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Attualità democrazia Pubblicità e mass media

Greenpeace colpisce ancora.

http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/03/19/foto/manifestazione_pdl_i_veri_manifesti-2763088/14/

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democrazia Media e tecnologia

Qualcuno dica a La Russa che è un ministro della Repubblica italiana, non di quella di Salò. Presidente Fini, ci pensa lei, oppure ne ha perso completamente il controllo?

http://www.youtube.com/watch?v=VO1Pgl5lxB4

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democrazia Leggi e diritto

Ha detto “Vergognatevi” agli assessori leghisti di Vittorio Veneto (provincia di Treviso). Assolta in primo grado, tre giorni dopo già in Appello. Ministro Alfano, mandiamo gli ispettori?

La condanna beffa nel Paese degli insulti. Sentenza (e appello) da record per aver detto “vergogna” a una giunta leghista. Accade in provincia di Treviso- di Gian Antonio Stella-corriere.it

Su col morale: la giustizia sa essere velocissima. In una regione come il Veneto in cui la prima udienza di 44 processi civili è stata fissata dalla Corte d’Appello di Venezia nel 2017 (pazienza, pazienza…) un pubblico ministero di Treviso ci ha messo tre-giorni-tre a presentare appello contro l’assoluzione di una signora che aveva osato dire agli assessori comunali di Vittorio Veneto la parola «Vergognatevi!». Ai milioni di processi che impantanano i tribunali si aggiungerà anche lo strascico di questo. Quali siano gli esempi arrivati in questi anni dall’alto, li ricordiamo tutti. Una rinfrescatina? Oscar Luigi Scalfaro, all’epoca capo dello Stato, fu liquidato da Vittorio Sgarbi in piazza Montecitorio come «una scorreggia fritta». Roberto Maroni spiegò che «Bossi ce l’ha duro, Berlusconi ce l’ha d’oro, Fini ce l’ha nero, Occhetto ce l’ha in (censura) ».

Gianni Baget Bozzo tuonò in diretta televisiva che «il popolo deve molto a Berlusconi. E col cazzo che questa è adulazione». Il leghista Enrico Cavaliere si avventurò dai banchi della Camera a dire: «C’è puzza di merda in questo posto». Alessandra Mussolini mandò una lettera pubblica al Senatur in cui diceva: «Si’ proprio nu chiachiello e nun tien’ manch’e palle p’ffa na vera rivoluzione». Massimo D’Alema bacchettò Carlo Ripa di Meana con il suo tipico garbo: «Dice solo cazzate». Romano Prodi sibilò a Enrichetto La Loggia, in pieno dibattito parlamentare, l’invito «Ma vaffan… » seguito da un’interrogazione parlamentare dell’offeso: «Risponde al vero che lei mi ha mandato fanculo?». Quanto ai tempi più recenti, va ricordato almeno Silvio Berlusconi, che dopo aver precisato di avere «troppa stima per l’intelligenza degli italiani per pensare che ci possano essere in giro così tanti coglioni che possano votare a sinistra», se l’è presa con chi «sputtanando il premier sputtana anche l’Italia». E poi Antonio Di Pietro, che ad Annozero ha detto «col massimo rispetto, Berlusconi è un delinquente » per incitare successivamente a «buttar fuori Minzolini a calci in culo ». E ancora Gianfranco Fini («Chi dice che gli stranieri sono diversi è uno stronzo…») e Roberto Calderoli: «È stronzo anche chi li illude».

Per non dire di Tommaso Barbato e Nino Strano che, il giorno della caduta del governo Prodi, urlarono al Senato contro Nuccio Cusumano: «Pezzo di merda, traditore, cornuto, frocio!» e «Sei una checca squallida!». E via così: potremmo andare avanti per ore. Bene: in questo contesto, in cui una parte del Paese accusa l’altra d’avere le mani lorde di sangue dei crimini staliniani e l’altra metà risponde imputando agli avversari di essere golpisti e goebbelsiani, la signora Ada Stefan si è spericolatamente spinta a contestare una decisione urbanistica della giunta comunale leghista di Vittorio Veneto. La scelta di non demolire un complesso edilizio che avrebbe dovuto diventare un «polo sportivo d’interesse nazionale » con due campi di calcio, un impianto di pattinaggio a rotelle, tribune, foresterie, palestre, parcheggi e un sacco di altre cose compresi un po’ di «spazi commerciali accessori». Una cosa grossa. Edificata su un terreno per il quale il piano regolatore prevedeva fossero «ammessi solo gli impianti per il gioco, gli spettacoli all’aperto e le attrezzature sportive».

Scelta giusta o sbagliata? Non ci vogliamo manco entrare: non è questo il punto. Il fatto è che, essendo state costruite solo le strutture commerciali e non quelle sportive, un gruppo di abitanti della zona aveva chiesto alla giunta di smetterla con le deroghe e, dato che il progetto originale era stato stravolto e dunque risultava tutto abusivo, di procedere con le ruspe. Al che l’amministrazione aveva risposto che «l’esigenza del ripristino della legalità non è sufficiente a giustificare la demolizione richiesta, occorrendo comparare l’interesse pubblico alla rimozione con l’entità del sacrificio imposto al privato». Parole discutibili. Tanto più alla luce di una serie di sentenze di sette o otto Tar (veneto compreso) e del Consiglio di Stato presentate dal legale degli abitanti della zona, Daniele Bellot, tutte molto chiare: in casi del genere l’abuso va abbattuto. Ma neppure questo è il punto. Il punto è che, durante un consiglio comunale, esasperata dalle resistenze della maggioranza all’idea di demolire il complesso, la signora Ada Stefan sbottò: «Vergognatevi! ».

Un’offesa gravissima, secondo Mario Rosset, già segretario e consigliere della Lega. Al punto di meritare una denuncia. Denuncia finita sul tavolo di un magistrato trevisano. Il quale, incredibile ma vero, decise di emettere un decreto penale che condannava la signora «per avere offeso l’onore e il prestigio del consiglio comunale di Vittorio Veneto dicendo ad alta voce, rivolta al loro indirizzo, “Vergognatevi”». Un verdetto sconcertante. Che Ada Stefan decise di non accettare chiedendo di andare a processo. Processo aperto e chiuso giorni fa nel giro di pochi minuti: per il giudice Angelo Mascolo la signora andava assolta «perché il fatto non costituisce reato, ai sensi dell’art. 129 c.p.p.». Faccenda chiusa? Macché: tre giorni dopo (tre giorni: in un Veneto in cui i magistrati sono sommersi di arretrati e, stando alla relazione della stessa presidente Manuela Romei Pasetti, «trascorrono mediamente 272 giorni tra la sentenza di 1˚ grado e l’arrivo alla Corte d’Appello») il sostituto procuratore Giovanni Cicero impugnava l’assoluzione. Il processo andrà avanti: la signora Stefan, secondo lui, va castigata. Il tutto in una provincia come Treviso.

Dove il sindaco leghista Giancarlo Gentilini ha ordinato «la pulizia etnica contro i culattoni» ed è arrivato a invocare «il linciaggio in piazza». Dove il senatore leghista Piergiorgio Stiffoni si è spinto a dire: «Gli immigrati? Peccato che il forno crematorio del cimitero di Santa Bona non sia ancora pronto» aggiungendo che «l’immigrato non è mio fratello, ha un colore della pelle diverso». Dove il consigliere comunale leghista della città capoluogo Pierantonio Fanton ha teorizzato che «gli immigrati sono animali da tenere in un ghetto chiuso con la sbarra e lasciare che si ammazzino tra loro». Dove un altro consigliere leghista, Giorgio Bettio, è sbottato tempo fa urlando che occorreva «usare con gli immigrati lo stesso metodo delle SS: punirne dieci per ogni torto fatto a un nostro cittadino». Il tutto senza particolari strascichi giudiziari. E sarebbe un reato dire «vergognatevi»? Messa così lo diciamo anche noi: vergognatevi. (Beh, buona giornata).

Gian Antonio Stella

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Attualità democrazia Leggi e diritto

PierFerdi Casini fa come Forrest Gump. Ma non si ricorda che “stupido è chi lo stupido fa”.

Casini: “Stupida la Trani-opposizione”. Santoro: “In Usa sarebbe Watergate”-blitzquotidiano.il

Pierferdinando Casini, leader dell’Udc, dice che: “Ci sono stupidi all’opposizione”. Non tutti, ma troppi. “Stupidi” quelli che si esaltano e si eccitano per l’inchiesta di Trani, “stupidi” perché non vedono che così offrono a Berlusconi una campagna elettorale che prima non aveva. “Stupidi” con l’aggravante della recidiva perché è più o meno da venti anni che va così: Berlusconi fa la vittima, la sua gente si innervosisce e mobilita e lui raccoglie voti con il secchio e la pala.

Ha ragione Casini, c’è uno “stupido eterno” in campagna elettorale ed abita all’opposizione? Indizi a favore della tesi di Casini ci sono. Due cortei sabato 20 a Roma, obiettivo Piazza San Giovanni e titolo già scritto: “Un milione con Berlusconi”. Ci saranno tutti i ministri e perfino carri allegorici. La Russa la chiama la “Festa della democrazia”. Democrazia da difendere dai “comunisti e dai pubblici ministeri”. Democrazia va ripetendo tre volte al giorno sempre uguale in ogni Tg Berlusconi in persona. Con alle spalle il simbolo elettorale del Pdl il premier annuncia e ripete: “Non vogliono farci parlare dei nostri successi…Vogliono impedirci di votare…Vogliono spiarci al telefono…Un piano ben congegnato…”.

E’ una trama, una sinfonia di campagna elettorale che prima di Trani Berlusconi non aveva. Prima la musica era: tangenti in Lombardia, una, due, dieci volte. E tangenti alla Protezione civile. E Pdl che impiccia e pasticcia con le sue liste. E Tremonti che non ha una lira per abbassare le tasse. E disoccupati che crescono e avanzano. Crescono e avanzano anche i ricchi ma questo in campagna elettorale meglio non dirlo.

Dopo Trani Berlusconi può provare a scuotere i suoi alla riscossa. Dopo Trani può raccontare che ogni volta che si vota i magistrati d’accordo con la sinistra lo accusano e indagano: il complotto. Complotto che se c’è, deve essere davvero “stupido”, infatti accuse, incriminazioni e processi non sono mai costati a Berlusconi neanche un voto. Se il complotto lo fanno per motivi politici ed elettorali devono davvero essere stupidi come zucchine.

Ma non è “stupida”, anzi è drammaticamente banale l’osservazione di Michele Santoro: “In America sarebbe stato Watergate”. In America fu Watergate e cioè dimissioni di un presidente perché quel presidente aveva dato incarico e preteso che pubblici ufficiali controllassero e condizionassero i luoghi e le mosse dell’avversario politico.

Quando si seppe il presidente non poté resistere al suo posto per democratica legge e popolare volontà. In Italia il presidente rivendica la sua fatica e il suo affanno per chiudere trasmissioni televisive, trova naturale e legittimo ordinare e pretendere che sia fatto. Trova disdicevole solo essere ascoltato mentre lo fa. In America sarebbe Watergate e non è “stupido” dirlo e pensarlo. Forse è “stupido” pensare che l’Italia sia l’America o possa mai esserlo. Ma, se così è, è “stupida” l’opposizione e “furbo” il paese?

“Stupida” o meglio stupefacente è la circostanza per cui sembrano elezioni Berlusconi contro Santoro. Sciocchi se non proprio “stupidi” sono argomenti pur di successo in campagna elettorale come quello di Gasparri: “L’inchiesta di Trani serviva a bilanciare lo scandalo della sinistra in Puglia sulla Sanità”. E’ arrivata infatti anche questa: l’arresto per tangenti dell’ex vice di Vendola, del Pd Frisullo. Che magistrati sono questi che arrestano uno di sinistra sotto elezioni? Magistrati “stupidi” che non sanno quello che fanno visto che la sera prima il premier aveva smascherato il piano nazionale della magistratura contro la destra?

Il premier ci dice che saremmo “stupidi” a non vedere il suo meraviglioso ed efficace governo e la odiosa malignità della sinistra e dei pubblici ministeri. L’opposizione ci invita a non commettere la “stupidità” di considerare normale la Rai zittita, il premier che chiama i Carabinieri contro Santoro, l’economia che langue. Instupiditi più che stupidi andiamo tutti verso l’appuntamento elettorale. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Sport

Italia, 2010: cose che succedono se vai con Renata Polverini (candidata con Berlusconi alla Regione Lazio).

Domenica scorsa non poteva giocare perché squalificato dopo l’espulsione con la Sampdoria e così l’attaccante argentino della Lazio Mauro Zarate, invece di andare nella tribuna vip, è andato nella curva biancoceleste a seguire la partita persa dalla sua squadra a Bari.

E lì è stato “sfruttato” politicamente: si è fatto fotografare insieme a Renata Polverini, candidata del centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, e si è lasciato convincere da alcuni ultras ad allungare il braccio nel tipico saluto fascista. Ma c’è subito stato chi lo ha immortalato e ora la foto sta facendo il giro di molti siti internet. Con annesse e inevitabili polemiche, naturalmente. Beh, buona giornata.

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democrazia Leggi e diritto

Il Tar del Lazio non ha accolto il ricorso presentato dal Pdl di Roma. E’ la terza volta consecutiva che viene bocciato il tentativo di nascondere la verità: chi non si presenta in tempo è fuori. Come si può votare chi non è capace neanche di rispettare l’orologio?

Il Tribunale ha ripetuto che non è applicabile il decreto “salva liste”
“Modifica una legge statale che è stata recepita in quella regionale”
Regionali, nuovo stop alla lista Pdl.Il Tar del Lazio respinge il ricors
Il Tar del Lazio non ha accolto il ricorso presentato dal Pdl di Roma che contestava l’esclusione della propria lista dalla competizione elettorale regionale nel Lazio. Lista presentata nuovamente alla luce del decreto cosiddetto salva-liste. La decisione è stata presa della Seconda Sezione bis del tribunale amministrativo regionale del Lazio. Subito dopo la sentenza, l’annuncio che il Pdl ricorrerà al Consiglio di stato.

Nelle motivazioni della decisione di rigettare l’istanza del Pdl, il Tar spiega nuovamente che sono inapplicabili le disposizioni previste dal decreto legge salva-liste. Ancora per lo stesso motivo: le disposizioni previste dalla legislazione statale, anche se intese come disposizioni di tipo interpretativo della legge pre-esistente, non possono essere applicate alle Regioni nelle quali le “disposizioni statali sono state recepite nella normativa regionale”.

Per il Tar il decreto legge varato dal governo consente la riammissione della lista solo nel caso in cui i delegati siano presenti nell’ufficio elettorale prima della scadenza dei termini e provvisti di tutta la documentazione. E le valutazioni dell’ufficio regionale, che non ha ammesso la lista del Pdl di Roma, non appaiono manifestamente illogiche o carenti sotto il profilo dello svolgimento dei fatti.

Con l’ordinanza di stasera il Tar del Lazio “ha accolto tutte le nostre tesi, sia sulla non applicazione del decreto che, soprattutto, sulla correttezza e bontà dei provvedimenti degli uffici elettorali”. È questo il commento del legale del Pd, Francesco Rosi. E intanto domani sul decreto salva-liste la parola passa alla Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi dalla Regione Lazio che ne contesta la legittimità costituzionale. Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia Leggi e diritto

L’opposizione al governo dell’UDC di PierFerdi Casini: chiacchiere e distintivo.

In piazza no (e nemmeno alla Camera)-http://bracconi.blogautore.repubblica.it/?ref=hpblog

Si sente dire spesso, dalle parti dei centristi di Casini, che l’opposizione si fa in Parlamento, e non in piazza. Argomento opinabile, ma certamente legittimo.

Si fa però fatica a capire come si possa fare opposizione moderata e istituzionale se poi in Parlamento non ci si va, nemmeno a votare le proprie iniziative.

E’ successo oggi, alla Camera, dove è in corso l’esame del famoso e ormai sostanzialmente inutile decreto salva-liste. A Montecitorio le pregiudiziali di incostituzionalità, che avrebbero affossato il tanto discusso provvedimento, non passano per pochi voti. Decisiva, l’assenza di Casini, Buttiglione e altri 15 deputati Udc.

Le cronache parlamentari raccontano di un Franceschini infuriato, e di un diffuso sconcerto tra i banchi dell’opposizione. L’occasione, dicono i democratici, era ghiotta. Si poteva mandare sotto l’esecutivo alla vigilia delle elezioni, e assieme ridare un po’ di fiato simbolico a un Parlamento maltrattato dall’ossessione decretista del governo.

E invece niente.

Con la beffa finale di scoprire che perfino uno dei firmatari delle pregiudiziali, Michele Vietti, anche lui Udc, era anche lui assente. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Media e tecnologia

Berlusconi ordina, Rai esegue.

“Zitti, si vota”: resta il divieto di politica in Rai. Il Cda si spacca sul “bavaglio”-blitzquotidiano.it

Metà “Ponzio Pilato delle istituzioni” e metà “legionario della maggioranza politica”, il Consiglio d’amministrazione della Rai ha confermato con cinque voti contro quattro lo stop ai talk show politici durante il periodo pre-elettorale. Confermata, quindi, la decisione dei giorni scorsi nonostante la sentenza del Tar che, venerdì 12 marzo, aveva definito illegittimo il blocco per le televisioni private. E nonostante l’Autorità delle Telecomunicazioni avesse invitato la Rai a comportarsi di conseguenza. C’è dunque la campagna elettorale, tra due settimane si vota e in Rai c’è appeso il cartello: “Qui si chiacchiera di tutto ma non di politica”.

Metà “Ponzio Pilato” perché i consiglieri di amministrazione nominati dal centro destra hanno fatto finta di non decidere. Non hanno riacceso Ballarò, Porta a Porta, Annozero e Ultima Parola. Però si sono “lavati le mani” anche della responsabilità diretta di tenerle spente queste trasmissioni. Hanno votato che “deve decidere la Commissione di vigilanza parlamentare sulla Rai”. Mentre questa decide, la campagna elettorale sarà finita o quasi. Metà “legionari”, perché si trattava di non contraddire la voglia chiara ed esplicita del premier di non vederle più quelle trasmissioni. Possibilmente mai più, in mancanza di meglio almeno per un mese.

I consiglieri Rai Rodolfo De Laurentiis, Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten affidano ad una nota le ragioni del loro no alla ribadita sospensione dei talk show: «Esprimiamo il nostro voto contrario perché si tratta di una decisione dilatoria che non sana la forzatura di interpretazione del regolamento compiuta quando a maggioranza fu decisa la sospensione di quattro trasmissioni di approfondimento».

Secondo i consiglieri «l’ordinanza del Tar sulla delibera dell’Agcom e l’invito della stessa Autorità di Garanzia a riconsiderare la delibera assunta dal Cda -avrebbero dovuto indurre la Rai a ricollocare in palinsesto da subito gli approfondimenti informativi. Siamo tra l’altro convinti che la conferma della sospensione rende concreto il rischio per l’Azienda di sanzioni». Il presidente della Rai Garimberti si dice “amareggiato”. Gentiloni del Pd parla di “suicidio aziendale”.

Per rivedere trasmissioni come Porta a Porta di Bruno Vespa, AnnoZero di Michele Santoro, Ballarò di Giovanni Floris e L’Ultima Parola di Gianluigi Paragone, quindi, occorrerà aspettare che siano passate le elezioni regionali, quando parlar di politica nella tv pubblica non farà più alcun “danno di informazione”. E’ stata proprio l’equazione tra informazione e comunicazione politica a portare all’annullamento delle trasmissioni. Equazione respinta dal Tar ma voluta fortemente dalle forze di maggioranza e dai radicali. Equazione che ha portato a sostenere che le regole valide per le Tribune Politiche sono le stesse che devono valere per una trasmissione giornalistica. Non la par condicio ha spento la politica in Rai, ma l’uso improprio della par condicio. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Media e tecnologia

Chi di tivù ferisce, di tivù perisce.

(fonte: blitzquotidiano.it)
«Basta, finiamola con questo scandalo. Quello che bisogna concertare è che la vostra azione permetta di chiudere la trasmissione. Non voglio più vedere Antonio Di Pietro in tv». Questo sarebbe il contenuto esplosivo di una delle telefonate del novembre 2009 tra Silvio Berlusconi e il commissario dell’Autority per le comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, intercettata dalla procura di Trani. Secondo quanto riportano oggi Il Corriere della Sera e La Repubblica, a questa esplicita richiesta del premier, Innocenzi avrebbe risposto: «L’ho chiesto anche a Calabrò», cioè Corrado Calabrò, presidente dell’Agcom.

La data è 12 novembre e, secondo La Repubblica, su Rai 2 è in onda Annozero, si parla del caso del sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino, per il quale la procura di Napoli ha chiesto l’arresto. Silvio Berlusconi prende il telefono e chiama il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi: «Ma la stai guardando la trasmissione? – gli dice – È una cosa oscena! Adesso bisogna concertare una vostra azione che sia di stimolo alla Rai per dire: adesso basta, chiudiamo tutto!». Il presidente chiude. Poi richiama: «Non si può vedere Di Pietro che fa quella faccia in televisione!» commenta, riferendosi al leader dell’Italia dei Valori ospite di Michele Santoro insieme con il vicepresidente della commissione Antimafia Fabio Granata (Pdl), il direttore di Libero Maurizio Belpietro e il giudice Piercamillo Davigo.
(Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Media e tecnologia

Minzolini difende, anche con toni aggressivi, il suo lavoro in questa intervista a Libero.

Franco Bechis- da Libero

A lui non risulta nessuna indagine. Il direttore del Tg1, Augusto Minzolini sostiene di non avere ricevuto alcun avviso di garanzia e quindi di non potere dire nulla sulla presunta concussione per cui sarebbe indagto a Trani. Dice però che se il fatto fosse vero, lo prenderebbe come un tentativo di intimidazione a lui e al Tg1. A Trani infatti c’era andato, come teste, dimostrando il millantato credito di chi sosteneva che sul Tg1 mai sarebbe apparsa una notizia contro l’American Express. Solo il Tg1 infatti ha dato informazione dell’inchiesta di Trani. Quanto all’accusa di avere ricevuto la linea del Tg1 da Silvio Berlusconi, la considera «ridicola». Certo che ha parlato con il premier, 4 o 5 volte da quando è al Tg1. Lo faceva anche prima, perché così si fa il giornalista. E difende, anche con toni aggressivi, il suo lavoro in questa intervista a Libero.

Sono una persona educata e rispondo a tutte le telefonate che mi fanno. Talvolta per cortesia, altre volte per interesse. Faccio sempre il giornalista e se non parlassi con i protagonisti dei fatti, mi sarebbe difficile comprenderli, no? A proposito, secondo te il presidente del Consiglio non è una buona fonte di informazione? Io spero che si informassero alla fonte diretta anche i miei predecessori

Augusto, sei indagato per concussione alla procura di Trani…

«…Alt. Io non so nulla. Non ho ricevuto alcun avviso di garanzia. Che io sia indagato lo dici tu, non io. Non c’è e credo proprio che non arriverà mai…».

Le notizie sono ufficiose, ma autorevoli. E credo che a quest’ora non ce le abbia solo io. Risultano indagati per concussione il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il membro dell’Authority tlc, Giancarlo Innocenzi, e il direttore del Tg1, tu…

«Io? Concussione? E come faccio ad avere concusso?».

La Rai è pubblica e tu sei incaricato di pubblico servizio. Se prendi una “comanda” dall’esterno e comandi i servizi alla tua redazione, ecco qui la concussione.

«Cioè mi accusano di fare il giornalista, che parla con i politici e il direttore che appunto dirige?».

Sembrerebbe così. Tu parli spesso con il presidente del Consiglio, Berlusconi?

«Spesso no. Ma è capitato…».

Devo fare come il confessore: quante volte, figliolo?

«Da quando faccio il direttore del Tg1, quasi un anno, direi quattro o cinque volte. Parlo con lui e con un’infinità di altri politici…».

Anche di opposizione?

«Sì, anche di opposizione. Per altro sono una persona educata e rispondo a tutte le telefonate che mi fanno. Talvolta per cortesia, altre volte per interesse. Faccio sempre il giornalista e se non parlassi con i protagonisti dei fatti, mi sarebbe difficile comprenderli, no? A proposito, secondo te il presidente del Consiglio non è una buona fonte di informazione? Io spero che si informassero alla fonte diretta anche i miei predecessori».

Sentivi al telefono Berlusconi anche prima di essere nominato al Tg1?

«Certo che sì. Ho iniziato a fare il giornalista politico nel 1980. Tranne due anni e mezzo che ho vissuto negli Stati Uniti, per scrivere articoli e retroscena ho parlato con tutti. Anche con diversi presidenti del Consiglio, ministri e segretari di partito…».

E mai ti sei trovato nei guai per averlo fatto?

«Mai. Infatti questa è pura follia. Di più: lo dico con franchezza: è un atto intimidatorio. Non ha senso, è fuori da ogni logica. Mi accusano di avere parlato con Berlusconi? E che accusa è? Poi – sostieni tu -, mi accuserebbero anche di avere parlato con la mia redazione? Significa che secondo i magistrati io dovrei fare il direttore sordo – perché non devo sentire il presidente del Consiglio – e muto, perché non dovrei dare indicazioni alla redazione. Insomma, sono colpevole di non essere sordomuto, altro che concussione!».

Forse dovresti parlare meno al telefono.

«Ah, su questo d’accordissimo. Ma questo è il Paese. Se ho capito bene queste presunte intercettazioni che non pubblica nemmeno Il Raglio del Travaglio…».

Telefonano, io ascolto. E poi decido di testa mia rispettando tutti e soprattutto dando ai cittadini la possibilità di capire. Però abbiamo ridotto un po’ la politica, perché i dati su ascolti e gradimenti dicono che interessa assai poco».

Il Fatto quotidiano, vuoi dire…

«Il Raglio del Travaglio. Beh, queste intercettazioni nascono da una indagine su interessi esorbitanti che avrebbe applicato ad alcuni clienti di revolving card l’American Express. Qualcuno – e lo riconosce perfino Il Raglio del Travaglio – ha millantato di potere intervenire sul Tg1 per bloccare informazioni dell’inchiesta ed evitare una campagna sull’American Express. Tutto nasce da una denuncia di un ufficiale della Guardia di Finanza a cui sono stati applicati tassi secondo lui da usura. La procura di Trani mi chiede di comparire come persona informata dei fatti».

Quindi ti hanno già sentito?

«Sì. Nell’autunno scorso. Li ho chiamati, e informandomi sui motivi della convocazione. Così ho scoperto che forse l’unico tg che ha mandato in onda un servizio sull’inchiesta contro l’American Express è stato proprio il Tg1. L’ho spiegato a Trani, e per me era finita lì. Come sia possibile che poi sulla base di un’ipotesi inesistente di cui ho fornito prova abbiano continuato a intercettare in cerca di chissà che, proprio non lo so».

Lo sai che sei un incaricato di pubblico servizio, non un direttore come gli altri?

«Certo che lo so. Per questo sul Tg1 si è data informazione anche dell’inchiesta sull’American Express. E ogni giorno si cerca di dare le informazioni più complete e rilevanti. Se ne rende conto il pubblico che continua a seguirci… Ecco qui i dati di ieri: Tg1 al 29,2%, il Tg5 al 23,9%. Evidentemente gli ascoltatori ritengono il Tg1 un prodotto equilibrato e non condizionato da chi tenta attraverso intimidazioni di piegare la linea del giornale a questo o quel partito».

E i partiti, intimidazioni a parte, si fanno sentire direttamente? Chiedono molto?

«Telefonano, io ascolto. E poi decido di testa mia rispettando tutti e soprattutto dando ai cittadini la possibilità di capire. Però abbiamo ridotto un po’ la politica, perché i dati su ascolti e gradimenti dicono che interessa assai poco».

Dici? E perché?

«Forse ne è stata fatta troppa in passato, o forse è troppo evanescente. Non si occupa dei temi reali. Guarda questa campagna elettorale: tutte inchieste, intercettazioni, timbri quadrati, rotondi o rettangolari…».

E c’è pure la par condicio.

«Sì, e la dobbiamo rispettare. Oggi ho letto su un quotidiano dei dati assolutamente falsi. Siamo lì con il bilancino a calcolare tutti gli interventi. Ho una squadra che non sgarra quasi al secondo. La par condicio certo frena. Pensa che frena me che vorrei tanto fare un altro editoriale…».

Ma non sono proprio quegli editoriali la ragione vera di polemiche e guai?

Antonio Di Pietro dice che dovrebbero cacciarmi a pedate nel sedere. Era il linguaggio di Benito Mussolini. Detto questo vado volentieri davanti alla commissione di vigilanza o al cda Rai per spiegare le mie idee e difenderle. Non ho paura delle idee.

«Polemiche le farebbero comunque. Rifarei ogni editoriale che ho firmato. Ce l’hanno con quello che ho detto su Spatuzza e Ciancimino jr? Ho detto che sono pentiti non credibili? Forse ero fra i pochi allora a ritenere questo. Ora hanno capito tutti. È una colpa intuire in anticipo? Ho fatto un editoriale sostenendo che era opportuno reintrodurre l’immunità parlamentare. Giù fischi e critiche. Un mese dopo Marcello Maddalena, il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino e altri magistrati hanno sostenuto la stessa cosa…».

Ma continuano a chiederti le dimissioni.

«Sì, personaggi a dire poco ridicoli. Antonio Di Pietro dice che dovrebbero cacciarmi a pedate nel sedere. Era il linguaggio di Benito Mussolini. Detto questo vado volentieri davanti alla commissione di vigilanza o al cda Rai per spiegare le mie idee e difenderle. Non ho paura delle idee. E non vi rinuncio nemmeno se usano atti per intimidirmi. Non mi intimidiscono. Ho le mie idee, e per fortuna le rendo pubbliche. Sono cristallino. Quello che penso lo dico in televisione. Lo dico nelle riunioni di redazione. E naturalmente anche in una telefonata privata…».

Non esistono telefonate private. Guarda questa intervista. Esce su Libero. Ma prima finisce in un faldone. Lo scoop lo sta facendo il maresciallo all’ascolto…

«Dici? Mi hai chiamato sul fisso, attraverso il centralino Rai. È intercettato anche questo? Vabbè, cerca di essere più veloce tu a trascriverla…».
(Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia Media e tecnologia

Minzolini non è indagato. Ha solo telefonato.

Il direttore del Tg 1, Augusto Minzolini, non è indagato dalla Procura di Trani. Lo si apprende da fonti giudiziarie che parlano di “fantasiosa ricostruzione giornalistica”.-da Rainews 24

Nei confronti di Minzolini alcuni organi di stampa avevano ipotizzato una iscrizione nel registro degli indagati per il reato di concussione, lo stesso per il quale potrebbero essere sottoposti ad accertamenti il premier Silvio Berlusconi e il componente dell’Agcom Innocenzi. (Beh, buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia

“Sul tema Santoro: una “strategia” che il Fatto Quotidiano oggi è in grado di rivelare e che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, costantemente informato, giorno dopo giorno, passo dopo passo, di ogni mossa predisposta o da predisporre.”

Le minacce di B: se non ci riuscite è una barzelletta, dovreste dimettervi. Il garante: per me ci sei solo tu. Di Antonio Massari da Il Fatto Quotidiano

Berlusconi chiede – esplicitamente – ai suo fedelissimi dell’Agcom di elaborare una “strategia” per fermare Santoro. E l’Agcom si attiva. Non soltanto l’Authority: si muovono i vertici della Rai, si attiva l’intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e viene coinvolto persino un membro del Csm. È di “strategia” che parla anche il direttore generale della Rai, Mauro Masi, quando si confronta con il commissario dell’Agcom, Giancarlo Innocenzi, sul tema Santoro: una “strategia” che il Fatto Quotidiano oggi è in grado di rivelare e che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, costantemente informato, giorno dopo giorno, passo dopo passo, di ogni mossa predisposta o da predisporre.

Il fattore scatenante si manifesta nel novembre 2009: s’è sparsa la voce che Santoro intende trasmettere una puntata sul “caso Mills”. Berlusconi è stato informato dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro, che a sua volta l’ha saputo da Santoro, che l’ha invitato in trasmissione. E il premier non ci sta: si lamenta pesantemente con Innocenzi. Questa puntata gli risulta insopportabile. Chiede a Innocenzi d’intervenire pubblicamente. Gli suggerisce di esprimersi in maniera dura. Molto dura. Lo sollecita a spingersi fino a criticare l’Authority per cui lavora – l’Agcom – accusandola di immobilismo.

Innocenzi annuisce. È talmente consenziente da chiedere , a Berlusconi, il permesso di poter spingere l’acceleratore fino in fondo. Berlusconi non ha titoli per concedere – a un membro dell’Agcom – simili permessi. Ma il permesso viene richiesto. E il permesso viene accordato. Anzi – conclude il premier – fammi sapere la “strategia” che avrai elaborato. Ed ecco il sistema: la “strategia” può ruotare intorno a una “lettera”. Dovrebbe firmarla il capo dell’Agcom, Corrado Calabrò, per poi spedirla al direttore generale della Rai, Mauro Masi. A sua volta, Masi, ricevuta la lettera, potrebbe promuovere dei provvedimenti su Santoro.

Serve una “lettera” efficace, però, e a consigliarne il contenuto è proprio Masi. È Masi che indica a Innocenzi la strada maestra per intralciare Santoro e Annozero. Siamo al paradosso: il direttore generale della Rai, che dovrebbe tutelare l’azienda, indica all’Agcom la via per incastrare un giornalista della stessa Rai e uno dei programmi di punta dell’azienda. Tra l’altro, parlando con Innocenzi, è lo stesso Masi che rivendica: la Rai è stata “aggiustata”. Non tutta. Ma quasi. Mettiamo il caso di RaiTre: il direttore Ruffini non c’è più.

Anche Tg1 e Tg2 stanno dando un messaggio diverso rispetto al passato. Persino il Tg3 sarebbe in qualche modo cambiato. Per Santoro , però – dice Masi – la questione è diversa. Nella prima fase della strategia Innocenzi sceglie una strada: non si possono fare “processi” in tv soprattutto se, questi processi, sono in corso nelle aule dei tribunali. Anche le docufiction – che poi saranno bloccate – rappresentano un problema.

Ci sarebbe un preciso precedente giuridico sui processi in tv. Insomma: la via intravista da Innocenzi lascia presumere che, in base a questo indirizzo – e all’opportuna “lettera” scritta da Masi e firmata da Calabrò – si possa placcare Santoro e Annozero “prima” che vada in onda. Berlusconi si fa risentire: Innocenzi garantisce che sta lavorando alla “strategia” e che incontrerà, per metterla a punto, persino un membro del Csm.

Ma la strada indicata da Innocenzi – quella sui processi in tv – non è adeguata. È il segretario generale dell’Agcom Viola ad accorgersene: parliamo del braccio destro del presidente Calabrò. La situazione si chiarisce quando Innocenzi richiama Masi: ha una busta. Dentro c’è qualcosa di scritto. Gliela lascia in un posto dove Masi può leggerla. Anche in questo caso, Berlusconi, viene tempestivamente informato. Prima, però, il Cavaliere inonda Innocenzi dei soliti improperi: il presidente Calabrò dovrebbe lasciare il suo posto, insieme con tutta l’Agcom, che dovrebbe dimettersi in blocco, visto che è una sorta di “barzelletta”.

Innocenzi prende la sua dose quotidiana di rimproveri e poi rasserena il presidente del Consiglio: Masi ha una copia della bozza della lettera. E redarguisce Innocenzi: questa “lettera”, per come è stata elaborata, può servire dopo le trasmissioni. Non prima. Insomma: se Santoro non sbaglia – e la trasmissione su Mills non è ancor andata in onda – non lo si può sanzionare. Non avverrebbe neanche nello Zimbabwe. E quindi: bisogna ricominciare da zero.

Masi offre ancora i suoi consigli: la vicenda va inquadrata pensando al passato. Per esempio, la trasmissione sul caso di Patrizia D’Addario, aveva offerto molti spunti. E in effetti – nei suoi primi “consigli” a Innocenzi – Masi aveva chiesto di portargli tutto il materiale che l’Agcom aveva raccolto su Santoro e Annozero nei mesi precedenti. La “strategia” si evolve fino a questo punto: una lettera, debitamente compilata e poi firmata da Calabrò, potrebbe mettere Masi nelle condizioni di dire a Santoro che, se dovesse infrangere le direttive, la Rai potrebbe pagare una multa pari al 3 per cento del suo fatturato.

Calabrò – che non cederà alle pressioni – sembra intenzionato a non scrivere testi di questo tenore. Innocenzi – per intervenire su Calabrò – chiama persino Gianni Letta, che si dice disponibile a rintracciarlo. Niente da fare. Calabrò non firma. Masi invierà comunque la lettera e il tormentone ricomincerà la settimana successiva. Sempre a ridosso dell’ennesima puntata di Annozero. Berlusconi s’inalbera e Innocenzi sopporta. Esibendo ancora una volta la sua obbedienza al Cavaliere: lo rassicura spiegando che, per lui, “esiste” soltanto una persona. L’ha confidato anche a un suo collega. E quella persona – s’intende – è Silvio Berlusconi. (Beh, buona giornata).

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democrazia Leggi e diritto

Elezioni regionali Lazio: siore e siori, non c’è trucco, non c’è inganno. Solo grave incompetenza. E tanta inutile arroganza.

Roma, 22:23 (Agi)

REGIONALI: CORTE APPELLO, LISTA PDL ROMA NON AMMESSA
La lista Pdl provinciale di Roma resta fuori dalla competizione elettorale. Lo ha stabilito la corte d’appello penale di Roma che non ha accolto il ricorso. Il responsabile elettorale del Pdl, Ignazio Abrignani, spiega che la motivazione ‘e’ la stessa resa martedi’ sera dall’ufficio elettorale circoscrizionale, cioe’ non ammessa per mancanza della prescritta documentazione’. – Beh, buona giornata.

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Attualità democrazia

Oltre il rispetto delle regole democratiche a Renata “frangetta nera” Polverini difettano le regole della sintassi della lingua italiana. Ma lei, “se ne frega”.

“Bisogna dire che si vota e che è possibile votare Renata Polverini presidente della Regione Lazio, perché c’è uno stato di confusione assoluta. Sono convinta che più di ieri c’è veramente una spinta di fronte a quella che è un’ingiustizia e quindi bisognerà andare avanti. Penso anche che, di fronte all’impegno di Berlusconi, ci sarà una maggiore chiarezza e c’è anche bisogno di più presenza nel territorio. Continuo la mia campagna elettorale e anche oggi, come tutti gli altri giorni, ho visitato ospedali e ho incontrato i cittadini”. Renata Polverini dixit. Beh buona giornata.

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Attualità democrazia

Berlusconi sta prendendo in giro i suoi elettori: “Stanno tentando di fare una grande insopportabile porcheria”. E Bondi, uno dei suoi: “Si stanno ricreando le stesse condizioni che hanno reso possibile l’attentato (!?) avvenuto a Milano lo scorso dicembre nei confronti del Presidente del Consiglio”. Ma per favore: perché non dicono la verità?

(fonte: repubblica.it) Berlusconi infiamma la platea del Pdl.”Stanno tentando di fare una porcheria”
“Stanno tentando di fare una grande insopportabile porcheria”. Lo dice Silvio Berlusconi dal palco della riunione del Pdl Lazio, dove è presente anche Renata Polverini. Il tema, dunque, è ancora quello delle liste. a proposito del quale il capo del governo grida al complotto (“C’è dietro un disegno ben pensato”) e torna ad attaccare la magistratura: “La sinistra e la sua mano giudiziaria non hanno perso il vizio. Non ne possiamo più di certi giudici e di certa sinistra”. Addirittura, per il premier, “la magistratura di sinistra sta dettando i tempi di questa campagna elettorale, prima inventando una tangentopoli che non c’è, ora inventandosi questa situazione di rigetto delle nostre liste”.

Su Di Pietro, Bonino e Bersani il Cavaliere calca poi la mano: “E’ un amalgama terrificante”. Poi chiama alla manifestazione: “Sabato 20 saremo noi in piazza per dar una lezione alla sinistra. Se loro ritornassero al potere l’Italia sarebbe meno libera”. Poi una promessa ai candidati del Pdl che rischiano di essere esclusi: “Qualora la lista non fosse ammessa i suoi componenti saranno protagonisti della giunta regionale del Lazio”.

Intanto il coordinatore del partito Sandro Bondi parla di clima che favorisce un attentato al Cavaliere. “Il segno che in Italia è definitivamente scomparsa una vera classe dirigente è confermato dal fatto che si stanno ricreando le stesse condizioni che hanno reso possibile l’attentato avvenuto a Milano lo scorso dicembre nei confronti del Presidente del Consiglio”.

Il ministro dei Beni culturali parla di “un clima infiammato, alimentato dalle parole e dalle dichiarazioni politiche più irresponsabili e violente, soprattutto da parte di Di Pietro e di una intera generazione educata ormai da più di un decennio alla politica della demonizzazione e dell’odio nei confronti degli avversari politici, sta degenerando e non promette nulla di buono”.

“Se c’è ancora qualcuno a sinistra capace di intendere e di coltivare ancora la politica – dice l’esponente Pdl – batta un colpo e soprattutto faccia sentire la sua voce”. (Beh, buona giornata).

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Attualità democrazia

Adesso è chiaro perché Berlusconi ha gestito in modo arrogante lo scandalo liste nel Lazio: sapeva che Polverini era comunque perdente. Ma così facendo ha solo peggiorato le cose.

Regionali Lazio, sondaggio Ipsos. Bonino vince anche a “liste pari”: 50 a 48%-blitzquotidiano.it

Emma Bonino è in vantaggio su Renata Polverini nella corsa alla presidenza della Regione Lazio: la candidata del centrosinistra è infatti davanti alla sua rivale appoggiata dal centrodestra nel sondaggio sulle previsioni di voto effettuato dall’istituto Ipsos. Il dato interessante è che, stando al sondaggio, la Bonino vincerà sia se la lista del Pdl di Roma e provincia rimarrà esclusa, sia se la stessa lista dovesse essere riammessa: nel primo caso il gradimento della Bonino si attesta al 52% contro il 47% della Polverini; nel secondo caso, la Bonino dovrebbe ottenere il 50,5% delle preferenze contro il 48,5% della rivale.

In caso di esclusione della lista del Pdl, i partiti che otterrebbero maggiori vantaggi sono ovviamente gli altri che appoggiano la Polverini: la Lista Renata Polverini passerebbe dal 4,8 al 16%, La Destra di Storace andrebbe dal 2,5 al 4,2%, l’Udc dal 4,5 al 7,5%. Molti elettori del centrodestra probabilmente non andrebbero a votare o si troverebbero in difficoltà: il numero degli elettori che rimarrebbero a casa, sommato a quello degli incerti, salirebbe dal 41,6% a 47,2%.

Un altro dato può aiutare a fornire una spiegazione a questo fenomeno: il 45% degli elettori del Pdl sono fermamente convinti che “la legge è uguale per tutti” e che “se ci sono irregolarità le liste devono essere escluse”. Dunque il “pasticcio” del Lazio potrebbe aver “deluso” molti sostenitori pidiellini.

Nel centrosinistra, la Bonino si dimostra una candidata più “forte” della coalizione che sostiene: infatti in una competizione con la lista pdl i partiti a sostegno della Bonino otterrebbero il 49,6% (rispetto al 50,5% dell’esponente radicale). Se il Pdl rimanesse fuori, i partiti di centrosinistra otterrebbero il 51,6%, rispetto al 52% del candidato a governatore.

In base ai risultati del sondaggio Emma Bonino si presenta come un candidato molto competitivo: una possibile spiegazione potrebbe essere la capacità del leader dei radicali di “racimolare” i voti degli “scontenti” della sinistra. Ma leggendo i dati dello studio Ipsos si scopre invece che la Bonino è molto apprezzata negli ambienti cattolici: tra i “praticanti assidui” il 37% voterebbe per la Bonino, mentre la Polverini (appoggiata anche dall’Udc) non andrebbe oltre il 30% di gradimento.

Per quanto riguarda i temi più cari agli elettori, al primo posto si piazza il lavoro, prioritario per il 53% del campione preso in esame. Segue col 22% la sanità. E proprio sulla sanità, gli elettori “premiano” la Bonino: il candidato del centrosinistra è ritenuto più preparato in materia dal 28% degli elettori, contro il 18% che ritiene più competente la Polverini. Tuttavia il 62% dei laziali pensa che di questo tema si sia parlato troppo poco in campagna elettorale: la pensa così il 70% degli elettori della Bonino e il 53% di chi voterà la Polverini.

Infine, il sondaggio ha esaminato il giudizio degli elettori sull’operato dell’amministrazione in carica: il 46% è soddisfatto, il 45% no. Sono soddisfatti il 55% degli elettori del centrosinistra (la coalizione che governa attualmente la regione), ma la percentuale sale al 69 tra gli elettori del Pd. Invece tra gli elettori del Pdl “solo” il 35% giudica positivamente il lavoro svolto dall’attuale giunta: la percentuale “vola” però al 49% se si considerano gli elettori di tutti i partiti a sostegno della Polverini. (Beh, buona giornata).

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democrazia Media e tecnologia Pubblicità e mass media

Prima perde il controllo dei suoi sulle presentazione delle liste, poi perde il controllo sulla pertinenza del decreto salva-liste. Col risultato che perde consensi. Alla fine perde la testa alla conferenza stampa sulle liste. Berlusconi perde colpi?

Battibecco premier-freelance, poi ‘rissa’ con La Russa-Rainew24

Interviene piu’ volte, interrompe il premier, chiede di poter parlare e dal fondo della piccola sala stampa ‘urla’ le sue domande ‘scomode’ contro il governo e il capo della Protezione Civile, Bertolaso. Un crescendo che, dopo l’ennesima interruzione, suscita la reazione spazientita di Berlusconi.

Protagonista involontario, o forse no, della conferenza stampa indetta da Silvio Berlusconi per spiegare la “gazzarra” sulle liste elettorali, Rocco Carlomagno e’ il piu’ fotografato e ricercato dalle tv al termine dell’intervento del premier.

‘Reduce’ dallo scontro verbale con Berlusconi e da quello fisico, solo sfiorato, con il ministro Ignazio La Russa, il freelance Carlomagno esce dalla sede del Pdl in via dell’Umilta’ tra i fischi dei giovani dei Club della Liberta’ che aspettano con bandiere e striscioni l’uscita di Berlusconi.

E’ lui la vera sorpresa della conferenza stampa del Pdl sul caos liste. Interviene piu’ volte, interrompe il premier, chiede di poter parlare e dal fondo della piccola sala stampa ‘urla’ le sue domande ‘scomode’ contro il governo e il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Un crescendo che, dopo l’ennesima interruzione, suscita la reazione spazientita di Berlusconi: “Lei e’ un villano e dovrebbe meritare ben altra cortesia rispetto a quella che io le riservo. Si vergogni – sbotta il premier – Lei e’ fuori ordine, attenda” il suo turno. Ma Carlomagno non si arrende e cerca di imporre ancora le sue domande. “Lei non ha l’opportunita’ di intervenire – replica Berlusconi – Potete accompagnare gentilmente alla porta quella persona?”.

E’ a quel punto che il ministro Ignazio La Russa si alza una prima volta per calmare il giovane e gli si siede affianco: “Stia buono adesso, lei e’ un maleducato”, tuona. Un intervento che non sortisce l’esito sperato. Carlomagno insiste e poco dopo lancia nuove accuse nei confronti di Bertolaso: “Lasci le sue generalita’ – replica il presidente del Consiglio – in modo che il capo della Protezione Civile possa presentare denuncia”. La Russa si avvicina nuovamente all’uomo ma Carlomagno non demorde.

Una giornalista interviene chiedendo che “il collega” non sia allontanato dalla sala ma c’e’ chi fa notare che “non risulta iscritto all’Ordine dei Giornalisti”. Immediata arriva la puntualizzazione di Carlomagno: “Sono un free lance”. “E’ un disturbatore”, commenta Berlusconi.

Al termine della conferenza il giovane prova ancora ad intervenire e urla al premier che “chiederemo i danni per quello che avete fatto”. Berlusconi risponde, mentre lascia la sala: “Si vergogni, questa e’ la sinistra”. La Russa parte dalla prima fila, si avvicina a Carlomagno, lo invita a smetterla e lo strattona per il giaccone. “Lei’ e’ un picchiatore fascista”, gli urla Carlomagno mentre le telecamere riprendono la scena e i flash immortalano la ‘quasi rissa’. Carlomagno lascia via dell’Umilta’ ma non prima di annunciare che querelera’ il ministro La Russa.

Poi interviene alla radio: “Il ministro mi ha dato due pugni nello sterno. Del resto lui era un picchiatore”, afferma a Radio2. Intanto sul web e’ gia’ acclamato come nuova icona dell’antiberlusconismo con gruppi di fan su Facebook che prendono le sue difese. La reazione del Pdl si affida, invece, ad una nota che definisce Carlomagno “una persona non nuova a simili gesti provocatori” e sottolinea che alla conferenza “erano ammessi a partecipare i giornalisti di tutte le testate”, mentre lui “si e’ introdotto indebitamente, con una palese violazione”, “qualificandosi falsamente come ufficio stampa del Senato”. (Beh, buona giornata).

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democrazia Società e costume

Quando il governo perde la calma, il potere mostra tutta la sua debolezza: ecco chi è l’uomo che ha fatto incazzare Berlusconi.

Carlomagno, il free lance disturbatore che aveva già interrrotto Veltroni, D’Alema e Pannella-ilmessaggero.it
ROMA (10 marzo) – Un nome da imperatore, ma una lunga “carriera” da disturbatore e contestatore: Rocco Carlomagno, 40 anni, l’uomo che oggi ha avuto un lungo battibecco col premier Silvio Berlusconi e con il ministro Ignazio La Russa, non è un giornalista ma un attivista antinucleare del coordinamento nazionale di lotta contro i siti di stoccaggio, un tempo iscritto al Pd della Basilicata e ora vicino al Popolo viola. Ma, soprattutto si è fatto conoscere per numerosi altri episodi analoghi a quello di oggi.

Nel 2008 il leader radicale, Marco Pannella, in occasione di uno sciopero della fame contro la lista dei candidati elaborata dal Pd, fu costretto a urlare: «toglietegli il microfono». Carlomagno – deluso per le liste – si alzò e lesse un proclama fiume contro i candidati indagati e rimessi in lista: «Adesso inizieremo lo sciopero della fame!». Pannella gli diede la parola; poi, visto che quello perseverava si spazientì: «A Radioradicale ti hanno sentito…». Infine, visto che Carlomagno proprio non sembrava voler mollare il microfono, addirittura urlò: «Ooooohhhh!!! Hai finito!?».

Ma Carlomagno «il contestatore» si era già distinto interrompendo Walter Veltroni al Loft del Circo Massimo, e più recentemente Luciano Violante, che contestò sul tema dell’immunità parlamentare, e Masimo D’Alema a un convegno sul processo penale organizzato da Italianieuropei. Curriculum («sono un freelance e per fortuna non sono iscritto all’albo dei fascisti giornalisti», dice) ed exploit a parte, Carlomagno, grazie alla sua performance di oggi sul web, è già una star: sui social network fioccano le pagine che inneggiano all’uomo che ha cercato insistentemente di porre domande al Cavaliere sul decreto salva-liste e sul caso Bertolaso e che ha costretto a intervenire in prima persona nientemeno che la Russa. (Beh, buona giornata).

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democrazia

Il ministro della Difesa “personale” del premier aggredisce un giornalista: La Russa torna ai tempi belli, quando era il capo del Fronte della Gioventù di Milano, l’organizzazione giovanile neofascista del MSI. Ma che razza di governo hanno eletto gli italiani? Che cosa si possono aspettare dalle prossime elezioni regionali?

http://www.repubblica.it/politica/2010/03/10/foto/il_premier_e_il_contestatore_il_battibecco-2580233/1/

http://tv.repubblica.it/copertina/la-russa-e-il-contestatore/43729?video

http://tv.repubblica.it/copertina/parapiglia-tra-la-russa-e-il-contestatore/43718?video

http://tv.repubblica.it/copertina/presidente-non-esageri/43717?video

Guardare per credere come siamo finiti. Beh, buona giornata.

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democrazia Leggi e diritto

La Camera dei deputati approva la legge salva-Berlusconi-dai processi.

(fonte:blitzquotidiano.it)
Approvata, con voto di fiducia posto dal Governo, la legge cosidetta “legittimo impedimento”. La Camera, in prima lettura, ha approvato un ordine del giorno con un elenco di manifestazioni o eventi che non costituirebbero assenza giustificata davanti a una Corte: la festa del Santissimo Crocifisso di Monreale, la fiera primaverile degli uccelli a Sacile, la sagra dello spiedino a Castello d’Agogna e la disfida del soffritto di maiale a Flumeri. In più, non dovrà essere consentito assentarsi dalle udienze neanche per partecipare alla presentazione di libri, a conferenze stampa o a convegni e meeting politici, come feste provinciali, scuole di formazione e inaugurazioni di nuove sedi di partito. Beh, buona giornata.

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