenti inchieste sull’operato del Sismi, in ordine al rapimento di Abu Omar, la nomina di Claudio Scajola a presidente del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti assume un significato di grande rilevanza metereologica: un colpo di caldo della attuale maggioranza, per il momento inspiegabile, come il il colpo di testa di Zidane a Materazzi. Speriamo che piova.

Beh, buona giornata,

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Sport

Lo show biz-zarro dei Mondiali.

“La situazione italiana – ha detto il commissario europeo agli Affari finanziari Joaquin Almunia – sembra stia volgendo al meglio e speriamo che la vittoria dell’Italia darà una spinta alla crescita economica e renderà ancora più raggiungibile l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% entro il 2007”.

Per l’Italia vincere la coppa dei Mondiali non è stata solo la conferma del valore sportivo e neppure una riscossa morale rispetto allo scandalo tutto nazionale di Calciopoli. Vincere potrebbe significare addirittura dare uno slancio alla crescita economica del Paese.

Anche se, secondo il rapporto dello Svimez, riguardo al 2005, la situazione è piuttosto grave. E i dati parlano chiaro: nello scorso anno il Sud è peggiorato rispetto al 2004 in Pil e occupazione, crescendo per il secondo anno consecutivo meno del Centro-nord. Il pil per abitante è rimasto a 16.272 euro, pari al 60,3% del Centro-nord (26.985 euro). La riduzione dell’occupazione si è ripercossa negativamente sui redditi da lavoro e quindi sulla spesa per consumi delle famiglie meridionali (-0,3%); il calo si è fatto particolarmente sentire nei beni primari : i consumi non durevoli si sono ridotti per la prima volta dopo molti anni. Il quadro mantiene tinte fosche anche per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri, che nel 2005 rappresentano in Italia appena l’ 1,2% del Pil, contro valori medi nell’Ue del 5%.

Sempre secondo l’indagine della Svimez, l’associazione “vittoria ai mondiali-ripresa economica”, sembra prendere sempre più piede. Per il sottosegretario all’Economia Mario Lettieri, lo “spot” dato dal successo mondiale, varrebbe oltre mezzo punto di Pil: “Potremmo certamente dire che vale più di un mezzo punto di prodotto interno lordo, anche se – ha commentato – non possiamo fare una previsione precisa perché sarebbe imprudente”.

Mentre per Lorenzo Bini Smaghi, membro del consiglio esecutivo della banca centrale europea, sostiene dice “La vittoria ai mondiali di calcio sul Pil? Non bisogna darci troppa importanza, credo che l’Italia avesse bisogno di questo indipendentemente dalla situazione economica”.
Il dibattito è aperto. Esponenti di governo ed economisti discutono su un possibile miglioramento del Pil derivante dalla vittoria mondiale a Berlino. Il ragionamento è semplice: la vittoria mondiale infonde ottimismo nella società, i consumi hanno una spinta e quindi l’economia riparte. La domanda è: riparte per dove? Beh, buona giornata.

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Lavoro Leggi e diritto

Quando i numeri sono neri.

Siamo talmente abituati al valzer delle cifre, delle percentuali, delle ricerche e delle statistiche che non ci rendiamo conto della gravità di certe notizia. Prendiamo, come esempio una recentissima indagine sul lavoro nero nell’edilizia.

Gli immigrati impiegati nell’edilizia sono sempre di più, spesso lavorano in nero e sono retribuiti peggio dei colleghi italiani. Così li fotografa l’ultima indagine Cgil-Fillea, il sindacato dei lavoratori edili che denuncia un aumento del lavoro nero: nel 2005 le posizioni di lavoro irregolari sono state quasi sei milioni, 286 mila in più rispetto all’anno precedente, pari al 16% dei lavoratori dipendenti. Gli extracomunitari, che guadagnano il 24% in meno degli italiani, sono quadruplicati nell’ultimo periodo.

Bene, cioè molto male: sappiamo quanto guadagnano in meno rispetto agli altri (24%,) sappiamo quanto il fenomeno sia in aumento (16%). Sappiamo che sono quasi 6 milioni, cioè tanti quanto sono gli abitanti di Roma e Milano messi insieme. Adesso che sappiamo tutto questo, c’è da chiedersi: il lavoro nero è una moda o un reato? E se è un reato che va di gran moda, visto che sappiamo tutto, che si aspetta a perseguirlo?

Insomma, se ne conosciamo così bene le caratteristiche, tanto da trarne numeri e percentuali, vuol dire che sappiamo anche dove si consumano questi reati e chi li compie. Che si aspetta a perseguirli, l’aggiornamento delle prossime tabelle?

Tutta questa storia ha dell’incredibile, se si pensa che, fino a non molto tempo fa, c’era nel governo precedente chi sosteneva che il lavoro nero e il guadagno sommerso era da considerarsi come una ricchezza per il paese. Però, fa anche riflettere che, come ebbe a dire un giornalista tedesco tempo fa, in Italia gli scandali non sono fatti, sono opinioni. Tanto è vero che, invece che tenerli nascosti, censurando, come si sarebbe fatto un tempo, oggi il modo migliore per occultare la verità è fare statistiche, snocciolare cifre e percentuali.

Così, attratti dal fascino dei numeri, perdiamo di vista che a ognuna di quelle cifre corrispondono persone in carne e ossa, alle quali si negano diritti, si comminano frustrazioni, si assegnano umiliazioni.

Una volta si diceva che la matematica non è un’opinione. In realtà, nella comunicazione moderna, la matematica è diventata una pessima abitudine.
Beh, buona giornata.

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Lavoro

La diaspora delle idee.

Scrive Science, la famosa rivista scientifica, che eminenti cervelli costretti a emigrare in Paesi sviluppati vorrebbero aiutare i loro Paesi d’origine a emergere dal sottosviluppo. Però c’è un però: il loro desiderio si scontra con il vuoto di programmi congiunti tra Paesi occidentali e in via di sviluppo. Scienze riferisce quanto è emerso da un’indagine condotta su un cospicuo gruppo di ‘cervelli in fuga’, compiuta presso l’ateneo di Toronto e intitolata ‘Diaspora scientifica’. Bello il concetto di diaspora scientifica. Brutto che il fenomeno riguardi anche il nostro paese, più avvezzo a occuparsi di veline e calciatori che di ricercatori.

Ma perché i ricercatori se ne vanno all’estero? Ce lo dice una ricerca del Censis. In Italia sono circa 2 milioni e mezzo i lavoratori precari, più di uno ogni dieci occupati. Lo afferma il Censis, sulla base di dati Istat. Si tratta dell’11% del mercato del lavoro, fra contratti occasionali, a progetto e a tempo determinato. I lavoratori atipici sono giovani (il 57,4% ha meno di 34 anni), in maggioranza donne (il 14,7% contro l’8,7%) e con livelli di istruzione elevati (il 14,1% ha la laurea, l’11% il diploma) e si concentrano soprattutto al centro (11,5%) e al sud (13,9%).

Insomma, in Italia c’è un ben di dio di intelligenze sottovalutate, frustrate e sottopagate. Infatti, si vede come vanno le cose, quando carriera la fanno i mediocri: basta guardare la qualità delle persone che fanno politica, televisione, pubblicità. Dice: sono i risultati che contano. Rispondo: ma è proprio di quelli che stavo parlando. Beh, buona giornata.

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Attualità

Una informazione contro una corporazione.

Un lettore mi scrive a proposito di “Non costringeteci a fare di tutti i tassisti un fascio”, rispondendo al quesito come si può fare a meno del taxi all’aeroporto di Genova. Ecco il testo:
“Per quanto riguarda Genova” posso risponderti io: esiste una linea “accelerata” che dall’aeroporto arriva in centro effettuando solo le fermate principali delle linee normali, il biglietto ha un prezzo più alto, ma può essere utilizzato per tutto il giorno sulle linee cittadine.
Attualmente le partenze sono grosso modo ogni mezz’ora, e fino a qualche tempo fa correva la cattiva leggenda metropolitana che la tabella di marcia fosse fatta appositamente per essere in coincidenza con il minimo numero possibile di voli, per non “dare fastidio” ai tassisti, che (sempre secondo la leggenda) non vedevano troppo di buon occhio questa concorrenza dell’autobus…
Come ho detto, si tratta di una mala diceria. Però, chissà, “a pensar male”…
Metto a disposizione di tutti queste indicazioni, con la speranza di ottenere analoghe informazioni da Torino. La buona informazione combatte le pessime corporazioni. Beh, buona giornata

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Natura

Napoli piange, Milano non ride.

Legambiente, la famosa organizzazione ambientalista boccia l’Italia, senza appello. Napoli per rifiuti e trasporti. Milano per smog e polveri sottili. Molte altre città italiane sono decisamente lontane dagli standard europei. Ultime in classifica. Il dato emerge dal primo identikit ambientale delle metropoli della Unione europea a 25, “Ecosistema Urbano Europa”, messo a punto da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia.

Stando a questi numeri, Napoli risulta la città più insostenibile d’Europa. Il capoluogo partenopeo è in coda per tutti i parametri presi in considerazione dalla ricerca, dalla raccolta differenziata (solo il 5% del totale) alle gravi inefficienze nel trasporto pubblico e alla depurazione delle acque. Qui le isole pedonali e le piste ciclabili restano un miraggio.

Ma non sta certo meglio Milano, al penultimo posto della classifica. Il capoluogo lombardo risulta addirittura il peggiore del continente per lo smog e per le polveri sottili ed è secondo solo a Parigi quanto ai livelli di ozono. Al quintultimo posto troviamo Roma, con parametri negativi riguardo lo smog e i rifiuti, ma si salva nel trasporto pubblico e sull’energia solare.

In un paese così arretrato dal punto di vista ambientale, non vi sembra che anche andare a fare shopping rischia di essere un rischio per la salute? Hai voglia a fare pubblicità: qui se non cambia l’aria, che volete che aria tiri per i consumi.

Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Osama bin Laden è stato retrocesso in serie B.

La notizia è stata riportata dal New York Times, che ha ripreso la National Public Radio. La notizia, diffusa in Italia dall’Ansa è questa: la Cia ha smantellato la sua unità specializzata per la caccia a Osama bin Laden, il miliardario saudita leader di al Qaeda.

L’unità, battezzata Alec Station, ha operato dal ’96 al 2005, quando i suoi analisti sono stati riportati al centro antiterrorismo Cia.

Evidentemente, Alec Station non ha cavato un ragno dal buco, né un bin Laden da una grotta dell’Afghanistan.

Secondo fonti interne, l’agenzia preferisce ora concentrarsi su aree geografiche piuttosto che su individui o organizzazioni. Insomma, la Cia non gioca più a uomo, ma gioca a zona: in Iraq e in Afghanistan, magari in Somalia e, perché no, anche in Iran.

E’ il fallimento della più grande campagna pubblicitaria mai realizzata dagli Usa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale: sono state sprecate inutilmente migliaia di ore televisive e radiofoniche, quintali di inchiostro, decine di milioni di pagine web per costruire il nemico pubblico numero uno del mondo occidentale globalizzato.

Vi giuro che lo prenderemo, aveva detto il piccolo Bush, emulo di quel “read my lips”che costò la rielezione al babbo.

A questo punto, la domanda è semplice semplice: se la cattura di bin Laden non è più una priorità per gli Usa, perché la presenza delle truppe italiane in Afghanistan lo dovrebbe essere? Beh, buona giornata.

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Attualità

Non costringeteci a fare di tutti i tassisti un fascio.

Mai visti tanti taxi, come in queste ore. Sarebbe a tutti piaciuto ce ne fossero quando ce ne era bisogno. Tanto più che ognuno li paga, tanto più che operano su licenza di trasporto pubblico. Però, siamo in un paese democratico, e la nostra Costituzione, riconfermata dal risultato Referendum , tanto per essere chiari, tutela il diritto di sciopero.

Lo so che gli altri lavoratori dei trasposti devono dichiarare gli scioperi con un netto anticipo, lo so che il codice di autoregolamentazione vieta gli scioperi in prossimità dei grandi esodi.
Lo so che bisognerebbe garantire le fasce protette.

Ma i nostri tassisti pensano di vivere ancora nel paese della cuccagna: Francia o Spagna, basta che se magna. Alcune schegge impazzite dell’ex maggioranza di governo soffiano sul fuoco della protesta. Buon per loro, se gli va di fare questo errore: ne hanno fatti talmente tanti da perdere tre elezioni consecutive. Questo segna il tassametro: volete la ricevuta?
Va bene, allora ecco la ricevuta della democrazia.

Cominciamo da Roma.
Per chi parte o arriva da Fiumicino, un ottimo sostitutivo del taxi è il treno: parte da molte stazioni dell’anello ferroviario, costa poco, ha l’aria condizionata. La stazione ferroviaria è all’interno dell’aeroporto. Il treno arriva alla stazione Termini: lì c’è la metropolitana e gli autobus.

Per quanto riguarda Milano.
A Linate, per chi parte o arriva, c’è la linea 73, che fa capolinea dall’aeroporto di Linate, costa 1 euro, i biglietti si comprano nelle edicola della airterminal. Il 73 (la 73, coma le chiamano a Milano) percorre lo stesso tragitto dei taxi, cioè entra in città percorrendo via Forlanini. Il capolinea è in viale Europa, a due passi due da piazza San Babila: lì c’è il metrò, linea rossa.
C’è anche un pullman per Stazione Centrale.
Per chi arriva o parte per Malpensa, c’è il Malpensa Express, treno che origina dalla Stazione Nord, in piazzale Cadorna: anche lì c’è la stazione del metrò e gli autobus.

Per quanto riguarda Genova e Torino ci sono mezzi pubblici che fanno lo stesso servizio: posso chiedere ai lettori che vivono in queste due città di indicare i mezzi di trasporto che dai rispettivi aeroporti portano in città e i relativi collegamenti urbani? Beh, buona giornata.

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Società e costume

Il supporto cartaceo.

Ricevo un invito per una mostra via e-mail. Nella riga di accompagno l’allegato, trovo scritto: “Segue invito cartaceo”. Un giovane art director mi chiede un colloquio e mi dice se preferisco vedere i suoi lavori su cd o su “supporto cartaceo”. Vado da un cliente che premuroso mi chiede: “ Ha bisogno un proiettore e presentate su “cartaceo”. Cartaceo, suona spregiativo, sa di vetusto, di out. La carta stampata è diventata “cartaceo”. Dunque, non si giudicano i contenuti, ma i veicoli che li trasportano. Vanno di moda i giornali on line, le riviste on line, anche i libri stanno per lasciare il passo agli “audiolibri” su cd. Così uno va dal giornalaio e chiede: “mi da il cartaceo di oggi?” Oppure va in libreria e chiede un libro: “Mi dispiace, è terminato. Se vuole ho una copia cartacea.” Cartaceo. Come se non si dovesse leggere, ma guardare. Vedere. Ascoltare. Uno che legge è rimasto all’età del Cartaceo, era primordiale più vicina all’età della pietra che a quella dell’oro.
Uno degli scrittori giapponesi più noti in Italia, Haruki Murakami, sta vincendo una singolare battaglia: difendere chi scrive ancora a mano. Murakami settimane fa ha scritto sulla rivista ‘Annali letterari’ un articolo in cui si sollevava per la prima volta in Giappone il problema della destinazione dei manoscritti affidati agli editori. Lo scrittore giungeva a definire “una sorta di furto” la tendenza nipponica a non restituire all’autore la stesura originale di un’opera dopo la pubblicazione. La domanda è: gliel’ha scritta via e-mail o a mano su un “supporto cartaceo”?Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia Società e costume

E’ stato inventato il computer da polso.

E’ una invenzione tutta italiana, è stata messa a punto dall’azienda Eurotech, specializzata nella produzione di computer miniaturizzati.
Pesa meno di 300 grammi, due etti e nove, si connette in rete e ha un cinturino rigido per agganciarlo al polso, in modo da lasciare le mani libere a chi lavora in situazioni difficili, come vigili del fuoco e medici.
“I computer indossabili ci regaleranno nuova libertà di movimento, rivoluzionando le nostre abitudini”, ha detto Roberto Siagri, presidente dell’Eurotech. Vero. Sarà come avere un orologione, sul quale digitare con un mano sola. E mentre si fanno cose con le mani, l’orologione sarà sempre a portata di coda dell’occhio.
Questo nuovo pc da polso ha un display da 65k 72 x 55 mm da 65.000 colori TFT, e grazie ad una penna apposita applicata al laccio (che è flessibile e disponibile in diversi modelli anche a seconda che siate destrorsi o mancini) è possibile interagire con il touchscreen. Il nuovo pc da polso include un ricevitore GPS, Bluetooth v1.1 e, grazie alla tecnologia wireless, può essere tranquillamente connesso senza cavi ad un qualsiasi computer centrale. Le batterie hanno una durata di sei ore in utilizzo continuo.
Secondo gli uomini della Eurotech, il pc da polso è stato studiato per le attività di logistica (magazzinieri), per la sanità (paramedici), per i vigili del fuoco, per la polizia e, immancabilmente, per le forze armate. Come per tutte le innovazioni, questo pc da polso ha senza dubbio il suo fascino, non solo legato al suo desing, ma per fatto che sancisce, è proprio il caso di dirlo, l’avvento dell’informatica pret a porter. Con quel tanto di attrattiva “fantascientifica” che ci restituisce la tecnologia miniaturizzata: dal calcolatore ai pc, dal pc al portatile, dal palmare al pc da polso prosegue imperterrita la corsa della fantatecnologia, come dire che le grandi idee diventano sempre più piccole, più comode, più maneggevoli.
Rimane il problema dell’uso che se ne fa, esso dipende da larghe vedute, ampie intuizioni, grandi idee umane. Che si scontreranno sempre con la mediocrità e la pochezza di chi crede che la tecnologia risolve tout court tutti i problemi umani. Mettete un computer miniaturizzato al poso di un microcefalo e avrete la certezza che sta per succedere un grosso guaio. (Beh, buona giornata)

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