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Attualità Popoli e politiche Potere Scuola

Siamo insegnanti o caporali? Come ti reprimo la protesta studentesca.

(Fonte: la Stampa)

Il liceo “Phoenix” di Manchester potrebbe essere la prima scuola pubblica dove tutti gli insegnanti provengono dalle fila dell’esercito. L’obiettivo? Coniugare il raggiungimento di ambiziosi obiettivi accademici con la dimostrazione sul campo (e nelle aule) dei «valori marziali». L’idea – racconta il quotidiano britannico Guardian- è stata lanciata dal ministro dell’Educazione: secondo Michael Gove, infatti, bisogna aumentare il numero di insegnanti uomini perchè gli studenti possano avere davanti un modello di autorità che incarni «sia la forza sia la sensibilità». Anche sulla scia dei disordini che hanno sconvolto la Gran Bretagna, il ministro di Cameron ha proposto un programma per «ristabilire l’autorità degli adulti»: l’idea è proprio quella di incoraggiare ex membri delle forze armate ad abbracciare l’insegnamento nelle scuole pubbliche.

Detto fatto: a Manchester non se lo sono fatti ripetere due volte. Il Centro studi per la politica del partito conservatore ha proposto che nella scuola “Phoenix” tutti gli insegnanti abbiano militato nei ranghi militari, per insegnare agli studenti «anche i valori su cui si regge l’esercito moderno: l’autodisciplina, il rispetto e la capacità di ascoltare». Dunque niente sergenti maggiori collerici che urlano a ragazzi terrorizzati per aver dimenticato di fare i compiti. Anche se Gove ha anche affermato che in alcuni casi può essere necessario ristabilire la forza fisica: «Permettetemi di essere molto sincero- ha detto il ministro-. Se ogni genitore sente una scuola dire “Scusi, non possiamo toccare gli studenti”, ebbene quella scuola sbaglia». Il Governo spera così di scongiurare nuovi disordini ed incendi impiegando l’esercito, più che nei quartieri, nelle scuole. Ma se il modello risultasse vincente sarebbe applicato a centinaia di altri istituti. (Beh, buona giornata).

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Attualità Leggi e diritto Potere

Italia, paese di merda.

(fonte: Tiziana Testa – repubblica.it)

“…Anche di questo – dice Berlusconi, a proposito di alcuni aspetti della vicenda P4 – non me ne può importare di meno… perchè io… sono così trasparente… così pulito nelle mie cose… che non c’è nulla che mi possa dare fastidio… capito?… io sono uno… che non fa niente che possa essere assunto come notizia di reato… quindi… io sono assolutamente tranquillo… a me possono dire che scopo… è l’unica cosa che possono dire di me… è chiaro?… quindi io… mi mettono le spie dove vogliono… mi controllano le telefonate… non me ne fotte niente… io… tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei… da un’altra parte e quindi… vado via da questo paese di merda… di cui… sono nauseato… punto e basta…”. (Beh, buona giornata).

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business Potere Pubblicità e mass media Società e costume

Io ti pago, tu patteggi, così le indagini si chiudono e le intercettazioni non diventano pubbliche.

di Guido Ruotolo- La Stampa

Questa è la storia di un grande ricatto che ha come protagonista, nel ruolo di vittima, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Che – stando alla ricostruzione dell’accusa – per non vedere le sue scabrose telefonate di sesso pubblicate sui giornali, versa mezzo milione di euro a un imprenditore, Gianpi Tarantini, perché, essendo lui indagato per induzione e favoreggiamento della prostituzione, si sacrifichi e chieda il patteggiamento. E il presidente del Consiglio lo paga attraverso un faccendiere editore, Valter Lavitola, che le cronache di un anno fa hanno visto protagonista dell’affaire Montecarlo, la vicenda della casa intestata al cognato di Gianfranco Fini.

Gianpi Tarantini e la escort Patrizia D’Addario. Sembra un secolo fa quando Patrizia la escort , avendo registrato quell’incontro di sesso con il presidente del Consiglio, al pm barese, Pino Scelsi, confermò tutto consegnando la colonna sonora di quella notte d’amore. E raccontò dei suoi protettori, di quel Max Verdoscia e di Gianpi Tarantini che la preparò per la serata di Palazzo Grazioli. Un imprenditore certamente sui generis, quello al centro di questa vicenda, che aveva trovato un mix davvero unico per battere la concorrenza. Il giovane rampollo di una famiglia di imprenditori nel settore della sanità si era fatto le ossa con gli appalti e le commesse nella sanità pugliese quando in Regione c’era Raffaele Fitto (centrodestra). E poi, con l’avvento di Nichi Vendola aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco vedendosela con l’assessore alla Sanità, Alberto Tedesco (Pd), che aveva lasciato i figli a gestire le sue aziende sanitarie.

Coca e sesso. Era questo il mix vincente di Gianpi. Con il sesso ci era cascato anche l’assessore dalemiano Sandro Frisullo, finito in carcere, e dirigenti della sanità pubblica e primari ospedalieri.

Correva, Gianpi. E non si accontentava più di quel territorio ristretto, la Puglia. Puntava in alto. E arrivò l’estate della svolta, l’agosto del 2008. La villa presa in affitto a Capriccioli, Costa Smeralda. Con l’investimento in seicento grammi di cocaina e poi le feste da sballo e le serate al Billionaire.

Fino a quando, prima di ferragosto, grazie all’Ape Regina, al secolo Sabina Began, Gianpi Tarantini e la sua corte entrano a Villa Certosa. E fu amore a prima vista tra Gianpi e il Presidente.

Per capire fino in fondo il personaggio Tarantini, bisogna sentire, leggere una sua intercettazione: «…che io a vent’anni stavo in barca con D’Alema e gli altri a novant’anni ancora dovevano fare quello che io avevo fatto in due anni da diciotto a vent’anni. A trenta stavo a dormire a casa di Berlusconi io, a trenta».

Ne esce male anche la vittima, Silvio Berlusconi, tormentato dalla paura di essere intercettato, senza un consigliere fidato, un uomo degli apparati che gli spieghi che anche una scheda telefonica Wind panamense è intercettabile a casa nostra.

Tarantini, già finito in disgrazia per via delle inchieste sulla malasanità pugliese, e per la droga, agli arresti domiciliari per undici mesi, senza soldi e con debiti, tentenna, prende tempo, con Lavitola diventa una sanguisuga il cui unico obiettivo è il salasso del presidente del Consiglio. Mezzo milione di euro e poi un appannaggio mensile di quasi 20 mila euro (quattordicimila euro mensili, oltre affitto della casa di Roma) ed in più tutte le spese legali e straordinarie pagate.

Aveva tirato un sospiro di sollievo, pensava di aver finito con il carcere e i domiciliari. C’è un colloquio molto istruttivo, tra Tarantini, la moglie Nicla (che è anche amante di Lavitola) e il faccendiere editore: Nicla: «Mo tutto un caos… oggi è uscito un articolo di Laudati che Scelsi gli ha fatto una denuncia perché dice che ha rallentato…». Tarantini: «Perché i giornali di oggi… perché Laudati ha rallentato le indagini sulla prostituzione nei confronti di Berlusconi.. dai miei miei rapporti che lui è a conoscenza con Berlusconi». Commento di Lavitola: «Benissimo, questo è buono… invece di fa ‘na festa…».

Tarantini: «Dopo che è venuto Nicola… poi dice che queste informative sono bruttissime… sia quella sulle puttane che quella sulla bancarotta…».(Beh, buona giornata)

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