Categorie
democrazia Leggi e diritto

Il Capo dello Stato firma controvoglia una legge sbagliata perché l’opposizione in Parlamento è del tutto inconsistente.

Napolitano firma la legge sulla sicurezza. Ma esprime a Berlusconi, Maroni e Alfano le sue perplessità in merito-blitzquotidiano.it

Firma una legge che ritiene sbagliata, ma non può fare altrimenti, tenuto conto della forza che la maggioranza di governo ha alla Camera e al Senato.

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi promulgato la legge sulle “Disposizioni in materia di pubblica sicurezza” approvata dal Parlamento il 2 luglio, ritenendo di non poter sospendere in modo particolare la entrata in vigore di norme, ampiamente condivise in sede parlamentare, volte ad assicurare un più efficace contrasto – anche sul piano patrimoniale e delle infiltrazioni nel sistema economico – delle diverse forme di criminalità organizzata. Ma in una lettera inviata a Berlusconi, Maroni e Alfano ha espresso tutti i suoi dubbi sul “pacchetto sicurezza”.

«Suscita peraltro perplessità e preoccupazioni – spiega in un comunicato il Quirinale – l’insieme del provvedimento che, ampliatosi in modo rilevante nel corso dell’iter parlamentare, risulta ad un attento esame contenere numerose norme tra loro eterogenee, non poche delle quali prive dei necessari requisiti di organicità e sistematicità; in particolare si rileva la presenza nel testo di specifiche disposizioni di dubbia coerenza con i principi generali dell’ordinamento e del sistema penale vigente».

Su tali criticità il Presidente Napolitano ha ritenuto pertanto di richiamare l’attenzione del Presidente del Consiglio e dei ministri dell’Interno e della Giustizia per le iniziative che riterranno di assumere, anche alla luce dei problemi che può comportare l’applicazione del provvedimento
in alcune sue parti.

La lettera, ampiamente argomentata, è stata inviata, per conoscenza, anche ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia Leggi e diritto

http://dirittoallarete.ning.com/

Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

Silvietto e il G8, Silviotto e il G Etto:”Lo scandalo delle ragazze a Palazzo Grazioli cancella la corruzione di Mills, le minorenni di Berlusconi obnubilano la mafia, le dieci domande di Repubblica cancellano innumerevoli altri quesiti.”

Chi rompe la tregua paga
di BARBARA SPINELLI-La Stampa.
La tregua che è stata invocata nei giorni scorsi, per proteggere da aggressioni l’immagine dell’Italia durante il G8, introduce nella politica democratica un’esigenza di immobile quiete su cui vale la pena riflettere. Presa in prestito dal vocabolario guerresco, tregua significa sospensione delle operazioni belliche, concordata di volta in volta per stanchezza, timore del pericolo, subitanee emergenze. Fino alla rivoluzione francese, scrive Clausewitz, le guerre erano fatte soprattutto di pause: l’ozio assorbiva i nove decimi del tempo trascorso in armi.

Era «come se i lottatori stessero allacciati per ore senza fare alcun movimento». Le battaglie smettono quest’usanza quando si fa più possente il pensiero dello scopo per il quale si guerreggia, giacché solo tale pensiero può vincere la «pesantezza morale» del combattente. Ma la tregua non è solo «pesantezza, irresolutezza propria all’uomo». L’etimologia dice qualcos’altro: perché ci sia tregua efficace occorre che i lottatori siano leali, che la sospensione sia un patto, che non sia unilaterale. L’etimologia, germanica, rimanda all’inglese true-vero, e al tedesco treu-leale, fiducioso.

Verità, fiducia, lealtà, patto: sono gli ingredienti essenziali della tregua, specie quando dal teatro di guerra ci si sposta a quello di pace, e quando il concetto si applica alla selezione dei governanti migliori che avviene in democrazia. Un prorompente atto terrorista, una calamità naturale, possono comportare la sospensione della conflittualità propria alle democrazie.

Non per questo vengono sospese la ricerca di verità, la pubblicità data all’azione dei politici, il contrasto fra partiti, l’informazione indipendente. Altrimenti la tregua politica altro non è che continuazione della guerra con altri mezzi, e per essa vale quel che Samuel Johnson usava dire dei conflitti armati, nel 1758: «Fra le calamità della guerra andrebbe annoverata la diminuzione dell’amore della verità, ottenuta tramite le falsità che l’interesse detta e che la credulità incoraggia». Se sostituiamo la parola tregua a guerra, vediamo che i rischi sono gli stessi.

Quando ha chiesto una tregua, il 29 giugno, il presidente Napolitano non pensava certo a questo sacrificio della verità. Ma il rischio è grande che i governanti l’intendano in tal modo: usando il Colle, rompendo unilateralmente la tregua come ha subito fatto Berlusconi aggredendo oppositori e giornali. Il conflitto maggioranza-opposizione, le inchieste giornalistiche o della magistratura sul capo del governo, sono automaticamente bollate come poco patriottiche, fedifraghe, addirittura eversive. Questo in nome di uno stato di emergenza trasformato in condizione cronica anziché occasionale, necessitante la sospensione di quel che dalla Grecia antica distingue la democrazia: la parresia, il libero esprimersi, la contestazione del potere e dell’opinione dominante, il domandare dialogico.

Significativa è l’allergia del potente alle domande, non solo quelle di Repubblica ma ogni sorta di quesiti: netto è stato il rifiuto di Berlusconi di permettere domande ai giornalisti, il primo giorno del G8. Sulla scia dell’11 settembre 2001 Bush reclamò simile tregua, che non migliorò la reputazione dell’America ma la devastò. Washington si gettò in una guerra sbagliata, in Iraq, senza che opinione pubblica e giornali muovessero un dito. La recente storia Usa dimostra che la democrazia guadagna ben poco dalle tregue politiche, quando i governi possono tutto e l’equilibrio dei poteri è violato. Il vantaggio delle tregue è la coesione nazionale: falsa tuttavia, se passiva. Lo svantaggio è la libertà immolata. Tanto più grave lo svantaggio, se l’emergenza è un mero vertice internazionale.

Ripensare la tregua e le sue condizioni può servire, perché la tendenza è forte, in chi governa, a prolungare emergenze e sospensioni della parresia, rendendole permanenti. Purtroppo la tendenza finisce con l’estendersi all’opposizione, alla stampa, e anche qui vale la descrizione di Clausewitz sul cessate il fuoco: che spesso interviene non perché la tregua sia necessaria, ma perché nell’uomo che rinvia decisioni c’è pavidità. Perché dilaga «l’imperfezione delle conoscenze, delle facoltà di giudizio». Perché, soprattutto, opposizione e giornali non hanno un «chiaro pensiero dello scopo» per cui si oppongono, analizzano, interrogano. Sono le occasioni in cui la tregua non è un patto di verità ma una variante dell’illusionismo e della menzogna.

Ma c’è una condizione supplementare, affinché la tregua si fondi su verità e fiducia. La condizione è che la memoria resti viva, e non solo il ricordo del passato ma la memoria del presente, meno facile di quel che sembri perché essa presuppone un legame tra i frammenti dell’oggi e aborre la fissazione su uno solo di essi: l’ultimo della serie. È la memoria di cui parla Primo Levi, quando descrive la tregua nei campi. Nel Lager, simbolo della condizione umana, esistono remissioni, «tregue». Ma esse sono chimere se non s’accompagnano alla memoria di quel che ineluttabilmente avverrà al risveglio, quando risuonerà il «comando dell’alba»: l’urlo in polacco – wstawac – che intima di alzarsi.

Meditare attorno all’idea di tregua è fecondo perché aiuta a capire come deve organizzarsi, in Italia e altrove, la parresia greca che i latini traducevano con libertas. Parresia è letteralmente parlare con libertà: un compito che politici e stampa condividono col medico, che non deve dire tutto alla rinfusa ma andare all’essenza e fare sintesi. Galeno, medico del primo secolo dopo Cristo, scriveva che «non si può guarire senza sapere di cosa si deve guarire»: il malato ha diritto alla verità, detta «senza ostilità ma senza indulgenza». La tregua anche in Italia ha senso se non si sacrifica il vero. Se non è solo la stampa estera a indagare sulla nostra singolare apatia etica.

Il mondo dell’informazione non è estraneo a tale apatia, incomprensibile all’opinione straniera e da essa biasimata. Il difetto, il più delle volte, è lo sguardo corto: uno sguardo che non collega i fatti, che sempre si fissa sull’ultimissimo evento, che non scava con la memoria né nel passato né nel presente. L’influenza della mafia sulla politica, i cedimenti di quest’ultima, il conflitto d’interesse che consente al privato di manomettere il pubblico, l’impunità reclamata dai massimi capi politici, infine la lunga storia italiana di stragi e corruzioni su cui mai c’è stata chiarezza: c’è un nesso fra queste cose, ma l’ultimo scandalo da noi scaccia il precedente e ogni evento (buono o cattivo) cancella il resto.

Lo scandalo delle ragazze a Palazzo Grazioli cancella la corruzione di Mills, le minorenni di Berlusconi obnubilano la mafia, le dieci domande di Repubblica cancellano innumerevoli altri quesiti. Anche l’opposizione si nutre di amnesia: i successi di Prodi (aiuti allo sviluppo, clima, liberalizzazioni, infrastrutture, accordo vantaggioso per Alitalia) sprofondano nell’oblio, se ne ha vergogna. Non stupisce che perfino fatti secondari siano mal raccontati, come fossero schegge insensate: ad esempio l’assenza dal programma G8 di Carla Sarkozy, giunta all’Aquila il giorno dopo il vertice. I giornali arzigogolano su una persona che ha voluto far l’originale, differenziarsi. Nessuno rammenta l’appello di 13.000 donne italiane – presumibilmente ascoltato da Carla – perché le first ladies non venissero al G8.

L’Italia come tutti i paesi è una tela, non un’accozzaglia caotica di episodi. Se non ricordiamo questo quadro non solo le tregue saranno basate su contro-verità. Si faticherà anche a ricominciare i normali conflitti e il parlare franco, finita la tregua. Sotto gli occhi della stampa mondiale appariremo come i lottatori di Clausewitz: allacciati ininterrottamente l’uno all’altro, senza fare alcun movimento. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

Silvietto e il G8, Silviotto e il G Etto: io speriamo che me la cavo.

Tra gli italiani vince l’idea che il vertice ci ha rafforzati. Per il 38 per cento dei nostri concittadini l’immagine del Paese è migliorata, il 33 la considera invece immutata di RENATO MANNHEIMER-corriere.it

Il G8 si è conclu­so con numero­se prese di posi­zione di rilevante im­portanza strategica. Sarebbe auspicabile che — contrariamen­te a quanto è talvolta accaduto in passato — queste trovassero poi una concreta applicazione nella real­tà. Come molti hanno osservato, uno dei limiti dei consessi interna­zionali di questo genere è la difficile traduzione delle intenzioni in com­portamenti concreti. Anche per que­sto, alcuni valutano criticamente queste riunioni, proponendone in certi casi l’allargamento o, più rara­mente, la limitazione nel numero dei partecipanti. La netta maggioranza degli italia­ni, comunque ritiene valida la sca­denza del G8. Più del 70% la giudica infatti «molto» o «abbastanza» im­portante. Questa opinione è notevol­mente più accentuata tra i giovani (specie se studenti) e tra chi possie­de un titolo di studio medio-alto.

C’è da notare anche un’accentuazio­ne di questo orientamento nelle don­ne che finiscono col costituire uno dei segmenti sociali più interessati e partecipi. Dal punto di vista della col­locazione politica, l’opinione sull’im­portanza degli appuntamenti del G8 non è però unanime, poiché si rileva un netto maggior favore da parte de­gli elettori del centrodestra, stimola­ti forse anche dalla funzione svolta da Berlusconi in quanto presidente di questa edizione. Ma anche quasi tre elettori del centrosinistra su quat­tro riconoscono il rilievo dell’even­to. Il quale sembra aver rappresenta­to un successo per l’Italia, sia dal punto di vista organizzativo, sia, in parte, da quello dei contenuti propo­sti. Anche questa opinione appare condivisa dalla maggioranza relati­va. In questo caso, però, i giovani fi­no ai 35 anni risultano più scettici: tra costoro la maggioranza relativa non vede mutamenti significativi nell’immagine del Paese, che appaio­no invece più presenti tra chi ha su­perato i 45 anni, specie se laureato. Com’era facile attendersi, il proprio orientamento politico (che funzio­na, come sempre accade, da «facilita­tore » per formare la propria opinio­ne su tematiche complesse o di cui si sa poco) gioca un ruolo centrale in questa valutazione: i votanti per il centrodestra appaiono assai più con­vinti (per il 60%) che l’immagine del­­l’Italia si sia rafforzata. Questa opi­nione è invece condivisa solo dal 24% degli elettori del centrosinistra, tra i quali quasi uno su cinque è del parere che, tutto sommato, la nostra immagine si sia indebolita a seguito del G8 e delle vicende connesse.

Il G8 parrebbe aver costituito un successo personale anche per Berlu­sconi. Tanto che quest’ultimo vede, proprio in questi giorni, un significa­tivo incremento delle intenzioni di voto per il suo partito (superando il risultato delle Europee e avvicinan­dosi nuovamente all’obiettivo del 40%), dopo aver subito un’erosione nelle scorse settimane, anche a se­guito delle vicende personali che lo hanno coinvolto. Le quali, tuttavia, potrebbero tornare alla ribalta già nei prossimi giorni, ora che la «tre­gua » del G8 si è esaurita. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

Silvietto e il G8, Silviotto e il G Etto:”Faccio questa precisazione, ovvia ma spesso dimenticata da chi commenta i risultati di questo genere di incontri, a cominciare spesso da alcuni degli stessi partecipanti desiderosi di ricevere vantaggi di immagine anche a costo di manipolare la realtà di quanto è accaduto. “

Il meritato successo di un abile anfitrione di EUGENIO SCALFARI-Repubblica.

“PRENDIAMO ispirazione dalle intuizioni e dalle scelte lungimiranti che emersero alla vigilia o all’indomani della conclusione della seconda guerra mondiale, quando nacquero le Nazioni Unite e ancor prima le istituzioni di Bretton Woods. Da allora molto si è costruito ma non poco purtroppo si è negli ultimi anni venuto perdendo”.

Queste parole sono state pronunciate la sera di giovedì scorso da Giorgio Napolitano nella cena da lui offerta all’Aquila a tutti i leaders mondiali presenti al G8, diventato per l’occasione un G14 con la partecipazione dei principali paesi emergenti.

Non si poteva dir meglio con poche parole e non si può adottare metro migliore per valutare i risultati di questo penultimo incontro dei paesi occidentali che presto cederanno il posto ad altre e più allargate forme di consultazione internazionale.

Occorre comunque ricordare che il G8 non è mai stato un organo decisionale perché nessuno dei governi che vi partecipano gli ha mai conferito una parte della propria sovranità. Ciò non toglie tuttavia che su alcuni temi specifici i governi possano firmare accordi operativi, formulando su altri temi raccomandazioni di indirizzo che dovranno poi essere tradotte in apposite norme da parte di istituzioni dotate di poteri operativi.
Faccio questa precisazione, ovvia ma spesso dimenticata da chi commenta i risultati di questo genere di incontri, a cominciare spesso da alcuni degli stessi partecipanti desiderosi di ricevere vantaggi di immagine anche a costo di manipolare la realtà di quanto è accaduto.

Al G8 dell’Aquila c’erano tre temi specifici e un tema generale di puro indirizzo. Quest’ultimo riguardava lo stato della crisi economica mondiale, la diagnosi delle possibili terapie da raccomandare. Quanto ai temi specifici, peraltro di grande portata, riguardavano il clima, gli aiuti ai paesi poveri e principalmente all’Africa, la politica dei paesi del G8 nei confronti dell’Iran.

I giudizi, o come si dice la pagella da compilare sugli esiti dell’incontro aquilano vanno dunque articolati su questa tastiera ed è quanto cercheremo di fare.

* * *

La diagnosi sullo stato attuale della crisi è stata abbastanza difforme. Barack Obama è nella sostanza il più pessimista, ritiene che il peggio sia al suo culmine e che si aggraverà ancora nel prossimo autunno e nell’inverno del 2010. Il peggio che determina il suo giudizio riguarda il delicatissimo tema della disoccupazione che in Usa ha già raggiunto il 10 per cento e potrebbe aumentare fino all’11 nei prossimi mesi con effetti pesanti sui redditi e sui consumi.

Il presidente americano inoltre non è ancora del tutto tranquillo sulla tenuta di alcune istituzioni bancarie e non esclude altri massicci interventi a sostegno sia di banche sia di grandi imprese a corto di capitali.

Il pessimismo operativo di Obama ha tuttavia come contrappeso il suo robusto ottimismo politico, che ha profuso in abbondanza e con notevole efficacia su tutto l’andamento del G8.

Al polo opposto della diagnosi di Obama si è collocato Berlusconi, secondo il quale il peggio è già passato e la disoccupazione non presenta scenari drammatici.

Di questa divergente diagnosi ha dato conto lo stesso Berlusconi in una delle sue conferenze stampa, spiegando però che il parere di Obama su queste materie è assai più importante del suo: un esempio molto infrequente di modestia che il premier italiano ha offerto per ingraziarsi il suo principale interlocutore. Lui è fatto così, vuole essere amato. Per essere amato da Obama ha anche buttato alle ortiche Bush. Quella è acqua passata. Obama invece è da conquistare e la modestia ne è stata questa volta lo strumento.

Il ministro Tremonti aveva proposto, con la collaborazione dell’Ocse e del governo tedesco, alcune nuove regole da introdurre nel sistema economico internazionale. Un documento di 13 cartelle è stato presentato al G8 con il titolo ambizioso di Global Legal Standard e menzionato favorevolmente come raccomandazione da esaminare nelle competenti sedi operative, suscitando una immodesta soddisfazione dello stesso Tremonti.

Di quali regole si tratta? In realtà non sono regole vere e proprie né potevano esserlo trattandosi di raccomandazioni di indirizzo. Ed anche per un’altra ragione: si enunciano valori e, come sappiamo, i valori non sono norme ma auspici e modi di sentire; riguardano più il dover essere che l’essere.

I valori tremontiani elencati nel documento sono l’etica nelle decisioni economiche, la trasparenza di quelle decisioni, la lotta contro la corruzione, la lotta contro l’evasione fiscale, la vigilanza del credito, la lotta contro i monopoli in favore della libera concorrenza. Ma chi mai oserebbe incitare gli operatori ad essere disonesti, a mentire, a favorire i monopoli e ad evadere le imposte? E quale uomo d’affari, imprenditore, banchiere si riconoscerebbe in un ritratto così perverso?

Debbo dire che a Tremonti va riconosciuta una notevole audacia: raccomandare la lotta all’evasione fiscale, quella contro i monopoli, la trasparenza delle decisioni da parte di uno dei principali membri dei governi berlusconiani è come parlar di corda in casa dell’impiccato. Ma il punto non è questo o non soltanto questo. Si tratta soltanto di raccomandazioni e non di altro.

Nel frattempo e nello stesso giorno in cui Tremonti presentava il suo documento al G8, il governatore Draghi annunciava un documento assai più corposo redatto dal “Financial Stability Forum” che è l’organo del Fmi da lui guidato, dove non si parla di valori ma di norme concrete che saranno imposte alle banche e alle istituzioni finanziarie quando lo studio del Fsf sarà definitivamente approvato entro l’anno in corso. Da notare che nel Fsf non sono rappresentati soltanto i paesi del G8 ma un ventaglio molto più ampio e quindi assai più interessante per l’operatività di quelle regole.

* * *

Bastano pochi accenni per i tre temi specifici affrontati dal G8, dei quali i giornali di tutto il mondo hanno già ampiamente parlato nei giorni scorsi.

Iran. I temi da affrontare in materia erano due: il nucleare iraniano e la repressione violenta del dissenso e quindi una violazione molto grave dei diritti di libertà in quel paese teocratico.

Entrambi i temi sono stati in qualche modo elusi nel documento approvato all’unanimità dal G8. La riprovazione delle violenze è stata affidata alle dichiarazioni di singoli capi di governo, tra i quali il più severo è stato il presidente francese Sarkozy. Sul tema del riarmo nucleare è intervenuto seccamente Obama, che attenderà comunque fino alla fine dell’anno sperando nell’avvio di un negoziato costruttivo. La vera e solenne reprimenda approvata all’unanimità (Russia compresa) nei confronti del governo iraniano è stata lanciata contro il negazionismo dell’Olocausto da parte di Ahmadinejad: era il meno attuale dei temi e forse per questo è stato scelto dopo una serrata discussione da parte degli “sherpa” durata a quanto si sa per due settimane.

Sul clima si è registrato un mezzo fallimento quando sono entrati in gioco i Cinque emergenti (Cina, India, Brasile, Messico, Sudafrica). I quali hanno accettato il principio dei 2 gradi di riscaldamento del pianeta come limite estremo, superato il quale ci sarebbe una catastrofe climatica planetaria; ma non hanno invece acconsentito a ridurre le proprie emissioni di gas inquinanti.

Se ne riparlerà in un’apposita riunione a fine anno a Copenaghen. Il colpo di scena di Obama è stato a questo punto l’impegno per il proprio paese di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra facendo della ricerca di energie alternative il centro del rilancio industriale americano. La speranza è che un impegno del genere serva di orientamento anche al gruppo dei Cinque, il che però è tutto da verificare.

Infine l’Africa e i poveri. Tutti i paesi ricchi sono allo stato dei fatti largamente inadempienti rispetto agli impegni presi nei precedenti vertici. Il più inadempiente di tutti è il nostro: avremmo già dovuto versare un miliardo di dollari mentre abbiamo finora conferito 30 milioni, pari al 3 per cento di quanto dovuto. Ora Berlusconi ha promesso un versamento entro il prossimo agosto di 130 milioni e lo ha presentato come una manna. Questo è lo stato dei fatti per quanto ci riguarda.

Nel meeting del G8 è stato deciso un aiuto, destinato soprattutto all’agricoltura, di 20 miliardi di dollari. La cifra è cospicua ma restano tuttora indefinite le modalità e i tempi, chi guiderà gli investimenti e quando. Comunque su questo tema un mezzo successo politico c’è indubbiamente stato, ma è il solo dell’intero vertice.

Del tutto inevaso è stato invece il vero tema che i Grandi del mondo dovranno porsi e che invece è stato del tutto ignorato salvo che dalla Cina e dal gruppo dei Cinque emergenti: il nuovo assetto monetario internazionale. In altre parole il problema del dollaro.

La Cina vuole che si costruisca una moneta di conto e di riserva, calcolata attraverso una sorta di paniere ponderato delle principali monete a partire dal dollaro, dall’euro, dallo yen e naturalmente dallo yuan cinese. Moneta amministrata dall’Fmi, le cui quote di appartenenza dovranno essere profondamente riviste per fare appunto spazio ai paesi emergenti che sono rappresentati attualmente da quote soltanto simboliche.

Sarà un’operazione complessa, che vede gli Usa in totale disaccordo, ma che la Cina sembra decisa a portare avanti facendo leva sulla sua posizione di primo creditore degli Stati Uniti e primo detentore di riserve in dollari.

Sarà questo il vero tema del prossimo futuro, adombrato nel richiamo alle istituzioni nate a Bretton Woods nelle parole di Napolitano che abbiamo citato all’inizio. Un tema denso di implicazioni, che vedrà diminuire drasticamente il peso dei singoli Stati europei a beneficio dell’Unione europea e delle istituzioni che la rappresentano a cominciare dalla Banca centrale.

Questo tema sarà al centro della prima assemblea del Fondo monetario internazionale che è destinato a diventare la vera sede dei dibattiti e delle decisioni.

* * *

Ultimo argomento: il successo di Berlusconi e quindi dell’Italia, perché è vero che nei vertici internazionali un successo del governo è patrimonio comune al di là dei partiti e delle persone.

Berlusconi ha avuto successo, ha ricevuto complimenti da tutti, ha evitato con abilità i guai che incombevano sul suo capo e di questo gli va dato atto.

Per che cosa è stato complimentato? Per il suo ruolo, magistralmente ricoperto, di padrone di casa. Se lo è meritato. E’ un compito che sa gestire molto bene come dimostrò nell’analogo meeting di Pratica di Mare: alloggiamento perfetto, cibo eccellente, sicurezza garantita, intrattenimento rilassante. Il “Financial Times” di ieri, che era stato il giornale tra i più severi nei suoi confronti, ha titolato “Da playboy a statista”, ma ha sbagliato l’ultima parola, doveva scrivere anfitrione. Lo statista si è visto ben poco anche perché l’unico statista in campo è stato Obama e con lui nessuno era in grado di competere.

Berlusconi avrebbe potuto esercitare una piccola parte da statista associando al successo l’opposizione che ha accettato la tregua chiesta da Napolitano. Ma nemmeno questo ha fatto. Ha continuato ad attaccarla tutti i giorni, chiamandola “opposizione-cadavere, comunista, faziosa”. Poi, una volta chiuso il sipario sul G8 dell’Aquila, è andato ancora più in là: si sta rimangiando l’impegno preso anche in suo nome dal ministro Alfano con il Quirinale circa una pausa nella legge sulle intercettazioni; ha ripetuto che non ha intenzione di trattare alcunché con l’opposizione; ha maltrattato i suoi dissidenti interni; ha richiamato all’ordine perfino la Lega. “Ora dev’esser chiaro a tutti che sono io che comando” ha detto ieri. L’ora della carota è passata e si ricomincia col bastone.

Ho letto ieri un interessante articolo del collega La Spina su “La Stampa”. Scrive che la maggiore sobrietà dimostrata da Berlusconi al G8 è stata probabilmente l’effetto delle critiche acerbe di cui è stato oggetto da parte di alcuni giornali ai quali (scrive La Spina) andrebbe riconosciuto il merito del “new look” saggio e prudente del nostro premier di solito scapestrato.
Forse La Spina ha ragione; forse quel merito ad alcuni giornali andrebbe riconosciuto. Purtroppo però quella saggezza e quella prudenza di cui parla il collega sono già dietro le spalle.

Dal canto nostro, poiché è di noi che si parla, le nostre riserve e le nostre critiche non cesseranno se non altro per indurre il premier scapestrato a cambiare definitivamente comportamenti pubblici e privati che sono l’esatto contrario da quelli ai quali un capo di governo dovrebbe attenersi.

Continueremo dunque a pubblicare notizie di fatti come è compito di ogni giornale, ma non speriamo e non ci illudiamo di vedere effetti vistosi. Salvo quello di vedere il premier far bene il mestiere dell’anfitrione, ma di questo eravamo certi. Purtroppo non è di questo che ha bisogno il nostro Paese. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Media e tecnologia

“La potenza mediatica di Berlusconi pare ormai piccola cosa a confronto con il discredito in cui è precipitato, e ci ha precipitati, sui media internazionali.”

Da Obama a Obama, il declino e la maschera di Ida Dominijanni-Il Manifesto

Non sappiamo se nel tempismo di monsignor Crociata ci sia più un omaggio alla virtù illibata di Santa Maria Goretti o un intervento a gamba tesa sui vizi impenitenti di Silvio Berlusconi alla vigilia del G8. Fatto sta che il giudizio del segretario della Cei sul «libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria» e non è rubricabile sotto la voce «affari privati» sembra non ammettere retromarce.

Se si somma questo giudizio a quello espresso domenica sera alla festa del Pd da Massimo D’Alema, sull’«eccessivo ritegno» avuto dal suo partito a denunciare «un’esibizione di volgarità che quando viene da alte cariche istituzionali è un fatto inequivocabilmente pubblico», è lapalissiano che il cerchio magico di autoprotezione del premier si è spezzato. Quel cerchio era imbastito sulla base dell’impresentabile argomento della tutela della sua privacy violata. Ma ormai è chiaro a tutti che di privato la sua politica della sessualità non ha proprio niente. Ed è rimasto solo lui con i suoi più fedeli velini a pensare di poter sostenere che le prossime foto in libera uscita all’estero sui fasti e i festini di Villa Certosa siano un «fotomontaggio» intrusivo della sua intimità, e non una ulteriore prova del «sistema di intrattenimento dell’imperatore» denunciato due mesi orsono da sua moglie.

Mentre minaccia la stampa internazionale come ha fatto fin qui con quella nazionale, Berlusconi ostenta, come al suo solito, una sicurezza pari alla fragilità su cui traballa. Lui è «il più esperto» fra i leader che si incontreranno all’Aquila, lui sa come infondere fiducia per uscire dalla crisi, lui sa come si sta vicino a chi perde il posto di lavoro, lui sa come soccorrere i paesi africani che finora hanno avuto nella sua agenda un rilievo pari a zero, lui può esibire al G8 «un bel biglietto da visita» per via del suo cruciale ruolo sulla crisi in Georgia e sui rapporti Usa-Russia.

A fare da megafono a questa ennesima esibizione di sicumera è il «suo» Giornale, ma perfino la potenza mediatica di Berlusconi pare ormai piccola cosa a confronto con il discredito in cui è precipitato, e ci ha precipitati, sui media internazionali. Cresciuto grazie alla sua speculazione antipolitica sul declino della politica nazionale, Berlusconi ha sottovalutato anche sul terreno dei media la forza dirompente della globalizzazione; e non solo sul terreno dei media.

Opponendo al «complotto» mediatico internazionale e agli «agguati della sinistra» alla sua privacy la sua ostentata sicurezza di presidente del G8, Berlusconi non fa che tentare di occultare, ancora una volta, la triste verità che lo riguarda. E la triste verità è che il suo declino, deciso e accelerato dalla sequenza di disvelamenti iniziata con il caso-Veronica e proseguita con il caso-Noemi e il caso-D’Addario, ha agito in realtà non contro la sua forza ma in concomitanza con la sua debolezza internazionale.

Una debolezza che non si può nemmeno imputare direttamente a lui, alla sua inadeguatezza, alle gaffe che l’hanno reso tristemente famoso nel mondo fin dalle sue performance nei suoi precedenti governi; e che va piuttosto ricondotta ai cambiamenti dello scenario geopolitico e culturale che si sono innescati con la fine dell’era Bush e l’elezione di Barack Obama.

Molto più che un cambio di governo nella potenza alleata di riferimento, l’elezione del presidente «abbronzato» ha segnato fin dallo scorso autunno, per Berlusconi, la fine di una sponda politica e ideologica che dava una parvenza di plausibilità internazionale al laboratorio italiano della destra neoliberista e neoconservatrice. E vista a-posteriori, appare tutt’altro che casuale l’imbarazzante coincidenza fra la notte dell’elezione di Obama e la notte trascorsa dal premier italiano con Patrizia D’Addario a palazzo Grazioli, quasi un rito, aggressivo e mortifero, di rimozione di un evento per lui catastrofico. Così come a posteriori acquista un’altra luce, anch’essa decadente e profetica, l’imbarazzante sequenza di performance del premier italiano al G20 di Londra, il suo patetico tentativo di entrare nella scia carismatica del giovane presidente americano, di farsi fotografare con lui, di ottenere l’invito alla Casa bianca, di surrogare con un protagonismo improvvisato la solitudine di un leader privo di first lady.

Già in quei giorni, quando il Pdl era stato da poco battezzato alla Fiera di Roma inneggiando alla «leadership carismatica» del suo Capo, fu un collaboratore di Zapatero a dichiarare che all’estero Berlusconi era considerato «uno senza vergogna, altro che carisma». Eppure, le foto di villa Certosa non circolavano ancora, Sofia Ventura non si era ancora pronunciata contro le candidature delle veline, Veronica Lario non aveva chiesto il divorzio, non c’era nessuna Noemi Letizia e nessuna Patrizia D’Addario all’orizzonte, e nemmeno una giudice, donna anche lei, che di lì a poco avrebbe emesso la sentenza sul caso Mills.

Poi si sono manifestate una dietro l’altra, smontando uno dopo l’altro i trucchi di una finta potenza pulsionale e politica. E’ con questa compagnia femminile, per una volta indesiderata, che il premier bianco affronta di nuovo il confronto col presidente «abbronzato». Fra carisma e seduttività, si sa già che non c’è gara. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Media e tecnologia Popoli e politiche

“Magari il G8 fosse quello che i no global immaginano e paventano, magari ci fosse un governo del mondo. E’ proprio quel che manca il governo del mondo, ma questo tutti gli attori in scena non lo racconteranno, perderebbero la parte.”

G8, il fumo e l’arrosto: non fidatevi di stampa e tv, italiane e straniere. Raccontano solo la scena, ma la sostanza…di Lucio Fero-blitzquotidiano.it

Del G8 ci sarà raccontata solo e soprattutto la scena. Poco o niente ci verrà invece narrato della sostanza. Per abitudine e pigrizia, per modello culturale e metabolizzata ignoranza, per libera scelta ed imposto modello, il grande sistema di comunicazione di massa altro non vede e quindi “comunica” che la scena. Non necessariamente il fumo al posto dell’arrosto, ma sempre e comunque la scena sì e la sostanza no. Poco male, tenendo conto che il G8 è per ammissione e consapevolezza dei suoi stessi protagonisti soprattutto “parata”, sfilata di problemi, esibizione di intenti. Poco male la narrazione limitata alla scena, basta, basterebbe, saperlo. Ma stavolta c’è qualcosa di più e di diverso: stavolta nel e del racconto della scena non bisogna fidarsi, sia che venga da stampa e tv italiane, sia che arrivi da stampa e tv straniere.

Entrambe narreranno in maniera inaffidabile. Perchè il G8 si svolge in Italia. Un paese dove l’appunto alla scenografia, la non lode della messa in scena diventa un atto destabilizzante, politicamente destabilizzante. Quindi la gran parte dei media italiani si sentiranno investiti di una responsabilità e di un mandato “istituzionale” a raccontare che tutto è risultato grande utile e bello della tre giorni abruzzese. Sarà un racconto di trionfi e perfezione “a prescindere”. Come altrettanto a prescindere dalla realtà sarà il racconto di una minoranza dei media italiani, pronti a cogliere un cigolio di una porta o un mugugno di cittadino come presagio di debolezza politica. Succede nei contesti emergenziali-autoritari che l’arredo, la puntualità, la soddisfazione dei commensali a tavola siano indicati dal potere e raccolti dall’informazione come simboli e notizie di buon governo e viceversa. Succede oggi in Italia.

Simmetricamente da non fidarsi sarà la narrazione della stampa e tv straniere. Se la comunicazione italiana ha ingurgitato e assimilato il pregiudizio della lode come “mission” informativa, fuori dai confini si adotta il pregiudizio per cui un paese berlusconizzato non può che essere “unfair” qualunque cosa faccia. La stampa straniera descrive un paese politico che non c’è, racconta gli ultimi giorni di “Berluscolandia”, racconterà a prescindere i tre giorni de L’Aquila applicando lo stesso falso schema.

La scena del G8 verrà dunque narrata con enfasi e trionfi che non ci sono se non nel dettato della regia, oppure con incertezze e passi falsi costruiti a tavolino. Comunque racconti già scritti. Solo il terremoto nella sua disumana imprevedibilità potrebbe mutare i racconti che sono già nella testa degli uomini. O forse nemmeno il terremoto. In caso di una scossa che sconvolgesse il G8, probabilmente anche qui i racconti sono due e già scritti anch’essi: il racconto dell’eterno otto settembre italiano in cui tutti si squagliano, lo Stato per primo, oppure il racconto di San Bertolaso che sconfisse il Drago che scuoteva la terra portando al dito l’anello magico consegnatogli da re Silvio.

E la sostanza del G8? Hanno davanti le tre fasi della crisi economica. Quella finanziaria che è tamponata, arginata ma non finita. Devono, dovrebbero, vogliono, vorrebbero scrivere e far rispettare nuove regole restrittive all’uso finanziario del denaro su scala planetaria. Non sanno se si può fare, non sanno fino a che punto è utile farlo, non sanno se riusciranno a farlo tutti insieme.

Quella del lavoro e dell’occupazione che cala, la fase della crisi che non è tamponata e anzi si allargherà per almeno due anni. Devono decidere se fronteggiarla spendendo denaro pubblico, ma non possono indebitarsi tutti alla stessa maniera. Oppure rintanandosi e aspettando che passi. E poi ci sarà la terza fase, quella del rientro dai debiti pubblici dilatati, quella che, quando verrà, potrebbe stroncare più di una popolarità e di un governo. Quando verrà sarà l’inizio della fine della crisi ma sarà il momento delle tasse o dell’inflazione.

Devono e vogliono, ma non parlano la stessa lingua. Negli Usa la “lingua” del governo e del paese coniuga la grammatica della speranza, la retorica del nuovo inizio, la sintassi della scommessa ed è una lingua parlata con un “accento” culturale che potremmo definire emotivamente e socialmente di sinistra. In Europa si parla la lingua della paura, della difesa strenua dell’esistente, della bilancia tra le corporazioni. Alla crisi l’Europa reagisce con sentimenti e voglia di destra. Accadde già dopo la crisi del 1929, di là il New Deal, di qua la borghesia e i ceti popolari impauriti che sceglievano regimi autoritari. L’ha rilevato D’Alema, non per questo vuol dire sia sbagliato. E’, insieme, una suggestione storica e una constatazione empirica. In ogni caso non saranno i G8 a L’Aquila a decidere, saranno i G20 a Pittsburgh a settembre. E’ quella la sede dove parlano e contano le altre grandi economie mondiali, a partire dalla Cina che ha, niente meno, bisogno insieme di sviluppo del Pil, welfare interno, stabilità finanziaria degli Usa e mantenimento del livello dei consumi americani. Lettere a appelli di Ratzinger o Bono è meglio che portino anche questo secondo indirizzo.

Ci sono poi e niente meno che la pace e la guerra. Se la Cina non taglia il cordone ombelicale, la Corea del Nord non crolla e non molla. Ma, se la Corea crolla, la Cina deve accollarsela. Quindi la Cina non taglia. E non deciderà certo di farlo a L’Aquila. L’Iran: con somma leggerezza e disinvoltura Berlusconi ha annunciato giorni fa nuove sanzioni verso Teheran. Sanzioni che non ci saranno. Non funzionano e Mosca non vuole che funzionino. E poi sanzioni potrebbero rafforzare il regime ormai militare di Teheran. Con l’Iran l’Occidente non sa bene che fare. L’unica cosa che sa bene, Obama e non l’Europa, è che in Afghanistan c’è una guerra vera da non perdere. Lui infatti ha deciso di combatterla, gli altri stanno a guardare, i più amichevoli fanno il tifo ma non osano dire alle rispettive opinioni pubbliche che val la pena morire per Kabul.

Quindi il clima. Strana umanità quella rappresentata al G8. Non c’è cittadino del mondo sviluppato che non sia consapevole e preoccupato. Però quando questo cittadino diventa imprenditore, operaio, automobilista o comunque consumatore di energia, consapevolezza e preoccupazione evaporano. Obama una legge perchè gli americani consumino meno e diversa energia l’ha fatta. Negli Usa proveranno ad applicarla. In Europa una direttiva l’avevano fatta, l’abbiamo fatta. Nella certezza che nessuno l’applicherà.

Sostanza dura e scarsa dunque quella del G8. Ma non si vedrà perchè sarà tutta scena, scena per la quale lavorano anche quelli che protestano. Gridano che non vogliono che otto o ottanta potenti decidano per il mondo, per i popoli. Giurano che questo è il guaio. Al netto del fatto che i popoli, quando parlano, parlano con discreta babele tra loro e comunque con lingua non sempre diritta, il vero guaio è che gli otto o ottanta potenti sono abbondantemente impotenti. Magari il G8 fosse quello che i no global immaginano e paventano, magari ci fosse un governo del mondo. E’ proprio quel che manca il governo del mondo, ma questo tutti gli attori in scena non lo racconteranno, perderebbero la parte. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Media e tecnologia

” È facile attendersi che il comunicato di Palazzo Chigi più che congelare l’attenzione dei media internazionali, rafforzerà i loro sforzi per offrire alle opinioni pubbliche occidentali una rappresentazione più puntuale e documentata dell’uomo che governa l’Italia.”

Quell’incubo che tormenta il premier di GIUSEPPE D’AVANZO-Repubblica.it
ALLA vigilia del G8, con i Grandi della Terra attesi a Roma nelle prossime ore, Silvio Berlusconi riscrive nell’agenda dell’attenzione pubblica – non solo nazionale – i suoi incubi, la sua paura, l’ossessione per comportamenti che, da mesi, non può spiegare e giustificare se non mentendo. Il capo del governo mostra alla luce del sole, e ora anche impietosamente all’opinione pubblica internazionale, la sua vulnerabilità e l’abisso su cui pencola il suo destino politico.

Lo fa nel modo più ufficiale che si conosca. Con un comunicato di Palazzo Chigi. Poche righe che impartiscono ai media internazionali la stessa minacciosa lezione assegnata all’informazione nazionale. Lo si ricorderà: ai giornali italiani andava “chiusa la bocca”. Costi quel che costi, anche la rovina economica preparata dall’invito agli imprenditori di non fornire più pubblicità, e quindi i necessari profitti, alle testate e ai gruppi editoriali che non rispettano la consegna del silenzio sugli scandali che vedono il premier mattatore unico e ambiguissimo.

Ora tocca a tutti gli altri media, quale che sia la loro nazionalità. Si preparano a pubblicare foto raccolte a Villa Certosa, avverte con indignazione Palazzo Chigi. Si preparano a nuovi racconti, altre cronache come se non dovesse essere questo il loro impegno verso il lettore. Con una tecnica che può essere convincente soltanto per un servizio pubblico televisivo sottomesso e servile come il nostro o per media di proprietà del capo del governo, la nota della presidenza del Consiglio parla di “menzogna”, “fotomontaggi digitali”, “manipolazioni”, “morbosa campagna di stampa”.

Consapevole delle tecniche di adulterazione abituali per i media che possiede o indirettamente controlla (il Tg1, su tutti), Berlusconi muove un attacco preventivo e intimidatorio nella presunzione che l’informazione internazionale ne rimanga intimidita e muta.

La mossa è politicamente catastrofica, per il capo del governo e per la reputazione del Paese che governa. Azzera con un solo gesto il tentativo di Giorgio Napolitano di superare il G8 (8/10 luglio) senza danni d’immagine al nostro Paese. Il calcolo di Berlusconi è clamorosamente miope, buono per un Paese che non conosce il conflitto d’interesse come il nostro, inefficace per un Occidente consapevole che una stampa libera è necessaria alla democrazia come un potere controllato da contrappesi. È facile attendersi che il comunicato di Palazzo Chigi più che congelare l’attenzione dei media internazionali, rafforzerà i loro sforzi per offrire alle opinioni pubbliche occidentali una rappresentazione più puntuale e documentata dell’uomo che governa l’Italia.

È questo che Berlusconi teme. È questo il suo angoscioso tormento – e d’altronde soltanto lui può essere consapevole di che cosa deve temere. Il capo del governo sa che non può rispondere a nessuna domanda che voglia verificare le sue narrazioni fantastiche. Si è illuso che i suoi dispositivi di dominio mediatico e politico del discorso pubblico fossero sufficienti per dissolvere nel nulla ogni legittimo interrogativo o addirittura la trama stessa della realtà.

Asini e corifei a parte, chiunque si è reso conto in questi mesi del paradigma berlusconiano, nel “caso veline” (le ragazze del presidente, “gingilli da esibire”, conquistano senza alcun merito responsabilità pubbliche); nel “caso Noemi” (minorenni a Villa Certosa); nel “caso D’Addario” (prostitute a Palazzo Grazioli).

La tecnica è nota. Berlusconi nega con forza l’episodio che gli si contesta. Accusa chi non tace, o trucca i ricordi, di essere al soldo del suo “nemico” politico (anche Rupert Murdoch finisce nell’immaginoso calderone). Scatena l’intero sistema mediatico che controlla contro i malaccorti che hanno aperto la bocca. Inventa dal nulla testimoni e testimonianze che distruggono quei poveretti, con una accorta operazione di character assassination amplificata dai media della Casa o gregari per tendenza o passione.

Nel silenzio, chi ha avuto la decenza di raccontare quel che ha visto o ascoltato nelle residenze del governo, riceve nel suo appartamento la visita di stravaganti ladri o, una notte, un “pirata” prova a gettarlo fuori strada (accade alla D’Addario).

Questa scena, questi metodi possono funzionare in un Paese sempre più lobotomizzato nella sua scadente qualità democratica non nei sette Paesi i cui leader saranno presto ospiti in Italia. Berlusconi, consapevole forse che quanto finora emerso è soltanto una piccola parte delle sue condotte e abitudini, se ne renderà presto amaramente conto. Non era senza fondamento il vaticinio che il capo del governo avrebbe trascinato nel suo declino l’intero Paese. Il comunicato di Palazzo Chigi, che apre di fatto il G8, ne è la conferma. La prima. (Beh. buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Leggi e diritto

Scandaloso Silvio: i vescovi italiani scaricano l’Unto dal Signore.

(fonte:repubblica.it)
Lo sfoggio di un “libertinaggio gaio e irresponsabile” a cui oggi si assiste, non deve far pensare che “non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati, soprattutto quando sono implicati minori”: lo ha detto il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociata, in una omelia pronunciata a Le Ferriere di Latina in occasione di una celebrazione in memoria di Santa Maria Goretti.

“Assistiamo – lamenta il segretario della Cei – ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico o di altro genere”.

Secondo monsignor Crociata, con un riferimento che appare in tutta evidenza diretto alle polemiche degli ultimi mesi che hanno coinvolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, “nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio. Dobbiamo interrogarci tutti sul danno causato e sulle conseguenze prodotte dall’aver tolto l’innocenza a intere nuove generazioni. E innocenza vuol dire diritto a entrare nella vita con la gradualità che la maturazione umana verso una vita buona richiede senza dover subire e conoscere anzitempo la malizia e la malvagità. Per questa via – osserva il presule – non c’è liberazione, come da qualcuno si va blaterando, ma solo schiavizzazione da cui diventa ancora più difficile emanciparsi”.

In proposito, mons. Crociata ha citato anche quanto detto di recente dal presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco: ‘Le responsabilità sono di ciascuno ma conosciamo l’influsso che la cultura diffusa, gli stili di vita, i comportamenti conclamati hanno sul modo di pensare e di agire di tutti, in particolare dei più giovani che hanno diritto di vedersi presentare ideali alti e nobili, come di vedere modelli di comportamento coerenti”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

La politica italiana sembra sempre di più un reality show, “e Berlusconi non soltanto è il campione in carica dei reality show, ne è anche il produttore esecutivo”.

Economist: “Il vero scandalo? Berlusconi che nega la crisi” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

Il padrone di casa del G8, il summit dei grandi della terra che si tiene la settimana prossima all’Aquila, ha “tanti luridi scandali” domestici: ma il più grosso dovrebbe essere il suo rifiuto di riconoscere i problemi economici dell’Italia. Così scrive l’Economist in un ampio servizio dedicato a Silvio Berlusconi nel numero oggi in edicola. Il settimanale concentra l’attenzione su un aspetto singolare del vertice: vedendo i danni causati dal terremoto all’Aquila, i leader del G8 potrebbero pensare che anche le loro economie sono state scosse fino alle fondamenta dalla recessione globale. Ma uno di essi non lo pensa: “Il primo ministro italiano insiste che la recessione, nel suo paese, non sarà severa né prolungata come altrove”.

L’Economist osserva che, a prima vista, ciò può apparire veritiero. Il sistema bancario italiano, avendo vissuto isolato e protetto dal resto del mondo, non ha sofferto i disastri di banche americane o britanniche. E un’economia fatta di tante piccole industrie non porta la crisi in prima pagina come fa, negli Usa, il collasso di un gigante quale la General Motors. Ma l’autorevole periodico (un milione e mezzo di copie di tiratura, vendute in tutto il mondo, la maggior parte fuori dal Regno Unito, il che gli dà il titolo di primo vero giornale globale) nota i fattori negativi della nostra economia: la dipendenza dalla esportazioni, l’enorme debito pubblico, la mancanza di riforme per liberalizzare il mondo del lavoro e riformare il sistema pensionistico. L’Economist elenca le previsioni allarmistiche sul futuro dell’Italia fatte negli ultimi tempi da organismi internazionali e dalla stessa Banca d’Italia, sottolineando che Berlusconi ha reagito a questi dati arrabbiandosi, affermando che bisogna “chiudere la bocca a chi parla di crisi”, e suggerendo alle aziende di non fare pubblicità sui giornali che spargono pessimismo.

Conclude il settimanale: “Avendo già incrinato la propria credibilità con la sua vita privata, rifiutando di mantenere l’impegno di spiegare in parlamento la sua relazione con un’aspirante modella 18enne, e ritorvandosi ora a dover rispondere a un mucchio di storie su call-girl intrattenute nella sua residenza di Roma, il premier non può permettere che le sue affermazioni sulla salute dell’economia siano contraddette da prove lampanti davanti agli occhi e alle orecchie degli elettori”.

Di Berlusconi si occupa anche l’americano Time. Ospitando il G8 all’Aquila, il premier italiano sperava di attirare attenzioni positive su di sé e sul suo paese, scrive il settimanale, ma invece “sono le storie sulle feste del premier che catturano l’immaginazione”. Time ricostruisce i vari scandali da Noemi a Patrizia D’Addario, riferendo dell’inchiesta dei pm pugliesi e notando che Berlusconi liquida tutte le polemiche come “spazzatura” e pettegolezzi. “E’ possibile, se le indagini sulla prostituzione porteranno a conclusioni imbarazzanti, che Berlusconi debba dimettersi, aprendo la strada a un governo a interim guidato da qualcuno come il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi o il ministro dell’Economia Giulio Tremonti”, afferma Time. Ma aggiunge anche che è presto per dare Berlusconi per spacciato: la politica italiana sembra sempre di più un reality show, “e Berlusconi non soltanto è il campione in carica dei reality show, ne è anche il produttore esecutivo”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Il Times ha chiesto a un portavoce di Palazzo Chigi se questo “qualcuno” sia il premier, ma ha ricevuto solo un “no comment”.

Il Times su Berlusconi-“Da eroe a buffone” di ENRICO FRANCESCHINI-Republica.

LONDRA – “Da eroe a buffone”: così il Times di Londra riassume gli ultimi mesi per Silvio Berlusconi. Ovvero dal ruolo di salvatore nei giorni del terremoto in Abruzzo, quando il premier volava nei sondaggi, alle sempre più frequenti contestazioni, ai fischi, agli insulti come appunto “buffone”, che accompagnano le sue apparizioni, come accaduto dopo la sciagura di Viareggio.

Il premier, scrive il quotidiano londinese, sembra sorpreso e incerto davanti al mutato atteggiamento dell’opinione pubblica nei suoi confronti: lui che è sempre stato “orgoglioso del suo rapporto con l’uomo della strada”, all’improvviso si sente messo nel mirino. E reagisce, afferma il Times, dando prova di nervosismo e frustrazione, con le solite accuse a “comunisti e complottatori”.

Un secondo articolo, sul medesimo giornale, riferisce le rivelazioni di Domenico Cozzolino, il finto fidanzato di Noemi Letizia, che ha raccontato a un settimanale di come il suo presunto rapporto con la 18enne napoletana “è stato organizzato da qualcuno” nei giorni successivi alla festa di compleanno della ragazza a cui partecipò Berlusconi, e da cui è iniziato lo scandalo.

Il Times ha chiesto a un portavoce di Palazzo Chigi se questo “qualcuno” sia il premier, ma ha ricevuto solo un “no comment”. Il giornale nota che tutta la vicenda ha provocato la crescente ira del Vaticano e scrive che, dopo le critiche di giornali e cardinali cattolici, perfino il Papa ha “apparentemente alluso al primo ministro” quando l’altro giorno ha sottolineato “l’importanza dell’etica e della morale in politica”.

Sempre sul Times, un terzo articolo affronta un tema lateralmente collegato al caso Berluscono: quello di giovani donne che si accompagnano per denaro a uomini anziani, ricchi e potenti. Alcune sono escort, altre lo fanno senza arrivare necessariamnete al sesso, altre ancora fanno anche sesso ma invece di denaro ricevono regali, viaggi, favori. Il quotidiano ne fa parlare una, che cerca i suoi clienti su un sito chiamato Sugar Daddy”, in italiano diremmo “Paparino”. (Beh, buona giornata)

Share
Categorie
Attualità democrazia

Repubblica bugiarda, opposizione un cadavere che cammina. Così Berlusconi affonda l’appello del Capo dello Stato alla stampa e alla politica per accantonare le polemiche in vista del G8.

“Il mio governo è il più stabile dell’Occidente”. Silvio Berlusconi, durante la conferenza di presentazione del G8, tenta di spazzare così il campo dalle voci che lo dipingono in difficoltà, con lo spettro delle dimissioni che aleggia. Non è così, giura il premier. Che torna ad attaccare Repubblica: ” “L’Italia è con me, ho il 62% dei consensi, ovunque io vada si fermano le strade. Repubblica e altri giornali si inventano le cose, non credete alle loro invenzioni”. Poi uno stringato commento all’appello di Napolitano che ha invocato un freno alle polemiche politiche in vista del G8: “Speriamo che venga accolto”. Ma un attimo dopo dalla bocca del premier esce una nuova stoccata: “L’opposizione è un cadavere che cammina”. Beh, buona giornata.

Share
Categorie
Attualità democrazia

Come le favorite del papi hanno fatto carriera politica.

Le candidate di papi di Marco Lillo-L’espresso.
Ronzulli, Matera, Comi. Prima nelle residenze del Cavaliere tra escort e ballerine, poi elette al Parlamento europeo. Ecco come si sceglie la nuova classe politica La festa a villa La CertosaTutte sono passate per villa Certosa e palazzo Grazioli. Sia le bad girls, Patrizia D’Addario e Barbara Montereale, che le angeliche Licia Ronzulli, Barbara Matera e Lara Comi. Tutte hanno partecipato alle feste leggendarie del Cavaliere ma solo poche fortunate (Ronzulli, Matera e Comi) sono arrivate all’Europarlamento.

Per cinque anni avranno uno stipendio garantito di 20 mila euro con assistenti e benefit a disposizione. Mentre le due protagoniste del sexgate barese, Patrizia D’Addario e Barbara Montereale, si sono dovute accontentare di un posticino in una lista apparentata al Pdl che correva per le comunali di Bari.

Dopo aver fallito l’elezione hanno deciso di raccontare tutto a stampa e magistratura. A unire mondi così diversi in uno scenario unico però non sono stati i pm e i giornalisti ma Berlusconi in persona. È stato lui a ospitare contemporaneamente volontarie in partenza per il Bangladesh e ragazze di ritorno da una trasferta a Dubai con lo sceicco.

Nemmeno il più fervido sceneggiatore della commedia italiana avrebbe potuto immaginare a villa Certosa una comitiva che include la direttrice sanitaria destinata all’Europarlamento, Licia Ronzulli, e la mangiatrice di fuoco Siria De Fazio, più nota come la ‘lesbica del Grande fratello’. Senza controllo e senza filtro, tutte hanno avuto il privilegio di entrare nelle dimore del sultano. Le bocconiane, come Lara Comi, ma anche le escort da duemila euro a notte come Patrizia D’Addario.

Persone e storie totalmente diverse che dovevano restare distinte e che invece sono state mescolate nel gran frullatore impazzito delle candidature 2009. A imbastire questa matassa che lega insieme manager, letteronze, annunciatrici, dirigenti e stelline dei reality ha contribuito l’incapacità del premier di distinguere pubblico da privato, dovere da piacere, festa e politica. Le protagoniste delle riunioni e delle cene, con le loro bugie e i loro silenzi, hanno fatto il resto.

Paradossalmente a parlare sono le escort. Mentre le ragazze ‘serie’ restano silenziose. E se parlano dicono bugie. La migliore allieva del Cavaliere da questo punto di vista è certamente Licia Ronzulli. Questa infermiera 34enne ha raccolto oltre 40 mila preferenze nel nord-ovest grazie anche alle indicazioni che provenivano da Roma. I coordinatori locali dicevano che se non fosse stata eletta, avrebbero perso il posto.

Quando ‘L’espresso’, la settimana scorsa, le ha chiesto cosa facesse sulla barca di Berlusconi il 14 agosto 2008 con altre sei giovani che non hanno nulla a che fare con la politica, lei ha risposto: “Sbaglia, non ci sono io. Ci sono tante ragazze more. Mai stata a villa Certosa. Cado dalle nuvole”.

Finché un’altra amica e ospite del Cavaliere, Barbara Montereale, l’ha smentita su ‘Repubblica’: “A metà gennaio 2009 sono stata accolta a villa Certosa da Licia Ronzulli. È lei che organizza la logistica dei viaggi delle ragazze. Che decide chi arriva e chi parte e smista nelle varie stanze”.

Invece di dimettersi all’istante l’europarlamentare-receptionist ha vergato un comunicato per annunciare querela confermando en passant che la sua parola non vale nulla: “Più di una volta, in occasione di vacanze, sono stata ospite a villa Certosa con mio marito”. Del quale nelle foto non c’è traccia.

Prodiga di particolari sulle sue umili origini nel quartiere Baggio di Milano, sulla passione per il Milan, sul papà maresciallo dei carabinieri e sulle sue attività di volontariato, Ronzulli non ha mai spiegato perché sia stata incaricata dal premier di ricevere un tipino come Barbara Montereale, una ragazza madre di 23 anni pagata per mostrarsi carina con gli ospiti del Billionaire che non si tira indietro se c’è da accompagnare l’amica escort in trasferta sul panfilo dello sceicco.

Spedita in villa dall’imprenditore barese Giampaolo Tarantini, indagato per induzione alla prostituzione, è prima apprezzata da Emilio Fede, poi sistemata da Licia Ronzulli e infine gratificata dal Cavaliere con una busta con dentro diecimila euro. Montereale, che dice di non avere avuto rapporti sessuali con il Cavaliere, riconosce tra le ospiti del premier anche Carolina Marconi, reduce del Grande fratello, e Susanna Petrone, conduttrice del calcio su Mediaset. Ed è un’altra strana coincidenza.

Pochi mesi prima, il 14 agosto sulla barca del premier ritroviamo la Petrone accanto alla solita Ronzulli e alla futura protagonista del reality Mediaset: Siria. Tutte e tre all’epoca non erano note al grande pubblico. Pochi mesi dopo quella gita diverranno tutte famose ciascuna nel proprio settore.

Se si può sorvolare sui criteri di selezione delle reti televisive berlusconiane (Siria è stata segnalata agli autori del Gf dalla segreteria del premier) non si può fare lo stesso con le elezioni. Le candidature non sono casting e l’Europarlamento non un reality né tanto meno un luogo da escort, come farebbe pensare la storia raccontata da Patrizia D’Addario. La donna che ha passato la notte del 4 novembre 2008 sul lettone donato da Putin a Silvio Berlusconi, ha raccontato che pochi mesi dopo le sarebbe stata ventilata dal solito Tarantini una candidatura alle europee.

Nonostante non avesse mai nascosto di avere registrato le sue trasferte romane e nonostante tutti sapessero quale fosse il suo mestiere. Patrizia, dopo l’intervento di Veronica Lario, non è poi stata candidata per Bruxelles ma solo per le comunali con la lista ‘Puglia prima di tutto’, ora confluita nel Pdl.

Scelte come queste gettano un’ombra anche su candidature limpide come quella di Lara Comi. Anche lei ha avuto l’onore di essere trasportata sull’aereoFininvest in Sardegna? ‘L’espresso’ pubblica una serie di foto scattate il 14 ottobre 2006 all’aeroporto di Olbia nelle quali appare una donna mentre scende dal jet di Berlusconi a lei molto somigliante. Il contesto però è ben diverso dalle foto in barca. La ragazza è in compagnia di altre giovani azzurre e sembra diretta a una riunione politica non a una convention di veline.

Lara Comi, a 26 anni può vantare una laurea in Bocconi con il massimo dei voti e un impiego da manager alla Giochi preziosi, nessuno può accomunarla a una velina o a un’esperta di ‘logistica’. Probabilmente il presidente l’ha aiutata a raggranellare 63 mila voti perché stima questa milanista temeraria che gli si è presentata durante una partita di calcio nel giugno del 2004.

Più oscura l’origine della scintilla scoccata tra Berlusconi e Barbara Matera. L’ex annunciatrice Rai in anni non troppo lontani non stravedeva per il suo attuale mentore. Alla fine del 2003 la letteronza della Gialappa’s era diventata una delle annunciatrici di RaiUno insieme a Virginia Santjust di Teulada. In quel periodo la sua collega era legata da una relazione sentimentale (‘platonica’, dice lei) a Silvio Berlusconi e volava spesso a villa Certosa.

Nella foto pubblicata da ‘L’espresso’ a pagina 43, scattata nel settembre del 2006, si vede una ragazza in bianco che somiglia molto a Virginia scendere dall’aereo con il deputato-segretario di Berlusconi Valentino Valentini. Una scena consueta in quel periodo. Quando Virginia raggiungeva Silvio a Olbia, Barbara era costretta a coprire gli annunci del week-end su RaiUno e non poteva far visita ai genitori a Lucera, in provincia di Foggia.

In quei week end solitari si racconta anche di una breve storia sentimentale con il marito separato di Virginia, l’agente segreto Federico Armati. Da allora sono cambiate molte cose. Virginia Sanjust non è più nelle grazie del Cavaliere e non se la passa bene. Barbara Matera è fidanzata con un altro agente segreto ed è diventata la giovane promessa del Pdl.

Chissà se l’europarlamentare ricorda quei giorni lontani nei quali non lesinava critiche al Cavaliere, a Virginia e alla Rai che la trattavano da brutto anatroccolo rispetto all’amica del premier. Acqua passata. Oggi Berlusconi è dalla sua parte. Nella vita, basta sapere aspettare. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Il G8, Berlusconi e la stampa europea.

La stampa inglese e lo scandalo di Silvio :”Anche Gianni Letta ha preso le distanze” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

Gianni Letta, sottosegretario e più fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, ha preso le distanze dal premier e rifiuta i suoi inviti a cena. Lo scrive il Sunday Times, citando fonti anonime dall’interno del governo. L’indiscrezione fa parte dell’ampia copertura che la stampa britannica continua a dedicare agli scandali che coinvolgono il primo ministro italiano. Sia il Times che il Telegraph della domenica gli dedicano una pagina intera. E l’Independent parla della vicenda in un editoriale.

Il Sunday Times, più diffuso trai domenicali “di qualità” con circa due milioni di copie vendute, scrive in una corrispondenza da Bari dell’inviato John Follain che “insiders”, ovvero fonti dall’interno, fonti che conoscono bene Berlusconi e il suo entourage, “dicono che Gianni Letta si è distanziato dal premier e da alcuni mesi declina i suoi inviti a cena”. Un collaboratore “disamorato” del presidente del Consiglio dichiara al giornalista inglese: “Berlusconi si è trasformato nell’opposto di re Mida, sporca tutto quello che tocca”. Notando anche le critiche al suo comportamento espresse dalla chiesa cattolica, il giornale afferma che le rivelazioni sulla sua vita privata hanno indebolito politicamente il leader del Pdl, e sebbene non ci sia una minaccia immediata, “alleati nella sua coalizione di centro destra si azzardano in privato a contemplare un’era post-Berlusconi”.

L’articolo contiene anche una serie di dichiarazioni di Patrizia D’Addario, la escort pugliese che ha visitato due volte Berlusconi a Palazzo Grazioli e vi ha trascorso una notte con lui. “Non ho mai dormito”, racconta la donna di cui Berlusconi sostiene di non ricordare il volto, “era instancabile, un toro”. Secondo la sua ricostruzione, il premier la condusse in camera da letto quasi alle 4 del mattino, dopo che le altre ragazze se n’erano andate. La D’Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante la notte e lei lo raggiunse sotto la doccia a sua richiesta. A un certo punto, secondo quanto la donna ha raccontato in seguito a un amico, “d’improvviso smise di muoversi e pensai fra me e me, grazie a Dio, si è addormentato. Ma non durò molto”.

La escort confida di essersi sentita imbarazzata quando un membro dello staff del premier entrò in camera da letto al mattino, con un vestito per Berlusconi, ricordandogli che doveva fare una dichiarazione pubblica sulla vittoria di Barack Obama, eletto presidente quella notte. La D’Addario lo attese in bagno, dove scattò varie foto. Più tardi accese il registratore del suo telefonino, dove si sente la voce di un uomo che dice: “Vuoi tè o caffè?” Lasciò la residenza di Berlusconi alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: “Bambina mia!”, le disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei gli spiegò: “Per via delle docce”.

Il Sunday Times riferisce anche il contenuto di una successiva telefonata fra la D’Addario e Barbara Montereale, un’altra partecipante alla cena a Palazzo Grazioli. “Ti ricordi come mi carezzava mentre eravamo sul sofà? E come carezzava te e guardava me?”, chiede la D’Addario. E la Montereale replica: “Era disgustoso, faceva tutto di fronte alle guardie del corpo”. Il domenicale inglese riporta poi le rivelazioni del settimanale L’espresso sulle conversazioni telefoniche in cui Berlusconi avrebbe descritto all’uomo d’affari pugliese Giampaolo Tarantini che tipo di donne voleva invitare a Roma e in Sardegna, compreso il colore dei capelli e le misure, con dettagli spesso “spinti” su cosa succedeva ai party notturni.

Il Sunday Telegraph pubblica invece un ritratto di Berlusconi (e dell’Italia), a firma dello scrittore inglese Tobya Jones, che vive da un decennio nel nostro paese, autore del libro “The dark heart of Italy” (Il cuore tenebroso dell’Italia). Come mai, si chiede Jones, Berlusconi è ancora primo ministro, nonostante tutti gli scandali del passato, le accuse di falsa testimonianza, di ostruzione della giustizia, di collusione con la mafia, di appartenenza a una loggia massonica, di evasione fiscale e di corruzione di pubblici ufficiali, alle quali si aggiungono ora le notizie sulle sue feste con decine di giovani fanciulle? Lo scrittore dà una serie di motivazioni. Primo, l’Italia è talmente abituata agli scandali, che non ci fa più caso e anzi non ne può più. Secondo, almeno per qualcuno, le infedeltà del premier suscitano invidia e ammirazione. Terzo, Berlusconi si presenta come un “uomo qualunque, una persona semplice che non appartiene alla elite snob della politica, uno a cui piacciono le cose che piacciono a tutti, il denaro e le donne”. Quarto: la sinistra è fragile e divisa, per cui non offre un’alternativa valida. Quinto: essere “furbi” e “spregiudicati”, in Italia, è considerata da alcuni una virtù. E sesto, le critiche dei media stranieri possono ottenere l’effetto di rinsaldare il sostegno verso Berlusconi, perlomeno in quella parte della popolazione che, dopo secoli in cui l’Italia è stata dominata da potenze straniere, è determinata a tenere gli stranieri fuori dai propri affari.

Il commento di Sarah Sands, columnist del quotidiano Independent, suona come un corollario delle ragioni offerte da Jones sul Telegraph: “Forse ogni nazione ha lo scandal, o che si merita. In un paese famoso per la sua televisione pornografica, la sua indifferenza per il processo politico e per la sua storicamente rilassata visione dello stupro, Berlusconi non è un mostro”. Ma poi conclude che, anche in un paese simile, l’atteggiamento del premier va oltre i limiti della dignità.

In Europa. Il settimanale francese Nouvel Observateur sottolinea come i nuovi scandali abbiano fatot precipitare il gradimento di Berlusconi sotto il 50 per cento per la prima volta da quando è ritornato al governo nel 2008. “Malgrado tutto – scrive il settimanale francese – chi lo sostiene di più sono proprio i cattolici”.

“Le donne del G8 boicotteranno Berlusconi?”. A chiederselo è un altro autorevole settimanale francese, L’Express, che dà spazio alla richiesta di 4 docenti universitarie che in vista del G8 di Genova stanno raccogliendo firme per chiedere a Carla Bruni e a Michelle Obama tra le altre, di boicottare il summit dei Grandi all’Aquila. “Finora – si chiede L’Express – hanno ottenuto 6,500 firme. Cresceranno?”

Lo spagnolo El Paìs invece dedica un reportage agli “scandali di Berlusconi”, intitolandolo “Le pericolose amicizie di Papi”. Nel pezzo vengono riassunti i rapporti di Berlusconi con Tarantini, Patrizia D’Addario e Barbara Montereale. “Tra soli 12 giorni – prosegue il corrispondente da Roma, Miguel Mora -, il politico e magnate milanese accoglierà i leader del G8 dove si riscriveranno le regole della finanza globale tra gli scandali che ne stanno minando la credibilità”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Berlusconi, il G8 e la stampa internazionale.

“Gli scandali di Berlusconi alla prova del G8” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

Un giornale lo paragona a “un imperatore romano, che si lancia in iniziative lontano da casa propria per distogliere l’attenzione dai suoi problemi domestici”. Un altro ipotizza che i problemi domestici lo seguiranno anche quando si occupa di affari internazionali, con la possibilità che i magistrati baresi lo “chiamino a testimoniare” alla vigilia o nei giorni del summit del G8. Un terzo riporta che la sua popolarità è scesa rapidamente “sotto il 50 per cento”, e che continua a perdere consensi, in particolare tra “donne, giovani e cattolici praticanti”.

Sono alcuni degli articoli sul caso Berlusconi che appaiono oggi sulla stampa straniera. Interessati alla vicenda fin dall’inizio, i media stranieri la mettono ora sotto una lente d’ingrandimento per la prossimità con il vertice del G8, che richiamerà inevitabilmente l’attenzione del mondo sul paese ospitante, l’Italia, e sul suo leader, che ha la presidenza di turno del “club più esclusivo del mondo”, come viene soprannominato il Gruppo delle democrazie più ricche della terra.

E’ il quotidiano Independent di Londra a fare un paragone tra Silvio Berlusconi e gli imperatori di Roma antica: “Allo stesso modo, confrontato da una serie di scandali interni che farebbero imbarazzare l’imperatore Tiberio, il primo ministro italiano sale sul palcoscenico mondiale”, oggi annunciando il programma del G8, poi partendo per la Libia dove incontrerà Gheddafi, quindi la settimana prossima ospitando il presidente Obama e gli altri leader del G8 all’Aquila. “Voci in patria e all’estero si chiedono se i suoi problemi interni diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali”, come l’immigrazione, il cambiamento climatico, la crisi iraniana, scrive Michael Daly da Milano, ricordando le indiscrezioni dei giorni scorsi secondo cui Berlusconi avrebbe detto al premier israeliano Netanyahu che Obama è “debole” sull’Iran, un commento che non è certo stato gradito a Washington, e altre recenti prese di posizioni del leader del Pdl che hanno suscitato irritazione tra i nostri alleati.

Il Times di Londra riporta che il presidente del Consiglio potrebbe essere chiamato a deporre, come testimone, nell’indagine su Giampaolo Tarantini, l’uomo d’affari pugliese che portava modelle ed escort alle sue feste in Sardegna e a Roma, il quale è ora inquisito non solo per “incitamento alla prostituzione ma anche per traffico di cocaina. Il quotidiano londinese scrive che gli inquirenti pugliesi stanno esaminando dichiarazioni rese alla polizia di Olbia, in Sardegna, l’estate scorsa, da due donne che dissero di “essersi sentite male” dopo un party nella villa di Tarantini, che è vicina a quella di Berlusconi, apparentemente dopo avere preso della droga. E l’inchiesta, aggiunge il Times, si sta allargando al possibile reclutamento di “donne straniere”, dopo che Barbara Montereale, una delle invitate a Villa Certosa, ha affermato di avere visto in un’occasione numerose “donne slave o dell’Est Europa che sembravano di casa” alla villa del premier. Convocare Berlusconi come testimone “è possibile ma è al momento solo un’ipotesi”, dice Marco Dinapoli, uno dei magistrati che indagano, citato dal Times. Il giornale scrive che, secondo la polizia, Tarantini e Berlusconi si parlavano “circa 20 volte al giorno” l’estate scorsa prima e dopo le vacanze di Ferragosto.

Sempre sul Times, che pubblica in un riquadro a parte la nuova versione delle “dieci domande” presentate al premier italiano da “Repubblica”, ci sono indicazioni sul calo di popolarità di Berlusconi, il cui indice di gradimento secondo un sondaggio pubblicato lo scorso fine settimana sarebbe sceso “sotto il 50 per cento”, con un calo particolarmente forte “tra donne, giovani e cattolici praticanti”.

Un altro giornale inglese, The Age, dedica a Berlusconi un lungo ritratto, chiedendosi che peso avranno le polemiche degli ultimi due mesi sul summit del G8 e più in generale se il premier riuscirà a conservare il potere. A Berlusconi dedica oggi una pagina anche l’americano Wall Street Journal, con un’inchiesta da Porto Rotondo su un altro filone dello scandalo, passato in questi giorni in secondo piano ma non tramontato: il rapporto tra Berlusconi e Noemi Letizia, e soprattutto le foto di Antonello Zappadu, il fotografo autore degli scatti delle feste a Villa Certosa, alcuni dei quali sono stati pubblicati dal quotidiano spagnolo El Pais. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Berlusconi? Panta rei.

Sia l'”Independent” che il “Times” tornano sulla vicenda del premier-“Segnali di pericolo sul suo futuro politico”. E fanno il nome di Draghi per la successione-“Ultimi giorni alla corte di re Silvio”-
I giornali inglesi ipotizzano le dimissioni
Intervista a Barbara Montereale che parla di “aria quasi competitiva”
tra le ragazze alle feste del Cavaliere. E conferma il regalo da diecimila euro

di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica

“Gli ultimi giorni della corte di re Silvio” s’intitola il paginone dell’Independent di oggi. E il Times ricostruisce su due pagine la vicenda con un grafico della “ragnatela di connessioni nel mondo di Silvio”, ipotizzando che le pressioni per costringere il premier a dimettersi continueranno e indicando nel governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, un possibile primo ministro ad interim che ne prenda il posto.

Il caso Berlusconi continua dunque a rimanere al centro dell’attenzione dei media e dell’opinione pubblica mondiale, in particolare in Gran Bretagna, dove la stampa nazionale sembra particolarmente colpita da una vicenda a base di “sesso, bugie e videotape”, per parafrasare un noto film di alcuni anni or sono.

“Berlusconi sembrava immune dagli scandali, ma le sensazionali notizie di caroselli sessuali a base di feste, modelle e denaro stanno facendo sentire il loro peso sul premier”, scrive l’Independent. L’inchiesta dell’ex-corrispondente da Roma Peter Popham ricostruisce gli ultimi sviluppi della faccenda, notando in particolare le crescenti critiche della Chiesa cattolica, “che sta cominciando quietamente a tenere Berlusconi a distanza” e “l’accumularsi di segnali di pericolo” per il suo futuro politico. L’articolo sottolinea che perfino uno dei suoi più fidati consiglieri, Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, ha recentemente tracciato “un’analogia tra l’attuale situazione di Berlusconi e quella di Mussolini il 24 luglio 1943”, il giorno prima che il duce fu destituito dal re. “La defezione di Ferrara”, nel fronte dei critici di Berlusconi, scrive Popham, “fa parte degli effetti collaterali del divorzio chiesto da Veronica Lario”, poiché Il Foglio è parzialmente di proprietà della (ancora per poco, a quanto pare) moglie del leader del Pdl.

Anche il Times pubblica un paginone sul caso. Un articolo di Lucy Bannerman, inviata a Bari, ricostruisce la rete di amicizie dichiarate e sotterranee che portano dal capoluogo pugliese fino alla residenza romana di Berlusconi e alla sua villa di Porto Rotondo in Sardegna. L’articolo contiene tra l’altro una nuova intervista a una delle giovani donne che hanno fatto visita al premier in più occasioni, Barbara Montereale, la cui automobili è bruciata nei giorni scorsi per un misterioso incendio doloso, la quale dice al Times che quando fu invitata in Sardegna a metà gennaio “c’erano un sacco di ragazze che non si conoscevano tra loro” e parla di un’atmosfera “quasi competitiva”.

La Montereale conferma quando affermato in precedenti occasioni, cioè che per la sua presenza in Sardegna ricevette 11 mila euro, mille dall’uomo d’affari pugliese Giampaolo Tarantini, che l’aveva accompagnata, e 10 mila come “regalo” da Berlusconi.

Un secondo articolo, un commento del corrispondente da Roma Richard Owen, nota che, due mesi dopo l’inizio dello scandalo con la partecipazione al compleanno per i 18 anni di Noemi Letizia, Berlusconi cerca di mettere insieme una strategia, “mantenere la calma e andare avanti come niente fosse”. Ma è “troppo tardi”, la mancanza di una reazione convincente fino a questo momento hanno lasciato “la sua squadra in uno stato d’assedio”. Per di più, scrive Owen, l’economia continua a declinare, con Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, “indicato da alcuni come possibile premier a interim” se Berlusconi dovesse dimettersi, che questa settimana ha accusato il governo di “non avere una credibile via d’uscita” dalla recessione. L’articolo sottolinea che Berlusconi ha dovuto posticipare la discussione di una legge che dovrebbe multare severamente i clienti delle prostitute a causa dell’imbarazzo che provocherebbe un dibattito sul tema in parlamento alla luce degli incontri tra il premier e le escort e per la definizione che di lui ha dato il suo avvocato come “utilizzatore finale” di tali servigi.

Il Times rileva che Berlusconi affida sempre più spesso il compito di apparire in pubblico in sua vece al “fidato luogotenente Gianni Letta”, dando la colpa all’artrite che lo affligge, per cui riceve iniezioni di cortisone. L’articolo si conclude ipotizzando che la salute “potrebbe essere una scusa” per rassegnare le dimissioni e prevede che le pressioni per dimettersi continueranno anche in autunno.

Il paginone del Times è illustrato da un ampio grafico che ricostruisce “la ragnatela” dei rapporti fra tutti i personaggi che ruotano attorno a Berlusconi e che sono coinvolti in qualche modo nello scandalo, da Veronica Lario alla cosiddetta “ape regina” Sabine Began, da Noemi Letizia alla escort Patrizia D’Addario; e un riquadro a parte cerca di spiegare ai lettori inglesi il significato di termini come “velina”, “meteorina” e “valletta”, il nuovo vocabolario della politica italiana al tempo di re Silvio. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Le dieci nuove domande al Cavaliere, proposte dal quotidiano la Repubblica.

Le mancate risposte di Silvio Berlusconi: dalle veline a Noemi Letizia, fino alle accuse di Patrizia D’Addario di GIUSEPPE D’AVANZO-Repubblica.

La sera del 26 aprile Silvio Berlusconi festeggiava Noemi a Casoria. È giunto il tempo, due mesi dopo, di tirare le somme. Bisogna annotare con cura le bugie ascoltate; interrogarsi sulle ragioni dei troppi silenzi; afferrare il filo rosso che da una storia (le «veline») ci ha condotto in un’altra (Noemi) e in un’altra ancora (le prostitute a Palazzo Grazioli) fino alla soglia di una quarta (le feste del presidente).

Giorno dopo giorno, si è definita sempre meglio la «licenziosità» del capo del governo, «la scelta sciagurata degli amici di bisboccia, la sciatteria in certe relazioni e soprattutto la caratterizzazione ostentatoria di tutti i suoi comportamenti privati» (Giuliano Ferrara, Panorama, 26 giugno). Quel filo si riannoda intorno a un «grandioso sé», lascia nudo un potere e un abuso di potere che si immagina senza contrappesi e irresponsabile.

Da due mesi, Berlusconi parla senza dire. Ci scherza su alquanto imbarazzato e come ossessivo, ma tace l’essenziale. Il tempo non è passato invano, però. Le dieci domande che Repubblica ha ritenuto di rivolgergli il 14 maggio hanno trovato più di una risposta, nonostante il loquace mutismo del presidente del consiglio. A volte, anche i silenzi sanno parlare. C’è oggi materia viva per eliminare qualche interrogativo e proporne altri, nuovi e dunque necessari e urgenti.

«Chi è incaricato di una funzione pubblica deve chiarire», dice Silvio Berlusconi (Porta a Porta, 5 maggio). All’alba di questa storia, il premier sembra sapere che il significato etico e politico di accountability presuppone trasparenza; impegno a dichiararsi; rendiconto di quel che si è fatto e si fa; assunzione di responsabilità; censurabilità delle condotte riprovevoli – anche private – perché è chiaro a tutti che non ci può essere una radicale contrapposizione «tra il modo in cui un uomo di potere tratta coloro che gli sono vicini (la sua morale) e il modo in cui governa i cittadini e risponde a loro (la sua politica)»(Carlo Galli, Repubblica, 22 giugno).

Berlusconi, in apparenza, è animato da buone intenzioni, dunque. Deve, presto e in fretta, liberarsi di tre grattacapi che gli vengono dalla famiglia (con le accuse di Veronica Lario), dalla sua area politica (con i rilievi critici di farefuturo). Gli rimproverano di voler candidare alle elezioni per il parlamento di Strasburgo “veline”, giovani o giovanissime donne che egli ha già promosso nello spettacolo e gli tengono compagnia con assiduità nel tempo libero, a Villa Certosa, a Palazzo Grazioli. Gli si contesta la frequentazione di minorenni e un’ossessione per il sesso che pregiudica il suo equilibrio (Veronica Lario, Repubblica, 3 maggio). Gli si chiede dei rapporti con la minorenne di Napoli di cui ha voluto festeggiare il 18° anno (Repubblica, 28 aprile).

Berlusconi è tentato dal rovesciare il tavolo, come gli è abituale. Parla di “complotto”. Di fronte all’evidenza che il fuoco è “amico”, lascia perdere e appronta una difesa che vuole essere conclusiva. Concede due interviste ufficiali (Corriere, Stampa, 4 maggio, 4 maggio). Chiacchiera ufficiosamente e in libertà (ancora Corriere e Stampa, nei giorni successivi al 4 maggio). Si confessa alla tv pubblica francese durante il tg delle 20 (France 2, 6 maggio). Rifiuta – è vero – un’intervista a Repubblica (13 maggio), ma promette di «spiegare tutto» (Cnn International, 25 maggio).

Berlusconi è categorico, quasi minuzioso nella ricostruzione delle sue mosse. «Non avevamo messo in lista nessuna velina» (Corriere, 4 maggio). «Io frequenterei delle diciassettenni? E’ una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre [di Noemi], punto e basta. Lo giuro!» (Stampa, 4 maggio). «Sono andato a Napoli per discutere di candidature con il padre di Noemi» (Porta a Porta, 5 maggio), con cui «ho un’antica amicizia di natura politica», peraltro «Noemi, la figlia dei miei amici, l’ho vista tre, quattro volte, sempre accompagnata dai genitori» (France 2, 6 maggio).

Le affermazioni del capo del governo non reggono alla verifica dei fatti.

Repubblica scopre (21 maggio) che il 19 novembre 2008, a Villa Madama, la minorenne Noemi siede al tavolo presidenziale, in occasione della cena offerta dal governo alle griffe del made in Italy, raccolte nella Fondazione Altagamma. La ragazza è sola, non accompagnata da alcun familiare, accanto al presidente del consiglio e a Leonardo Ferragamo, Santo Versace, Paolo Zegna, Laudomia Pucci. Sola e minorenne – e non accompagnata dai suoi genitori ma da un’amica minorenne (Roberta O.) – Noemi è anche a Villa Certosa, a ridosso del Capodanno, tra il 26/27 dicembre 2008 e il 4/5 gennaio 2009. Lo rivela a Repubblica (24 maggio) Gino Flaminio, un operaio di 22 anni legato sentimentalmente a Noemi dal 28 agosto 2007 al 10 gennaio 2009.

Gino, in contrasto con le dichiarazioni del Cavaliere, svela anche quando Berlusconi si mette in contatto con la minorenne Noemi. Che sia la prima volta glielo racconta lei stessa. Accade nell’autunno del 2008 (ultimi giorni di ottobre, primi di novembre). Soltanto otto mesi fa. Berlusconi telefona direttamente alla ragazza alle prese con i compiti di scuola. Nessuna segreteria. Nessun centralino. Nessun legame con la famiglia della ragazza. Berlusconi (che ha davanti una collezione di foto di Noemi) le dice parole di ammirazione per la sua «purezza», per il suo «volto angelico». Dopo quel primo contatto, ne seguono altri (Gino ascolta la voce del premier in tre o quattro telefonate) fino all’invito a trascorrere dieci giorni – senza i genitori – a Punta Lada.

Le rivelazioni raccolte da Repubblica costringono il premier a correggere precipitosamente il tiro. Non può negare la presenza di Noemi a Villa Madama. Ammette che la minorenne, anzi le due minorenni hanno festeggiato il Capodanno con lui, non accompagnate dai familiari. Non può confessare però che – uomo di 73 anni, con impegnative responsabilità pubbliche – trascorre il pomeriggio a telefonare a minorenni che conosce soltanto attraverso book fotografici fornitigli dagli uomini di Mediaset (nel caso di Noemi è Emilio Fede, dice Flaminio). Appresta allora una nuova favoletta per spiegare come, quando e perché ha conosciuto il padre di Noemi, Elio Letizia, e cancellare l’imbarazzante ma decisivo ricordo di Gino.

E’ la quarta versione che, nel corso del tempo, ci viene proposta. Ricordiamo le precedenti.

* 1. «Era l’autista di Bettino Craxi» (Ansa, 29 aprile, l’agenzia di stampa rimuoverà poi la pagina dall’archivio in rete);

* 2. «Elio è un mio amico da tanti anni, con lui ho discusso delle candidature europee« (Porta a Porta, 5 maggio);

* 3. «Conosco i genitori, punto e basta» (France 2, 6 maggio).

Anche la quarta ricostruzione di quell’amicizia viene cucinata in malo modo.

Berlusconi scarica su Elio Letizia l’onere del racconto. Elio Letizia liquida per intero lo sfondo politico dell’amicizia. Non azzarda a dire che è stato un militante socialista né conferma di aver discusso con il presidente del consiglio chi dovesse essere eletto a Strasburgo. Dice Letizia che la «vera conoscenza [con Silvio] ci fu nel 2001». Elio sa – racconta – che a Berlusconi piacciono «libri e cartoline antiche» e nelle sale dell’hotel Vesuvio di Napoli (maggio 2001) gli propone di regalargliene qualche esemplare. Nasce così un legame che diventa un’affettuosa amicizia quando Anna e Elio Letizia sono colpiti dalla sventura di perdere il figlio Yuri in un incidente stradale. Berlusconi si fa vivo con una «lettera accorata e toccante». Letizia decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel «dicembre del 2001»: «A metà dicembre io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia» (il Mattino, 25 maggio). Dunque: il capo del governo «per la prima volta vide Anna e Noemi» nel dicembre del 2001 non in pubblico ma nella residenza privata del premier, a palazzo Grazioli, o a Palazzo Chigi. Noemi ha soltanto dieci anni.

Il ricordo di Elio Letizia non coincide con quello di Silvio Berlusconi. Nello stesso giorno, la memoria del capo del governo disegna un’altra scena decisamente differente da quella che ha in mente Elio Letizia. Quando Berlusconi ha incontrato per la prima volta Noemi? «La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata», risponde il premier (Corriere, 25 maggio). Quindi, in un luogo pubblico e non nei suoi appartamenti pubblici o privati. Non nel 2001, come dice Elio, ma più avanti nel tempo perché Noemi avrebbe avuto l’età adatta per «sfilare» (quattordici, quindici, sedici anni, 2005, 2006, 2007).

Le «bugie bianche» di Berlusconi (il Foglio, 25 maggio) non possono nascondere qualche sconcertante punto fermo. È vero, il capo del governo «frequenta minorenni», come ha detto Veronica Lario e dimostrato Repubblica. Il presidente del consiglio non riesce con qualche attendibilità a dire come ha conosciuto i Letizia cosicché le parole di Gino Flaminio acquistano più credibilità e maggiore verosimiglianza.

Il quadro compromesso e degradato dell’accountability del capo del governo è confermato addirittura dal racconto di Noemi, mai smentito (e oggi è troppo tardi per farlo).

«[Berlusconi, “papi”] mi ha allevata (…) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo a Roma, a Milano. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (…) [Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità. (…) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio» (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile).

Noemi conferma non solo l’abitudine di Berlusconi a frequentare minorenni, ma rafforza anche l’altra questione decisiva di questa storia: la pretesa di «far uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno nulla a che fare». Manovra che denota «l’impoverimento della qualità democratica di un Paese» (FFWebMagazine, periodico della fondazione Farefuturo). Come – per fare solo tre nomi – Angela Sozio (Grande Fratello), Chiara Sgarbossa (miss Veneto), Cristina Ravot (cantante ammiratissima da Berlusconi che la voleva imporre al festival di Sanremo prima che al parlamento di Strasburgo), Noemi ritiene di poter ottenere da Berlusconi l’opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o seggio in parlamento, uguali sono. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle promesse di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche della signora Lario («Ciarpame senza pudore»). È documentata, allora, anche la seconda accusa che colpiva il capo del governo: per lui il corpo delle donne è «un gingillo» utile per «proiettare una (falsa) immagine di freschezza e rinnovamento» politico. S’invera lo «scarso rispetto per le istituzioni e per la sovranità popolare» del leader del Popolo della Libertà (Fondazione farefuturo).

Di fronte a due punti fermi (è vero, frequenta minorenni; è vero, candida nelle assemblee elettive i «bei corpi» che gli sono stati vicini), incalzato da domande a cui non può rispondere, Berlusconi si corregge di nuovo per tirarsi fuori da una catastrofe politica e comunicativa, domestica e internazionale. A Palazzo Chigi, dunque in un luogo che più ufficiale non si può, dice: «Non ho detto niente» (Ansa e Agi, 28 maggio). Pretende che gli si creda. Lo abbiamo sentito dire, spiegare, ricordare in pubblico, in voce e in video – e sempre mentire. Ora, con quattro parole («Non ho detto niente»), intende resettare la storia così come egli stesso ce l’ha raccontata. Esige che il potere delle sue parole sia, per noi, indiscusso. Comanda di dimenticare ciò che ricordiamo e ci impone di credere vero ciò che egli dice vero (e noi sappiamo bugiardo). «Non ho detto niente» dovrebbe ripulire dalla lavagna le sue menzogne. Gli interessa ora andare al sodo per salvare la faccia e – forse – un destino politico che vede compromesso (compromessa appare la sua ascesa al Quirinale). Vuole rispondere soltanto a una domanda: ha avuto «rapporti piccanti» con Noemi? Se la pone da solo. Risponde: «Assolutamente no, ho giurato sulla testa dei miei figli e sono consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei dimettere, un minuto dopo averlo detto» (Radiocor, 28 maggio). Non chiarisce che cosa siano i «rapporti piccanti», per il lessico e la fantasia erotica di uomo come lui.

Sesso e politica. Politica e sesso. “Privato” che si fa “pubblico”. “Pubblico” che deve subire gli abusi di potere di un privato. Di questo impasto ci parlano le pratiche del Cavaliere che rinviano con immediatezza al suo dispositivo di governo, e quindi alla cosa pubblica e non soltanto ai comportamenti privati di un uomo. Lo “scandalo” dell’affare è in queste relazioni scorrette compensate da promesse di incarichi pubblici, è nelle accertate menzogne che screditano chi governa e il Paese che da lui è governato. Di questo dovrebbe rispondere il premier in pubblico se davvero avesse compreso che accountability è l’esatto contrario di arbitrio e menzogna.

Il capo del governo vive un clima psichico alterato. È la terza accusa della moglie: «[Silvio] non sta bene» (Repubblica, 3 maggio). La patologica sexual addiction di Berlusconi si sfoga in festicciole viziose. Anima “spettacolini” affollati da venti, trenta, quaranta ragazze: “farfalline” coccolate mentre il “sultano” indossa un accappatoio di un bianco accecante; “tartarughine” travestite da Babbo Natale; “bamboline” che mimano, in villa e tra i fiori, il matrimonio con «papi» (Repubblica, 12 giugno). Frequente la presenza di “squillo”, “escort”, “ragazze immagine” abituate a incontrare sceicchi sulle rive del Golfo Persico.

La scena, accennata esplicitamente da Veronica Lario, ancora sfumata nei contorni con Noemi, si definisce con nitore quando prende la parola Patrizia D’Addario, “escort di lusso”, un modo per dire prostituta di caro prezzo. Il palcoscenico, anche acusticamente esplorato, è illuminato a giorno, ora. Si possono vedere con chiarezza i gesti, sentire le parole, ascoltare le voci anche nelle stanze più intime e protette (il bagno, la camera da letto) del palazzo presidenziale. Il linguaggio si fa esplicito, crudo. Come, senza sottintesi, sono le condotte, le logiche, gli esiti.

Patrizia è ingaggiata (2000 euro) da un amico del Cavaliere che ingrassa i suoi affari e la sua influenza pagando “squillo” da accompagnare alle feste del presidente a Roma, in Sardegna.

Patrizia varca, per la prima volta, la soglia di Palazzo Grazioli il 15 ottobre 2008.

Patrizia, «una volta entrata in una stanza affrescata all’interno della residenza del presidente del Consiglio, si trova davanti venti ragazze e il suo primo pensiero è: ‘Ma questo è un harem!’». (Sunday Times, 21 giugno).

Patrizia osserva, curiosa: «Mentre la gran parte di noi, come ci era stato detto, indossava abiti neri corti e trucco leggero, due ragazze che stavano sempre vicine, avevano pantaloni lunghi (…) Erano due escort lesbiche che lavorano sempre in coppia» (Repubblica, 25 giugno).

Patrizia, quella sera, non resta a Palazzo. Ci ritornerà, il 4 novembre. «Sono tornata dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell’elezione di Barack Obama» (Corriere, 17 giugno).

Patrizia registra quel che sente. Fotografa – appena può – quel che vede. Lo fa sempre, con tutti, da sempre. Questa volta, la seconda volta da Berlusconi, Patrizia rimane a Palazzo per una notte di sesso con il capo del governo. Il Cavaliere – dopo cena, visione dei film che lo mostrano accanto ai potenti della Terra, le solite canzoni e la ola – chiede alla donna di aspettarlo nel «letto grande» (Repubblica, 20 giugno).

«Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Gianpaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato (…) Gianpaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee (…) Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Gianpaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile (…) [mi è stata allora] proposta la lista “La Puglia prima di tutto” [per il rinnovo del consiglio comunale]. Io ho accettato subito» (Corriere, 17 giugno).

I ricordi di Patrizia sono confermati dalle due «ragazze-immagine» (qualsiasi cosa significhi l’eufemismo) che sono con lei: Lucia Rossini (Repubblica, 21 giugno) e Barbara Montereale. Che dice: «Sapevano tutti a quella cena che lei [Patrizia] era una escort. Presumo anche il presidente». (Repubblica, 20 giugno). Le due ragazze ridono, scherzano, si fotografano allegre nella toilette del presidente del consiglio, come padrone del campo.

Le parole, le testimonianze incrociate, le immagini, i documenti fonici non possono più confondere quel che abbiamo sotto gli occhi. Quel che la signora Lario chiama “malattia”, l’effetto distruttivo di un narcisismo sgomento dinanzi alla vecchiaia, un’autostima che esige sempre, a ogni occasione l’ammirazione riservata alla giovinezza, alla celebrità, al fascino rendono vulnerabile e gravemente indifeso il capo del governo e l’autorevolezza del suo ufficio. C’è un fondo di onnipotenza nei suoi comportamenti, come se ogni azione gli fosse consentita. È circondato da prosseneti che lucrano vantaggi personali cercandogli in angoli d’Italia ragazze sempre nuove, sempre più giovani, sempre più rapaci e spregiudicate, spesso sostenute nella loro cinica ambizione dalle famiglie, da mammà e papà. Vogliono un successo dove che sia, in tivvù o nella politica. Il premier può concederglielo con una telefonata, se vuole. Gli danno pressione. Lo pretendono. E’ il quadro che ha già proposto Veronica Lario. «Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile» (Repubblica, 3 maggio).

La difesa di Berlusconi, di fronte a questa rappresentazione di se stesso e della fenomenologia del suo potere, è violenta fino alla spietatezza contro i testimoni della sua vita; è prepotente contro l’informazione che non sceglie la taciturnità imposta al servizio pubblico radiotelevisivo e accettata – con l’eccezione del Tg3 – di buon grado. E tuttavia, quando affronta le circostanze che sono emerse, quella manovra è maldestra.

Niccolò Ghedini, avvocato del Cavaliere, nell’ansia di sfuggire al reato ora che una prostituta parla di tariffe, trattative e pagamenti, ammicca complice agli italiani che si sentono “puttanieri” irredimibili, anche se spesso soltanto fantasiosi, nella convinzione che quel peccato possa essere presto perdonato urbi et orbi. Il lemma che adopera (gli appare il più onesto e concreto) peggiora il clima e deteriora ancor più l’immagine del premier. «Ancorché fossero vere le indicazioni di questa ragazza [Patrizia], e vere non sono, il premier sarebbe, secondo la ricostruzione, l’utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile». (Affari italiani, 17 giugno).

Come se l’affare fosse legale e non politico. L’errore dell’avvocato convince Berlusconi a muovere in prima persona. Lo fa secondo le sue prassi consolidate. Dai fogli patinati di un settimanale di famiglia, nega quel che è accaduto. «Non c’è nulla nella mia vita privata di cui io mi debba scusare (…) Non ho [di Patrizia] alcun ricordo. Ne ignoravo il nome e non ne avevo in mente il viso. Non mi ero reso conto [che fosse una prostituta]» (Chi, 24 giugno). Tace che ancora il 27 gennaio, il suo amico di Bari chiama Patrizia per dirle (la telefonata è registrata): «[Il presidente] ti vuole vedere la prossima settimana a Roma» (Corriere, 21 giugno). Vedere lei, proprio lei: Patrizia, con quella faccia che ora non ricorda, con quel nome che ha dimenticato, forse ripensando soltanto al suo corpo.

Questa volta – direttamente e non attraverso i suoi giornali e attaché (lo ha fatto per Gino Flaminio) – scatena l’ordinaria menzogna distruttiva contro Patrizia D’Addario: «[Le è stato] dato un mandato molto preciso e benissimo retribuito» (Chi, 24 giugno). Dovrebbe offrire un riscontro anche labile della sua accusa anche perché ha avuto il tempo e ha le risorse per raccoglierlo. Non lo fa. Dovrebbe comprendere che la denunzia, anche se inventata, conferma la sua vulnerabilità. La mostra, la dimostra. Se c’è un ricattatore dietro le parole di Patrizia D’Addario, la responsabilità è soltanto di chi dissennatamente le ha aperto le porte di casa. Dice: «Può capitare di sbagliare ospiti» (Ansa, 25 giugno), ma il punto è proprio questo: quanti sono gli “ospiti sbagliati” che si sono seduti alla sua tavola? E che intenzioni hanno?

Il fatto è che il Cavaliere si tiene lontano da fatti che, per la loro solidità, possono fulminarlo. Preferisce scavare nella differenza tra sé e gli altri, tutti gli altri che soltanto ricordano quel che ha detto e giurato o le menzogne che ha sottoscritto con la sua faccia, i suoi discorsi. Non pare curarsene. Dice: «Io sono fatto così. E gli italiani così mi vogliono. Ho il 61 per cento. Io sono buono, generoso, leale, (attenzione) sincero, mantengo le promesse, sono un mattatore, un intrattenitore» (Ansa, 25 giugno).

Soltanto un malvagio può non amarlo. In fondo, la politica è questo per il capo del governo: la legittimità del suo potere lo autorizza – crede – a creare un’ostilità interna, un conflitto permanente tra chi è con lui e chi, perché lontano da lui o critico, deve essere considerato “estraneo”, “nemico”, ”eversore”. È «odio e invidia» (Ansa, 24 giugno) chiedergli conto delle sue condotte pubbliche, del suo stato di salute, di una vita spericolata, delle contraddizioni radicali del suo agire: ha prostitute nel suo letto, ma legifera per punire chi frequenta le prostitute; invoca per sé la privacy ma vuole scrivere le norme della nostra privacy, dalla procreazione al “fine vita”.

È un «progetto eversivo» contro il suo governo e contro il Paese chiedergli di essere trasparente. «Le calunnie contro di me, le veline, le minorenni, Mills (è un testimone che ha corrotto salvandosi da una condanna), i voli di Stato (che utilizza per trasferire amiche, musici, ballerine) , hanno costituito una campagna di scandalo molto negativa all’estero per il nostro paese e credo sia un comportamento colpevole da chi l’ha pensato e organizzato, [credo che sia] un progetto eversivo perché la finalità è quella di costringere a far decadere un presidente del consiglio eletto dagli italiani (…). Se questa non è eversione, ditemi voi cos’è». (Adnkronos, 13 giugno).

La sola soluzione che intravede alla crisi che lo affligge è la riduzione al silenzio o la rovina economica della stampa che non racconta come vere le sue fiabe. «Bisognerebbe non avere dei media che tutti i giorni cantano la canzone del catastrofismo e credo che anche voi [imprenditori] dovreste operare di più in questa direzione. Per esempio: non date pubblicità a chi si comporta così» (Asca, 13 giugno).

Il rosario di incoerenze, menzogne, abusi di potere di Silvio Berlusconi sollecita a rinnovargli alcune domande che possono essere conclusive:

* 1. Quando, signor presidente, ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d’incontrarla e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni?

* 2. Qual è la ragione che l’ha costretta a non dire la verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi prima di fare due tardive ammissioni?

* 3. Non trova grave, per la democrazia italiana e per la sua leadership, che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità politiche le ragazze che la chiamano «papi»?

* 4. Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le “squillo” che, secondo le indagini della magistratura, sono state condotte nelle sue residenze. Sapeva che fossero prostitute? Se non lo sapeva, è in grado di assicurare che quegli incontri non l’abbiano resa vulnerabile, cioè ricattabile – come le registrazioni di Patrizia D’Addario e le foto di Barbara Montereale dimostrano?

* 5. È capitato che “voli di Stato”, senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole?

* 6. Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese e i nostri alleati che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto che ridimensionano la sua autonomia politica, interna e internazionale?

* 7. Le sue condotte sono in contraddizione con le sue politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta?

* 8. Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene che una persona che l’opinione comune considera inadatta al Quirinale, possa adempiere alla funzione di presidente del consiglio?

* 9. Lei ha parlato di un «progetto eversivo» che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti?

* 10. Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute? (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

Si pensa già a un futuro senza Berlusconi?

“Gli alleati di Berlusconi pensano a un futuro senza di lui” di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.

“Non siamo ancora al fuggi fuggi, ma importanti alleati di Silvio Berlusconi nella coalizione di governo stanno già contemplando un futuro senza di lui”. E’ uno scoop che in Italia varrebbe la prima pagina, quello che il Financial Times pubblica stamane, dedicando una pagina intera (la nona) al tema “il futuro di Berlusconi”. Parlando con “alte fonti governative” a Roma, il quotidiano finanziario londinese raccoglie un messaggio che a quanto pare qualcuno, dall’interno del centro destra, ha deciso sia tempo di far diventare pubblico, scegliendo come megafono il giornale universalmente riconosciuto come il più autorevole e imparziale d’Europa.

“Sussurri spaventano la coalizione italiana”, s’intitola la news analysis di Guy Dinmore. “Fedeli sostenitori di Silvio Berlusconi negano che si sarà un “fuggi fuggi” (in italiano nel testo originale) come conseguenza degli scandali che circondano la sua vita privata, ma importanti alleati nella coalizione di centro destra italiana stanno già contemplando un futuro politico senza il loro leader”. Parlando con il Ft a condizione di mantenere l’anonimato, queste “alte fonti di governo” premettono di non credere che il 72enne presidente del Consiglio si dimetterà “presto”. Eppure “ministri chiave” stanno iniziando a “posizionarsi” per l’eventualità che rivelazioni più dannose lo inducano a dimettersi. “Questo è uno scenario completamente nuovo, il panorama sta mutando”, dice al quotidiano della City una delle fonti governative.

Un’altra fonte, definita “un collaboratore” di Berlusconi, dice che il governo teme che i magistrati annunceranno l’apertura di un’indagine giudiziaria formale nei confronti del premier proprio mentre egli ospiterà in Italia i leader mondiali per il summit del G8 del mese prossimo. “Paralleli vengono tracciati”, osserva il FT, con il 1994, quando un tribunale inoltrò una comunicazione giudiziaria per corruzione a Berlusconi mentre il premier, all’epoca nel suo primo mandato, ospitava una conferenza internazionale sulla lotta alla criminalità: “il suo governo”, ricorda il giornale, “cadde un mese più tardi, quando la Lega Nord uscì dalla coalizione”.

L’articolo aggiunge che vari ministri hanno paura che le affermazioni di Patrizia D’Addario, la escort che afferma di essere andato a letto con Berlusconi a Palazzo Grazioli la notte dell’elezione di Obama, quando dice di avere foto e registrazioni del suo incontro con il premier, “si rivelino vere e dannose”, o che le accuse che riguardano Giampolo Tarantini, l’imprenditore pugliese che accompagnò la D’Addario da Berlusconi, “si allarghino”.

La “dinamica è cambiata”, dicono le stesse fonti al FT. Primo, “c’è la sensazione che l’ambizione di Berlusconi di diventare presidente della repubblica al termine del suo mandato da primo ministro sia stata infranta”. Secondo, “le elezioni europee hano dimostrato che gli elettori si stanno allontanando” dal Pdl. Infine, “l’immagine internazionale dell’Italia è peggiorata” e la Chiesa cattolica sta cominciando a “fare pressioni”. Nonostante la sua reputazione di anfitrione miliardario che vizia gli amici con doni e fantastiche feste, gli alleati di Berlusconi “lo descrivono come un uomo isolato, con nessuno che si azzarda a dargli consigli”. Il quotidiano londinese coglie una certa “malinconia” nell’intervista rilasciata dal premier al settimanale di sua proprietà “Chi”, quando ricorda che nell’ultimo anno ha perso la madre e la sorella, oltre a sua moglie per il divorzio.

L’articolo si conclude con una suddivisione degli schieramenti all’interno del governo. I ministri la cui sopravvivenza politica dipende da Berlusconi sono i più accesi nel difenderlo: come Maurizio Sacconi (Lavoro), Claudio Scajola (Sviluppo Economico), Franco Frattini (Esteri). Le donne, incluse Maria Carfagna (Pari Opportunità) e Stefania Prestigiacomo (Ambiente), gli sono fedeli, ma nelle “attuali circostanze”, ovvero nel mezzo di uno scandalo a base di call-girls e incontri con minorenni, “sono a disagio a parlare” in sua difesa. “Poi ci sono figure chiave che sono rimaste per lo più in silenzio, vedendo un futuro oltre Berlusconi, con la speranza che una successione sia ordinata”. Gianni Letta, scrive il FT, sta già facendo di fatto le funzioni di primo ministro. Giulio Tremonti, il ministro delle Finanze, ha il vantaggio di stretti legami con la Lega Nord.

Ma le fonti interpellate dal quotidiano della City notano un serio ostacolo alle dimissioni del premier, a parte la sua ostinazione personale: l’immunità dalle incirminazioni, varata dalla sua larga maggioranza in parlamento, “dura solo fino a quando lui rimane in carica”.

Un secondo articolo, sempre sul Financial Times, firmato da James Blitz, ex-corrispondente da Roma e ora corrispondente diplomatico, osserva che la questione critica per i governi occidentali non è tanto che Berlusconi si stia “gravemente danneggiando” a causa dei suoi legami con “modelle e starlette”, non è quello che egli fa nella sua vita privata, ma se può aiutarli a risolvere i pressanti problemi con cui si confrontano gli Usa e l’Unione Europea. Per Barack Obama, Berlusconi è un leader con cui “è necessario mettersi d’accordo”, e il FT cita l’impegno militare italiano in Afghanistan e la recente decisione del premier di accettare nel nostro paese alcuni detenuti di Guantanamo a testimonianza dell’importanza che l’Italia ha per Washington. “Ma Obama è chiaramente meno preso da Berlusconi di quanto fosse George W. Bush”, prosegue l’articolo, rilevando come il presidente americano abbia incontrato vari leader nel suo tour europeo in aprile, ma non il premier italiano.

La minore influenza di Berlusconi sull’America “non è interamente colpa sua”, afferma una fonte diplomatica consultata da Blitz: oggi in Francia e in Germania ci sono governi più pro-americani rispetto a due anni fa, e dunque gli Usa hanno meno bisogno del sostegno italiano. In più, ci sono azioni intraprese da Berlusconi che lo hanno reso “un alleato difficile”. Una è la sua decisione di firmare un accordo con la Russia per portare il gas in Europa, in competizione con un gasdotto occidentale che passerà dal’Asia Centrale. “Il sostegno di Berlusconi per Putin su questo causa molta rabbia a Washington e Bruxelles” dice un diplomatico della Ue. Altri aspetti dello stile di Berlusconi che irritano gli Usa e la Ue sono “la sua ossessione di poter essere un mediatore tra Obama e il suo amico Putin” e il tentativo di stabilire un dialogo autonomo con l’Iran. Non ultima, la sua decisione di tenere il summit del G8 all’Aquila “sta provocando nervosismo” nelle capitali mondiali. Riassume il Ft nel titolo: pur alleato indispensabile, Berlusconi “sta mettendo alla prova la pazienza di Usa e Ue”.

Un altro articolo di rilievo appare oggi sulla stampa britannica: una news analysis di Richard Owen, il corrispondente da Roma, sul Times, che commenta il “grande vantaggio” di cui Berlusconi dispone come proprietario e controllore politico dei media, in particolare televisivi. “Se Berlusconi dovesse dimettersi domani”, comincia l’articolo, “la grande maggioranza degli italiani che ricevono le informazioni solo dalla tivù ne saprebbero poco o nulla”. Owen riporta il fatto, di cui l’opinione pubblica britannica e mondiale non sono perfettamente a conoscenza, che Berlusconi possiede i tre canali televisivi di Mediaset e controlla la maggior parte dell’informazione televisiva della Rai in quanto capo della coalizione di governo.

L’analisi del Times nota che il Tg1, “il principale telegiornale Rai”, ha ignorato o dato un basso profilo alle notizie sullo scandalo che riguarda il premier, e riferisce le critiche espresse dal presidente della Rai, Paolo Garimberti, ad Augusto Minzolini, direttore del Tg1, “per avere mancato di dare ai telespettatori l’informazione completa e trasparente che è richiesta al servizio pubblico”.

Tra gli articoli sul caso Berlusconi pubblicati da altri giornali britannici, spicca poi la vignetta del Sun: un parcheggio pieno di limousine per il summit del G8, ciascuna con una bandierina della nazione che rappresenta sul cofano; quella italiana è letteralmente ricoperta di giovani ragazze maggiorate e seminude, che lavano la macchina brindando con calici di champagne. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
Attualità democrazia

L’indifendibile Berlusconi: la stampa internazionale sta preparando il G8 in Italia.

La stampa internazionale non molla il caso-“In Italia c’è una emergenza morale”di ENRICO FRANCESCHINI-Repubblica.
“L’Italia è nella morsa di un’emergenza morale”, titola oggi il Times, riferendo in una corrispondenza da Roma gli ultimi sviluppi dello scandalo delle call-girls in cui è coinvolto Silvio Berlusconi. Il quotidiano londinese riferisce le critiche mosse al premier italiano dal settimanale Famiglia Cristiana, che ha giudicato il suo comportamento “indifendibile”, e i timori dei suoi stessi sostenitori di un “calo di consnesi” da parte dell’elettorato cattolico. Il Times rileva in proposito che papa Benedetto XVI, lo scorso fine settimana, ha volutamente lodato Alcide De Gasperi, il leader della Democrazia Cristiana nel primo dopoguerra, come un esempio di “moralità in coloro che governano”.

L’articolo è illustrato da una grande foto di Manila Gorio, il transessuale barese che conosce alcune delle donne che hanno frequentato la residenza romana di Berlusconi, ora a sua volta interrogato dagli inquirenti per fare piena luce sulla vicenda. Intervistato dal Times in un secondo articolo datato Bari, Gorio rivela dettagli su un nuovo personaggio emerso nell’inchiesta dei magistrati pugliesi, un trafficanti di droga gay descritto nelle indagini come “Nicola D”, ben noto a Porto Rotondo, in Sardegna, dove il presidente del Consiglio ha una delle sue ville. Dice il transessuale al quotidiano di Londra: “Nic invita belle ragazze ai party. Organizza serate nei locali e ha molti contatti a Roma, a Milano, ovunque. Conosce uomini d’affari, politici, molta gente”. Il Times scrive che apparentemente “Nicola D” viene citato più volte nelle conversazioni telefoniche del businessman Giampaolo Tarantini, ossia di colui che portò Patrizia D’Addario e altre ragazze a casa di Berluscono a Roma. L’avvocato di Tarantini, Nicola Quaranta, contattato dal Times, dice: “Non sappiamo chi sia (Nic). Non abbiamo commenti. Questo è gossip. Se c’è un’incriminazione formale, allora verificheremo le fonti e ci difenderemo”.

Anche l’Independent dedica una pagina al caso Berlusconi. Un articolo fa il punto sul risultato del secondo turno delle amministrative, notando che “al di fuori dei confini dell’Italia sarebbe inconcepibile che un leader si comporti come un Imperatore di Roma antica senza pagare gravi conseguenze politiche”, ma nel nostro paese Berlusconi ha ottenuto lo stesso una “convincente vittoria” alle elezioni municipali. Tuttavia il quotidiano londinese cita il sociologo Renato Mannheimer, secondo cui lo sviluppo più importante del voto è stato la crescita dell’astensione; e il fatto che Berlusconi sia largamente responsabile per il crescente “disgusto” dell’opinione pubblica verso la classe politica. Anche l’Independent osserva che lo scandalo sembra avere “fatto squillare campanelli d’allarme” tra i sostenitori di Berlusconi: “Nessun politico italiano vorrebbe inimicarsi il voto cattolico”. Il giornale nota che la vicenda ha già obbligato Berlusconi a rinunciare al suo progetto di conquistare, alla scadenza del mandato da premier, la carica di presidente della repubblica. E la prossimità dello scandalo con il summit del G8, conclude l’Independent, risveglia spiacevoli ricordi per il primo ministro italiano: a un summit del G7, nel 1994, durante il suo primo mandato da capo del governo, gli fu servita un’incriminazione giudiziaria per corruzione, e “poco tempo dopo, diede le dimissioni”.

Articoli sullo scandalo appaiono oggi anche sul Daily Telegraph, sul Sun, sul Wall Street Journal e sul New York Times. Quest’ultimo titola: “Diminuisce la tolleranza per i suoi peccatucci”, notando che Berlusconi ha vinto le elezioni, ma con un margine più basso delle aspettative. La sua residenza romana ha acquisito un’immagine da “Playboy Mansion”, continua il quotidiano newyorchese, alludendo alla villa dove il fondatore di Playboy si intrattiene con le sue “conigliette”, e ciò “sta cambiando l’umore dell’Italia” nei confronti del premier. Il New York Times cita poi Stefano Folli, editorialista del Sole 24 ore, secondo il quale si avvertono “segnali di debolezza politica” nel premier, che ormai fa fatica perfino a “governare i propri alleati”.

Il Wall Street Journal apre con la difesa del premier che “nega di avere mai pagato donne per trascorrere una notte con lui”. Il quotidiano americano di proprietà di Ruper Murdoch, dopo avere citato le inchieste di Repubblica e sottolineato come l’intervista di Berlusconi sia stata rilasciata ad un settimanale di sua proprietà, Chi, il quotidiano ricorda i tanti scandali che hanno coinvolto il premier a 15 anni dalla sua discesa in campo. “E’ stato accusato di tutto, dalla frode al falso in bilancio, ma è sempre stato assolto o prescritto per le leggi che lui stesso si è fatto”.

Sono quattro i pezzi dedicati oggi su El Pais a Silvio Berlusconi. Il primo è un editoriale dal titolo “Declive Politico”. Al centro dell’editoriale la preoccupazione che Berlusconi, avvolto dagli scandali che ne stanno minando la credibilità, non sia in grado di affrontare gli impegni internazionali che attendono l’Italia, come il prossimo vertice del G8. In “La sombra de la cocaina planea sobre Berlusconi”, vengono ricostruite le ultime vicende legate all’inchiesta della procura di Bari. Un’indagine che apre uno spaccato preoccupante sulle feste a base di sesso e droga che avrebbero coinvolto il presidente del Consiglio. Poi un durissimo commento, “L’enigma Berlusconi”, che parte con una domanda molto amara: “Com’è possibile che l’Italia, patria del Rinascimento e gran dama della cultura e della civilizzazione occidentale, abbia eletto e rieletto un uomo come Silvio Berlusconi alle più alte cariche di governo?”. Il quarto è un articolo intitolato “In Italia molti più velini che veline” :”Silvio Berlusconi incarna tutti i sogni del popolo: ha a disposizione veline, calciatori, avvocati, giornali, parlamentari, ministri. E l’impunità”.

Coomenti anche sul quotidiano di Singapore, Today: “Se Silvio Berlusconi teme di essere una ‘anatra zoppa’ per i prossimi 4, non lo ha certo messo in mostra lo scorso weekend mentre passeggiava per le strade di Milano, baciando i bambini e abbozzando al suo programma politico di fronte ad una folla di ammiratori”. Citando le pagine di Repubblica poi aggiunge: “A Roma, il risultato dello scandalo sembra aver causato un irrigidimento delle posizioni tra gli italiani che amano Berlusconi e quelli che lo odiano”. (Beh, buona giornata).

Share
Categorie
democrazia

Inchiesta di Bari: siamo alla crisi istituzionale?

La verità che non può dire di GIUSEPPE D’AVANZO-Repubblica.
Berlusconi esige da noi, per principio e diritto divino, come se davvero fosse “unto dal Signore”, la passiva accettazione dei suoi discorsi. Pretende che non ci siano repliche o rilievi alle sue parole. Reclama per sé il monopolio di un’apparenza che si cucina in casa con i cuochi di famiglia. Senza contraddittorio, senza una domanda, senza un’increspatura, senza la solidità dei fatti da lui addirittura non contraddetti, senza un estraneo nei dintorni. Vuole solo famigli e salariati. Con loro, il Cavaliere frantuma la realtà degradata che vive. La rimonta come gli piace a mano libera e ce la consegna pulita e illuminata bene. A noi tocca soltanto diventare spettatori – plaudenti – della sua performance. Berlusconi ci deve immaginare così rincitrulliti da illuderci di poter capire qualcosa di quel che accade (è accaduto) non servendoci di ciò che sappiamo, ma credendo a ciò che egli ci rivela dopo aver confuso e oscurato quel che già conosciamo. Quindi, via ogni fatto accertato o da lui confessato; via le testimonianze scomode; via documenti visivi; via i giornalisti impiccioni e ostinati che possono ricordarglieli; via anche l’anchorman gregario e quindi preferito; via addirittura la televisione canaglia che da una smorfia può rivelare uno stato d’animo e una debolezza.

Berlusconi, che pare aver smarrito il suo grandioso senso di sé, si rimpannuccia sul divano di casa affidandosi alle calde cure del direttore di Chi. Insensibile alle contraddizioni, non si accorge dell’impudico paradosso: censurare i presunti pettegolezzi dalle colonne di un settimanale della sua Mondadori, specializzato in gossip. Dimentico di quanto poca fortuna gli abbia portato il titolo di Porta a Porta (5 maggio) “Adesso parlo io” (di Veronica e di Noemi), ci riprova. “Adesso parlo io” strilla la copertina di Chi. Il palinsesto è unico.

In un’atmosfera da caminetto, il premier ricompone la solita scena patinata da fotoromanzo a cui non crede più nessuno, neppure nel suo campo. La tavolozza del colore è sempre quella: una famiglia unita nel ricordo sempre vivo di mamma Rosa e nell’affetto dei figli; l’amore per Veronica ferito – certo – ma impossibile da cancellare; la foto con il nipotino; una vita irreprensibile che non impone discolpa; l’ingenuità di un uomo generoso e accogliente che non si è accorto della presenza accanto a lui, una notte, di una “squillo” di cui naturalmente non ha bisogno e non ha pagato perché da macho latino conserva ancora il “piacere della conquista”.

Acconciata così la sua esistenza che il più benevolo oggi definisce al contrario “licenziosa”, chi la racconta in altro modo non può essere che un “nemico”. Da un’inimicizia brutale sono animati i giornali che, insultati ma non smentiti, raccontano quel che accade nelle residenze del presidente. Antagonisti malevoli, prevenuti o interessati sono quegli editori che non azzittiscono d’imperio le loro redazioni. C’è qualcosa di luciferino (o di vagamente folle) nella pretesa che l’opinione pubblica – pur manipolata da un’informazione servile – s’ingozzi con questo intruglio. Dimentico di governare un Paese occidentale, una società aperta, una democrazia (ancora) liberale, il capo del governo pare convinto che, ripetendo con l’insistenza di un disco rotto, la litania della sua esemplare “storia italiana” possa rianimare l’ormai esausta passione nazionale per l’infallibilità della sua persona. È persuaso che, mentendo, gli riesca di sollecitare ancora un odio radicale (nell’odio ritrova le energie smarrite e il consenso dei “fanatizzati”) contro chi intravede e racconta e si interroga – nell’interesse pubblico – sui lati bui della sua vita che ne pregiudicano la reputazione di uomo di governo e, ampiamente, la sua affidabilità internazionale. Berlusconi sembra non voler comprendere quanto grave – per sé e per il Paese – sia la situazione in cui si è cacciato e ha cacciato la rispettabilità dell’Italia. Ha voluto convertire, con un tocco magico e prepotente, le “preferite” del suo harem in titolari della sovranità popolare trasformando il suo privato in pubblico. Non ha saputo ancora spiegare, dopo averlo fatto con parole bugiarde, la frequentazione di minorenni che ora passeggiano, minacciose, dinanzi al portone di Palazzo Chigi. Ha intrattenuto rapporti allegri con un uomo che, per business, ha trasformato le tangenti alla politica in meretricio per i politici. Il capo del governo deve ora fronteggiare i materiali fonici raccolti nella sua stanza da letto da una prostituta e le foto scattate da “ragazze-immagine”, qualsiasi cosa significhi, nel suo bagno privato mentre ogni giorno propone il nome nuovo di una “squillo” che ha partecipato alle feste a Villa Certosa o a Palazzo Grazioli (che pressione danno a Berlusconi, oggi?).

La quieta scena familiare proposta da Chi difficilmente riuscirà a ridurre la consistenza di quel che, all’inizio di questa storia tragica, si è intravisto e nel prosieguo si è irrobustito: la febbre di Berlusconi, un’inclinazione psicopatologica, una sexual addiction sfogata in “spettacolini” affollati di prostitute, minorenni, “farfalline”, “tartarughine”, “bamboline” coccolate da “Papi” tra materassi extralarge nei palazzi del governo ornati dal tricolore. Una condizione (uno scandalo) che impone di chiedere, con la moglie, quale sia oggi lo stato di salute del presidente del Consiglio; quale sia la sua vulnerabilità politica; quanta sia l’insicurezza degli affari di Stato; quale sia la sua ricattabilità personale. Come possono responsabilmente, questi “buchi”, essere liquidati come affari privati?

La riduzione a privacy di questo deficit di autorità e autorevolezza non consentirà a Berlusconi di tirarsi su dal burrone in cui è caduto da solo. Ipotizzare un “mandato retribuito” per la “escort” che ricorda gli incontri con il presidente a Palazzo Grazioli è una favola grottesca prima di essere malinconica (la D’Addario è stata prima intercettata e poi convocata come persona informata dei fatti). Evocare un “complotto” di questo giornale è soltanto un atto di intimidazione inaccettabile.

Ripetendo sempre gli stessi passi come un automa, lo stesso ritornello come un cantante che conosce una sola canzone, Berlusconi appare incapace di dire quelle parole di verità che lo toglierebbero d’impaccio. Non può dirle, come è sempre più chiaro. La sua vita, e chi ne è stato testimone, non gli consente di dirle. È questo il macigno che oggi il capo del governo si porta sulle spalle. Non riuscirà a liberarsene mentendo. Non sempre la menzogna è più plausibile della realtà. Soprattutto quando un Paese desidera e si aspetta di sentire la verità su chi (e da chi) lo governa. (Beh, buona giornata).

Share
Follow

Get every new post delivered to your Inbox

Join other followers: