“Si avvisa che quest’anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati”. C’è scritto questo su un cartello posto all’interno del presepe della Cattedrale di Agrigento alla vigilia dell’Epifania. Beh, buona giornata.
Categoria: Società e costume
Barack Obama rompe un altro tabu’: ha nominato un transessuale nell’amministrazione: Amanda Simpson, Consigliere Tecnico Anziano del Ministero del Commercio. Lo ha reso noto il sito web della Abc citando la stessa Simpson che si e’ augurata, come “primo transessuale nominato dal presidente di essere seguita da altre centinaia”. Nella sua vita precedente da uomo, Simpson era un pilota collaudatore di aerei da guerra. Beh buona giornata.
Due casalinghe di Marghera rubano merce e alimentari per 165 euro al supermercato Alì di Dolo e vengono arrestate in flagranza per furto aggravato dai carabinieri della Tenenza di Dolo. Ora si trovano in carcere alla Giudecca in attesa di un processo con rito direttissimo che dovrebbe tenersi nei prossimi giorni proprio a Dolo.
È quanto successo martedì scorso a S.M. di 53 anni e A. L. (55), entrambe casalinghe di Marghera con una situazione familiare alle spalle davvero pesante, fatta di disoccupazione e problemi reali di sostentamento. Le donne, incensurate, forse in preda alla disperazione hanno deciso di agire e far razzia in un supermercato per passare un Natale con la famiglia sicuro almeno dal punto di vista alimentare.
Il fatto ha suscitato molto scalpore a Marghera dove da tempo diversi consiglieri di Municipalità denunciano una situazione sociale sempre più pesante.
«Al di là del fatto in sé che non conosco e che è condannabile – dice Bruno Gianni, consigliere dei Comunisti Italiani – resta la situazione di questo quartiere che, con la crisi, è diventata sempre più pesante. Ci sono decine e decine di famiglie sull’orlo della miseria per la perdita del posto di lavoro. Questi episodi possono essere visti anche come una spia del disagio in atto». Beh, buona giornata.
Elena Russo: “Con Berlusconi molto più che sesso”.”Inutile essere ipocriti: tutti siamo dei raccomandati.” da blitzquotidiano.it
Vi ricordate Elena Russo, l’attrice “raccomandata” da Silvio Berlusconi nel 2007 al capo di Rai Fiction Agostino Saccà in una delle ormai famose telefonate intercettate? La procace attrice che venne assoldata dal governo come protagonista del discusso spot per “celebrare” la “pulizia” di Napoli dalla Monnezza? Ora, anche lei, ha deciso di parlare: «Fra me e Berlusconi? Molto più che sesso», dice dalle colonne di “A”, in edicola dal 9 dicembre.
«La mia frequentazione con lui -spiega- va ben oltre il sesso, è fatta di stima e di rispetto. Anche se non posso negare che all’inizio lui mi abbia rivolto degli apprezzamenti sul mio aspetto fisico. Io sono una persona che ama divertirsi e lui pure. Ogni volta che ci vedevamo per lui era una parentesi rilassante».
Sulla famosa raccomandazione a Saccà, all’epoca direttore di Rai Fiction, risponde: «Inutile essere ipocriti: tutti siamo dei raccomandati. Chi, avendo l’occasione di essere segnalato, non la prende al volo? Poi, però, non basta, perchè se non vali niente alla fine non vai lontano. Comunque Berlusconi non ha fatto altro che sensibilizzare una persona, che conoscevo da anni e mi stimava, per farmi fare un provino». (Beh, buona giornata).
di PIER LUIGI CELLI (*)-da repubblica.it
Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.
Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l’idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l’affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.
Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all’attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E’ anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l’Alitalia non si metta in testa di fare l’azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell’orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d’altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l’unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.
Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po’, non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato – per ragioni intuibili – con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all’infinito, annoiandoti e deprimendomi.
Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.
Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.
Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.
Preparati comunque a soffrire.
Con affetto,
tuo padre
(*) L’autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.
(30 novembre 2009)
Beh, buona giornata,
Era Brenda il pc da “spegnere”. Nella sua testa i file dell’industria del ricatto, di LUCIO FERO-blitzquotidiano.it
La scena del crimine ci dice di un omicidio con intorno tanti piccoli “effetti speciali” lasciati per confondere – Oppure di una spedizione punitiva e intimidatoria diventata omicidio per eccesso di zelo criminale – Come che sia, vanno da Brenda perché è l’anello debole di una catena, l’anello che sta per spezzarsi – Una catena che, a risalirla, conduce non tanto a nomi di clienti noti, quanto a nomi di clienti ricattabili – E quindi ad un’altra e parallela catena, quella dell’organizzazione criminale che ricattava
L’hanno ammazzata, ma come e perché? Rispondere alla seconda domanda è più facile che ricostruire la dinamica del delitto: Brenda è morta perché qualcuno aveva una disperata urgenza di tappare una possibile falla, un “buco” che avrebbe smagliato oltre che scoperto una rete che aveva pescato denaro, molto denaro. Molto più di quanto si incassa vendendo sesso. Chi ha ucciso si è assunto un gran rischio: colpire Brenda, anche il semplice recarsi da lei significa accendere e stimolare ogni tipo di indagine. Un rischio che ci si assume quando si è insieme quasi disperati e certamente impegnati a coprire, “proteggere”, qualcosa che non è la prostituzione e che vale, in moneta, molto di più. Qualcosa che può essere soltanto un modo di far soldi, tanti, e la rete che i soldi li faceva. E l’unica cosa che Brenda poteva possedere di così prezioso erano informazioni. Informazioni su come i clienti dei trans rendevano molto di più delle tariffe che pagavano per un’ora o per una notte. Brenda è morta perché aveva terrore di quel che sapeva e quel terrore le stava facendo perdere il controllo. Chi l’ha uccisa o ne ha provocato la morte aveva bisogno del controllo sulle sue informazioni, Brenda non lo garantiva più. Qualcuno è andato a casa sua per riprenderselo.
La scena del crimine, come al solito “parla”. Dice molto, anche se con lingua “biforcuta”. Poco più di venti metri quadrati tra una stanzetta con angolo cottura, un bagnetto, un soppalco. Non un indirizzo segreto ma una sorta di rifugio privato. Non il luogo di incontri occasionali con occasionali clienti. Questo esclude la lite degenerata in tragedia, violenza. Violenza che sul corpo di Brenda non c’è.
Corpo, cadavere che è sul soppalco, accanto una bottiglia di whisky, di sotto valigie piene, come già pronte per una partenza. E un borsone della vittima con sopra traccia di un liquido infiammabile, l’innesco di un incendio, forse non il solo punto in cui quel liquido è stato sparso e l’incendio innescato. Incendio, fuoco che genera fumo e di fumo inalato, di esalazioni tossiche respirate Brenda muore.
Può essere andata così: qualcuno o più d’uno vanno per ucciderla. È questa la missione, senza mezzi termini. Non si fidano, la giudicano irrecuperabile, incontrollabile. La ammazzano con qualcosa e in qualche modo che l’autopsia e gli esami tossicologici diranno. Il resto è messa in scena: la bottiglia a depistare (ma fino a quando?) verso l’ubriacatura, le valigie riempite ad arte a simulare una fuga, il fuoco appiccato come sfregio o firma, lo stesso computer di Brenda infilato nel lavandino sotto il getto d’acqua lasciato lì come si lascia un sasso in bocca alla vittima di mafia che ha parlato o stava per parlare.
Oppure può essere andata altrimenti: qualcuno o più d’uno vanno per zittirla, non necessariamente per spedirla al cimitero. La minaccia è teatrale e violenta: il computer “affogato” ad indicarle cosa può accaderle, il fuoco appiccato come “saluto” perché definitivamente Brenda capisca. Una Brenda che non è morta quando il fuoco parte e che però non si sveglia e muore soffocata, i medici legali diranno perché non si è svegliata.
In entrambi i casi quel che va protetto e spento non è nel computer. Se lì dentro c’è qualcosa da non far uscire, se lì dentro c’è il “secondo video” con Marrazzo e con altri che non si devono vedere, se questo è quello che si vuole oscurare, il computer non lo si lascia lì, lo si porta via. Nessun danneggiamento del computer può dare la garanzia che poi gli investigatori non saranno capaci di “leggerlo”. È Brenda che deve tacere, non il computer. Se sono andati lì per ucciderla non l’hanno certo fatto con il fumo nè potevano pensare di ucciderla così: non c’era, non ci poteva essere la garanzia che soffocasse, anche se stordita, anche se drogata.
La scena del crimine ci dice di un omicidio con intorno tanti piccoli “effetti speciali” lasciati per confondere. Oppure di una spedizione punitiva e intimidatoria diventata omicidio per eccesso di zelo criminale. Come che sia, vanno da Brenda perché è l’anello debole di una catena, l’anello che sta per spezzarsi. Una catena che, a risalirla, conduce non tanto a nomi di clienti noti, quanto a nomi di clienti ricattabili. E quindi ad un’altra e parallela catena, quella dell’organizzazione criminale che ricattava. Il ricatto, era questa “l’industria”. Non il sesso e neanche la droga. Industria del ricatto che ha bisogno di informatori, staffette, esattori, addirittura a suo modo di intelligence. Un’industria che andava protetta perché vasta e remunerativa. Brenda muore soffocata dal fumo, dalla voglia ed esigenza criminale di tapparle la bocca e, soprattutto, soffocata dalle informazioni che aveva in testa e in memoria. Ma i suoi assassini almeno un grande errore l’hanno commesso: uccidendola o provocandone la morte hanno indicato con chiarezza cosa cercare: l’industria del ricatto. (Beh buona giornata)
LI’ DOVE VOLANO GLI AVVOLTOI, una short story di Mattia D’Alessandro.
Rientrai a casa, feci il caffè. Il caffè riporta sempre l’equilibrio. La star del momento mi aveva divorato con la sua rinomata voracità. Tutti me ne avevano parlato, ma io non ci credevo. Ora ero nel suo ventre molle. Ogni volta che mi addormentavo, da quel lunedì di ottobre, sognavo me stesso chiuso in quella placenta aliena. Era il suo ventre ed io lo sapevo. Chiudevo gli occhi ed ero nel grembo della più grossa sgualdrina che il genere disumano abbia mai conosciuto. Gennaro e Luca erano a scuola e non sarebbero rincasati prima delle due. Il caffè, come al solito, non ebbe i suoi classici effetti. Sprofondai nel divano.
La mia postura nel grembo della star era molto diversa da quella fetale. Mi aveva ingoiato del basso. Era come essere chiusi in un sacco a pelo di tessuto organico.
Ero disteso su una striscia di asfalto bollente ed infinita. Intorno prati sterminati. Sintetici di nuova generazione. Sopra di me, un cielo di piombo. Enormi avvoltoi teste di manager volavano in cerchio sopra il mio corpo immobile. La sentivo gracchiare risate e sputare sentenze. Evitavo il loro sguardo. La particolare caratteristica dell’avvoltoio testa di manager è la sua aggressività. E’ l’unico volatile aziendale che attacca anche solo per dimostrare il proprio valore all’interno del branconsiglio di amministrazione. Iniziò a nevicare. Palle di carta. Le classiche con cui si fa canestro in ufficio. Nevicò con un’intensità tale, che in dieci minuti ero ricoperto di palle. Quei maledetti avvoltoi sembrava ridessero di me. Non lo capii mai.
Provai a prenderne una. Era difficile nel mio essere immobile. Ne agganciai una con la mano sinistra. La scartocciai nella mano e alzando leggermente il capo, riuscii a leggere qualcosa. Era una cambiale. Ero sommerso dai pericolosissimi “ pagamenti perenni”. Cambiali, mutui, rate di qualsiasi genere e altre mille ancora. Iniziai a sentire freddo. Troppo freddo. Meglio svegliarsi.
Avevo sognato quasi due ore. Preparai il pranzo. Mia moglie mi chiamò. Le parlai della star. Parlammo tanto. Il sugo bruciò. I bambini tornarono. Tutti in trattoria, che gli ultimi spiccioli si porta via.( potrebbe continuare…)
(Beh buona giornata).
(Fonte: AGI).
L’Italia e’ sempre piu’ corrotta. O almeno e’ percepita come tale. Il nuovo rapporto di ‘Transparency’ ha fatto precipitare il Belpaese dalla 55ma posizione dell’anno scorso alla 63ma di quest’anno, con un punteggio di 4,3 contro il 4,8 del 2008. Meglio dell’Italia si piazzano la Turchia e la Slovacchia. I Paesi meno corrotti sono la Nuova Zelanda e la Danimarca, quelli che fanno peggio sono la Somalia e l’Afghanistan. Beh, buona giornata.
Ho sognato la star del momento, un racconto di MATTIA D’ALESSANDRO
Esasperati ed esasperanti colpi di tosse. Fu così che mi svegliai. Note poco note di bassi baritonali. Ero perfino riuscito a creare una melodia nella mia mente. A colpi di polmone. Fuori non si vedeva, ma sembrava il solito lunedì d’ottobre. Scesi dal letto, la mia spina dorsale si drizzò. Una sensazione mai sentita prima. La parrucca della zia Ester galleggiava su un mare di inchiostro. Tutto galleggiava su un mare di inchiostro. Poi qualcosa mi azzannò la caviglia. Svenni.
Al mio risveglio ero ancora nella stanza piena d’inchiostro. Mi affacciai dal letto per vedere a terra, tutto era stato pulito. Sui muri ancora i segni di quel mare nero. Cos’era stato? Di colpo ricordai del morso alla caviglia. Scalciai le coperte per vedere i segni. Quello che apparve da sotto le coperte era ed è ancora difficile a narrarsi. Un colpo di vento spalancò le finestre. Poi qualcosa di vivo mi avvolse e con me, tutta la casa. Non riuscii più a guardarmi le caviglie. L’aria era satura di polvere. Feci appena in tempo a rannicchiarmi sotto le coperte. Mi addormentai.
Rimasi un tempo infinito tra sonno e sogno. Continuavo a vedere le mie caviglie. Un mostro, mai visto prima, stava mordendole. Anzi peggio. Iniziava ad ingoiarmi, ma con lentezza. La sensazione era quasi piacevole, ogni tanto però, il mostruoso essere scaricava delle piccole dosi di elettricità sulle mie carni. Ero rapito da quella cosa. Non mi sarei mai più svegliato.
Salutai i miei piccoli, uno sguardo sfuggente alla foto di mia moglie. Entrai in macchina.
Temperatura interna: meno cinque gradi centigradi. Avvertii ancora un leggero mal di testa fino all’arrivo in azienda. Il posto auto, interno. Cancello automatizzato. Schiacciai il pulsante per l’apertura, nulla.
Dall’altro ingresso, grida e schiamazzi. Scesi dall’auto, mi avvicinai, nel gelo. Un cordone di polizia piantonava l’ingresso. I colleghi erano disperati. Alcuni cercavano di sfondare il cordone. Volò qualche manganellata.
Rientrai in macchina e tornai a casa. Mentre guidavo mi tornò in mente il mostro del sogno. Mi aveva già divorato, ero disoccupato.
Potrebbe continuare…
(Beh, buona giornata)
Ci siamo tolti anche questa croce di GIORGIA SPINA.
Una mattina l’Italia si sveglia e vede smontato un altro mito.
Dopo i giorni dei Lodi di un premier che si è guadagnato, da solo, anche tante infamie e delle sentenze che dichiarano che i “Primi super pares” vengano lasciati nei libri di latino, finalmente questo Paese mette una croce sopra un altro dei grandi dilemmi degli ultimi tempi.
Con buona pace della Santa Sede, l’oggetto simbolo del culto cristiano, da questa mattina, non assisterà più alle lezioni nelle scuole italiane.
Impossibile pensare che la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo non scatenasse il putiferio. Beh, cosa ci aspettavamo? Gli ultimi eventi ci avevano fatto credere in segnali di miglioramento, ma mica a un miracolo?
Il Dizionario della Lingua Italiana Garzanti, alla voce “croce” , scrive, in prima definizione quanto segue: “antico strumento di supplizio fatto con due pali di legno incrociati. […]”. Beh, che si trattasse di una rogna lo avevamo capito, visto tutto il polverone sollevato dal caso.
In seconda definizione, sempre il Garzanti, continua: “ riproduzione della croce di Cristo, assurto a simbolo della religione cristiana”. Ecco, leggiamo bene: simbolo della religione cristiana.
Ora, in un libretto che molti hanno cercato di interpretare a proprio favore e piacimento, dal titolo di Costituzione, all’articolo 7 si legge: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. […]”.
A questo punto, la domanda nasce spontanea (come diceva qualcuno in un vecchio programma tv): c’è ancora qualcuno che sa dell’esistenza di una Costituzione e di un Dizionario della Lingua Italiana come testi realmente esistenti e non come il fantasma del Bau bau? Perché prima di fare tanto chiasso da pollaio, non lasciamo il libro di Moccia sul comodino e ci avviciniamo a qualcosa che potrebbe ben indirizzare le nostre opinioni e le nostre eventuali proteste?
Se non fosse ancora del tutto chiaro il concetto, la presenza di un simbolo di culto religioso all’interno di un’istituzione laica, in quanto statale (chiamasi proprietà transitiva. In matematica la si studiava suppergiù in terza elementare.), come la scuola, non è giustificata.
Per essere esaurienti e corretti fino in fondo: l’articolo 7 sopra citato recita, inoltre, che i rapporti tra lo Stato e la Chiesa sono regolati dai Patti Lateranensi. Tali Patti trattano anche dell’istruzione, nella Scuola Italiana, alla religione cattolica.
La religione è quindi, da considerarsi, una materia di insegnamento all’interno dell’istituzione scolastica. Liscio come l’olio.
Ma nelle aule compaiono forse poster di Manzoni e Leopardi? Foto di Pitagora? Quadri delle battaglie e dei personaggi che hanno fatto la Storia? Dipinti di Monet, Caravaggio e Warhol? Piuttosto che classi sembrerebbero bazar! Eppure anche la Letteratura, la Matematica, la Storia e l’Arte sono materie d’insegnamento della nostra Scuola Italiana. Se poi ci dice sfiga e la Scuola è un Liceo, come la mettiamo con tutti i filosofi?
E ancora: se consideriamo che molte religioni sono da considerarsi, per i non praticanti, delle filosofie, Maometto, Buddah e il dio Piripicchio, o chi per lui, li mettiamo in girotondo accanto alla croce, o sotto braccetto a Hegel?
Qui non si discutono credenze personali, non si vuole rinnegare o disprezzare alcun culto, ma semplicemente sottolineare, se ancora ce ne fosse bisogno, che a Scuola si impara, non si prega. Per quello hanno costruito le chiese.
A oggi quel che conta è che hanno tolto i crocifissi dalla Scuola. Andate in pace. (Beh, buona giornata)
(fonte:repubblica.it)
La crisi cambia il consumo e gli italiani fanno di necessita’ virtu’. Guariti dalla smania dell’acquisto i cittadini hanno imparato a comprare meno, meglio e ottenere piu’ soddisfazione dalla spesa “competente”. E, dall’equazione “piu’ consumi uguale piu’ felicita'” si e’ passati alla formula “meno consumo piu’ vivo meglio” (79,7%). Il ritratto del nuovo consumatore e’ stato dipinto dall’Osservatorio sui consumi degli italiani, indagine annuale di Consumers’ Forum, l’associazione che riunisce le maggiori associazioni dei consumatori e le piu’ grandi aziende italiane, curata da Giampaolo Fabris e Ipsos e presentata stamane in occasione del decennale. “I consumatori sono diventati piu’ esperti, chiedono alle aziende piu’ qualita’ e alle associazioni che li rappresentano piu’ presenza”, ha spiegato Sergio Veroli, presidente di Consumers’ Forum. “Il nuovo consumatore e’ per necessita’ piu’ attento a non sprecare, al rapporto prezzo-qualita’ e piu’ responsabile verso l’ambiente. In altri termini, si puo’ definire un consumatore virtuoso”. Beh, buona giornata.
Il terremoto Veronika.
una novella di Giorgia Spina
E’ notte fonda sull’Impero di Viagropoli. Le strade buie sono calpestate solo dagli ultimi nottambuli che si attardano a voler salutare un’altra giornata, con il presentimento che quella successiva potrebbe non essere migliore. Qualche gatto cerca compagnia strusciandosi ai lampioni, freddi e dritti. Perfettamente dritti, come ogni costruzione dell’Impero: i palazzi sono alti, stabili e dritti, le chiese sono rigide e dritte, i ponti, che la notte lasciano libero il passaggio alle imbarcazioni, si dividono in due grandi sbarre solide e dritte. Perfino le cazzate stanno belle in piedi, dritte.
I gestori degli ultimi locali aperti si affrettano ad abbassare la serranda: un po’ per la stanchezza che ha iniziato da tempo a chiedere di tornare a casa, un po’ per la paura di imbattersi nelle severe sanzioni degli SS, Sorvegliatori del Sonno. Questi sono corpi speciali, forze armate fino ai denti di tanta presunzione, arroganza e deficienza allo stato brado, arruolati dall’Imperatore per difendere le sue poche ore di riposo.
Eh sì, perché come ogni Impero che si rispetti, anche Viagropoli ha il suo Imperatore di tutto rispetto e, soprattutto, anche lui sempre dritto.
Questo venne eletto circa 15 anni fa dalle illusioni di quelli che speravano di cambiare un po’ di cose e, con il passare dei tempi, venne di nuovo eletto, e poi eletto e eletto ancora, ma sempre dagli stessi che lo scelsero la prima volta, che, a questo punto, maturata l’età, erano ridotti a vecchi rincoglioniti non più in grado di intendere il suo nascosto Volere. Proprio questa continuità nell’elezione, attribuì all’Imperatore il nome con il quale tutti lo designavano: Silvietto il Sempre Eletto, ma che con il passare del tempo, si trasformò, per prestigiosi titoli conseguiti, in Silvietto il Sempre Eretto.
Nella nostra notte fonda, tutto il Palazzo imperiale sembra dormire e fare sogni d’oro, gli unici ancora permessi dal nostro Regnante. Ma, laggiù, sulla torre più alta e più dritta, una luce sembra ancora accesa. Una strana luce. Fioca. Rossa. Dalle finestre provengono insoliti suoni: sembrano gemiti, urla, approvazioni, esclamazioni di godimento, e non di una sola voce, bensì di due, tre, dieci voci insieme!
Intanto, nel megaparking del Palazzo, una macchina arriva, parcheggia, si spegne. Un autista in divisa nera di lattice e borchie apre la portiera. A scendere dall’auto è una figura avvolta nel mistero dell’oscurità. Deve essere qualcuno di familiare agli abitanti della Residenza perché, con fare sicuro, infila la chiave nella porta argentata del sotterraneo ed entra nel Palazzo.
Passano pochi istanti. Forse qualche sospirato minuto. Dalla torre dalla luce rossa continuano i gemiti, sempre uguali.
Ma all’improvviso tutto l’Impero viene scosso dal sonno da qualcosa di mostruoso. Un grido: forte, grave, profondo. E questo, che di umano ha ben poco, ma più della bestia, se non dei rumori più sconosciuti della Terra, proviene sempre dalla stessa torre rossa.
Accade tutto in un attimo. Il vento si sveglia in bufera, i mari si alzano come mossi da una tempesta. Dal Palazzo si vedono uscire in gran corsa decine e decine di donne. E tutti sanno da quale stanza escono. Giovani, vecchie, alcune sventolano la carta di identità, come ha fatto appena in tempo a imporre loro il Sempre Eretto, a dimostrazione di aver compiuto diciotto anni, seppur ieri o a inizio serata.
Inizia la corsa, agitata, sgangherata. Ed è lì che la Terra inizia a tremare. Forte, sempre più forte, come a voler correre via insieme alle donne.
L’indomani il popolo dell’ Impero si sarebbe svegliato in un Paese che sembrava non aver mai vissuto quella notte.
A Viagropoli sarebbe stato tutto, come sempre, perfettamente in piedi, dritto. Anche il suo Imperatore.
Nel corso della giornata, poi, qualcuno avrebbe sentito di un posto, lontano e poco conosciuto dai più, dove pare fossero venute giù intere abitazioni. Tutto questo, solo per un’ indisciplinata corsa. Abitazioni che, non si sa perché, avrebbe commentato l’Imperatore, non erano riuscite a rimanere dritte, come doveva essere.
Pare, inoltre, che sotto queste impotenti costruzioni, ci fosse rimasto qualcuno. Ma forse roba da niente, risolvibile in poco: come una cerimonia imperiale, qualche discorso solenne, due lacrime e qualche titolo sulla stampa bandita.
Tutto si sarebbe risolto.
Sicuramente sarebbe bastato un intervento in Penevisione: qualche frase di circostanza, numeri su numeri: perché quelli, si sa, fanno sempre la loro porca figura.
Il nostro Sempre Eretto si sarebbe mostrato sicuro, deciso. Avrebbe spiegato come, in quel paese lontano, quei due abitanti rimasti in vita avrebbero avuto delle case di super lusso, a tal punto che quei poveri sfigati, ai quali era rimasta in piedi la propria, avrebbero rosicato come iene. Le nuove strutture, avrebbe continuato il dritto Imperatore, sarebbero state realizzate con particolari cuscinetti blu, anti movimento, e avrebbero permesso al tutto di rimanere, in ogni eventualità, perfettamente dritto.
Ecco qui. Proprio come lui.
Eh sì perché chissenefrega di quanti sono sotto, lo abbiamo già detto, è roba di poco conto: l’importante è dimostrare che ciò che sta sopra sa essere sempre, perfettamente e, nonostante tutto, Dritto.
Molti avrebbero ricordato quella notte come la Notte del Terremoto Veronika.
Nessuno avrebbe mai saputo chi fosse costei: una subrette, una madre, una moglie, una sconosciuta. Forse la sconosciuta che quella stessa notte era salita dai sotterranei nella stanza… (beh, buona giornata).
http://tv.repubblica.it/copertina/il-corpo-delle-donne-il-documentario/36834?video&ref=hpmm. (Beh, buona giornata).
Silvio Berlusconi si fa intervistare da uno dei suoi giornali, il settimanale Chi. E replica all’Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani. Nell’intervista Berlusconi afferma: “Mai partecipato a festini, mai frequentato minorenni”.
Rispondendo alle critiche dell’Avvenire Berlusconi dice: “Sono anche loro caduti nel tranello delle calunnie contro di me, prendendo per vere notizie false”. E dunque “io non ho mai intrattenuto ‘relazioni’ con minorenni e non ho mai organizzato ‘festini’. Ho partecipato soltanto a cene certamente simpatiche, ma assolutamente ineccepibili sul piano della moralità e dell’eleganza. E non ho mai invitato consapevolmente a casa mia persone poco serie”.
Cari vescovi italiani, eccovi ripagati per il vostro tiepido atteggiamento nei confronti di quei comportamenti che turbano le coscenze dei vostri fedeli, oltre che di gran parte dell’opinione pubblica, “se dio vuole” non solo italiana. Beh, buona giornata.
Da C di Carfagna a M di Matera le baciate dall’amicizia di Silvio di ANTONELLO CAPORALE-Repubblica.
Il passato e il presente. Come eravamo, anzi dove eravamo, e dove siamo arrivate. C’è sempre un momento della vita in cui è possibile fare un bilancio e ai lettori di Gente, l’attrice Elena Russo, sdraiata come una tigrotta all’ingresso del salotto, nel dicembre dello scorso anno confida: “Ho finalmente realizzato un sogno. Comprarmi una casa”. Elena è stata anche testimonial del governo italiano nella vittoriosa campagna napoletana contro l’immondizia.
Elena e Camilla, Evelina e Antonella. Forse Selvaggia, sicuramente Barbara, Virginia, Chiara, Francesca… Letterine, nella classificazione televisiva anche letteronze, che hanno attraversato il cerchio di fuoco del potere, hanno goduto dell’amicizia di Silvio e in qualche modo sono state premiate.
Fanciullesca e anche parecchio drammatica la confessione telefonica di Evelina Manna a Berlusconi: “Io credo nel mondo dei sogni… con te”. La risposta del premier, purtroppo piuttosto concretista: “C’è anche il mondo dei giornali… I giornalisti sguazzano nella merda. Ti do questo consiglio: non farti trovare”. A Evelina è andata così così. Certo, si è aggiudicata una parte ne “I sette giorni della sposa”, e le sue capacità artistiche potranno in futuro essere ancora premiate. Però è niente rispetto a quello che Barbara Matera ha ottenuto: un seggio europarlamentare dopo tre avvincenti esperienze televisive tutte sviluppate in verticale: da letterina silente a “letterata” di Chiambretti e infine letteronza della Gialappa’s. La politica nel cuore. Tra i quindici e i ventuno secondi la durata della sua performance oratoria. Tradita dall’emozione (ma era il primo comizio in piazza) non dall’urna. Barbara oggi è l’onorevole Matera. Tiè!
Micro e macro. E’ un saliscendi di attese e traguardi mancati o raggiunti. Mara Carfagna, per esempio, era valletta della Domenica del villaggio (“In tre anni di lavoro comune non l’ho mai sentita pronunziare una sola parola di politica, neanche, che so: piove, governo ladro”, sintetizzò sorpreso Davide Mengacci, il conduttore del programma di Retequattro). Oggi chi lo ricorda più? Mara è un fior di ministro: consapevole, rigorosa, sempre in prima fila. Nella vita ci vuole talento per sfondare. Anche un pizzico di fortuna.
Camilla Ferrante fu bollata da Agostino Saccà, al tempo re della fiction Rai, un po’ “strappona”. L’aveva però segnalata Berlusconi. La Rai alla fine le concesse una parte in Incantesimo, la soap per cui l’intero Parlamento si mobilitò a difesa, e si è capito anche perché. Le carriere, i dolori, lacrime e gioie di una relazione emozionante, tra l’altro assai bene raccolte nell’istant book “Papi, uno scandalo politico” (Chiarelettere), firmato da Travaglio, Gomez e Lillo, raccontano dell’Italia contemporanea, delle vite di tante giovani e avvenenti ragazze che hanno avuto la ventura di frequentare Palazzo Grazioli. A ciascuna il suo. Sembra però confermata, scorrendo curricula e dichiarazioni a futura memoria, la proverbiale generosità berlusconiana.
Se Barbara Montereale, in ordine cronologico tra le ultime visitatrici della dimora, ha goduto – oltre alla farfallina – di un pensierino da diecimila euro cash, Virginia Sanjust di Teulada, bellissima e ascetica, ha legittimamente occupato per anni il vasto appartamento di Campo dei Fiori, ora di proprietà del Capo, e persino ottenuto, senza mai avanzare alcuna pretesa, un contratto di consulenza con l’ufficio stampa di Palazzo Chigi. C’è da dire che Virginia ha rifiutato di passare alla cassa (“Non ho mai lavorato lì”). I giornali e il giornalismo, dopo le soap, sono la meta prediletta.
Francesca Pascale, del club napoletano “Silvio ci manchi”, ha trovato rifugio dopo la laurea nella segreteria del sottosegretario Francesco Giro e consolazione al consiglio provinciale di Napoli. Chiara Sgarbossa, ex valletta brunetta del Lotto alle otto, ha puntato al consiglio provinciale di Padova. Di Silvia Trevisan, già miss muretto di Alassio, si sono purtroppo perse le tracce. Senza tralasciare la recente e fin troppo nota Noemi Letizia, che comunque ambirebbe all’Isola dei famosi, altre da via del Plebiscito sono atterrate sull’isola. Aida Yespica, per esempio. Altre ancora, ma qui si valuti un fondo di persistente criterio meritocratico, sono state deviate in reality meno nobili. Francesca Lodo comunque ha raggiunto la Fattoria. Dite che è poco? (Beh, buona giornata).
Comunicato stampa. Dichiarazione di Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc-Se.-da unaltraeuropa.eu
Basta con le chiacchiere sulle amanti e le amiche del premier, basta con i gossip e le polemiche da salotto. La politica italiana deve tornare a misurarsi con i problemi reali del Paese, in particolare con la crisi economica, sempre più grave.
Come lista comunista avanziamo una proposta concreta, fattibile e dalla rapida applicazione: usare i fondi già stanziati per il Ponte sullo Stretto di Messina, i tanti miliardi spesi per comprare cacciabombardieri F35 e quelli previsti per costruire centrali nucleari per un fine dal fortissimo impatto sociale ed economico, ridurre le tasse ai lavoratori e ai pensionati e garantire la cassa integrazione all`80% per tutti coloro che hanno perso il posto di lavoro. Governo e forze politiche si misurino con questa e altre proposte concrete sul tappeto, non con le polemicucce fatte a colpi di gossip e di retroscena pruriginosi.(Beh, buona giornata).
l Times: “Cade la maschera del clown”.Libération: “Lo scandalo è alle calcagna”
dal corrispondente ENRICO FRANCESCHINI-repubblica.it
Uno scandalo che non riguarda più solo gli italiani, ma anche i paesi partner dell’Italia, nell’Unione Europea, nella Nato, nel G8 che l’Italia si prepara ad ospitare. E’ questo il severo giudizio di un editoriale del Times di Londra sulla vicenda che ruota da settimane attorno a Silvio Berlusconi, al suo rapporto con la 18enne Noemi Letizia, alle feste in Sardegna e al divorzio con la moglie Veronica Lario. E non è solo il Times a occuparsi ancora una volta di questa storia, che la stampa inglese sta seguendo con particolare attenzione: ci sono nuovi articoli anche sul Financial Times, sul Daily Telegraph, sull’Independent.
“Cala la maschera del clown”, s’intitola l’editoriale del Times, il secondo su questa vicenda dopo quello altrettanto duro del 18 maggio, pubblicato al primo posto fra i tre commenti del giorno nella pagina degli editoriali. “La qualità del governo Berlusconi non è una questione privata”, afferma il sottotitolo. “L’aspetto più sgradevole del comportamento di Silvio Berlusconi non è che è un pagliaccio sciovinista, né che corre dietro a donne di 50 anni più giovani di lui, abusando della sua posizione per offrire loro posti di lavoro come modelle, assistenti o perfino, assurdamente, come candidate al parlamento europeo”, comincia l’articolo. “Ciò che è più scioccante è il completo disprezzo con cui egli tratta l’opinione pubblica italiana. Il senile dongiovanni può trovare divertente agire da playboy, vantarsi delle sue conquiste, umiliare la moglie e fare commenti che molte donne troverebbero grottescamente inappropriati. Ma quando vengono poste domande legittime su relazioni scandalose e i giornali lo sfidano a spiegare legami che come minimo suscitano dubbi, la maschera del clown cala. Egli minaccia quei giornali, invoca la legge per difendere la propria ‘privacy’, pronuncia dichiarazioni evasive e contraddittorie, e poi melodrammaticamente promette di dimettersi se si scoprisse che mente”.
Il Times riconosce che la vita privata di Berlusconi è appunto un affare privato, ma osserva che, come è si è dovuto rendere conto Bill Clinton, scandali e alti incarichi pubblici non vanno d’accordo. “Molti potrebbero dire che l’Italia non è l’America, che l’etica puritana degli Stati Uniti non ha mai dominato la vita pubblica italiana, e che pochi italiani si scandalizzano davanti ai donnaioli. Ma questo è un ragionamento insensato e condiscendente. Gli italiani comprendono quanto gli americani cosa è accettabile e cosa non lo è. E, come gli americani, giudicano spregevole il cover-up”.
L’editoriale del quotidiano londinese nota quindi che pochi media in Italia possono fare simili affermazioni, senza timore di un castigo. “A suo merito, la Repubblica ha continuamente sollevato domande al primo ministro sulla sua relazione con Noemi Letizia, e alla maggior parte di queste domande non ci sono state risposte soddisfacenti. Quando e dove egli ha conosciuto la famiglia della ragazza? Mr. Berlusconi chiese di avere fotografie da un’agenzia di modelle per iniziare i contatti con la signorina Letizia? Che cosa c’è di vero sulle notizie di party con decine di giovani donne nella sua villa in Sardegna? Mr. Berlusconi ha promesso di spiegare tutto in parlamento. Ma non ha certo riassicurato i suoi critici con la sua iniziativa per bloccare la pubblicazione di 700 fotografie che potrebbero mostrare cosa succedeva a quei party. Né lo aiuta il suo sventurato ministro degli Esteri, che ha provato a difenderlo sottolineando che l’età per il consenso (a rapporti sessuali, ndr.) in Italia è 14 anni, come se ciò fosse rilevante”.
Qualcuno potrebbe dire, si conclude l’editoriale, che tutto ciò non riguarda i forestieri. Ma gli elettori italiani, alla vigilia delle elezioni europee, dovrebbero riflettere sul modo in cui è guidato il loro governo, sui candidati selezionati per Strasburgo e sul livello di sincerità del premier. E la faccenda “riguarda anche altri”, afferma il Times. “L’Italia ospita quest’anno il summit del G8, dove si discuterà di maggiore cooperazione nella lotta al terrorismo e al crimine internazionale. E’ un importante membro della Nato. Fa parte dell’eurozona, che è confrontata dalla crisi finanziaria globale. Non sono soltanto gli elettori italiani a domandarsi cosa sta succedendo. Se lo chiedono anche i perplessi alleati dell’Italia”.
Il Times pubblica anche una lunga corrispondenza dall’Italia, intitolata “Berlusconi blocca la pubblicazione di foto di giovani donne in bikini a un party nella sua villa”. Un articolo sul Financial Times, invece, osserva che “l’ondata di gossip” e “l’odore di scandalo” intorno a Berlusconi distolgono l’attenzione dell’opinione pubblica italiana da questioni ben più gravi, come le cattive notizie sull’andamento dell’economia italiana.
Una corrispondenza sul Daily Telegraph afferma che “gli alleati di Berlusconi mettono nel mirino la moglie” per il divorzio, con la rivelazione che Veronica Lario avrebbe un partner da tempo, fatta da Daniela Santanché sul quotidiano Libero. E l’Independent riporta le pesanti critiche fatte dal premio Nobel per la letteratura Josè Saramago, che hanno spinto la casa editrice Einaudi, “parte dell’impero Modandori di Berlusconi”, a non pubblicare il suo ultimo libro, che descrive tra l’altro il primo ministro come “un delinquente”.
Francia. Il quotidiano Libération dedica la copertina alla vicenda: “Lo scandalo alle calcagna” e nelle due pagine interne: “Rivelando la tresca il quotidiano Repubblica ha fatto vacillare la popolarità del presidente del consiglio. E’ una battaglia portata avanti nel nome di una certa concezione dell’interesse pubblico”.
Spagna. Il quotidiano El Pais torna a trattare la questione in una corrispondenza da Roma: “L’opposizione italiana chiede a Berlusconi che spieghi in parlamento se abbia portato nell’organizzazione elettorale del partito i suoi invitati delle feste private in Sardegna” e si chiede: “Berlusconi utilizza gli aerei ufficiali dello stato Italiano per portare gli artisti, ballerine e veline a Villa Certosa? Ha fatto uso improprio dei beni dello stato? È l’ultimo capitolo del Naomigate che ha trasformato l’Italia in un manicomio semplicemente portando allo scoperto l’abitudinaria mescolanza tra vita privata e pubblica di Berlusconi e la sua tendenza a conquistarsi amici e amiche dell’ambiente televisivo portandoli in quello politico”.
Sferzante il pezzo della Vanguardia: “La campagna elettorale per le Europee continua in Italia, astrusa e noiosissima, incapace di competere quanto a contestazioni, incanto mediatico, spessore del tema con la vita personale della stella più sgargiante della politica italiana degli ultimi quindici anni: Silvio Berlusconi. Nelle cerchia del potere si parla più di questa commediola che delle vicende poltico-continentali a Bruxelles. A volte diverte. La maggior parte delle volte preoccupa ed esaurisce tanta banale frivolezza”.
Il nuovo volto del potere di GIUSEPPE D’AVANZO -la Repubblica.
IL “caso Berlusconi” svela da oggi anche altro e di peggio. Ci mostra il dispositivo di un sistema politico dove la menzogna ha, non solo, un primato assoluto, ma una sua funzione specifica. Distruttiva, punitiva e creatrice allo stesso tempo. Distruttiva della trama stessa della realtà; punitiva della reputazione di chi, per ostinazione o ingenuità o professione, non occulta i “duri fatti”; creatrice di una narrazione fantastica che nega eventi, parole e luoghi per sostituirli con una scena di cartapesta popolata di fantasmi, falsi amori, immaginari complotti politici.
E’ stato per primo Silvio Berlusconi a muovere. Si scopre vulnerabile nelle condizioni di instabilità provocate dalle parole della moglie (“frequenta minorenni”, “non sta bene”) e fragile per la sua presenza nella peggiore periferia di Napoli a una festa di compleanno di una minorenne. E’ dunque costretto a mostrare, senza finzioni ideologiche, il suo potere nelle forme più spietate dell’abuso e della pura violenza. E’ già un abuso di potere (come ha scritto qui Alexander Stille) in un pomeriggio di autunno telefonare, da un palazzo di Roma e senza conoscerla, a una ragazzina che sta facendo i compiti nella sua “cameretta” per sussurrarle ammirazione per “il volto angelico” e inviti a conservare la sua “purezza”. E’ un abuso di potere ancora maggiore imporre ai genitori della ragazza di confermare la fiaba di “una decennale amicizia” con il premier, nata invece soltanto sette mesi prima grazie a un book fotografico finito non si sa come sullo scrittoio presidenziale.
E’ pura violenza pretendere che gli si creda quando dice: “Io non ho detto niente”. Tutti abbiamo sentito Berlusconi dire, spiegare, raccontare in pubblico e soprattutto contraddirsi e mentire. Ora egli pretende che il potere delle sue parole sulla realtà e sui nostri stessi ricordi sia, per noi, illimitato e indiscusso. Esige che noi dimentichiamo ciò che ricordiamo e crediamo vero ciò che egli dice vero e noi sappiamo bugiardo. Non ha detto niente, no? Berlusconi chiede la nostra ubbidienza passiva, l’assuefazione a ogni manipolazione anche la più pasticciata. Reclama una sterilizzazione mentale (e morale) dell’intera società italiana.
Già basterebbe questo atto di pura violenza per riproporre le dieci domande a cui il capo del governo non vuole dare risposta da più di due settimane perché, palesemente, non è in grado di farlo. Se lo facesse, potrebbe compromettere se stesso, rivelare abitudini e comportamenti in rumorosa contraddizione con il suo messaggio politico (Dio, patria, famiglia).
C’è altro, però. Berlusconi sa che questa prova di forza non lo mette al sicuro dal potenziale catastrofico della “crisi di Casoria”. Sa che spesso i fatti sono irriducibili e hanno la tendenza a riemergere. Sa che per distruggere quella realtà minacciosa, deve distruggere presto e nel modo più definitivo chi la può testimoniare. Anche in questo caso il premier ha deciso di muoversi con un canone di assoluta violenza. E’ quel che accade in queste ore. Per raccontarlo bisogna ricordare che i giorni non sono passati inutilmente perché hanno offerto a chi ha voglia di sapere e capire qualche accenno di “verità”.
Veronica Lario dice a Repubblica che il premier “frequenta minorenni”. Berlusconi nega dinanzi alle telecamere di Porta a porta di frequentare minorenni.
Mente, ora è chiaro. Ci inganna intenzionalmente e consapevolmente, ben sapendo che cosa vuole deliberatamente nascondere. Ha frequentato la minorenne di Napoli come altre minorenni hanno affollato le sue feste e affollano i suoi weekend nella villa di Punta Lada in Sardegna. Dov’erano quelli che oggi minimizzano la presenza di ragazzine alla corte di un anziano potente di 73 anni quando quel signore negava di “frequentare minorenni”?
Un secondo punto, fermo e indiscutibile, è l’inizio dell’amicizia con Noemi, la ragazza napoletana. La retrodatazione del legame tra il premier e la famiglia della ragazza al 1991 si è rivelata posticcia e contraddittoria. I suoi incontri con la minorenne, anche in assenza dei genitori, sono stati documentati (Villa Madama; Capodanno 2009 a Villa Certosa). L’inizio dell’affettuosa e paterna amicizia tra il capo del governo e la minorenne è stata testimoniata dall’ex-fidanzato della ragazza, confermato da una zia di Noemi, fissato nell’autunno del 2008.
Contro questi “punti fermi”, che lasciano il premier nudo con le sue bugie, si è scatenata una manovra utile a scomporre, ricomporre e confondere i fatti in un caleidoscopio mediatico di immagini false dove l’arma è la menzogna e gli armigeri sono i giornalisti stipendiati dal capo del governo, dimentichi di ogni deontologia professionale e trasformati in agenti provocatori; i corifei del leader, forti dell’immunità parlamentare e disposti a ogni calunnia. Buon’ultima Daniela Santanché che accetta di fare, nell’interesse del Capo, il lavoro sporco di diffamarne la moglie (“ha un compagno”). Chiunque, in questo affare, abbia portato il suo granellino di verità viene ora sottoposto a un pubblico rito di degradazione fabbricato con un violento uso della menzogna.
Il primo assalto è toccato a Repubblica investita, dall’editore all’ultimo cronista che si è occupato del “caso”, da un’onda di panzane. Prima il complotto politico (ma la polemica sulle veline è stata sollevata dal think tank di Gianfranco Fini). Poi la bubbola del pagamento del testimone (Gino Flaminio) che colloca la prima telefonata di Berlusconi a Noemi alla fine del 2008. L’accusa la grida in tv il ministro Bondi. Qualche giorno prima che un allegro commando di redattori del giornale della famiglia Berlusconi si scateni contro Flaminio allungandogli un paio di centoni “per l’incomodo” e realizzando la ridicola impresa di essere i soli a pagare l’ingenuo Gino. Che, anche se spaventato e intimorito, dice, ridice e conferma in tre occasioni di “non aver avuto un centesimo da Repubblica”. Non è finita. Uguale trattamento viene inflitto al fotografo che ha immortalato, nell’aeroporto di Olbia, lo sbarco da un aereo di Stato delle ragazze (alcune, appaiono da lontano minorenni) invitate a allietare il fine settimana del presidente del consiglio. Infilato prima in una trappola dall’house organ di Casa Berlusconi, denunciato poi per truffa (improbabile reato) dall’avvocato del premier, la procura di Roma decide di sequestrare sia le immagini illegittime (scattate verso il patio di Villa Certosa) sia le foto legittime (raccolte in un luogo pubblico).
Siamo solo all’interludio perché il colpo finale, la menzogna usata come manganello punitivo, viene riservato alla prima e più autorevole testimone dell’instabilità psicofisica del premier e dei suoi giorni con le minorenni: Veronica Lario. Daniela Santanché (non è un’amica della Lario, non frequenta la villa di Macherio) svela a Libero che “Veronica ha un compagno”. E, se “Veronica ha un compagno”, come possono essere attendibili i suoi rilievi al marito? Il cerchio ora è chiuso. Il pestaggio menzognero è completo, anche se non concluso. Ciascuno ha cominciato ad avere quel che si merita.
Questo spettacolo nero ha il suo significato politico. Berlusconi vuole insegnarci che, al di fuori della sua verità, non ce ne può essere un’altra. Vuole ricordarci che la memoria individuale e collettiva è a suo appannaggio, una sua proprietà, manipolabile a piacere. Si scorge nella “crisi di Casoria” un uso della menzogna come funzione distruttiva del potere che scongiura l’irruzione del reale e oscura i fatti. Si misura l’impiego dei media sotto controllo diretto o indiretto del premier come fabbrica di menzogne punitive di chi non si conforma (riflettano tutti coloro che ripetono che ormai il conflitto d’interesse è stato “assorbito” dal Paese). E’ il nuovo volto, finora nascosto, di un potere spietato. E’ il paradigma di una macchina politica che intimorisce. C’è ancora qualcuno che può pensare che questa sia la trama di un gossip e non la storia di un abuso di potere continuato, ora anche violento, e quindi una questione che scrolla la nostra democrazia? (Beh, buona giornata).
L’harem di Berlusconi di Peter Gomez e Marco Lillo-L’espresso
Jet privati, gioielli in regalo, gettone di presenza e shopping offerto. Così 50 ragazze sono state radunate per il Capodanno di Villa Certosa. Dove il Cavaliere le ha intrattenute tra politica, canti e balli. Prima la visita guidata alle meraviglie segrete della tenuta: l’anfiteatro dei cactus, le migliaia di hibiscus, il lago delle palme, le 85 diverse erbe officinali dell’orto della Salute. Poi il pranzo in pizzeria, quella interna al parco, s’intende, allietato dalla chitarra di Apicella. Dopo il pranzo ecco il “corso di politica”,in attesa di potersi sfogare con lo shopping, a spese del padrone di casa, nei centri commerciali della costa. Quindi, a chiudere, tradizionale cenone con tanto di fuochi di artificio.
Quando, la mattina del 31 dicembre 2007, Silvio Berlusconi in persona aveva illustrato alle sue ospiti, arrivate da Roma e Milano con voli privati, quello che sarebbe stato il programma della giornata, tra le 50 ragazze presenti è partito l’applauso. Come in un sogno alla “pretty woman” l’uomo più potente e ricco d’Italia stava invitando quell’eterogeneo gruppo di veline, attricette, ragazze immagine e hostess, ad abbeverarsi alla sua scienza, a mangiare alla sua tavola e a far compere attingendo direttamente dal suo portafoglio. Cose da Mille e una notte. O se preferite da Sultano. Ecco, se si vuole davvero capire perché Veronica Lario, annunciando il suo divorzio, parlasse di “divertimento dell’imperatore”, di “vergini che si offrono al drago” e di un paese che “per una strana alchimia” permette tutto al suo capo, si può partire da qui. Dai racconti sull’ultimo dell’anno 2007 a villa La Certosa, registrati da “L’espresso” dietro garanzia di anonimato, e da quelli sulla corte di giovani donne di cui si circonda il Cavaliere.
Ragazze tra i venti e i trent’anni, in mezzo alle quali – è accaduto, cinque mesi fa, per il Capodanno 2009 – si ritrovano a volte anche minorenni, come la pupilla del premier Noemi Letizia e la sua amica del cuore, Roberta. Con loro Berlusconi dà il meglio di sé. Fa battute, si spreca in gentilezze e galanterie. A ognuna consegna un kit di doni: due braccialetti in onice a forma di tartaruga (simbolo di villa Certosa) per caviglie e braccia; un anello d’argento; il ciondolo a forma di farfalla, segno ormai nemmeno troppo segreto delle amiche del premier; un anello e un sottile braccialetto d’oro. Tutti monili estratti da un sacchetto che il Cavaliere fa tintinnare.
Lo spirito è a metà tra il goliardico e la riunione da villaggio vacanze. Le ragazze ridono e si divertono. Per parecchie di loro è un lavoro.
Tra le 50 ospiti di villa La Certosa, almeno una ventina hanno garantita una sorta di diaria da 1.500 euro al giorno. Per tutte poi, prima della notte di Capodanno, è stata organizzata una visita agli shopping center della zona dove gli uomini della sicurezza del leader del Pdl coprono le spese delle ospiti fino a 2 mila euro. Infine, una volta rientrate a Punta Lada, le ragazze si dividono a gruppi di cinque nelle varie dépendance, mentre le ospiti più vicine al premier sono alloggiate nella tenuta di Paolo Berlusconi, in quei giorni assente. Nei racconti raccolti da “L’espresso” più che i particolari sulla festa, con i bagni nella piscina riscaldata, i balli e l’ovvio trenino finale, colpisce comunque la descrizione delle ore precedenti.
Nel pomeriggio infatti, come in un’anticipazione dei corsi tenuti a Palazzo Grazioli per selezionare le candidature alle europee, Berlusconi ha illustrato per due ore alle sue ospiti i segreti della politica. Eravamo quasi alla vigilia della caduta del governo Prodi. Il Cavaliere, però, ricorda una testimone, se l’è presa anche con l’allora leader di An, Gianfranco Fini. Ma da chi era composta in quei giorni la corte del premier? Le fonti sono concordi nell’indicare tra i presenti il cantante Mariano Apicella, il produttore di fiction Guido De Angelis, l’attrice Camilla Ferranti, le gemelle Ferrera, già meteorine del tg di Emilio Fede, la numero uno del reality trash “Un, due, tre… stalla” Imma Di Ninni, una ex del “Grande Fratello” e due vincitrici del concorso di miss Albania in Italia.
A ben vedere nulla di sorprendente se si pensa che Berlusconi, prima di scendere in campo, è stato un tycoon del piccolo schermo abituato a festeggiare il Capodanno in ampia compagnia, comprese le maggiorate del “Drive In”, programma cult degli anni ’80. Solo che oggi il Cavaliere non è più un impresario tv. È un capo di governo e il fatto d’ospitare per giorni belle ventenni per allietare le sue ore da ultrasettantenne, di invitarle a cena o di frequentarle a Roma, diventa un problema politico. Di sicurezza. E organizzativo. Per accorgersene basta poco. Basta rileggere le intercettazioni del caso Saccà che raccontano come la corte del premier sia impegnata a sistemare le sue ragazze e a impedire che la cosa si sappia in giro.
Il 4 novembre 2007 il leader del Pdl affida a Guido De Angelis il compito di trovare una parte per cinque attrici a lui care. Due giorni dopo Berlusconi accompagna l’amico produttore da suo figlio Piersilvio, chiedendo di farlo lavorare con Mediaset. Piersilvio però non la prende bene. Tanto che non appena il padre e De Angelis se ne vanno, si lamenta con Valentino Valentini, deputato e segretario personale del premier. È proprio Valentini a raccontarlo a De Angelis: “L’operazione non è stata indolore, Piersilvio ha capito tutto, ovviamente. Tu sei la punta di un iceberg di una situazione molto delicata. Io gli ho spiegato: Guido è una persona giusta e corretta anche per gestire delle situazioni delicate. E per voi è in outsourcing. Ma lui (Piersilvio, ndr) ha accettato a malincuore”. Subito dopo De Angelis ne parla a Rosanna Mani, condirettore di “Sorrisi e Canzoni”, da trent’anni al fianco del Cavaliere. E lei commenta: “Valentino dice che Piersilvio è geloso perché sa che lui (Silvio, ndr) ti chiede i favori. Ma è meglio che li chiede a te, così si limitano i danni. Piuttosto che le vada a chiedere a destra e a manca facendo la figura del cretino”.
Per far numero alle feste non bastano però le aspiranti starlette della tv. A volte bisogna ricorrere alle ragazze immagine, quelle che ballano a pagamento nelle discoteche. Per il Capodanno 2008 alcune delle ospiti di Berlusconi, stando alle testimonianze, vengono contattate da Sabina Began, una bellissima modella slavo-tedesca soprannominata “l’Ape regina” nelle cronache mondane della capitale. La Began, che si è rifiutata di rispondere alle domande de “L’espresso”, è molto legata al Cavaliere.
Le pagine di un giornale vicino al centrodestra come “il Tempo” raccontano che in occasione della vittoria elettorale alle politiche 2008, la modella era tra gli ospiti di Palazzo Grazioli e che Berlusconi la teneva sulle ginocchia cantando “Malafemmina” e scherzando diceva: “Se qualcuno mi facesse ora una foto, varrebbe 100 mila euro». Un anno dopo ancora “il Tempo” scrive: “Sabina Began sfoggia un nuovo tatuaggio sulla caviglia. Una farfalla circondata dalla frase: “L’incontro che ha cambiato la mia vita: S. B.”. Che sono le sue iniziali, ma non solo». Anche Sabina fa in qualche modo parte della scuderia di De Angelis.
La Guardia di finanza durante una perquisizione negli uffici del produttore ha trovato il suo nome in un elenco di cinque attrici, tra cui le amiche del premier Elena Russo, Evelina Manna e Camilla Ferranti, segnalate a De Angelis da Mediaset. E lei, dopo aver ottenuto una parte nel film tv “Il falco e la colomba”, prodotto da De Angelis, oggi lavora con continuità. Sono lontani i tempi in cui la bella modella era costretta a vivere nella stanza di un affittacamere nei pressi di Montecitorio. Una casa dove allora abitava anche Elvira Savino, 32 anni, amica della Began e oggi neodeputata del Pdl, dopo essere stata inserita nelle liste elettorali del 2008 su indicazione diretta del Cavaliere che è stato anche suo testimone di nozze. “Non è però stata Sabina a presentarmi Berlusconi. Il fatto che vivessimo entrambe lì è solo un caso”, assicura l’onorevole Savino.
Il via vai di belle ragazze per Palazzo Grazioli e villa Certosa, comunque non è una novità: sono del 2002 le foto di Berlusconi che passeggia in Sardegna mano nella mano con la sua assistente Francesca Impiglia e di Pasqua 2008 quelle con le giovani amiche tenute per mano o sedute sulle sue ginocchia. I problemi veri sono invece quelli legati alla sicurezza. In gran parte dovuti alle pretese (economiche e di lavoro) spesso avanzate da chi è entrato in contatto con il premier: la minaccia, più o meno velata, è infatti quella di far esplodere uno scandalo. E a dirlo non sono le indiscrezioni, ma le carte processuali. “L’espresso” ha già pubblicato la telefonata intercettata dalla Procura di Napoli nel 2007 in cui Berlusconi chide con ansia al direttore di Raifiction Agostino Saccà di far lavorare l’attrice Antonella Troise perché “sta diventando pericolosa”.
E agli atti dell’indagine archiviata su Berlusconi (abuso d’ufficio) per il caso di Virginia Sanjust, una bellissima presentatrice tv legata al Cavaliere e sposata con l’agente del Sisde Federico Armati, c’è un’altra registrazione significativa. Lo 007 e la moglie discutono animatamente. Lui è stato appena espulso dai servizi segreti ed è convinto (a torto secondo i giudici) che dietro al suo licenziamento ci sia stato l’intervento di Virginia e del premier. Così le dice a brutto muso: “Racconterò tutti i fatti: (l’invito a) Palazzo Chigi, il pranzo, il braccialetto (che ti ha regalato)? come lo scartavi… Io c’ho tutte le scatole e i certificati di garanzia dei gioielli”. E poi chiede alla moglie di andare da Berlusconi e avvertirlo che, se non fosse stato reintegrato, lui avrebbe “rovinato” il Cavaliere.
Siamo alla vigilia delle elezioni del 2006, dopo pochi giorni, fatto rarissimo, Armati è ripreso nei servizi. Mentre Virginia Sanjust, tra i tanti regali ricevuti dal Cavaliere, annovera anche un bonifico di 50 mila euro, effettuato a titolo di “prestito infruttifero”, direttamente da un conto corrente del premier. Ma non basta. Perché anche il caso delle ragazze segnalate da Berlusconi al direttore di Raifiction, Agostino Saccà, può essere letto sotto la luce della possibile ricattabilità del premier. E a dirlo è proprio il procuratore aggiunto di Napoli, Paolo Mancuso che, nella lettera con cui nel luglio del 2008 ha trasmesso a Roma per competenza le carte dell’inchiesta, scrive: “Da alcune conversazioni intercettate sull’utenza di Manna Carmela (detta Evelina, ndr) sembrano emergere (e andranno valutate dalla Signoria Vostra quali) condotte riconducibili alla previsione degli articoli 110 e 629 del codice penale (concorso in estorsione, ndr) poste in essere ai danni del predetto onorevole Berlusconi e apparentemente consumate nella città di Roma”.
Mancuso cita quattro telefonate che avrebbero potuto configurare un ricatto ai danni del Cavaliere. In quei colloqui, ora tutti distrutti perché invece ritenuti irrilevanti dai giudici della capitale, l’attrice diceva infatti a Berlusconi che avrebbe fatto una piazzata sotto palazzo Grazioli. Salvo poi placarsi quando lui le garantisce un aiuto sul lavoro. Ma per i magistrati romani quello è soltanto uno sfogo, più che una minaccia. E nella loro richiesta di archiviazione, poi accolta, sostengono che non c’è reato perché le parole e i comportamenti della Manna non erano mai stati in grado di intimorire realmente un uomo come Silvio Berlusconi. L’attrice, contattata da “L’espresso”, di questa vicenda non vuole parlare.
Il 19 febbraio del 2008, del resto, anche davanti ai pm era stata piuttosto evasiva. “Conosco Berlusconi da circa un paio d’anni”, ha detto, “e gli sono legata da un rapporto di affetto e di amicizia. Per ragioni personali preferisco non indicare modalità e circostanze della mia conoscenza con lui”. Da allora Evelina Manna si è messa in stand by e dal suo nuovo appartamento di via Giulia a Roma, con vista sui tetti del centro, valuta contratti e proposte. Evelina lo ha acquistato il 24 aprile di un anno fa, dopo aver versato, qualche settimana prima, una caparra da 10 mila euro alla vecchia proprietaria.
Tutto il resto, 950 mila euro, è arrivato invece con assegni circolari appoggiati su un conto corrente della Banca Roma, filiale di Santi Apostoli. Ma se le si chiede come abbia fatto a mettere da parte quel tesoro, taglia corto: “Ora basta. Berlusconi non c’entra niente. Anch’io ho la mia vita privata”. (Beh, buona giornata).
La crisi ha colpito anche le categorie di lavoratori che sembravano più garantite
Dal 1995 per la prima volta la crescita dei senza lavoro supera quella degli occupati
Maschio, sposato, di mezza età
Per l’Istat è il “nuovo disoccupato”
Dal Rapporto Annuale emerge anche una maggiore vulnerabilità degli immigrati
Un milione e mezzo di famiglie ha gravi difficoltà per il cibo, i vestiti e il riscaldamento
di ROSARIA AMATO-repubblica.it
Aumentati nel 2008 i disoccupati maschi tra i 35 e i 54 anni
ROMA – Tra i 35 e i 54 anni, maschio, residente al Centro-Nord, con un livello di istruzione non superiore alla licenza secondaria, coniugato o convivente, ex titolare di un contratto a tempo indeterminato nell’industria. E’ il “nuovo disoccupato”, secondo la descrizione che ne fa il Rapporto Annuale dell’Istat. Perché la crisi non ha prodotto solo disoccupati ‘di lusso’ come i manager, non si è accanita solo sulle categorie da sempre in Italia ai margini del mercato del lavoro: i meridionali, i giovani, i precari, le donne. La novità della crisi è che a perdere il lavoro sono “i padri di famiglia”, le figure di riferimento, che magari portavano a casa stipendi mediocri, ma tali comunque da permettere ad altre persone (moglie, convivente, figli o altri parenti) di condurre un’esistenza dignitosa.
Più disoccupati anche tra gli stranieri. La crisi non ha risparmiato neanche gli stranieri, e anche in questo caso, i più colpiti sono stati gli uomini di età media: “L’andamento dell’ultimo anno – si legge nel Rapporto – segnala un forte calo delle donne disoccupate con responsabilità familiari, soprattutto di quelle con figli, arrivate a incidere non più del 70 per cento a fronte del 78 per cento di tre anni prima. Al contrario, gli effetti della crisi sembrano aver investito i loro coniugi/conviventi uomini, la cui incidenza è invece aumentata in maniera significativa, specie negli ultimi tre trimestri”.
Va peggio alla fascia 40-49 anni. Tanto che nel quarto trimestre del 2008 la quota dei disoccupati stranieri arriva a superare il 10 per cento del totale dei senza lavoro, contro il 6,1 per cento del primo trimestre del 2005. “In particolare – rileva l’Istat – gli stranieri tra i 40 e i 49 anni accusano più degli altri gli effetti della fase recessiva, e spiegano circa il 50 per cento dell’incremento della disoccupazione maschile”.
Il deterioramento del mercato. Dunque i due fenomeni sono collegati. I maschi adulti con carichi familiari, italiani o stranieri, sono diventati i più vulnerabili in una situazione di generale peggioramento delle condizioni del mercato del lavoro: infatti nel 2008, per la prima volta dal 1995, la crescita degli occupati (183.000 unità) è inferiore a quella dei disoccupati (186.000 unità).
La disoccupazione si fa adulta. Perdono il lavoro i titolari di un contratto a termine, o atipico. Ma vengono licenziati anche i titolari di un contratto a tempo indeterminato ( 32 per cento nel 2008). In dettaglio, questa l’analisi dell’Istat: “Un disoccupato su quattro ha un’età compresa tra i 35 e i 44 anni, mentre l’aumento delle persone tra 35 e 54 anni spiega quasi i due terzi dell’incremento totale della disoccupazione. Si è passati nel tempo da una disoccupazione da inserimento, essenzialmente concentrata nei giovani con meno di 30 anni fino alla metà degli anni Novanta, a una sempre più adulta. Nel corso del 2008 questa tendenza ha accelerato”.
Più ‘padri’ atipici o precari. La crisi ha colpito di più le famiglie con figli, a loro volta vittime di un mercato del lavoro che più che mai li respinge (il tasso di occupazione dei ‘figli’, pari al 42,9 per cento, nel 2008 è sceso di sette decimi di punto rispetto al 2007). E allora, accanto alla disoccupazione dei ‘padri’, si registra un peggioramento del tipo di lavoro. “Tra il 2007 e il 2008 i padri con un’occupazione part time, a termine o con una collaborazione sono 17.000 in più; quelli con un’occupazione ‘standard’ 107.000 in meno”: cioè tra i tanti che vengono licenziati, qualcuno riesce a riciclarsi con un lavoro precario. Tra padri e figli, i più colpiti sono quelli meno istruiti, che al massimo hanno un diploma di scuola media superiore.
Le famiglie che non arrivano a fine mese. La diminuzione o il venir meno dei redditi da lavoro produce povertà. L’Istat individua circa un milione e 500.000 famiglie (il 6,3 per cento del totale) che arrivano alla fine del mese “con grande difficoltà” e che, nell’81,1 per cento dei casi, dichiarano di non essere in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro. In questo gruppo ci sono le famiglie indietro con il pagamento delle bollette, che non possono permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione (45,8 per cento). Hanno difficoltà ad acquistare vestiti (62,9 per cento) o ad affrontare le spese per malattie (46,6 per cento). In genere le famiglie di questo gruppo contano su un unico percettore di reddito con un livello di istruzione non superiore alla licenza media, di età inferiore ai 45 anni. Ci sono poi 1,3 milioni di famiglie che hanno difficoltà leggermente inferiori, ma che spesso, a causa dei redditi bassi (nella maggior parte dei casi possono contare su un unico percettore di reddito che ha la licenza media inferiore), hanno difficoltà nei pagamenti, nell’acquisto di alimenti e vestiti, e anche nel riscaldamento della casa.
Le famiglie ‘agiate’ sono 10 milioni. All’altro estremo si collocano le famiglie agiate: 1,5 milioni che arrivano alla fine del mese “con facilità o con molta facilità”, 8,6 milioni che lamentano solo qualche difficoltà sporadica, “imputabile più allo stile di consumo che a vincoli di bilancio stringenti”. Abitano soprattutto al Nord, con una prevalenza di residenti in Trentino Alto Adige e in Valle d’Aosta.
Le famiglie con difficoltà relative. Al centro si collocano le famiglie che non hanno difficoltà economiche eccessive, ma che non risparmiano (spesso si tratta di anziani); le famiglie giovani gravate da un mutuo per la casa, che assorbe una parte più che consistente del reddito disponibile; e infine le famiglie cosiddette ‘vulnerabili’. Si tratta di 2,5 milioni di famiglie, il 10,4 per cento del totale: sono a basso reddito, una parte ha una casa di proprietà, una parte vive in affitto. La loro vulnerabilità è data dal fatto che contano su un solo percettore di reddito, che nel 41,4 per cento dei casi ha preso soltanto la licenza elementare. (Beh, buona giornata).