Categorie
democrazia Finanza - Economia - Lavoro Media e tecnologia

«L’Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire, quello che serve è un cambio di governo».

di Paola Pica-Il Corriere della Sera

«The man who screwed an entire country» l’ uomo che ha fottuto un intero Paese». L’Economist torna ad attaccare Silvio Berlusconi bocciandone senza appello la politica di governo. Il presidente del Consiglio italiano è tornato in copertina del settimanale britannico in uscita venerdì, a otto anni dal celeberrimo «unfit to lead Italy», inadatto a governare l’Italia, e a cinque dall’altrettanto polemico «E’ tempo di licenziarlo». L’occasione di quest’ultima «cover story» è la pubblicazione di uno speciale di 16 pagine sull’Italia realizzato per l’anniversario dei 150 anni. L’analisi di John Prideaux, autore del rapporto, lascia emergere un Paese fermo che paga con la «crescita zero» le mancate riforme. «L’Italia ha tutte le cose che le servono per ripartire, quello che serve è un cambio di governo».

L’EDITORIALE – «Nonostante i suoi successi personali Berlusconi si è rivelato tre volte un disastro come leader nazionale», si legge nell’editoriale. Il primo disastro è la «saga» del bunga bunga e il secondo sono le vicende che hanno premier in Tribunale rispondere di frode, truffa contabile e corruzione. «I suoi difensori – spiega l’Economist – dicono che non è mai stato condannato ma questo non è vero. In molti casi si è arrivati a delle condanne ma queste sono state spazzate via» o per via della decorrenza dei termini o «in almeno due casi perchè Berlusconi stesso ha cambiato la legge a suo favore». «Ma il terzo difetto è di gran lunga il peggiore – continua l’Economist – e questo è il totale disinteresse per la condizione economica del paese. Forse perchè distratto dai suoi problemi legali, in nove anni come primo ministro non è stato in grado di trovare un rimedio o quanto meno di ammettere lo stato di grave debolezza economica dell’Italia. Il risultato è che si lascerà alle spalle un paese in grave difficoltà. La malattia dell’Italia non è quelle di tipo acuto; si tratta piuttosto di una malattia cronica, che pian piano mangia via la vitalità». Se fino ad ora, «grazie alla linea del rigore fiscale imposta dal ministro delle finanze Giulio Tremonti» l’Italia è riuscita e evitare di diventare la nuova vittima della speculazione dei mercati, questo non significa che la linea di credito sia infinita. Un’Italia stagnante e non riformata, con un debito pubblico ancorato attorno al 120% del pil, si ritroverebbe così esposta come il vero problema dell’eurozona. Il colpevole? «Berlusconi, che non ci sono dubbi, continuerebbe a sorridere» conclude l’Economist.

IL RAPPORTO – «Non farò l’errore di predire la fine di Berlusconi – ha detto l’analista incontrando la stampa a Milano – ma arrivando qui, parlando con le persone si inizia a sentire un’aria nuova, la fine di un’era».«L’Italia ha un problema di produttività, ha bisogno di alcune riforme. Se guardiamo agli ultimi dieci anni e più, dimenticando tutti gli scandali, lo scontro con i magistrati, il problema è c’è stato un disastro da un punto di vista economico. Berlusconi è arrivato al potere con l’idea di essere un imprenditore di successo in grado di fare le riforme economiche, ma poi non le ha fatte» e il Paese «ha sprecato» tempo prezioso.

BASSA CRESCITA – Il nostro Paese ha avuto il «più basso tasso di crescita di tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Tra il 2000 e il 2010, il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% all’anno, una dato allarmante – scrive l’Economist – migliore solo rispetto a quello di Haiti o dello Zimbawe». E nonostate l’Italia «abbia saputo evitare il peggio durante la recente crisi finanziaria globale, non ci sono segnali di una possibile inversione di tendenza».

GERONTOCRAZIA – Nonostante i problemi che appaiono per lo più legati alla fase politica, l’Italia resta un «Paese civilizzato, ricco, senza conflitti». Il «successore di Berlusconi potrebbe introdure alcuni immediati miglioramenti con poco sforzo» e dovrà sicuramente metter mano alla legislazione sul lavoro «che favorisce gli anziani». L’Italia è afflitta tra le altre cose da una «gerontocrazia istituzionalizzata» che rende difficile ai giovani costruirsi una carriera. Tanto che dobbiamo porci il problema di come «richiamare migliaia di giovani di talento che sono emigrati e potrebbero avere un impatto positivo per il Paese». (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

In tutta Italia per i quattro Sì ai referendum.

Benevento, dalle 10 alle 24 presso la sede del “Quinto Elemento” (via S. Pasquale) – “Un’occasione comune: acqua, natura, cultura, musica…” con dibattiti, letture e musica dal vivo

Fuorigrotta (Napoli), dalle ore 10.30 alle 13 – Flusso

Umano Pro Referendum verso la Rai in Via Marconi, con partenza da piazza S. Vitale

Roma ore 11, piazza Santa Maria in Trastevere – Conferenza stampa di chiusura della campagna referendaria dei Comitati “2 Sì per l’Acqua Bene Comune”

Napoli, dalle 11 alle 24 in piazza Bellini – La piazza diventa “Piazza Quattro Sì”, con eventi e informazione sui referendum del 12 e 13 giugno

Naso (Messina) dalle 14, piazza Roma – Gazebo informativo “Perchè votare sì”

Roma dalle 14.30 alle 23.30, piazza del Popolo – Grande concerto con Quintorigo, Velvet, Piotta, Teresa De Sio, Francesco Baccini agli Area, Eugenio Finardi a Frankie Hi Nrg, Nathalie, Nada e gli Zen Circus, i Tetes de Bois, Brusco

Venezia ore 15, c/o S. A. L. E – Incontro “Commons: un nuovo paradigma oltre il privato e oltre il pubblico”

Trieste dalle 15.30, Via delle torri – banchetto referendario organizzato dal Partito Socialista Italiano

Napoli ore 16-19, metropolitane linee 1 e 2 – “Irruzioni Metropolitane” brevi sketch teatrali nei vagoni delle metro

Palermo ore 16, piazza Verdi – Manifestazione di chiusura della campagna referendaria

Udine ore 16, piazza San Giacomo – “Diritti, diritti in piazza”

Roma, via Capoprati 12 dalle ore 16 – Biciclettata verso il Referendum

Caserta ore 16.30, stazione ferroviaria – Flash mob referendario

Genova dalle 16.30, piazza Matteotti – Evento di musica e informazione sui referendum

Anagni (Frosinone) ore 17 – Chiusura campagna refendaria lungo il centro storico: banchetti informativi, musica, video

Bronte (Catania) dalle 17 – Banchetto informativo in vista dei referendum

Bagheria (Palermo) dalle 17, Corso Umberto I – Bagheria si mobilita

Monterotondo (Roma) ore 17, circolo legambiente – aperitivo pre-referendario

Formello (Roma) ore 17, scuole elementari in Viale Umberto I – “Energeticamente, la festa di Legambiente di Formello”

Velletri ore 17.00, piazza Mazzini. – Marcia per l’acqua

Roma ore 17, piazza Re di Roma – Iniziativa “Inondiamo Piazza Re di Roma – Acqua bene comune”.

Sinnai (Cagliari) dalle 17 nei locali della Biblioteca (ex municipio) – Esposizione della mostra realizzata nel 1978 contro il nucleare e la militarizzazione della Sardegna

Bari dalle 17 alle 20, incrocio stradale tra via Orazio Flacco e Via Giovanni XXIII – Volantinaggio organizzato da Libertà e Giustizia (Guarda tutti gli altri appuntamenti organizzati da LeG)

Pontedera (Pisa) dalle 17 alle 24, piazza Cavour – Festa di chiusura della campagna referendaria

Casale Monferrato (Alessandria) dalle 17 alle 22 in piazza Mazzini – “Sì vota”: concerti per la chiusura della campagna referendaria

Arcore (Monza) dalle 17 alle 20.30 – Banchetto informativo presso la stazione FS

Messina dalle 17 alle 20, Piazza Cairoli – Manifestazione di chiusura della campagna referendaria

Pinerolo (Torino) dalle 17.30, Piazza Facta – Festa popolare per la chiusura della campagna elettorale

Pretoro (Chieti) dalle 17.30 – Inziativa pubblica in piazza per spiegare i quesiti referendari

Oristano dalle 17.30 alle 21, Piazza Roma – Festa del sì

Campobasso ore 17.30, piazza Municipio – Critical mass per i referendum

Torino ore 17.30, centro studi Sereno Regis 8 (via garibaldi 13) – Presentazione del libro L’Umanità di uno scienziato. Antologia di Giulio Alfredo Maccacaro Un’ultima occasione per riflettere su Salute, ambiente e democrazia prima dei referendum del 12 e 13 giugno

Catania, alle 17.30 in piazza Roma – “Come un fiume in festa”: allegra passeggiata pro referendum

Centocelle (Roma) ore 17.30, piazza San felice – Corteo per il sì con arrivo in largo agosta

Roma ore 18, piazza de André (Magliana) – festa di chiusura dell acampagna referendaria

Napoli, dalle 18 alle 22 in tutto il centro storico – “Samba-parade per il centro storico: tingiamo di arancione i referendum”

Sulmona (L’Aquila) dalle 18 alle 20, piazza XX Settembre – Iniziativa di chiusura della campagna referendaria

Cividale del Friuli (Udine) dalle 18 alle 24, Piazza Paolo Diacono – Manifestazione di chiusura con burattinai e Banda Rithm & Blues

Vignola (Modena), dalle 18 in pizza dè Contrari – Serata conclusiva della campagna referendaria per l’acqua pubblica: spettacolo di burattini, tigellata, danze sull’acqua e concerto live con gli Audio2 Acoustic Duo

Perugia ore 18, caffè di Perugia, traversa di Corso Vannucci – Incontro “La legge è uguale per tutti?”

Roma dalle 18 alle 24, Piazza del Popolo – Menifestazione di chiusura della campagna referendaria dell’Italia dei Valori. In contemporanea, agli stessi orari, anche Milano (Piazza Duomo), Napoli (piazza Dante) e a Palermo (piazza Verdi)

Nocera (Salerno) Ore 18 – Critical mass per l’acqua pubblica (raduno biciclette alle 18 in piazza municipio) / Ore 20: al termine della critical mass, festa dell’acqua pubblica (in piazza municipio)

Marsala ore 18, sala degli angeli Chiesa Madre – Incontro sui referendum organzizato a Azione Cattolica e Unione Giuristi Cattolici Italiani

Ostia antica (Roma) ore 18, parco dei Ravennati – “Quattrovoltesì”, concerto “La Storia siamo noi” con repertorio di canatutori italiani

Roma ore 18, piazza San Giovanni – Ciclopasseggiata per l’acqua pubblica

Cagliari, dalle 18 alle 22 – Manifestazione finale della campagna referendaria con corteo da piazza S. Michele a Piazza del Carmine.

Caltavuturo (Palermo) ore 18, piazza Cav. Vittorio Veneto – Manifestazione conclusiva della campagna referendaria “Una festa comune per l’acqua di tutti”.

Latina, ore 18 piazzale ex Autolinee – Batti il quorum: tutti insieme con l’ombrello per formare la scritta “Sì”, con musica e interventi sul referendum

Firenze, in Piazza Annigoni (Mercato di Sant’Ambrogio) dalle 18 alle 24 – Chiusura della campagna referendazia, con informazioni sui quesiti e intrattenimento per grandi e bambini e alla musica

Pisa dalle 18, piazza della pera – Manifestazione dei mille colori per i 4 Sì ai referendum

Cosenza, ore 18 in Piazza Loreto – “Maratona per l’acqua” a sostegno del Si per i referendum

Monfalcone (Gorizia) in piazza della Repubblica dalle 18 alle 21 – Concerto e comizio

Trecastagni Etneo (Catania) dalle 18 alle 23, piazza Marconi – Concerto per 4 sì ai referendum

Borgosatollo (Brescia), ore 18 in piazza Castello – Biciclettata referendaria

San Vito al Tagliamento (Pordenone) ore 18, sala consiliare del Palazzo Rota – Incontro “Acqua, Nucleare, Legittimo impedimento. Il referendum come impegno civico”.

Cagliari ore 18, Piazza San Michele – Menifestazione finale per i quattro referendum

Castagneto Carducci (Livorno) dalle 18 – Serata di musica e informazione sui referendum

Gorizia, giardini di Corso Verdi dalle 18.30 alle 21 – Concerto e comizio

Brindisi, ore 18.30 – Critical Mass PRO REFERENDUM: in bici per i quattro Sì

Fermo, dalle 18 allo Chalet Batida (ex Big Fish) – “La partita del Quorum”: torneo di calcetto sulla spiaggia, aperi-cena e letture con accompagnamento musicale e concerto

San Canzian d’Isonzo (Gorizia) dalle ore 18 – Biciclettata con partenza dal P.e.e.p. e arrivo a San Canzian d’Isonzo con bicchierata finale

Savona ore 18, piazza Mameli – Biciclettata per le vie cittadine

Calascio (L’Aquila) ore 18, piazza della Repubblica – Festa del sì a Calascio

Massarosa (Lucca) dalle 18 alle 21, piazza caduti di Nassirya – Referendum in concerto

Chiaravalle Centrale (Catanzaro) dalle 18 alle 24, Piazzale Liceo – Serata “Musica per i referendum”

Nocera inferiore (Salerno), piazza municipio dalle 18 alle 21 – Critical Mass e Festa dell’Acqua

Ortona (Chieti), dalle 18.30 alle 20 – Volantinaggio e dibattiti informativi nel centro storico

Roma dalle 18.30 alle 23.30, La città dellUtopia (Via Valeriano 3F) – Serata dedicata all’acqua alla vigilia dei referendum

Ruffano ( Lecce) – Distribuzione di materiale informativo per le strade del paese, organizzato dai Giovani Democratici del circolo di Ruffano

Misterbianco (Catania) alle 18.30 in piazza Mazzini – Comizio di chiusura della campagna referendaria. Alle 21 in piazza Giovanni XXIII happy hour referendario

Tagliacozzo (L’Aquila), ore 18.30 in Piazza Duca degli Abruzzi – Incontro pubblico a Tagliacozzo: “Dire Sì a un futuro senza nucleare e con l’acqua pubblica, on è una scelta ideologica o di partito. È una scelta di civiltà!”

Jesi (Ancona) ore 18.30, Porta Valle – Biciclettata per l’acqua pubblica

Guastalla (Reggio Emilia) ore 18.30, parco I maggio – “4 sì per il futuro”. Evento di chiusura della campagna referendaria

Viareggio ore 18.30, piazza Margherita – Concerto di chiusura della campagana referendaria

Milano, dalle 18,30 all’Arco della Pace – Chiusura della campagna referendaria con musicisti e attori.

Melegnano (Milano) ore 18.30, pub Cavaliere Servito – Presentazione del libro “Enigma nucleare: 100 risposte dopo Fukushima” di Luca Carra

Floridia (Siracusa) dalle 18.30, piazza Aldo Moro – “Floridia vota sì”. Evento di chiusura della campagna elettorale

Ferrara, dalle 19 in piazza Trento e Trieste – In concerto per i 4 Sì

Padova, in Piazza delle Erbe, dalle 19 alle 23 – “Teatro musica e parole” per liberare l’acqua e cancellare il nucleare

Frosinone, ore 18 in piazzale Kambo – Critical Mass contro Nucleare e Privatizzazione dell’acqua

Lioni (Avellino) dalle 19, Piazza San Rocco- “VOTA SI” Dibattito pubblico, distribuzione volantini e concerto finale. Evento è organizzato dalla Fondazione Officina Solidale in collaborazione con Comune di Lioni, Rouge S. p. a. ed altre associazioni locali.

Mogliano Veneto (Treviso) dalle 19, Piazza dei Caduti – Festa di chiusura della campagna refeerendaria con Felice Casson (Partito Democratico Senatore della Repubblica) e Massimo Donadi (Capogruppo Italia dei Valori alla Camera dei Deputati)

Palermo ore 19, circolo Vella (Piazza Rivoluzione) – Festa referendaria

Portici (Napoli) ore 19, Piazza San Ciro – “In marcia per il quorum”

Torre annunziata (Napoli) ore 19 Corso Umberto – Manifestazione di chiusura della campagna referendaria

Montignoso (Massa Carrara), dalle 19 alle 23 in piazza Vittorio Veneto – Chi balla e canta va a votare: musica e interventi per 4 SI ai referendum

Carbonia dalle 19 alle 24, Villa Sulcis – ART 4 SI Artisti del Sulcis per il sì

Desenzano (Verona), ore 19 – Biciclettata per i referendum per le strade della città . Partenza da Piazza Matteotti.

Ferrara ore 19, piazza Trento e Trieste – “In concerto per quattro sì”

Livorno, Piazza Mazzini dalle 19 alle 24 – “Voglio essere il +1”. Serata conculsiva della campagna referendaria

San Giorgio a Cremano (Napoli) dalle 19 alle 22, piazza Massimo Troisi – Manifestazione con musica, animazione e dibattiti sui referendum organizzata dai partiti del centrosinistra, dal Forum Democratico e dal Comitato Referendario per l’Acqua Pubblica

Givoletto (Torino) dalle 19 alle 24, piazza della concordia – kermesse musicale con i Malarrunca (musica del sud) e gli Ossi Duri in favore dei referendum

Spoltore (Pescara), dalle 19 alle 22 in via Dietro le Mura – Happening per creare insieme le nostre ragioni del sì

Bassano del grappa ore 19.30, piazza Garibaldi – Flash mob referendario

Galatone (Lecce) alle 19.30 presso l’Ex Oleificio – Festa scaramantica! No unu, no doi, no tre, ma quattru sì!

Leverano (Lecce) in via Roma – Proiezione video e musica a sostegno dei Sì contro la privatizzazione dell’acqua e contro il nucleare

Pozzuoli (Napoli) ore 19.30, Piazza della repubblica – “Corri per l’acqua per dire sì al referendum”

Fisciano (Salerno), sala consiliare “G. Sessa” ore 19.30 – Incontro pubblico sui referendum

Novoli (Lecce) ore 19.30, ancora nella Saletta della Cultura “Gregorio Vetrugno” – Incontro con la LILT (Lega Italiana Lotta ai Tumori) leccese sulle ragioni del Sì al quesito referendario relativo al nucleare

Trani (Bat) ore 19.30, sede del “comitato pro-referendum” – Biciclettata radioattiva

Marsciano (Perugia) ore 19.30, Museo del Laterizio – Manifestazione di chiusura della campagna referendaria

Verona ore 20, Lungadige San Giorgio – “Liberalacqua” Sbarco dei gommoni dei pirati dell’Adige

Teramo, dalle ore 20 in Piazza Martiri – Festa del sì con musica dal vivo

Comiso (Ragusa) dalle 20 alle 24 – “Noi un mondo così non lo vogliamo” 4 si per rendere l’Italia un paese migliore. Musica e dibattiti non stop dalle 20 alle 24

Pontinia (Latina) ore 20 presso i giardini pubblici viale Italia – Proiezione film, concerti, dibattito, enogastronomia

Donoratico (Livorno) ore 20, parco delle sughere – Serata di chiusura della campagna referendaria

Bisceglie (Bat) Piazza Diaz (Stazione FFSS), ore 20.00 partenza del Corteo Cittadino. Ore 21.00. Comizio del Comitato Referendario “2 SI per l’Acqua Bene Comune” Ore 22.00. Proiezione del dvd “Acqua Bene Comune”

Castellana Sicula (Palermo) – Proiezione nella piazza principale del film “Il Pianeta Verde” e forum conclusivo con appello per il voto

Torre del Greco, al teatro di Sant’Anna alle ore 20.30 – Proiezione del film “Water makes money – Acqua che fa profitti”. Ingresso sarà gratuito e accoglienza con assaggio di prodotti equi e bio a Km zero.

Crema (Cremona), ore 20.30 in piazza Giovanni XXIII – Biciclettata per i referendum

Menfi (Agrigento) dalle 21, Piazza Vittorio Emanuele III – “Musica per il sì”, grande concerto per sensibilizzare la popolazione al voto, in vista dei referendum del 12 e 13 giugno.

Terni ore 21, Piazza Europa – Concerto di chiusura della campagna referendaria “Referendum Rock: 4 Si per il tuo Futuro” con Outback + Laccati&Sfonati

Grontardo (Cremona) ore 21 – Interventi di Don Bruno Bignami, dirigente provinciale Acli, e Domenico Negri, referente del comitato, sui temi referendari

Ivrea (Torino) ore 21, Castello – Grande festa referendaria

Parabita (Lecce) ore 21, Piazza Regina del cielo – “Flashmob water”

Treia (Macerata) ore 21, piazza della Repubblica – Manifestazione per promuovere i 4 SI al referendum organizzata spontaneamente dai cittadini

Lucca dalle 20 alle 23, Piazza Battisti – Notte referendaria

Savigno (Bologna) ore 21, palazzo comunale – Incontro “Nucleare giù il sipario”

Vibo Valentia dalle 10 alle 20, Corso Vittorio Emanuele – Chiusura della campagna elettorale sui referendum

Sondrio ore 21, piazza Garibaldi – Concerto rock di fine campagna referendaria

Ventimiglia (Imperia) dalle 21, Belvedere Resentello – “Festa del SI'” per celebrare la fine della campagna referendaria e per convincere gli ultimi indecisi. Gazebo informativo,stuzzichini e bibite,il tutto accompagnato da un DjSet a base di HipHop e elettronica.

Montefano (Macerata), ore 21.15 presso la sala Olivi nel palazzo comunale – Incontro per discutere sul referendum.

Castelnuovo di Garfagnana (Lucca), ore 21.15 presso la Sala Suffredini – Proiezione del film inchiesta “Water Makes Money”

Grottamare (Ascoli Piceno) ore 21,15 alla sala Kursaal – Concerto di Theresia Bothe dedicato a all’acqua, ai diritti e a tutti i beni comuni

Corridonia (Macerata) ore 21, Soms via procaccini 50 – Proiezione del film documentario “Water makes money”

Macerata dalle 21.30, Fontemaggiore – Festa di chiusura della campagna referendaria

Civitanova Marche (Macerata) dalle 21.30, piazzaa XX settembre – Serata di chiusura della campagna referendaria

Roma ore 22.30, via Palmiro Togliatti – parco Madre Teresa di Calcutta – Iniziativa di “Artisti romani per il sì”

San Giuliano Milanese (Milano) dalle 23, via Risorgimento 21 – Serata Raggae per promuovere il referendum

Share
Categorie
Attualità democrazia

L’autonomia dell’elettorato: come l’astensione ha punito il sistema dei partiti.

The (election) day after di Piergiorgio Odifreddi-repubblica.it

Passata l’euforia per i risultati dei ballottaggi, può essere utile meditare brevemente sui fatti e sulle interpretazioni delle elezioni amministrative. Anzitutto, il dato più significativo è quello delle percentuali di votanti: l’affluenza alle urne è stata del 60,08% degli aventi diritto per le comunali, e del 45,23% per le provinciali. Se si fosse trattato di un referendum, il voto per le provinciali sarebbe addirittura risultato nullo per mancanza di quorum.

Poichè alle precedenti elezioni amministrative l’affluenza era stata del 68,56% per le comunali e del 61,26% per le provinciali, si può dedurne un netto aumento della disaffezione degli elettori per il meccanismo elettorale. E si deve tenerne conto nel valutare le percentuali con cui sono stati eletti i nuovi sindaci e i nuovi presidenti di provincia. Ad esempio, a Napoli ha votato soltanto il 50,57% degli aventi diritto: poichè De Magistris ha ottenuto il 65,37% dei voti, in realtà è stato eletto dal 32,93% degli elettori, cioè esattamente da un terzo della città.

Che questo risultato venga presentato dai media e dai vincitori come una vittoria schiacciante, è significativo della percezione distorta che ci viene fornita dell’intero processo elettorale. In fondo, che a governare basti la maggioranza formale dei votanti (e nel maggioritario, paradossalmente, neppure quella) non sta affatto scritto nelle Tavole della Legge: si potrebbe benissimo argomentare, al contrario, che ogni imposizione ai cittadini debba avere un esplicito assenso della maggioranza sostanziale.

L’opposizione fra i due modi di vedere ha una lunga storia, e nella logica deontica si traduce nella scelta fra “ciò che non è esplicitamente proibito è permesso” e “ciò che non è esplicitamente permesso è proibito”. E a me sembra che, soprattutto quando sono in ballo grandi decisioni che coinvolgono un’intera cittadinanza o un’intera popolazione, la seconda alternativa sia la più democratica, mentre la prima puzzi un po’ troppo di truffa: soprattutto in una democrazia indiretta, dove il permesso (espresso attraverso il voto) prende la forma di una delega generica, e non di un assenso specifico.

In ogni caso, anche senza stare a sofisticare sulle percentuali reali, è singolare assistere all’esultanza del maggior partito di opposizione. Il Pd e il suo segretario si comportano come se avessero vinto loro, ma dimenticano che quando De Magistris dice di aver “liberato Napoli”, si riferisce alla precedente amministrazione: cioè, a un sindaco e a una giunta di centrosinistra che hanno governato per dieci anni. E dimenticano che al primo turno il Pd aveva espresso un altro candidato, che non ‘e arrivato al ballottaggio.

A Milano la situazione è un po’ diversa, ma non troppo. I votanti sono stati il 67,24% degli aventi diritto, e Pisapia ha vinto col 55,11% dei voti: dunque, col 37,06% degli elettori. E benchè fosse sostenuto già al primo turno dall’intera coalizione di centrosinistra, aveva comunque vinto le primarie contro il candidato del Pd.

In definitiva, le elezioni hanno mostrato, da un lato, una disaffezione dell’elettorato per il processo elettorale. E dall’altro lato, una sconfitta non solo dei candidati del Pdl, ma anche di quelli del Pd. Questi due campanelli d’allarme suonano all’unisono: la gente ne ha abbastanza della politica tradizionale, e se Berlusconi fa fa bene a piangere, Bersani non fa affatto bene a ridere.
(Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Berlusconi ammette, ma non si dimette.

«Abbiamo perso e questo è evidente e l’unica strada è tenere i nervi saldi e andare avanti – commenta da Bucarest Silvio Berlusconi – La maggioranza è coesa è determinata e ci restano alcune riforme da fare, il fisco, la giustizia e il Piano per il Sud». A chi gli chiede se ha sentito il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, risponde: «No, ho sentito Bossi. Siamo d’accordo con l’andare avanti insieme. Sapete che sono un combattente e che quando perdo triplico le forze». Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia

Milano lascia la padania e torna in Europa: da Cagliari a Trieste, vince il centrosinistra. Berlusconi ha perso (anche ad Arcore).

di ALBERTO D’ARGENIO-repubblica.it

Il centrosinistra stravince le amministrative e il Pd prenota piazza del Pantheon, a Roma, per festeggiare. A Milano la gente accorre invece a Piazza del Duomo. Per Berlusconi è un bagno di sangue. Perde a Milano e straperde a Napoli, dove i sindaci saranno Pisapia e De Magistris, eletti con percentuali eclatanti. Esce sonoramente sconfitto anche a Cagliari, Grosseto, Trieste e Novara. Tiene solo Varese con il leghista Attilio Fontana. Proprio il Carroccio ha già scaricato la sconfitta su Berlusconi.

In mattinata, infilando la scheda nell’urna a pochi passi da via Bellerio, il leader del Carroccio aveva ammonito: “La Lega il suo dovere l’ha fatto”. Poco dopo la chiusura dei seggi il direttore della Padania, house organ delle camicie verdi, ha aggiunto che si tratta di “una sconfitta molto pesante, e il grande sconfitto è il premier”. E per Leonardo Boriani la debacle che si intravede dai primissimi sondaggi e conteggi non potrà essere ignorata. Anzi, servirà “una grande riflessione”. Ma a far scattare l’allarme rosso nel Pdl sono le parole di Matteo Salvini, numero uno del Carroccio a Milano: “Sostanzialmente questo è un voto contro Berlusconi”. E l’Udc, primo partito nell’opposizione a farlo, chiede le dimissioni del premier.

Ora che i risultati sono definitivi gli occhi si spostano tutti su Bucarest e su Milano. Nella capitale rumena c’è il Cavaliere, impegnato in visita ufficiale organizzata all’ultimo minuto che suona come una fuga. A Milano, per la precisione in via Bellerio, è riunito lo stato maggiore della Lega. Le camicie verdi prima di decidere il da farsi esamineranno tutti i dati. In ballo c’è il futuro del governo, con il Carroccio che potrebbe limitarsi a chiedere una serie di (pesanti) contropartite per continuare ad appoggiarlo. Ma potrebbe anche fare il grande passo – covato da mesi da parte della dirigenza e della base – intimando a Berlusconi di farsi da parte per lasciare il posto ad un altro premier. Girano i nomi di Tremonti e Formigoni, anche se il sogno nel cassetto di Bossi resta sempre quello di portare Roberto Maroni a Palazzo Chigi.

Ma tutto sembra franare, per il premier. A urne chiuse arriva la notizia che Berlusconi, insieme ai direttori di Tg1 e Tg2, è indagato per abuso d’ufficio per le interviste fiume della scorsa settimana (già sanzionate dall’Agcom). E Sandro Bondi si dimette da coordinatore del Pdl, partito dove c’è aria di resa dei conti. Intanto ad Arcore il centrosinistra vince col 56,65&. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Popoli e politiche

“Sono rimasto scioccato dall’uso, durante la campagna elettorale a Milano, di messaggi xenofobi contro i rom, ma anche contro i musulmani”.

“Sono rimasto scioccato dall’uso, durante la campagna elettorale a Milano, di messaggi xenofobi contro i rom, ma anche contro i musulmani”: lo ha detto Thomas Hammarberg, commissario europeo per i Diritti umani, all’indomani della visita che giovedì e venerdì scorso ha compiuto in Italia. “Certi poster che ho visto affissi mentre ero a Milano non rappresentano certo il volto migliore dell’Italia”, ha aggiunto il commissario dichiarando che presto pubblicherà un rapporto sulla visita che lo ha portato a Milano e poi a Roma, dove ha incontrato Gianni Letta e il sottosegretario Sonia Viale. Le immagini erano quelle affisse dal centrodestra a sostegno del sindaco uscente, Letizia Moratti, per attaccare lo sfidante di centrosinistra Giuliano Pisapia.

“L’impressione è che non si tratti solo di parole. Il campo rom abusivo che ho visitato giovedì a Milano – ha detto Hammarberg – è stato fatto oggetto di due sgombri quello stesso giorno e la situazione non sembra essere migliore nei campi autorizzati dove le persone che ho incontrato, oltre a esprimere la loro paura, mi hanno detto di roulotte distrutte delle forze dell’ordine e di come queste cerchino di convincere le persone ad andarsene”. “Ritengo che una volta superate le elezioni, si debba riflettere attentamente su come certi partiti hanno condotto la propria campagna elettorale”, ha concluso il commissario. Beh, buona giornata,

Share
Categorie
Attualità democrazia Società e costume

L’autonomia dell’elettorato (aspettando l’esito dei ballottaggi).

Berlusconi ha perso. Lo si capisce quando dice che lunedì i ballottaggi potranno anche non finire bene, ma il governo continua a essere stabile. Lo si capisce anche dalla lettura de Il Giornale, quotidiano della famiglia Berlusconi, i suoi articoli sembrano una specie di prove tecniche del prossimo mantra berlusconiano: non importa quanto è avvenuto nelle amministrative, il governo ha i numeri in Parlamento. Quindi, siccome il governo è stabile, Berlusconi non si dimette. Dopo aver caricato di significati apocalittici la campagna elettorale, soprattutto a Milano, la debacle del primo turno e la certezza della sconfitta ai ballottaggi derubricano il significato delle elezioni da test nazionale a problema locale. Questo nelle intenzioni.

Ma nei fatti gli artifici retorici, i voli pindarici dell’informazione di regime, l’occultamento televisivo della Caporetto berlusconista stavolta proprio non funzioneranno. E’ successo un fatto talmente dirompente da scompaginare per sempre i piani politici di tutte le forze politiche italiane: si è manifestata l’autonomia dell’elettorato.

L’elettorato ha agito con una capacità tattica stupefacente: ha colpito con l’astensione il Pdl ovunque; ha punito la Lega con la perdita di 25mila voti a Milano e a Torino; ha punito sonoramente il Pd a Napoli, ma anche la Sel di Vendola, che a Napoli aveva appoggiato il candidato ufficiale del Pd; ha strumentalizzato i grillini per costringere il centrosinistra a dire cose di sinistra; allo stesso tempo ha strumentalizzato il Terzo polo per far dire al centrodestra cose di centro, mettendo così in fuori gioco gli estremismi di ultradestra del berlusconismo al crepuscolo, addirittura ridicolizzando le paventate zingaropoli, per non dire dell’islamizzazione nonché della “frocizzazione” di Milano.

Il capolavoro operato dall’autonomia dell’elettorato è stato aver vissuto e quindi riproposto a tutta l’opinione pubblica italiana l’idea che Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli fossero due autentici outsiders: invisi dagli alleati, sottovalutati dagli avversari, come eroi epici, essi hanno capovolto la sorte avversa e trionfato, come campioni del bene contro i sicari del male.

La saldatura sociale tra le classi più deboli e la borghesia illuminata milanese, accanto al coinvolgimento genuinamente spontaneo di giovani e donne, comitati di quartiere, collettivi di persone impegnate nel sociale, coordinamenti contro la precarietà, i tagli al welfare, uomini e donne delle professioni, dell’arte e della cultura, tutti insieme questi segmenti hanno permesso una circolazione di idee assolutamente straordinarie, che hanno alimentato la comunicazione di mille energie autoprodotte, come nessun spin doctor avrebbe non solo potuto organizzare, ma nemmeno ipotizzare.

L’autonomia dell’elettorato ha spinto i candidati del centrosinistra ad affrancarsi dalle pastoie dei partiti, li ha presi per mano e portati nella freschezza e nella semplicità del linguaggio politico, nella narrazione dei programmi , nella prefigurazione di soluzioni concrete per le città, per i territori, per le persone e i cittadini.

L’autonomia dell’elettorato ha riportato la politica nella polis. La comunicazione si è vaccinata contro le pustole del populismo. Berlusconi ha perso tutti i suoi “ ultra poteri”, le sue ordalie mediatiche si sono smorzate: ha floppato su tutti i media, compresa la “sua” tv. L’autonomia dell’elettorato ha smesso di sentirsi pubblico, ha ripreso il ruolo di cittadinanza attiva. L’autonomia dell’elettorato è evasa dai recinti del consenso: è armata (di cambiamenti) e pericolosa (per gli apparati di partito). Si consiglia di prestarle la massima attenzione. Soprattutto in vista dei prossimi referendum. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia Pubblicità e mass media

Il Financial Times fa a pezzi Silvio Berlusconi: “Egli ha perso il suo tocco magico”.

(fonte: repubblica.it)
Silvio Berlusconi sta perdendo il suo “tocco di Mida”, ovvero la sua capacità vincente: si intitola così un commento sul Financial Times a proposito del secondo turno delle elezioni amministrative italiane. “A meno di un miracolo, il Pdl è avviato alla sconfitta nelle votazioni di questo fine settimana a Milano, città natia del primo ministro e da vent’anni sua roccaforte politica”, scrive l’editorialista Guy Dinmore nella sua analisti datata da Roma. Nella quale vengono anche riportati un paio di giudizi sulla situazione politica da parte di un “funzionario governativo” che fanno presagire un graduale inizio della fine per il capo del governo.
La decisione di Berlusconi di fare delle elezioni amministrative e in particolare del voto di Milano un referendum su se stesso e sulla sua coalizione “è stata un errore colossale”, dice l’anonima fonte governativa al quotidiano finanziario britannico. E la fonte fa poi l’osservazione che ha suggerito al Ft il titolo dell’articolo: “Egli (Berlusconi, ndr.) ha perso il suo tocco magico”.

L’analisi del quotidiano della City prosegue notando che una sconfitta del Pdl a Milano sarebbe “non solo un’umiliazione personale per Berlusconi”, ma potrebbe spingere la Lega Nord a porre pesanti condizioni in cambio del suo appoggio al governo o addirittura considerare la possibilità di aprire una crisi, abbandonare Berlusconi e insediare al suo posto Giulio Tremonti alla guida

di un governo di larghe alleanza con cui fare le riforme istituzionali, economiche e sociali di cui il paese ha urgente bisogno. Il FT nota che la prospettiva di una sconfitta alle urne e di nuove tensioni con la Lega, “la cui base preme per rompere con il Pdl”, si somma ai numerosi processi per corruzione, frode fiscale e per il “Rubygate” iun cui Berlusconi è coinvolto.

L’autorevole giornale britannico conclude ricordando che Berlusconi, dato più volte per finito negli ultimi tempi, finora è riuscito in qualche modo a sopravvivere. Poi però il Financial Times cita ancora una volta la suddetta fonte anonima di governo: “Non ci sarà una rivoluzione. In Italia le cose accadono lentamente”. Alla fine tuttavia, sembra l’implicito ragionamento, accadono. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

I Liberali e i Socialisti a Milano Votano Pisapia.

(riceviamo e volentieri pubblichiamo)-

Il berlusconismo si definisce “liberale”, ma è l’opposto del liberalismo, come dimostra la sua totale estraneità al movimento liberale europeo. Liberalismo significa governo della legge, separazione dei poteri, indipendenza dei giudici, laicità dello Stato, libera concorrenza, lotta ai monopoli, equità fiscale e sociale, uguaglianza delle opportunità, rispetto di ogni opinione, pluralismo dell’informazione.

Il governo Berlusconi agisce sistematicamente contro tutti questi principi, isolando l’Italia ogni giorno di più dal novero dei paesi a democrazia liberale.

Oggi l’alternativa non è destra-sinistra, ma salvare la liberaldemocrazia italiana o rassegnarsi alla sua crisi. In queste elezioni amministrative, in città-chiave come Milano, un voto significativo per Giuliano Pisapia darà un contributo decisivo a scongiurare la deriva, già troppo avanzata, provocata dal berlusconismo.

Graham Watson – Deputato Liberale al Parlamento Europeo

Riccardo Nencini – Segretario Nazionale dei Partito Socialista Italiano

Beatrice Rangoni Machiavelli – Patron di Liberal International

Loredana Acanfora – docente in pensione

Andrea Addis – Informatore scientifico

Massimo Alberizzi – Giornalista

Massimo Amodio – Infomatico

Ilaria Angelone – Giornalista

Teodoro Anobile – Impiegato

Pina Ardizzone –

Gianni Avvantaggiato – Giornalista

Alessandro Balducci – Insegnante

Aureliano Balducci – Musicista

Elena Barbalich – Regista teatrale

Mauro Barberis – Docente universitario

Anna Bartolini – Giornalista

Ludina Barzini – Giornalista

Angelica Baslini – Imprenditore

Antonia Baslini – Imprenditore

Amedeo Bellini – Professore universitario

Amelia Beltramini – Giornalista

Bianca Bertrando – Impiegata

Guido Bertrando – Funzionario statale, socio fondatore di Alleanza Lib-Lab

Franco Brancato – Ingegnere

Maddalena Brunasti – Libera Professionista

Carlo Biasco – Cittadino

Elena Biasco – Architetto

Andrea Bitetto – Avvocato

Enzo Boeri – Medico

Eugenio Briguglio . Avvocato

Maria Luisa Bonacchi – Giornalista

Joan Peter Boom – Attore

Bruno Brugnoni – Ingegnere

Giovanna Buccheri – Insegnante

Lina Butti – Avvocato

Andrea Cabassi – psicoterapeuta infantile

Maria Emilia Caffarelli –

Alessandro Caramia – Praticante legale

Andrea Carbone –

Pier Paolo Caserta – traduttore

Valeria Casnati – Pensionata

Gim Cassano – Ingegnere, presidente Alleanza Lib-Lab

Fabio Cavalera – Giornalista

Emma Chiaia – Giornalista

Marco Chiauzza – Insegnante

Paola Emilia Cicerone – Giornalista

Cristiana Cimmino – Giornalista

Maria Cipriano –

Nicola Contimillo – Pensionato

Attilio Compasso – Avvocato.

Carlo Cosmelli – Docente di fisica

Francesco Crescimanno –

Claudio Cressati – Docente universitario

Ugo Cubeddu – Giornalista

Rita Dalla Rosa – Giornalista

Monica Damiano – Impiegata terziario

Francesca D’Apolito – Avvocato

Cinzia Dato – docente universitario, già parlamentare.

Carlo De Gresti –

Fabia Del Giudice – Farmacista

Marisa Del Giudice – Pensionata ex insegnante

Vincenzo Delle Donne – Medico

Maurizio Del Sordo – Giornalista

Giovanni De Stefanis – Libertà e Giustizia

Lavinia Di Gianvito – Giornalista

Giulio Ercolessi – Saggista

Luisa Espanet – Giornalista

Marta Espanet – Architetto

Alessandra Fanelli Giornalista

Barbara Farnè – commercialista
Annibale Fasan – Artista

Vincenzo Ferrari – Docente universitario ex preside della Facoltà di Legge a Milano

Spartaco Ferri – Partigiano Divisione Garibaldi

Francesca Finamore – Insegnante

Vincenzo Fontana – professore universitario

Aldo Forleo – Impiegato statale

Carla Fortis – Pensionata ex insegnante

Simona Fossati – Giornalista

Fabio Galluccio – UIL Trentino

Giovanni Galluccio – Segretario UILA UIL Trentino

Mario Garassino – Dirigente industriale

Vincenzo Garraffa – Radiologo ed Ex Senatore della Repubblica

Giampiero Gaudino –

Regina Giannelli – Praticante legale

Rita Giannini – Insegnante

Fabio Girardello – insegnante

Fabio Gibellino – Giornalista

Antonio Giusti – Psicologo – Ingegnere

Mimmo Graziano – imprenditore

Nadia Grillo – Medico

Renato Guareschi – Imprenditore

Giovanni Iannello Leone – Operatore Polizia Locale

Pete Kercher – Consulente in Design Strategico

Cecilia la Monaca – Attrice

Adolfo Laurenti – Economista

Marco La Viola – Ingegnere

Enrico Lecis Cocco-Ortu – Avvocato

Gabriella Leggeri – Bibliotecaria

Maria Carmela Liggieri – docente scienze sociali.

Santino Liggieri – pensionato

Mimmo Lombezzi – Giornalista

Claudio Longo – Ingegnere, Pres. Ass.ne Critica Liberale “F. Taormina”

Tommaso Longobardi –

Roberta Lozzi – Artista

Renato Lupoli – dirigente

Elena Maci – Preside di scuola media superiore

Maria Luisa Malnati – Pensionata

Mariangela Maritato – Giornalista

Enzo Marzo – Direttore di Critica Liberale

Alessandro Marzo Magno – Giornalista

Bruno Magone – Pensionato ex Capitano Marittimo

Paolo Manazza – Giornalista

Luca Manes – Giornalista

Franco Martino – Docente Universitario, già presidente Regione Sicilia

Claudio Melchiorre – ADOC

Emanuela Mele – Educatrice disabili

Manuela Mella – Podologa

Piero Mella – pensionato

Kicca (Anna Paola) Menoni – Giornalista

Maurizio Mereu – Veterinario

Paola Mistri – Giornalista

Federica Monaco – Specialista in storia dell’arte

Ignazio Monaco – Medico

Gianfranco Monteverde – Pensionato – Ex Comandante di Italia di Navigazione

Nicoletta Morabito – Giornalista

Chiara Mottola – Novecento Eventi Srl

Cristina Muccioli – Critico d’arte e docente

Laura Mulassano – Giornalista

Pietro Muraglia – pensionato

Alessandra Nardon – Insegnante

Corrado Ocone – Filosofo

Celestino Odore – Ingegnere

Federico Orlando – Giornalista

Bianca Orsi – Scultrice

Isabelle Oztasciyan Bernardini d’Arnesano – docente universitaria

Pino Nicotri – Giornalista

Giancarlo Nobile – Coordinatore del Comitato Piero Gobetti

Umberto Nobili – Commercialista

Italo Paini – Pensionato

Elisabetta Pajè – Giornalista

Ernesto Paolozzi – Docente universitario di filosofia

Paolo Palillo – Pensionato

Arturo Panascia – docente in pensione

Gio Batta Parodi – Pensionato ex Capitano Marittimo

Gianfranco Pasquino – professore di Scienza Politica

Gianfranco Passalacqua – Avvocato, Docente, Coordinatore nazionale Sinistra Liberale

Enrico Pastori – Giornalista

Pietro Pasut – Revisore legale

Marco Pazzini – Avvocato

Miriam Pellegrini Ferri – Partigiana di Giustizia e Libertà

Emiliana Perina – Insegnante

Saro Pettinato – Avvocato; già senatore

Stefano Pietrosanti – Studente

Massimo Piccaluga – Giornalista

Carlo Piroso – Imprenditore

Anna Pisapia – Giornalista scientifica

Antonio Pisapia – Magistrato

Luciano Poli – Responsabile del Personale in pensione

Angelo Proserpio – Avvocato

Fabrizio Prosperi – avvocato

Silvana Prosperi – sociologa; organizzatrice Festival della Laicità Pescara.

Emanuela Provera – Scrittrice

Fabio Pugliares – Insegnante

Tobia Ravà – Artista

Elio Rindone – Professore in pensione

Gianluigi Re – insegnante

Tilla Rebesco – Impiegata

Franco Rebolini – Giornalista

Rolando Renzi – ingegnere

Rossella Righetti – Giornalista

Orazio Romeo – impiegato

Giorgio Rusconi – Dirigente

Giuliano Sacchi – Medico

Giosi Sacchini – Giornalista

Antonio Saitta – Ordinario di Diritto costituzionale

Luisa Schena – Promotore finanziario Allianzbank

Savina Solimando -Tecnico radiologo

Giovanni Sallicano – Avvocato

Laura Salonia- Giornalista

Francesco Santagata – Dirigente in pensione

Stefano Santagata – Insegnante

Mirella Sartori – pensionata

Enrico Segré – Grafico

Nico Sferragatta – pensionata

Claudio Signini – Avvocato

Susanna Sinigaglia – Traduttrice

Andrea Spalletti – Manager

Carlo Staccioli – Avvocato

Mario Steffenino – international business consultant

Anna Tagliacarne – Giornalista

Sandra Tognarini – Giornalista

Gabriella Tomaselli – Operatrice umanitaria

Laura Terzoli – Giornalista

Venanzio Traversa – Giornalista

Costanza Troini – Attivista H&A R

Giuliana Valcavi – Giornalista

Nico Valerio – Scrittore scientifico

Gloria Vanni – Giornalista

Maria Venneri Becci – Dietista

Pasquale Verginelli – Avvocato

Vincenzo Vernetti –

Marco Vertova – Pensionato ex farmacista

Luciano Visco – Commercialista

Marco Vitale – Economista d’impresa

Valerio Zanone –

Gabriella Zuco – docente universitario

Leonella Zupo – Giornalista

Share
Categorie
Attualità democrazia Media e tecnologia

“Resta il fatto che Milano non rischia nulla di terribile, anzi può darsi che si realizzi, nel caso che vinca Pisapia, qualcosa di quanto propone da anni la Chiesa ambrosiana”.

Se l’arroganza umilia la politica, di Beppe Del Colle-famigliacristiana.it

Il clima politicamente molto caldo che ha caratterizzato le due settimane precedenti il ballottaggio per l’elezione di parecchi sindaci, soprattutto quelli di Milano e di Napoli, ha rivelato un aspetto finora inedito: l’arroganza delle forme, fino al ridicolo delle sostanze. Sull’arroganza delle forme, più precisamente nelle (finte) interviste del presidente Berlusconi trasmesse quasi in contemporanea sui tre canali televisivi privati (i suoi) e sui due pubblici sotto il controllo del Governo (Tg1 e Tg2), molto è stato detto e scritto e con l’intervento dell’Autorità competente, e qui non c’é nulla da aggiungere.

Sulla sostanza che ha sfiorato in diverse occasioni il ridicolo per la totale irrilevanza politico-costituzionale di alcune prese di posizione di Berlusconi e di Bossi, vale la pena di riflettere. Il premier ha denunciato in toni accorati il rischio che, se vincesse a Milano il candidato dell’opposizione Pisapia, in vantaggio al primo turno, la metropoli lombarda diventerebbe preda di zingari, rom, drogati, immigrati, musulmani, centri sociali, sinistra estrema: una vera “Stalingrado italiana”. Su un sito di area cattolica è apparsa per l’avvocato Pisapia l’accusa di “Anticristo”.

Con questi atteggiamenti si negano decenni di storia civile di Milano, una città socialmente aperta e generosa sia sul piano pubblico sia su quello religioso cattolico, governata a lungo da sindaci socialisti con l’appoggio del Pci. Durante un’intervista corale in Tv all’allora presidente del Consiglio Craxi, gli domandammo come giustificasse che il suo Psi governasse a Roma con la Dc e a Milano con il Pci, ed egli ci rispose: «Non mi occupo di beghe locali».

Resta il fatto che Milano non rischia nulla di terribile, anzi può darsi che si realizzi, nel caso che vinca Pisapia, qualcosa di quanto propone da anni la Chiesa ambrosiana, operando attraverso la sua Caritas entro i limiti delle sue possibilità e competenze, in difesa degli ultimi arrivati, in particolare proprio quei rom così trasformati in incubo.

E che dire della proposta leghista di spostare alcuni ministeri da Roma a Milano, con Berlusconi che rispondendo impacciato allude ad analoghe iniziative per il Sud, provocando l’immediata reazione del sindaco di Roma e della parte non padana del Pdl? Su questa idea, come sulla legislazione riguardante gli immigrati, le moschee, il controllo dei consumi di droga, e così via, la competenza legislativa non spetta agli enti locali, ma al Parlamento, e dunque non ha senso discuterne in occasioni che presentano ben altre questioni di interesse generale immediato.

Ma se la polemica elettorale resta ferma all’anticomunismo, al taglio delle tasse (promesso da 17 anni), fino all’assurdo della cancellazione delle multe stradali, anche se domenica vincesse la Moratti quale riforma si potrebbe attendere per una politica così desolante come quella di oggi in Italia? (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Pubblicità e mass media

Risorgi, Milano.

Quei borghesi autoconvocati che a Milano tifano Pisapia-di ALBERTO STATERA- repubblica.it

“Milano è stata l’Eldorado d’Europa. Come si fa a lasciarla nelle mani del populismo plebeo di Bossi e di quello plutocratico di Berlusconi, interpretati per un grigio quinquennio dalla pochezza culturale di Letizia Moratti?”. Con queste parole, dopo vent’anni di ritirata, di ripiegamento neghittoso su se stessa, torna in scena la cosiddetta borghesia illuminata milanese.

Lo fa con l’auto-convocazione del plenum del Gruppo 51 (per cento) per sostenere nell’ultimo miglio la candidatura a sindaco di Giuliano Pisapia.

Coagulato da Piero Bassetti, classe 1928, olimpionico nella staffetta a Londra nel 1948, master alla London School of Economics, assessore a Milano negli anni Sessanta, primo presidente della Regione Lombardia e deputato dimissionario nel 1974 quando cominciò a vedere le danarose corti dei vari Frigerio assise al Savini, il Gruppo ha scelto un sito evocativo del riformismo ambrosiano: il vecchio circolo socialista De Amicis. E’ qui che i 101 professionisti, banchieri, manager, imprenditori, economisti, architetti, sociologi che per primi hanno firmato l’appello, danno stasera il benservito al blocco sociale conservatore che da un ventennio fa da tappo all’unica possibile “Glocal City” a sud delle Alpi, vagheggiando con Pisapia un blocco sociale nuovo e alternativo. Né di sinistra né di destra, composto di lavoratori e professionisti, di borghesia tradizionale e di neo-borghesia dei flussi e delle reti, come la definisce Aldo Bonomi, con quello che si chiamava ceto
medio e gli immigrati che ormai controllano e dirigono il 13 per cento delle imprese milanesi.

Altro che Zingaropoli.

Al De Amicis sfilano stasera in sobrietà, cifra tradizionale della vecchia borghesia meneghina, giuristi come Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, banchieri come Alessandro Profumo e Piero Schlesinger, economisti come Pippo Ranci, Fabrizio Onida, Marco Vitale e Mario Artali. E poi l’ex presidente della Consob Salvatore Bragantini con Rosellina Archinto, l’avvocato Cesare Degli Occhi con il collezionista d’arte Giuseppe Berger, il notaio Giuseppe Fossati con il filosofo Fulvio Papi, il designer Fulvio Ronchi con la pubblicitaria Annamaria Testa. Una folta pattuglia socialista e un pezzo del Nuovo Polo, rappresentato, tra gli altri, da Bruno Tabacci.

“Non siamo qui per i begli occhi di Pisapia – esordirà lo speaker Piero Bassetti, che ci preannuncia i temi della serata – ma perché abbiamo visto profilarsi il miracolo dell’alternativa, né di destra di sinistra, ma incarnato da una persona che ha creato consenso senza soldi e senza partiti. Di fronte a una città e a un paese male amministrati, alle insulsaggini di Bossi sull’immigrazione, alle fesserie sui ministeri al nord, e alla miopia ringhiante di Berlusconi. Ora si può rimuovere questo blocco sociale conservatore che fa da tappo alla città e al paese. Il cambiamento urge non tanto per lo scandalo Ruby. Si sa, il potere è afrodisiaco, si può anche tollerare un puttaniere al comando, ma non far finta che non sia insidiata la democrazia in un paese che, tra l’altro, ha un parlamento di nominati”.

Sì, inutile negare che la partita di Milano si salda con quella nazionale, anche perché è qui che si sono sempre prodotte le fasi politiche innovative.

Tra il 1960 e il 1967, con la giunta del sindaco socialdemocratico Gino Cassinis, con Bassetti assessore al Bilancio, alle Finanze e all’Organizzazione, fu lanciato il Piano Milano che realizzò 144 mila vani di edilizia popolare, 30 scuole, il parco che costeggia viale Forlanini. Municipalizzò il gas della Edison con una battaglia campale appoggiata da Enrico Mattei, che aveva fondato Il Giorno, allora foglio progressista. Si fece il primo prestito di 2 milioni sulla Borsa di New York con l’aiuto di Raffaele Mattioli. Si creò in stazione Centrale il servizio di assistenza al Treno della Speranza, che arrivava tutte le notti dal sud, carico di immigrati, per i quali si istituirono corsi di alfabetizzazione.

“Oggi invece – lamenta Bassetti – si vive di paure indotte da una classe politica in gran parte insulsa, così oscurantista da non capire che non basta innalzare qualche grattacielo dell’Expo, che nutrire il pianeta è un tema che trascende le beghe politiche per le quote di potere, che la sfida non è il rifiuto dell’immigrazione, ma la gestione di un fenomeno ineluttabile, che è anche un’opportunità per fare veramente di Milano l’ottava Glocal City d’Europa. Il sindaco di Rotterdam è un immigrato. A Milano il credito al consumo erogato agli immigrati è pari a quello erogato ai milanesi. Banca Intesa ha costituito l’Extra Bank, istituto multietnico. Perché sa, come sanno tutte le altre banche, che se li buttiamo fuori dalle balle come vorrebbe Bossi, tagliamo di netto il 10 per cento della nostra economia e andiamo a fondo. Mi hanno definito un protoleghista perché con la sinistra di Base, sostenemmo l’autonomismo regionale. Ma i nostri riferimenti erano Salvemini, Miglio e Zerbi, non l’incultura leghista”.

Cosa hanno in mente dunque i redivivi borghesi illuminati, oltre a una decente amministrazione per Milano, ormai rattrappita nel suo bozzolo di neo-populismo fatto di arcaicità, provincialismo gretto, affarismo e potere rivolto all’interesse di pochi, se domenica prossima vincerà Pisapia? Molti di loro non negano nell’attuale situazione assonanze con gli anni Sessanta, quando qui con un nuovo blocco sociale si crearono le condizioni per il primo centrosinistra nazionale. Ma anche dissonanze, perché i partiti non hanno più il peso di allora e il populismo berlusconiano ha cambiato il sistema, nel senso che le leadership nascenti di sinistra contengono adesso elementi populistici, sia pure a “consenso critico” e non “acritico”, da tifoseria, come quello di destra. E non è facile coniugare il vecchio partitismo con le nuove forme di leadership.

Ci vollero tre anni perché l’esperimento del centrosinistra milanese fosse replicato a Roma, dopo molte resistenze, compresa quella di Aldo Moro. “Perciò attenzione – avverte Bassetti, che ne discute da mesi con gli altri “congiurati” – se vinciamo a Milano, il recepimento nazionale non sarà rapido. Non solo perché Bossi rischia di rimanere abbracciato a Berlusconi nell’agonia, rinviando il 25 luglio del berluscoleghismo, come i naufraghi che affogano. Ma anche perché il Pd dovrà adeguarsi ad alternative del tipo Pisapia. Non più l’Ulivo, ma forme neo-populiste a guida tranquilla e gentile. Il modello inglese che consente al leader di non dover negoziare. “Sì” o “no”, come al parlamento britannico. Quindi, meglio non improvvisare, se no la sinistra rischia grosso”. Non sarebbe la prima volta, avvertono al De Amicis. Al riformismo milanese seguirono le degenerazioni del craxismo e il berluscoleghismo. Addio Eldorado. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Sondaggi e ballottaggi.

Secondo quanto ha riportato la stampa italiana, Berlusconi s’impegnerebbe nel ballottaggio a Milano solo se i sondaggi gli facessero intravvedere una possibilità di rimonta della Moratti su Pisapia.

Siamo talmente abituati all’idea che le scelte politiche siano per forza di cose eterodirette dalle percentuali di successo diagnosticabili, interrogando un campione di elettori, che quanto avrebbe detto Berlusconi ai suoi ci appare normale. E non invece la prova provata del solito modo furbastro di fare politica. Quel modo furbastro che è stata la vera causa della sua debacle elettorale.

La domanda è: è lecito fare politica basandosi sui sondaggi? Da anni i sondaggi su argomenti politici ed elettorali svolgono un ruolo centrale nelle democrazie occidentali, in quanto permetterebbero di conoscere gli orientamenti dei cittadini nei confronti di istituzioni, partiti, leader politici e politiche pubbliche. Pare che non se ne potrebbe più fare a meno, allo stesso modo di come sarebbe difficile per una grande azienda rinunciare alle ricerche di mercato per conoscere i gusti, gli orientamenti, la propensione dei consumatori attuali e potenziali. Addirittura i risultati dei sondaggi godono di una tale sproporzionata visibilità mediatica, da rendere facile il meccanismo di auto-convincimento di chi commissiona l’indagine.

Un caso eclatante di autoavveramento indotto dai sondaggi si è appunto verificato in occasione delle elezioni comunali di Milano. I sondaggi davano la Moratti vicino al 49% e Pisapia intorno al 40%. A urne chiuse, oplà: i valori erano esattamente rovesciati, lasciando tutti a bocca aperta. Nessuno dei due contendenti, nessuno dei due schieramenti, nessuno in Italia in genere ci poteva credere. Come mai? Per almeno due motivi “tecnici” e per una ragione politica e sociale.

Il primo motivo tecnico lo confessa Luigi Crespi: “Il Pdl sta perdendo voti da due anni, infatti li ha persi alle Regionali e alle Europee, ma questa perdita non è stata rilevata poiché Berlusconi aveva comunque vinto le precedenti elezioni.” L’ineffabile Crespi ci dice candidamente che lui e i suoi colleghi sondaggisti hanno preso un abbaglio, perché non hanno mai voluto dire pubblicamente della costante emorragia di voti. Per vile compiacenza con il committente? Per venale convenienza contrattuale? Fatto sta che durante la campagna elettorale, interrogato dai media, Crespi ebbe a dire che per la Moratti a Milano si sarebbe ripetuto “l’effetto chiodi”. Si chiamava Chiodi il governatore dell’Abruzzo che Berlusconi riuscì a far eleggere, facendogli la campagna elettorale. La qual cosa ci rimanda al secondo motivo tecnico.

L’Istituto Cattaneo di Bologna sostiene la tesi secondo la quale vista la rilevanza delle funzioni dei sondaggi e dei rischi connessi, è essenziale che i loro risultati rispecchino fedelmente gli orientamenti dei cittadini e che vi trovino riscontro le relative interpretazioni. Però, succede che se da una lato un numero elevato di aziende specializzate hanno dato vita a un mercato concorrenziale per la conduzione dei sondaggi, con il rischio di impoverire la qualità delle ricerche pur di abbassarne i costi; dall’altro lato le diverse categorie di utenti di queste inchieste difficilmente posseggono le competenze metodologiche per valutare criticamente le tabelle delle percentuali. Senza contare che i risultati dei sondaggi godono di una visibilità mediatica sempre più crescente che tende a rendere effimero il loro impatto sulla realtà e sulla comprensione della realtà.

Un esempio concreto è quanto sostiene proprio l’Istituto Cattaneo di Bologna. Secondo l’analisi dei risultati del primo turno elettorale delle elezioni amministrative 2011, il Pdl ha perduto 164 mila voti rispetto a quelli raccolti, con Alleanza Nazionale nelle precedenti elezioni comunali, con una flessione pari al -24,6%. Il Partito democratico ha perduto 111 mila voti rispetto alla comunali precedenti, con una flessione pari al 16,2%. La Lega ha guadagnato 56 mila voti in tutto il nord. Rispetto alle Regionali del 2010, la Lega ha perso 25 mila voti a Milano e Torino, ma li ha guadagnati a Bologna, grazie al candidato sindaco, ancorché battuto al primo turno.

Se si fossero tenuti in corretta considerazione i flussi elettorali che hanno portato ai risultati delle ultime elezioni, essi sarebbero stati sorprendenti, ma non inaspettati. E questo ci riporta, infine, alla ragione politica e sociale per cui i sondaggi hanno mancato l’obiettivo di una corretta previsione dei risultati.
Infatti, una valutazione “oggettiva” della condizione materiale della stragrande maggioranza degli italiani avrebbe fatto, quanto meno presumere, se non proprio prevedere una sonora punizione elettorale nei confronti dei partiti che fanno parte della coalizione di governo. Non fosse altro perché è successo così in tutte le elezioni amministrative in Europa.

Nello specifico, in Italia il declino del berlusconismo aveva già dato vistosi segnali, che la sconfitta di Milano ha semplicemente certificato. La fatica di vincere a Bologna, la sconfitta di Napoli hanno detto chiaro quello che del Pd già si sapeva: l’opposizione non è all’altezza del compito se non si dà il compito di una nuova politica, a cominciare da una nuova visione della politica. I primi a non aspettarsi il successo di Pisapia a Milano, i primi a non immaginare il successo di De Magistris a Napoli sono proprio quelli che avrebbero, quanto meno, dovuto progettare candidature credibili su programmi efficaci.

Ma questo modo di capire l’esistente non lo può suggerire nessun sondaggio. La differenza tra politica e statistica sta nel fatto che quest’ultima fotografa l’esistente al passato prossimo, mentre la politica dovrebbe costruire una visione del presente prossimo, tendente al futuro semplice.
La cosa comica, a una settimana dal prossimo voto, è che nessuno sembra sapere che pesci prendere, forse perché essendo saltati i riferimenti dei sondaggi, nessuno si espone. Proprio come pare abbia confessato Berlusconi. A parte, ovviamente Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli, Zetta a Cagliari e tutti i candidati al ballottaggio: loro il “campione” lo incontrano dal vivo, ce l’hanno davanti in carne e ossa. Difficile per loro non fare i conti con la realtà. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
democrazia Pubblicità e mass media Società e costume

“Zingaropoli”, neologismo razzista.

“No alla parola Zingaropoli, è carica di disprezzo”, di ROBERTO NATALE- www.fnsi.it

Umberto Bossi“Il leader della Lega Umberto Bossi, intervenendo sul prossimo ballottaggio milanese, ha detto che Giuliano Pisapia vuole “trasformare la città in una Zingaropoli”. La polemica politica è affare dei candidati e delle coalizioni. Ma l’avvelenamento del linguaggio è un problema che riguarda tutti, compresi noi giornalisti che le parole le maneggiamo per lavoro. E allora non si può accettare che entri in circolo un nuovo termine così carico di significati spregiativi: il popolo Rom si chiama così e ha il diritto di essere chiamato così.

All’estero un uso tanto contundente del linguaggio politico verrebbe bollato come “hate speech”, incitamento all’odio. E’ bene che anche il discorso pubblico italiano recuperi il senso del limite. Ci abbiamo messo vent’anni a imparare che gli immigrati non andassero chiamati “vu’cumprà”, e abbiamo ancora difficoltà a non definirli sbrigativamente “clandestini”. Non c’è proprio bisogno di aggiungere un altro vocabolo al glossario del disprezzo”. (Beh, buona giornata)

Share
Categorie
democrazia Pubblicità e mass media

Punire gli smoderati.

Toglietevi dalla testa che in questa campagna elettorale il centrodestra italiano abbia toccato il fondo. Insulti, menzogne, vigliaccate sono state, sono e saranno il pane quotidiano del crepuscolo berlusconiano. Sembra proprio la ferocia che precedette il dissolvimento della Repubblica di Salò: senza più inibizioni, pudori, ipocrisie il ceto politico berlusconista ha sguainato il pugnale e colpisce a tradimento, senza nascondere più la bava alla bocca e l’autocompiacimento per il gestaccio.

L’arroganza dei capo-manipolo berlusconisti è qualcosa che va al di là delle esagerazioni da circoscrivere all’interno di un periodo di campagna elettorale: è un ordine di scuderia impartito da Lui in persona. E al suo segnale, si è scatenato
l’inferno, che potrebbe durare per tutta la seconda parte della legislatura.
Berlusconi ha paura di essere fatto fuori, non già dall’opposizione.

Sono i “suoi” che lo minacciano: la Lega, la Chiesa, la Confindustria. Questo atteggiamento personale di insofferenza è diventata una politica precisa: io non mollo,boia chi mi vuol far mollare. È una strategia mediatica di straordinaria
violenza verbale. Azzera ogni possibilità del ben che minimo livello di
confronto, azzittisce ogni accenno di dialogo, non ammette mediazioni. È
una politica dell’informazione che trucca le carte, che rovescia preventivamente il rapporto tra il vero e il falso, che aggredisce e diffama senza quartiere.

È l’estremismo di fine corsa: il tragitto cominciato con il politicamente scorretto sta finendo in un baratro di rabbia, di gaffes, di arroganza ciarliera, di cieca violenza verbale. Sbaglia chi sostiene che questo è un sintomo di disperazione, perché incomberebbe il pericolo di una sconfitta elettorale, per esempio a Milano. Sbaglia non perché non sia possibile che il candidato del centro sinistra costringa al ballottaggio il sindaco Moratti a Milano, nella roccaforte del berlusconismo. Sbaglia non perché sia impossibile al centrosinistra riconfermarsi a Napoli, a Torino e a Bologna. Lo sbaglio sta nella valutazione dei comportamenti degli uomini e delle donne del centrodestra berlusconista: essi non si stanno comportando in modo scorretto perché in preda al panico della sconfitta.

Essi sono così, esattamente così lo sono sempre stati: è una classe dirigente improvvisata, raccogliticcia, ingorda e presuntuosa come lo possono essere tutti i dilettanti che l’impresario Berlusconi ha mandato allo sbaraglio. Persone senza scrupoli politici, capaci di fare la spola da uno schieramento all’altro, capaci, per una poltrona, uno stipendio, un business di favore, di trasformarsi in sicari pronti a tutto.

In questo ultimo parapiglia elettorale è davvero difficile immaginare una coerente linea di condotta del centrosinistra. D’altronde, se uno incontra un avversario scorretto, falloso, truffaldino e vigliacco il risultato è un pessimo spettacolo. Succede nelle partite di pallone, negli incontri di pugilato,
figuriamoci nelle tribune politiche, nei talk show. Come la politica italiana sia stata ridotta in quindici anni di berlusconismo è sotto gli occhi, le orecchie e le labbra di tutti.

E come al solito, la borghesia italiana è stata fin troppo opportunista, ha preso tutti i vantaggi che il berlusconismo poteva dargli. Ma è oggi che Berlusconi chiede apertamente indietro il prestito, con gli interessi: “facciano loro qualcosa per il governo” ha detto senza mezzi termini Berlusconi a proposito della richiesta di Confindustria di fare di più per le imprese.

A Milano si è rivista la borghesia progressista schierarsi per Piasapia. Sarebbe troppo augurarsi che questa domenica elettorale i “non sento, non vedo e non parlo” della borghesia milanese più moderata si prendessero una breve vacanza e, magari non andando alle urne, punissero Berlusconi e i suoi accoliti? Una astensione moderata contro gi eccessi del potere berlusconista sarebbe una sonora batosta, capace di rimettere in moto la politica, bloccata da mesi dalle vicende private del Cavaliere, oltre che una incapacità ormai conclamata di affrontare i nodi della crisi del Paese.

Lo sanno bene i milanesi, come lo sanno i napoletani, i bolognesi, i torinesi e tutti i cittadini italiani chiamati alle urne in questa tornata elettorale che non succederebbe nessuna rivoluzione. I tempi sono maturi per voltare pagina: basterebbe che i moderati punissero gli smoderati. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
democrazia Media e tecnologia Pubblicità e mass media

La dittatura mediatica.

Avete presente quando le orche marine fanno le loro evoluzioni e poi sbattono, gettandosi di peso, fragorosamente sulle onde del mare producendo copiosi schizzi d’acqua? Esattamente come quando l’altra sera Giuliano Ferrara dai microfoni di Radio Londra, luogo televisivo che continua a occupare, nonostante gli ascolti lo puniscano, come continuano a punire il Tg di Minzolini, esattamente come Giuliano Ferrara, quando si è buttato a pesce sulle tesi sostenute su Il Manifesto da Alberto Asor Rosa.

Asor Rosa dice cose giuste: la nostra democrazia è al collasso, il berlusconismo che si compra tutto, si è comprato anche la democrazia parlamentare, la situazione di impotenza istituzionale è paragonabile alla presa del potere di Mussolini e di Hitler. I quali non andarono al potere con un golpe, ma sfruttando la totale debolezza politica delle istituzioni del tempo, si fecero incaricare, sfruttando le pieghe delle regole istituzionali.

E qui la similitudine tra la debolezza dell’attuale opposizione con l’inconsistenza delle opposizioni sia nell’Italia del ’24 che nella Germania del ’33 è, ahinoi, lampante.

Asor Rosa suggestiona l’idea che lo Stato scateni le forze dell’ordine contro il berlusconismo. Idea balzana, ma che la dice lunga sulla totale sfiducia nella possibilità di un cambiamento. Asor Rosa dice che non è prevedibile un cambiamento promosso dal “basso”, vale a dire promosso dai cittadini, le associazioni, dalla base popolare dei partiti, dalle forze del lavoro, dello studio, della cultura.

Forse, piuttosto che attardarsi sulle ipotesi di “golpe istituzionale”, bisognerebbe capire perché l’indignazione per le porcherie del governo Berlusconi non riesce a diventare forza di trasformazione, che metta in moto un processo di superamento di questi partiti, di queste forze politiche, per arrivare a prefigurare una vera alternativa alla crisi della democrazia italiana.

Una delle ragioni è sicuramente la dittatura mediatica, esercitata contro la democrazia del nostro Paese. Una dittatura feroce, capillare, letale per le coscienze. Quella dittatura che si esplicita all’insegna del semplice “se vuole fare carriera, sposi un uomo ricco”, oppure se da precario cerchi lavoro, cerca di fare il provino per “Non è mai troppo tardi”, talent show prossimamente condotto da Signorini, uno dei lacché del signor B. La vicenda delle sconsiderate nottate del capo del Governo ci ha spiegato con dovizia di particolari che il bunga-bunga è un modo per far carriera nel mondo dello spettacolo e che anche la politica, in Italia, fa parte del mondo dello spettacolo. D’altro canto, “I responsabili”, il gruppo parlamentare di Mimmo “monnizza” Scilipoti non sembra forse il titolo di un programma tv?

Il fatto è che questa dittatura mediatica si esercita soprattutto quando si distrae il pubblico dalla politica vera, dal reale disagio sociale, dalle proteste di massa che hanno invaso le piazze del Paese. Secondo l’Osservatorio di Pavia, le reti televisive italiane hanno dedicato nel 2010 alle vicende di nera e processuali nei rispettivi telegiornali: 867 servizi all’omicidio di Avetrana, 204 al caso Claps; 98 al delitto di Perugia, 55 al delitto di Garlasco. Senza contare i talk show, con tanto di criminologi, plastici, e ospiti tuttologi a comando. Il collasso di cui parla Asor Rosa non è solo istituzionale, è sistemico.

Il conflitto di interessi è stato superato brillantemente dai fatti: oggi in Italia la politica è solo una questione di interessi personali, la tv è ormai solo una commodity di quegli interessi. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
democrazia Leggi e diritto Media e tecnologia Società e costume

“C’è chi vede, in quella coazione a mentire, l’archetipo del Bambino come se alloggiasse nell’inconscio del Cavaliere una personalità che “ragiona” in base al principio di piacere e non al principio di realtà.”

Il grande imbroglione,di GIUSEPPE D’AVANZO-La Repubblica.

BERLUSCONI mente con costante insolenza. È una consuetudine che da sempre sollecita molte attenzioni per afferrarne le ragioni, per così dire, costitutive. Per dirne una. C’è chi vede, in quella coazione a mentire, l’archetipo del Bambino come se alloggiasse nell’inconscio del Cavaliere una personalità che “ragiona” in base al principio di piacere e non al principio di realtà. Lungo questa via è suggestiva l’interpretazione di chi avvista Berlusconi afflitto da “pseudologia phantastica”.

«Una forma di isteria caratterizzata dalla particolare capacità di prestar fede alle proprie bugie. Di solito succede – scrive Carl G. Jung – che simili individui abbiano per qualche tempo uno strepitoso successo e che siano perciò socialmente pericolosi». Sono accostamenti utili e intriganti, ma rischiano di annebbiare quel che è semplice e chiaro da tempo: se l’imbroglione è, come si legge nei dizionari, «una persona che ricorre al raggiro come espediente abituale», Berlusconi è innanzitutto un imbroglione.

È un imbroglio, un abituale inganno l’ultimo flusso verbale del capo del governo – che come sempre parla soltanto di se stesso, soltanto del suo prezioso portafoglio, soltanto dei complotti che gli impedirebbero di governare e arricchirsi. Berlusconi manipola fatti, eventi e contingenze della sua storia di imprenditore e di politico per mostrarsi vittima di un’aggressione, nell’una come nell’altra avventura. Deve farlo, il Cavaliere, poverino.
Non solo per una fantasia di potenza adolescenziale (anche per quello), ma (soprattutto) per la consapevole accortezza di dover nascondere il catastrofico fallimento della sua leadership e i sistemi che ne hanno fatto un uomo di successo.

Dice il Cavaliere: «Mi trattano come se fossi Al Capone». Il fatto è che Berlusconi, con Al Capone, condivide il rifiuto delle regole, il disprezzo della legge, l’avidità, una capacità di immaginazione delirante. Come Al Capone testimonia simbolicamente la crisi di legalità negli Stati Uniti degli Anni Venti, Berlusconi rappresenta – ne è il simbolo – l’Italia corrotta degli Anni Ottanta e Novanta, la crisi strutturale della sfera pubblica che ancora oggi, nonostante Tangentopoli, comprime il futuro del Paese. Berlusconi è tutt’uno con quella storia e senza amnistie, riforme del codice (falso in bilancio) e della procedura (prescrizione) preparate dai suoi governi, egli sarebbe considerato un “delinquente abituale”.

Scorriamo i reati che gli sono stati contestati nei dodici processi che ha subito finora. La fortuna del premier è il risultato di evasione fiscale; falso in bilancio; manipolazione delle leggi che regolano il mercato e il risparmio; corruzione della politica (che gli confeziona leggi ad hoc); della polizia tributaria (che non vede i suoi conti taroccati); dei giudici (che decidono dei suoi processi); dei testimoni (che lo salvano dalle condanne). Senza il dominio nell’informazione e il controllo pieno dei “dispositivi della risonanza”, sarebbe chiaro a tutti come la chiave del successo di Berlusconi la si debba cercare nel malaffare, nell’illegalità, nel pozzo nero della corruzione della Prima Repubblica, di cui egli è il figlio più longevo.

Deve farlo dimenticare e deve mentire per tenere in vita la mitologia dell’homo faber e il teorema vittimistico. È quel che fa per nascondere il passato e salvare il suo futuro. Confondendo come sempre privato e pubblico, Berlusconi ora denuncia anche un assalto al suo patrimonio, la sola cosa che ha davvero a cuore. Si lamenta: «Contro di me tentano anche un attacco patrimoniale: a Milano c’è un giudice, di cui potrei dire molto, che ha formulato un risarcimento di 750 milioni per la tessera numero 1 del Pd, De Benedetti, per un lodo a cui la Mondadori fu costretta. È una rapina a mano armata».

Si sa come sono andate le cose. La Cassazione dice colpevoli il giudice Vittorio Metta e gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico, Giovanni Acampora (assistono la Fininvest nella guerra di Segrate): hanno barattato la sentenza del 1991 sul cosiddetto “Lodo Mondadori” che, a vantaggio di Berlusconi, ha sottratto illegalmente la proprietà della casa editrice a De Benedetti (editore di questo giornale). Sono i soldi della Fininvest che corrompono il giudice, ma Silvio Berlusconi si salva per una miracolosa prescrizione.

Per il suo alto incarico (nel 2001 è capo del governo) gli vanno riconosciute – sostengono i giudici – le attenuanti generiche e quindi la prescrizione e non come sarebbe stato più coerente, proprio per le sue pubbliche responsabilità, le aggravanti e quindi la condanna insieme agli uomini che, nel suo interesse, truccarono il gioco. «Corresponsabile della vicenda corruttiva», il Cavaliere con Fininvest deve ora risarcire – come ha deciso la Cassazione – i danni morali e patrimoniali quantificati in primo grado in 750 milioni di euro. Troppo o troppo poco, lo dirà il giudice dell’appello che deciderà degli interessi di due privati e non, come vuole far credere l’Imbroglione, di due fazioni politiche.

È altro quel che qui conta ripetere, una volta di più semmai ce ne fosse bisogno. Come dimostra il tentativo di gettare nel calderone delle polemiche anche un suo affare privato, dietro la guerra scatenata dal capo del governo contro la magistratura ci sono soltanto gli interessi personali del premier. Null’altro. Riforma costituzionale, riforma della giustizia, asservimento del pubblico ministero al potere politico, che oggi paralizzano la vita pubblica del Paese, sono soltanto gli espedienti ricattatori di Berlusconi per ottenere un salvacondotto che lo liberi dal suo passato illegale, da una storia fabbricata, oggi come ieri, con l’imbroglio. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia Leggi e diritto

“Egli può agitare pubblicamente contro l’accertamento dei fatti una politica corrotta, Camere diventate bottega sua, parlamentari diventati servitù.”

Abuso di Parlamento, di GIUSEPPE D’AVANZO-la Repubblica

IL PARLAMENTO, senza arrossire di vergogna per il degradante disonore che gli viene inflitto, sostiene che Berlusconi davvero crede che Karima El Mahroug (“Ruby”) sia la nipotina minorenne del rais egiziano Hosni Mubarak. Così, nella notte tra il 27 e 28 maggio 2010, il buon uomo si muove per evitare al Paese un conflitto internazionale nella sua funzione di premier, primo responsabile della politica estera della Repubblica. È la grottesca frottola che nemmeno un sempliciotto butterebbe giù senza riderne.

Nominati o comprati, i rappresentanti del popolo devono bere l’intruglio per sostenere che il Cavaliere quella notte e nelle conversazioni con il funzionario della questura (il capo del governo chiede l’immediata liberazione della sua giovanissima concubina, accusata di furto) esercita addirittura l’autorità ministeriale. Quindi, se reato c’è stato, è ministeriale e di competenza del Tribunale dei Ministri, conclude l’aula di Montecitorio. Accettato di trangugiare senza turbamento la favoletta buffonesca di un premier sprovveduto e credulone – insomma, uno sciocco di 75 anni che crede alla prima balla che gli racconta una ragazzina di diciassette – il Parlamento deve muovere un passo abusivo: sostenere che è potere esclusivo delle Camere decidere se un reato sia ministeriale o meno. In questo caso lo è – sragiona Montecitorio – e solleva il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale cui la Camera chiede di sottrarre al tribunale di Milano il processo per concussione e sfruttamento
della prostituzione contro il Cavaliere.

I giuristi ridono degli sgorbi che vedono raccolti nella decisione di un Parlamento ubbidiente alla volontà e agli interessi del presidente del Consiglio. Lo ha già scritto qui Franco Cordero: “Finché esiste l’attuale Carta, la giurisdizione non ammette interventi esterni”. Naturalmente è legittimo porre la questione della competenza del giudice, ma non spetta a un corpo politico sbrogliare la matassa, ma ai giudici e nel processo. Come ha deciso anche recentemente la Cassazione (3 marzo), “rientra nelle attribuzioni dell’autorità giudiziaria verificare i presupposti della propria competenza” e sarà il giudice ordinario a decidere se un reato ha natura ministeriale.

Questi pochi segni liquidano la questione giuridica (la Camera rivendica un potere che non ha) e rivelano la qualità politica della questione o, detto in altro modo, le potenzialità eversive di questa stagione italiana. Berlusconi non può affrontare il processo, non può argomentare e soprattutto provare l'”eleganza” dei convegni di Arcore, la correttezza dei suoi comportamenti, l’invulnerabilità o la non ricattabilità della sua persona. Davvero qualcuno ha creduto che l’uomo che ci governa avrebbe accettato di farsi processare? Come ci è già apparso chiaro a gennaio, Berlusconi deve rinserrarsi nel ridotto di Montecitorio e, protetto dalla sua maggioranza, rifiutare il processo, ricattare le più alte istituzioni dello Stato, scatenare la politica contro la magistratura, gridare al coup d’Etat – addirittura ieri al “brigatismo” delle toghe – perché ogni controllo che lo sfiora è già un colpo di Stato giudiziario che impone, dice, la punizione dei giudici, il castigo per magistratura, la sacralizzazione della sua persona con un’impunità definitiva (sono l’eletto del popolo). Anche a costo di demolire le istituzioni e trascinare il Paese in un conflitto senza vie di uscita, Berlusconi pretende di essere legibus solutus. Il Cavaliere è già al lavoro. Fin d’ora avvelena i pozzi dell’opinione pubblica con cadenza quotidiana e, come sempre, rifiuta ogni domanda e ogni contraddittorio, senza coraggio. Organizza piazze. Ordina figuranti. Sistema il suo esercito mediatico per la manipolazione che, cancellati i fatti e soprattutto la violenza su una minore, dovrà trasformare il “caso Ruby” in uno spettacolino plausibile come il Grande Fratello e il responsabile delle torsioni di un corretto gioco democratico nella vittima di un complotto politico.

È il pericoloso incrocio in cui ci ha portato un premier incapace di controllare la sua vita, determinatissimo a non accettare alcuna responsabilità e giudizio. Ma se ieri, per evitare ogni responsabilità e giudizio, il presidente del Consiglio comprava i giudici (Mondadori) e corrompeva i testimoni (All Iberian), oggi queste manovre non sono più necessarie per allontanarsi dall’incomodo giudiziario. Non ha più bisogno giocare con baratti sotto il banco perché, per cancellare oneri e obblighi, egli può agitare pubblicamente contro l’accertamento dei fatti una politica corrotta, Camere diventate bottega sua, parlamentari diventati servitù. È la partita finale che stringe in un solo nodo tutte le questioni che ha posto al Paese il potere di Silvio Berlusconi. È la stagione che ci dirà se nel nostro futuro ci sarà ancora uno Stato con una pluralità di poteri divisi o ai quattro poteri accumulati oggi dal Cavaliere (esecutivo, legislativo, economico, mediatico) si aggiungerà presto il dominio incontrollato del quinto (giudiziario). (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Leggi e diritto Popoli e politiche

L’appello alla mobilitazione apparso sul sito di Libertà e Giustizia, firmato dal presidente onorario dell’associazione, Gustavo Zagrebelsky.

L’ora della mobilitazione di GUSTAVO ZAGREBELSKY

Navi affollate di esseri umani alla deriva, immense tendopoli circondate da filo spinato, come moderni campi di concentramento. Ogni avanzo di dignità perduta, i popoli che ci guardano allibiti, mentre discettiamo se siano clandestini, profughi o migranti, se la colpa sia della Tunisia, della Francia, dell’Europa o delle Regioni. L’assenza di pietà per esseri umani privi di tutto, corpi nelle mani di chi non li riconosce come propri simili. L’assuefazione all’orrore dei tanti morti annegati e dei bambini abbandonati a se stessi. Si può essere razzisti passivi, per indifferenza e omissione di soccorso. La parte civile del nostro Paese si aspetta – prima di distinguere tra i profughi chi ha diritto al soggiorno e chi no – un grande moto di solidarietà che accomuni le istituzioni pubbliche e il volontariato privato, laico e cattolico, fino alle famiglie disposte ad accogliere per il tempo necessario chi ha bisogno di aiuto. Avremmo bisogno di un governo degno d’essere ascoltato e creduto, immune dalle speculazioni politiche e dal vizio d’accarezzare le pulsioni più egoiste del proprio elettorato e capace d’organizzare una mobilitazione umanitaria.

“Rappresentanti del popolo” che sostengono un governo che sembra avere, come ragione sociale, la salvaguardia a ogni costo degli interessi d’uno solo, dalla cui sorte dipende la loro fortuna, ma non certo la sorte del Paese. Un Parlamento dove è stata portata gente per la quale la gazzarra, l’insulto e lo spregio della dignità delle istituzioni sono moneta corrente. La democrazia muore anche di queste cose. Dall’estero ci guardano allibiti, ricordando scene analoghe di degrado istituzionale già viste che sono state il prodromo di drammatiche crisi costituzionali.

Una campagna governativa contro la magistratura, oggetto di continua e prolungata diffamazione, condotta con l’evidente e talora impudentemente dichiarato intento di impedire lo svolgimento di determinati processi e di garantire l’impunità di chi vi è imputato. Una maggioranza di parlamentari che non sembrano incontrare limiti di decenza nel sostenere questa campagna, disposti a strumentalizzare perfino la funzione legislativa, a rinunciare alla propria dignità fingendo di credere l’incredibile e disposta ad andare fino in fondo. In fondo, c’è la corruzione della legge e il dissolvimento del vincolo politico di cui la legge è garanzia. Dobbiamo avere chiaro che in gioco non c’è la sorte processuale di una persona che, di per sé, importerebbe poco. C’è l’affermazione che, se se ne hanno i mezzi economici, mediatici e politici, si può fare quello che si vuole, in barba alla legge che vale invece per tutti coloro che di quei mezzi non dispongono.

Siamo in un gorgo. La sceneggiatura mediatica d’una Italia dei nostri sogni non regge più. La politica della simulazione e della dissimulazione nulla può di fronte alla dura realtà dei fatti. Può illudersi di andare avanti per un po’, ma il rifiuto della verità prima o poi si conclude nel dramma. Il dramma sta iniziando a rappresentarsi sulla scena delle nostre istituzioni. Siamo sul crinale tra il clownistico e il tragico. La comunità internazionale guarda a noi. Ma, prima di tutto, siamo noi a dover guardare a noi stessi.

Il Presidente della Repubblica in questi giorni e in queste ore sta operando per richiamare il Paese intero, i suoi rappresentanti e i suoi governanti alle nostre e alle loro responsabilità. Già ha dichiarato senza mezzi termini che quello che è stato fatto apparire come lo scontro senza uscita tra i diritti (legittimi) della politica e il potere (abusivo) magistratura si può e si deve evitare in un solo modo: onorando la legalità, che è il cemento della vita civile. Per questo nel nostro Paese esiste un “giusto processo” che rispetta gli standard della civiltà del diritto e che garantisce il rispetto della verità dei fatti.

Questo è il momento della mobilitazione e della responsabilità. Chiediamo alle forze politiche di opposizione intransigenza nella loro funzione di opposizione al degrado. Non è vero che se non si abbocca agli ami che vengono proposti si fa la parte di chi sa dire sempre e solo no. In certi casi – questo è un caso – il no è un sì a un Paese più umano, dignitoso e civile dove la uguaglianza e la legge regnino allo stesso modo per tutti: un ottimo programma o, almeno, un ottimo inizio per un programma di governo. Dobbiamo evitare che le piazze si scaldino ancora. La democrazia non è il regime della piazza irrazionale. Lo è la demagogia. La democrazia richiede però cittadini partecipi, attenti, responsabili, capaci di mobilitarsi nel momento giusto – questo è il momento giusto – e nelle giuste forme per ridistribuire a istituzioni infiacchite su se stesse le energie di cui hanno bisogno.

Libertà e Giustizia è impegnata a sostenere con le iniziative che prenderà nei prossimi giorni le azioni di chi opera per questo scopo, a iniziare dal Presidente della Repubblica fino al comune cittadino che avverte l’urgenza del momento. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Il burlesquoni show a Patacca Italia.

La performance di Berlusconi a Lampedusa segna una tappa nuova nella vita politica italiana. Lampedusa come l’Isola dei Famosi è stato il set televisivo dello show del capo del Governo: un programma di tipo nuovo, un cocktail preparato con un terzo di reality, un terzo di infomercial, un terzo di videomessaggio in salsa web.

Il programma-pilota era andato in onda su tutti gli schermi qualche giorno prima a Milano, durante lo show del processo, che non c’era, perché era solo un’udienza preliminare, però c’era il pubblico, il predellino, e il “cuscino” antiproiettile sulla schiena del nostro eroe. Ora bisognerebbe chiedere aiuto a eminenti critici televisivi per dare un nome a questo nuova forma di intrattenimento: nel frattempo, la chiameremo provvisoriamente “burlesqu-oni show”.

Bisogna dire che il ”burlesquoni show” ha fatto subito scuola. E così succede che il ministro della Difesa, attorniato da poliziotti si mette a provocare i manifestanti davanti a Montecitorio come fosse ancora ai tempi del Fronte della gioventù nella Milano degli anni Settanta. Poi entra in Aula e dà in escandescenze. Richiamato dal presidente, che una volta era anche il “suo” presidente, il fascistello attempato non trova di meglio che mandare affanculo la terza carica dello Stato.

Il giorno dopo, tocca al ministro della Giustizia che arriva trafelato sui banchi del governo per votare, e mentre il presidente della Camera chiude le votazioni, il ministro perde la testa e getta il tesserino parlamentare verso i banchi dell’opposizione. Un comportamento degno di Cassano o Balotelli verso l’arbitro.

Comunque sia, la vera forza del “burlesquoni show” sta nel fatto che è una forma estrema di intrattenimento, che supera anche i vasti confini della tv. Il “burlesquoni show” è multimediale, multicanale. Pensate all’on. Nicole Minetti, parlamentare della Regione Lombardia. Ha detto a Vanity Fair e poi a Repubblica che lei sta mica tanto a preoccuparsi per quella storia del bunga bunga, ma che scherziamo, lei aspira a ben altri traguardi, che vi credete che un giorno non riesca a diventare ministro degli Esteri? La notizia non ha solo fatto il giro del mondo dei media italiani, ma è come se la cosa si fosse davvero materializzata: che differenza farebbe una Minetti al posto di un Frattini? Vista il peso relativo che ormai la nostra diplomazia ha in Europa, non si capisce perché la sorte non dovrebbe accontentare i sogni della più famosa igienista dentale italiana.

Insomma, il “burlesquoni show” ha una forza comunicazionale inedita: niente a che vedere con i reality. Per tenerli in piedi, quelli bisogna pomparli: mandare la Ventura in Honduras e poi magari anche un citrullo di ex Casa Savoia. Niente a che vedere con roba decotta come Forum, dove una finta terremotata viene smascherata in quattro e quattr’otto.

Il “burlesquoni show” è genuino, perché i personaggi non fingono, sono proprio così: Berlusconi che compra casa a Lampedusa, vuole un campo da golf e un casinò è lui, lui in persona. Lo si capisce quando promette che Lampedusa sarà un paradiso fiscale. La Russa è lui, proprio lui, quando scatena una gazzarra fascista in Aula, è se stesso. Il ministro Alfano è lui, proprio lui, quando, nel tentativo di confutare i dati diffusi dall’associazione dei magistrati, secondo i quali col processo breve salterebbero il cinquanta per cento dei processi per gravi reati, il ministro sostiene invece che la norma che salverebbe Berlusconi dal processo Mills potrebbe riguardare solo l’uno per cento dei processi in Italia. Dal che si evince, per ingenua confessione che il provvedimento non è affatto strategico per la giustizia in Italia, lo è solo per il capo del Governo. Anche la Minetti è lei, proprio lei, quando alza la posta in gioco della sua carriere politica, in vista della testimonianza al processo Rubygate.

Eccola, allora la forza del “berlusquoni show”: fa rabbia, fa ridere, fa un po’ schifo, fa anche molta pena. Ma una cosa è drammaticamente certa: è tutto vero. È l’ultimo regalo della vulcanica inventiva del Berlusca ( ovvero, Burlesca): il “burlesquoni show” è sinonimo, all’interno e all’esterno del Paese di un’Italia molto speciale.

Ci rende famosi nel mondo, siamo ormai a pieno titolo nell’epoca di Patacca Italia. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia Leggi e diritto

Eccolo il salvacondotto per Berlusconi.

Delitto perfetto, di Massimo Giannini- repubblica.it

Sulla guerra lunga contro la Libia no. Incapace e irresponsabile, Silvio Berlusconi non è in grado di “metterci la faccia”. Ma sulla guerra-lampo contro i magistrati sì. Feroce e inesorabile, il Cavaliere la faccia ce la mette. Il blitzkrieg sul processo breve è la drammatica conferma di un lucido progetto di destrutturazione del sistema giurisdizionale. L’unica cosa che davvero conta, per il presidente del Consiglio, è ora e sempre fermare la macchina dei processi che lo riguardano. E così, nell’ombra della Camera oscurata per un giorno dai riflettori spostati su Lampedusa, il premier consuma il delitto perfetto. Lunedì la scena madre a Milano, con il predellino bis davanti al Palazzo di Giustizia trasformato in un qualsiasi palaforum da campagna elettorale: colossale finzione propagandistica, per dimostrare al suo popolo che lui ai processi ci va, nonostante la “persecuzione giudiziaria” di questi diciassette anni perpetrata dai soliti comunisti. Oggi, nel retroscena di Montecitorio, l’accelerazione improvvisa sul disegno di legge che contempla tra l’altro l’accorciamento dei tempi di prescrizione per gli incensurati: ultimo e definitivo “salvacondotto”, per mettersi al riparo entro l’estate dalla probabile condanna nel processo Mills.

Come sempre, quando la posta in gioco del Cavaliere è la giustizia non si sbaglia mai: conviene scommettere sul peggio. Perché il peggio, puntualmente, arriva. A dispetto dei finti ingenui dell’opposizione, che ancora credono alle menzogne
del premier o ai bluff del suo Guardasigilli. In un giorno solo, il governo fa piazza pulita dell false promesse che hanno accompagnato la presunta “riforma Alfano”: mai più norme ad personam, ma leggi nell’interesse dei cittadini. In un giorno solo, la maggioranza con il processo breve fa due passi avanti sul terreno dell’arbitrio legislativo, dopo aver simulato un passo indietro sull’emendamento per la responsabilità civile dei giudici. È la tattica collaudata in un quasi Ventennio. Con una mano, esibita al pubblico plaudente, ti porgo il ramoscello d’ ulivo. Con l’altra mano, nascosta dietro la schiena, mi preparo a colpirti col bastone.

Adesso ci risiamo. Con un’aggravante in più. Per salvare il premier con la norma tagliata a misura per la sua prescrizione, passa una legge che rischia di azzerare circa 100 mila processi, tra cui molti di quelli su reati comuni gravissimi (dalla violenza sessuale alla rapina), oltre a quelli su Thyssen, Parmalat, Antonveneta, e la Casa dello Studente dell’Aquila. È il prezzo, carissimo, messo da Berlusconi sul conto degli italiani: per garantire la sua impunità, devono rinunciare alla loro giustizia. Questa è la vera “riforma” del centrodestra. (Beh, buona giornata)

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: