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ARRIVA UN FILM SU “LA SCOMPARSA DELL’AUDITEL”

(Comunicato Stampa)

Scena tratta dal docufilm  "La trilogia dell'Auditel"
Scena tratta dal docufilm “La trilogia dell’Auditel”

Alla proiezione, organizzata in collaborazione con l’associazione Articolo 21, seguirà un dibattito nel quale interverranno Roberta Gisotti, autrice de “La favola dell’Auditel”, Giulietto Chiesa, Marco Ferri, Glauco Benigni, Vincenzo Vita, Arturo Di Corinto oltre a personalità della Tv che stanno rispondendo al nostro invito.

Si tratta di tre lavori prodotti in questi ultimi due anni dalla cooperativa Tam Tam, con il contributo della Regione Lazio, che raccontano le misteriose vicende della società Auditel che rileva gli ascolti televisivi in Italia, tornata in questi giorni sulle prime pagine dei giornali .

Il programma prevede la proiezione di estratti del corto fiction “Il fantasma dell’Auditel” (2013) e del documentario “Gli ammutinati dell’Auditel” (2014). Quindi vi sarà un’anteprima de “ La scomparsa dell’Auditel”, titolo del lungometraggio finale, in fase di montaggio, che sarà pronto entro il febbraio 2016 .

Tutti i corti si basano sulle indagini giornalistiche condotte da Gargia e Gisotti, a partire dalla fine degli anni ‘90, in cui si documentavano tutte le criticità al sistema di rilevazioni dell’ascolto che hanno condotto in questi giorni – per la prima volta in 30 anni – alla storica sospensione delle indagini Auditel.

Alternando fiction e documentario, l’autore racconta i tanti punti deboli di un sistema da cui dipende la spartizione degli investimenti pubblicitari – oggi 4,5 miliardi di euro – e su cui finora si è basata tutta la programmazione della nostra televisione.

In chiusura dell’incontro si proporranno le testimonianze di due “pentiti dell’Auditel ”, testimonials che – dalle diverse parti della barricata, davanti e dietro lo schermo – chiudono il cerchio e affondano una volta per tutte ogni residua credibilità di un sistema che ha viziato il mercato pubblicitario e manipolato la Tv italiana.

La proiezione sarà replicata per intero a dicembre durante il Festival a Viterbo, Tam Tam Digifest, la rassegna su cinema e giornalismo giunta alla sua decima edizione, quest’anno intitolata “ Testimonials ”.

IL FANTASMA DELL’AUDITEL

Un industriale che deve pubblicizzare il suo prodotto in TV si rivolge a un investigatore privato per capire se i tanti soldi che gli chiede la sua agenzia pubblicitaria avranno un ritorno. E l’unico modo per saperlo sembra essere quello
di entrare nelle case di una famiglia campione per capire cosa succede davvero…
Parallelamente, alcuni autori sono alle prese con il problema di far salire gli ascolti della loro trasmissione ….
(fiction – Italia, 10 min – 2013)

Interpreti:
Nicoletta Della Corte,Massimo Di Cristina, Ugo G. Caruso, Patrizia Di Terlizzi, Enrico Bagnerini, Gianni Franco, Giovanni Izzo, Manuela Dallara, Federico Tellico

GLI AMMUTINATI DELL’AUDITEL
Luca Barbareschi, Giulietto Chiesa, Marco Ferri, Corrado Taranto, Roberta Gisotti …
Queste alcune delle testimonianze storiche, raccolte nel corso degli anni, in cui conduttori, attori, autori Tv, pubblicitari, giornalisti criticano l’Auditel. E poi le interviste a tre famiglie campione che raccontano tutte le anomalie del loro rapporto con il meter, lo strumento che dovrebbe servire alla rilevazione degli ascolti…
(documentario, Italia – 25 min – 2014)

LA SCOMPARSA DELL’AUDITEL
Capitolo finale della trilogia, unisce testimonianze documentali e fiction.
Laura, una autrice di un programma televisivo di filosofia , torna a lavorare in Tv dopo molti anni. In occasione della messa in onda della prima puntata, scopre il dominio assoluto dell’auditelismo negli ambienti televisivi. Il suo capostruttura le ordina di snaturare il programma pur di far salire gli ascolti. Ma la sua ribellione la conduce a scoprire un paio di segreti rimasti nascosti anche ai massimi livelli della sua Tv…
Il racconto è integrato da interviste e riflessioni che inquadrano quello che è tuttora uno dei sistemi di rilevazione più criticati d’Europa .
(docufiction – Italia, 2015 – 30 min.)

Interpreti : Marco Francini, Susy Del Giudice, Clara Costanzo, Luca Mariani, Giovanni Izzo, Agostino Chiummariello, Franco Gargia, Sonia Prota, Ilaria Fusco, Francesca Tucci, Lorenza Fruci, Giulio Gargia

Scene : Patrizia Di Terlizzi
Costumi : Caterina Nardi
(Beh, buona giornata)

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La pubblicità italiana, ovvero regressioni d’autunno.

“E mo’ vene Natale, non tengo denari, me leggo ‘o giurnale, e me vado a cuccà”, mitica canzoncina jazz di Renato Carosone del 1955 che, a saldi pari, calza a pennello alla comunicazione italiana, che si appresta a chiudere un altro anno terribile, smentendo, senza che nessuno abbia il coraggio di farne pubblica ammenda, la previsione di un pareggio, se non di un sia pur lieve incremento.

Siamo, invece, ancora nella melma, per non dire di peggio. E non si tratta di numeri, ma d’idee.

Succede, per esempio, che una nota e potente organizzazione nella grande distribuzione mette sui suoi scaffali un nuovo prodotto a marchio: un preservativo. Ma la campagna è moscia. E non vi sembri un volgare ossimoro.

Oppure che un grande editore italiano metta in distribuzione opzionale un prodotto multimediale su Giacomo Leopardi. La creatività radiofonica è niente meno che una serie di brani tratti al Cd, uno dei quali recita:
“Leopardi era un ragazzo allegro”. Peccato che l’agenzia non si chiami Monty Python.

Potremmo andare avanti in un lungo e noioso elenco.

D’altra parte, vanno in continuazione sul web ideuzze risibili, supportate da volonterosi copy e account che tentano di “virarli” attraverso i loro rispettivi profili sui social network.

Però si alzano peana alla comunicazione olistica. Dimenticando che è il marketing che

La comunicazione sono idee, i mezzi sono i veicoli delle idee.
La comunicazione sono idee, i mezzi sono i veicoli delle idee.
deve essere olistico. La comunicazione o è settaria o non è.

Siamo in un’epoca di frantumazione. Si è frantumata la Repubblica, ormai ogni potere fa i casi suoi, spesso in contrasto gli uni con gli altri. Si è frantumato il sogno europeo, ormai divenuto il ricorrente incubo dell’austerity: il suo mantra è “ricordati che devi pagare le tasse”.

Si è frantumata la politica, che oltretutto sta frantumando anche la pazienza degli elettori: neanche la pubblicità degli Anni Ottanta sparava fandonie così roboanti. Manco il leggendario “vavavuma!” della Citroen diesel di Seguélá sarebbe arrivato a tanto.

Certo, la frantumazione dei media è la caratteristica attuale. Usciti (male) dall’impero della tv e dalla satrapia di Auditel, oggi vaghiamo in un limbo in cui per raggiungere i consumatori le marche si devono fare in mille pezzi, tanti quanto è la somma tra i vecchi e i nuovi media.

Ma a forza di avvitarsi in tecnicalità e a credere che i mezzi siano tutto, il messaggio langue, il contenuto è esangue. C’è anche un aspetto grottesco, per non dire gotico, una specie di noir de noantri, non tano del dibattito, che forse non c’è mai stato, quanto del chiacchiericcio lamentoso: quelli che urlano “la pubblicità è morta” non riescono a nascondere le mani sporche di sangue della strage di idee.

Guardare a certe importanti campagne fa impressione; vedere immagini, testi, claim, cioè i contenuti, fa pena. Una regressione stilistica, estetica e sintattica; una povertà d’immaginazione e di comunicativa; una fretta nell’esecuzione che fa cadere ogni voglia di interessarsi al narrare delle marche, dunque ai loro prodotti.

La grande corsa all’irrilevanza della comunicazione commerciale italiana fa sudare, boccheggiare e ansimare tutti, su una strada che vede allontanarsi via via il traguardo della ripresa economica.

Come fosse la vocazione a essere comparse, invece che protagonisti, poco vale consolarsi per la partecipazione straordinaria di creativi italiani alla messa in scena di campagne internazionali.

Mentre da più parti ci verrebbe proposto un nuovo modello di comportamento emotivo, basato sulle migliori qualità italiane, si dimentica che il paradigma gramsciano aveva nell’ “ottimismo della volontà” il contrappeso del “pessimismo della ragione”. Cioè di una visione critica, analitica, non conformista, utile alla modificazione positiva della realtà. Che dovrebbe cominciare col rifiutare di credere ancora che tecnicalità e mezzi, invece che idee e contenuti siano la comunicazione del nuovo modo di fare marketing.

E visto che continuiamo a importare acriticamente dall’estero assiomi del marketing moderno, per concludere ci starebbe bene una famosa citazione di “Un americano a Roma”, interpretato da un Sordi giovane e pimpante.

Quando qualcuno viene a farvi il pistolotto sulle nuove opportunità, rivolgetevi a chi vi sta accanto e dite ad alta voce: “Armando, questo mo’ cacci via, subito”. Magari funziona. Beh,buona giornata.

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E ora lo Squalo si fa la sua Auditel.

di Giulio Gargia *

Che differenza c’è tra Murdoch e Genny ‘a carogna ? Che con il secondo si può trattare. Gira questa battuta, da qualche giorno, negli uffici dell’Auditel, dopo il lancio dello Smart Panel di Sky.

Da quando è apparsa nel panorama dell’etere, i rapporti tra la nuova Tv e il vecchio rilevatore degli ascolti, l’Auditel, non sono mai stati idilliaci. Le diatribe sull’audience sono state all’ordine del giorno, con frequenti incursioni nei tribunali e richieste di danni.

Oggi la Tv di Murdoch segna un punto a suo favore, lanciando il suo sistema di rilevazione. Praticamente, un’ Auditel fatta in casa, ma con un dispiego di mezzi che non ha nulla a che invidiare a quella ufficiale: subito un campione di 5.000 famiglie, a pareggiare le 5.127 dell’Auditel, per arrivare a 10.000 entro pochi mesi. Ma che bisogno aveva Sky di raddoppiare un sistema degli ascolti già esistente ? La prima risposta, quella che non si può dare, è che anche loro non si fidano dei dati.

La seconda, quella ufficiale, è affidata alle parole di Eric Gerritsen, vicepresidente esecutivo di Sky Italia per la Comunicazione e gli affari istituzionali.

“Il punto – dichiara alle agenzie – è che noi abbiamo bisogno di capire quali sono i comportamenti dei nostri abbonati e purtroppo gli attuali schemi di rilevazione sono un po’ vecchiotti, abbiamo più volte sollecitato Auditel a essere più innovativi ma la risposta ci sembra un po’ lenta quindi ci muoviamo noi” .

Poi in un rigurgito di diplomazia, precisa, giusto per non essere troppo conflittuale che lo Smart Panel “è uno strumento non alternativo ma integrativo rispetto all’Auditel “.
Walter Pancini, direttore generale di Auditel, abbozza e accetta lo ‘Smart Panel come “un legittimo strumento di indagine interna a fini editoriali, non in competizione con noi”.

Ma poi Gerritsen insiste. Il manager della pay tv italiana osserva che le abitudini di consumo della tv sono cambiate: “Basti pensare che nei fine settimana la Formula Uno, come il calcio, viene seguita da circa 600 mila persone sui tablet. Noi dobbiamo misurare gli effetti del cambiamento, nel dettaglio. Non miriamo a una sorta di autonomia dall’Auditel ma abbiamo bisogno di capire puntualmente quali sono i comportamenti degli spettatori”.

A Sky sono interessati soprattutto alla nuova frontiera, ovvero ai consumi da altri dispositivi che non siano il televisore, come smartphone, tablet ma anche l’interazione con i social. Anche per il recente accordo con Telecom che permetterà di portare l’offerta della pay tv anche sulle reti a banda ultralarga dell’operatore tlc.
E qui Pancini non può far altro che inseguire ” Quello dell’analisi degli ascolti in mobilità è un obiettivo al quale stiamo lavorando da tempo, parallelamente con le altre Auditel europee: siamo in fase di sperimentazione”.

Poi vira sul patetico: “Non siamo un organismo vetusto. Auditel resterà un punto di riferimento per le aziende “.
Intanto, però le tensioni più o meno sotterranee tra Auditel e Sky emergono alla luce del sole. Il sistema di rilevazione degli ascolti nato nel 1986 non ha mai riscosso le simpatie degli uomini di Murdoch per due ragioni. Una è che il è nato per garantire gli equilibri tra RAI e Mediaset , la seconda è che la logica analogica dell’Auditel penalizzava il sistema satellitare e digitale di Sky.

Lo Smart Panel rappresenta quindi “ la soluzione finale” che – al di là delle rassicurazioni sul fatto di essere integrativo e non alternativo – costringerà quanto prima Auditel ad affrontare una rivoluzione nei metodi e nei campioni.

Una “ bomba atomica “ che – anche se per ora non si prevede che siano resi disponibili all’esterno – con la sua sola esistenza sposta gli equilibri tra le grandi emittenti. E chiama in causa l’opera dell’AGCOM per capire chi maneggerà questi dati che sono – ricordiamolo – quelli che determinano gli investimenti pubblicitari sulle emittenti.

Chi controlla l’Auditel, controlla gli spot. E chi controlla gli spot è il vero padrone delle Tv. Perciò l’Autorità delle Comunicazioni potrebbe fare 2 cose: una, un lavoro preventivo sulla trasparenza di queste procedure murdochiane ( come non fu fatto per l’Auditel ) visto che gli approcci dello Squalo ( il soprannome di Murdoch ) non tranquillizzano, in questo senso.

Sky lancia Smart Panel, l'"Auditel" di Sky.
Sky lancia Smart Panel, l'”Auditel” di Sky.
Due, molto più importante, porre all’ordine del giorno del governo la questione dell’applicazione finale della legge 249 che chiede di istituire un sistema pubblico di rilevazione degli ascolti. E’ come se nella sanità, ci fossero solo ospedali privati : va bene per chi ci vuole andare e se lo può permettere, ma gli altri? (Beh, buona giornata.)

* autore del libro “ L’arbitro è il venduto” – la radio dopo Audiradio – Bibliotheka edizioni

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Attualità Cinema Leggi e diritto Politica Potere Televisione

Silvio, Nightmare e l’ipotesi Montecristo.

di Giulio Gargia -www.3dnews.it

Avete visto la serie horror Nightmare, quella con Freddy Kruger che ogni volta viene distrutto e ogni volta rinasce dal sogno delle sue vittime ? La stessa cosa potrebbe accadere ora a B. dopo la condanna.

Siccome in questi anni siamo stati abituati a considerarlo ogni volta finito e poi ogni volta siamo stati smentiti, allora meglio fare l’ipotesi peggiore, così, un po’ anche a titolo di scaramanzia.

Cosa può fare l’ex Cav ormai pregiudicato ? ( ex perché viene automaticamente revocato il titolo onorifico a un condannato in via definitiva ). Il primo scenario è quello già descritto da Moretti nel film “ Il Caimano “. Proteste di piazza, atteggiamento eversivo, incitamento alla protesta.

Il secondo scenario è quello che possiamo definire come “ ipotesi Montecristo ” , cioè l’epopea di un innocente ingiustamente perseguitato. Perciò, Silvio subisce una sentenza che definisce ingiusta e fa il martire. Investe la figlia Marina della sua missione politica e lui si fa assegnare ai servizi sociali.

Ecco, se B. ora andasse ai servizi sociali l’incubo potrebbe ricominciare. Immaginatelo che offre da mangiare ai vecchietti della Caritas con venti telecamere attorno. Da quella posizione ogni giorno quello che dice avrebbe un effetto emotivo moltiplicato, e dopo qualche tempo di questa situazione con il governo in attività ( che lui, responsabilmente, avrebbe contribuito a tenere in piedi ) lo redimerebbe di ogni eventuale peccato agli occhi dell’opinione pubblica.

Intanto, riforma della giustizia e poi amnistia, come evoca il comunicato di Napolitano. E così la sua uscita di scena fisica sarebbe la sua vittoria politica e consacrerebbe il ritorno di Forza Italia sull’onda di un voto popolare.

Insomma, il nuovo capitolo dell’epopea del vecchio Freddy Kruger potrebbe così vedere l’arrivo di un nuovo personaggio: la “ periplaneta americana ”. (Beh, buona giornata).

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Se la crisi della pubblicit

La fotografia della pubblicità italiana è stata scattata all’ultimo Festival di Cannes, che si è appena concluso. All’Italia sono stati assegnati un certo numero di Leoni, che è il nome del premio che viene assegnato sul palco del Palais.
In realtà è andata bene alle agenzie di pubblicità globali che gestiscono in Italia la quasi totalità del mercato della pubblicità, sia dal punto di vista dei messaggi che degli spazi pubblicitari. I fatturati delle multinazionali vengono ovviamente consolidati nei paesi in cui hanno sede i rispettivi quartier generali, e vanno a beneficio dei loro azionisti.

Vista poi, la crisi verticale della stampa italiana, della radio italiana, nonché della tv italiana, sia pubblica che privata, neppure dal punto di vista dei fatturati derivanti dalle inserzioni pubblicitarie si può parlare di pubblicità made in Italy. Gli investimenti su Sky, per esempio, vanno al monopolista australiano del satellite, mentre gli investimenti sul web vanno a vantaggio di player come Google o Facebook.
L’Italia “presta” spesso personale per la creazione e la veicolazione di messaggi pubblicitari di grandi marche multinazionali: per questo si sono creati gli hub per la gestione dei clienti internazionali. Però, qui da noi rimane poco di soldi, pochissimo di cultura della comunicazione commerciale.

Il convegno che Upa (l’associazione degli industriali che investono in pubblicità) ha tenuto a Milano nei giorni scorsi è stato una delusione. Nonostante gli sforzi lessicali del presidente Sassoli de Bianchi non è uscito niente di concreto. Una lamentela qui sul ritardo degli investimenti sulla banda larga; una contumelia lì su i diritti di negoziazione; un ammiccamento colà sulla funzione del servizio pubblico radiotelevisivo. Niente di più. E di più significava tracciare una corsia preferenziale per le aziende italiane, per fare in modo che la pubblicità nel suo complesso potesse essere un nuovo starter per la ripresa. Peccato, ma la situazione richiede molto di più che non essere Malgara (il predecessore di Sassoli de Bianchi alla guida di Upa), cioè portatore di una visione totalmente asservita alle logiche della tv commerciale.

In effetti, la situazione richiederebbe un salto di qualità degli utenti italiani di pubblicità, delle agenzie, delle concessionarie, degli editori: per governare codesta crisi bisogna guidare il cambiamento, non soltanto subirlo o, peggio, ricamarci intorno. Manca concretezza, e questo non è un bene. E quando manca concretezza si fatica a leggere con chiarezza i segnali, i messaggi, le tendenze che si stanno muovendo.

Per esempio, i due Grand Prix, nella tv e sulla stampa che generalmente a Cannes tracciano una nuova tendenza per la comunicazione commerciale, dicono che è finita l’era della pubblicità come intrattenimento, che si può aprire una nuova pagina fatta di concretezza, condivisione, coesione, aderenza alla realtà.

Infatti, la campagna “Unhate” di Benetton, vincitrice del Grand Prix nella stampa, (quella che mostra i capi di stato e di governo che si baciano sulla bocca, che da noi è stata vissuta con scetticismo) è una concreta presa di posizione verso il superamento dei contrasti derivati dalla politica globale.
D’altro canto, la campagna “Back to the start” di Chipotle è la storia dell’azienda inglese che smette di produrre alimenti in modo industriale per tornare a una produzione di qualità, nel rispetto dell’ambiente: la pubblicità si colloca nel trend della green economy.

Ma a guardarla bene, questa dolce e soave campagna inglese vincitrice del Grand Prix sembra una fantastica allegoria del ritorno al modo concreto, genuino, passionale, artigianale di fare pubblicità: fuori dai reticolati delle holding, dalle strettoie dei network internazionali c’è vita, passione creatività, visione, capacità.

Come reazione professionale alla crisi, negli ultimi anni sono nate in Italia alcune strutture indipendenti, spesso con eccellenti capacità non solo creative ma anche organizzative. Ma finché le aziende italiane non la smetteranno di “accodarsi” ai budget gestiti dalle multinazionali della pubblicità e non riprenderanno in mano il destino, le loro esigenze verranno sempre dopo i mega-budget globali.

Il presidente dell’Upa, Lorenzo Sassoli de Bianchi.
Mica male, no?! Beh, buona giornata.

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Cinema Cultura Guerra&Pace Società e costume Televisione

Degli Europei se parla troppo, de “Il mundial dimenticato” troppo poco.

Le possibilità negate della Storia e come il cinema le restituisce,
di RICCARDO TAVANI

Partiamo da un termine tecnico del glossario cinematografico: “mockumentary”. Cosa significa e cos’è un mockumentary? È la fusione di un verbo e di un sostantivo entrambi della lingua inglese: “to mock”, fare il verso, e “documentary”, documentario. In termini pratici, un film che sembra un documentario, perché ne “rifà il verso”, ne riprende il registro tecnico e stilistico, ricostruendo una vicenda verosimilmente reale, ma che in verità è una pura finzione cinematografica.

Il mockumentary si è affermato come un vero e proprio genere del cinema e della televisione, fin dal suo primo riuscito colpaccio nel 1965, quando con “The War Game”, Peter Watkins, simulando un più che realistico attacco atomico all’Inghilterra, si aggiudicò l’Oscar come migliore documentario. Famoso e più recente il tiro messo a segno anche da “The Blair Witch Project”, con cui un gruppo di ragazzi sbancarono i botteghini di mezzo mondo, simulando una situazione horror da loro direttamente vissuta e ripresa con videocamera in un bosco di notte.

Premessa necessaria, questa, per parlare di un altro geniale mockumentary di due scapestrati registi italiani, coprodotto dalla Rai e presentato a Venezia nel 2011. Si tratta de “Il mundial dimenticato”, dei toscanacci Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, in cui si ricostruiscono con il respiro e il puntiglio professionale di una appassionante inchiesta giornalistica le vicende di un Campionato Mondiale di Calcio disputato nel 1942 in Patagonia, Argentina, mentre l’Europa è già avvolta dalla follia della Seconda Guerra Mondiale.

Il racconto si mostra più avvincente hilary duff pokies di qualsiasi pellicola esplicitamente di finzione narrativa. Perché? Perché quello che viene messa in scena, nelle sembianze della realtà storica, è proprio una possibilità realistica della storia, non solo passata ma anche presente e futura. Che questa grande passione planetaria che è il gioco attorno a una sfera di cuoio possa essere usata contro il razzismo, la violenza, la follia guerrafondaia delle grandi potenze politiche ed economiche è qualcosa che può e, anzi, dovrebbe avvenire.

Appare così estremamente realistico che il film ci mostri un conte trasmigrato in Argentina da quella terra martoriata per secoli da guerre di ogni tipo che sono i Balcani, il quale concepisca e realizzi questo progetto visionario di una Coppa Rimet contro la voragine bellica e razzistica in cui l’Europa sta precipitando.

La situazione “precipizio” è una “possibilità” sempre incombente nella storia, e così anche la “possibilità” di un antidoto a esso deve essere realisticamente contemplata, come possibilità e atto concreto di salvezza messianica, secondo quanto scriveva il filosofo ebreo tedesco Walter Benjamin, prima di suicidarsi per sfuggire alla cattura dei nazisti.

L’amore per il calcio è in questo film una coniugazione particolare dell’amore in sé, della sua forza naturale che si oppone e tenta di arginare quella del male. Così alla vicenda calcistica si intreccia una straordinaria narrazione d’amore umano che è anche una storia d’amore per il cinema e per il suo compito artistico di dare visibilità e voce proprio a ciò a cui la Storia ha finora protervamente negato “possibilità”.

Locandina de “Il Mondial Dimenticato”.
(Beh, buna giornata).

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business Marketing Media e tecnologia Società e costume Televisione web

Oggi c’

Chi ha vinto la serata Auditel di ieri sera, sabato 3 marzo ? La risposta è : chissenefrega. Così, in pratica, si traduce lo sciopero Auditel proclamato per oggi, 4 marzo, da diverse realtà che in genere si occupano di analisi degli ascolti.

A fine giornata, si tireranno le somme di un’iniziativa che sottolinea il rapporto dialettico tra web e tv. Si chiama WIGD, la tv che vorrei, ed è promossa da una serie di blog e di siti che in genere si occupano di ascolti tv. Blog e siti che abitualmente informano i propri lettori su tutto quel che accade in tv, e quindi anche sui dati d’ascolto, dopo una settimana dedicata alla qualità in tv, oggi hanno sospeso la pubblicazione dei numeri per un giorno, oscurando i dati. Tra i promotori : TvBlog , Televisionando e CineTV.

Perché? L’iniziativa è simbolica e provocatoria e arriverà al termine di una settimana in cui la piattaforma di WIDG si è occupata di qualità in televisione. L’Auditel scatena il tifo e fa perdere di vista il senso più profondo della qualità in televisione. Tutto semenax hoax è sottomesso alla logica degli ascolti.
Qual è lo scopo? Uscire dalla schiavitù degli ascolti, dalle diatribe, dalle lotte che rendono l’Auditel l’unico parametro per valutare la tv italiana. Pensiamo che si possa vivere anche senza percentuali di share e valori assoluti: l’Auditel è una convenzione, una misurazione che ha assunto un valore che non dovrebbe avere. E’ diventato l’unico parametro di riferimento per chi fa tv. E decreta, senza motivo, anche i successi qualitativi“, recita il manifesto di presentazione.

Se anche voi pensate “che si possa vivere anche senza percentuali di share e valori assoluti“, aderite all’iniziativa, dicendo la vostra, nei commenti o sulla pagina Facebook, o su Twitter, usando l’hashtag #WIDG.
Vedremo quali saranno i risultati di questa azione che ha certamente un grande valore dimostrativo, e che ha il merito di mantenere alta l’attenzione sui meccanismi nefasti dell’auditelismo. Certamente, ormai la coscienza che in tv c’è bisogno di nuovi parametri si sta ampliando. Il prossimo passo dovrà essere necessariamente quello di proporre un nuovo meccanismo che si contrapponga all’Auditel. Per mezzi e per filosofia.

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Cinema Fumetti. Società e costume Televisione

3DNews/I Simpson ospitano Julian Assange.

Da http://insidetv.ew.com

Julian Assange interpreterà sé stesso nella 500esima puntata dei Simpson. Lo ha rivelato il sito di Entertainment Weekly, secondo cui quest`estate il fondatore e redattore di Wikileaks avrebbe registrato la sua voce per l`iconica puntata che andrà in onda, negli Stati Uniti, il prossimo 19 febbraio.

Il produttore esecutivo, Al Jean, ha detto che il creatore della serie, Matt Groening, aveva sentito dei “rumors” secondo cui il creatore di Wikileaks era interessato a una comparsata. «Quindi – ha spiegato Jean – abbiamo chiesto al direttore del casting Bonnie Pietila, che in passato, oltre ad aver coinvolto l`ex primo ministro inglese Tony Blair, era stato capace di scovare l`altrettanto sfuggente scrittore Thomas Pynchon, di trovare Assange. E lo ha fatto».

Assange ha registrato la propria voce in un luogo sconosciuto ai produttori dei Simpson, mentre era agli arresti domiciliari in Inghilterra, ricevendo istruzioni da Los Angeles. Jean ha spiegato che gli era stato fornito «solo un numero di telefono». Nell`episodio, Homer e Marge scoprono che i cittadini di Springfield hanno organizzato un consiglio cittadino segreto per scacciarli dalla città.
«I Simpson si danno pertanto alla macchia – ha spiegato Jean – e come nuovo vicino, al posto di Flanders, si ritrovano Assange che li invita in casa sua a guardare un film, un matrimonio afgano che viene bombardato».

«È un personaggio controverso. C`è una ragione per cui è controverso – ha detto Jean – c`è stata una discussione interna per decidere se ospitarlo allo show, ma alla fine abbiamo deciso di fare la puntata». In fin dei conti, ha assicurato il produttore, la puntata «non ha nulla a che fare con la situazione legale in cui si trova Assange. volevamo accertarci che la sua apparizione fosse satirica, e lui era d`accordo».

Per il biondo “pirata” australiano è un periodo di intensa attività nel mondo dello spettacolo. A marzo, infatti sarà anche conduttore di un nuovo show (in inglese) che verrà. In ogni caso ‘interpretazione più importante è quella prevista per domani, quando comparirà davanti alla Corte Suprema britannica per l’udienza di appello contro la sua estradizione in Svezia, dove è stato accusato di aver commesso crimini sessuali.
Assange non è il solo ospite illustre del 500esimo episodio , c’è un coppia di altri camei di personaggi che sono meno controversi e più familiari ai fans dello show come Kiefer Sutherland, Micheal Cera, Jane Lynch, Andy Garcia, e Jeremy Irons. (Beh, buona giornata.)

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libertà, informazione, pluralismo, Marketing Media e tecnologia Televisione

3DNews/Digitale terrestre, continua la battaglia per un posto al sole.

di Giulio Gargia -www.3dnews.it
Sky vince un round importante, la sentenza del TAR del Lazio dà ragione a Cielo. Perciò, nelle prossime settimane, preparatevi a smanettare più del solito sul vostro telecomando del digitale. I numeri di alcuni dei principali canali nazionali e locali potrebbero cambiare. L’altro giorno, infatti, il Tar del Lazio ha annullato il Piano di numerazione automatica dei canali della tv digitale terrestre in chiaro e a pagamento, il così detto Lcn (Logistic channel numbering) stabilito dall’Autorità per le comunicazioni nel 2010. Lo ha deciso la Terza sezione ter del Tribunale amministrativo, presieduta da Giuseppe Daniele, accogliendo un ricorso proposto da Sky Italia, assistita dall’avvocato Ottavio Grandinetti.
Avvocato, vuole spiegarci perchè il TAR le ha dato ragione ?
Le motivazioni principali che hanno indotto i giudici ad annullare la delibera precedente sono state due. La prima : la normativa è stata considerata “discriminatoria” dal momento che nell’assegnazione distingue tra canali ex analogici, considerati generalisti e quindi privilegiati, e canali digitali, considerati semigeneralisti e per questo penalizzati. Questo a prescindere dai contenuti reali della programmazione di ogni canale.

E la seconda ?
I giudici hanno considerato ingiusto anche il fatto che nella numerazione assegnata dall’Agcom i canali digitali, come Cielo , vengano solo dopo quelli locali, creando in tal modo palesi disparità nella concorrenza rispetto agli ex canali analogici. Ricordo che uno dei motivi dell’introduzione del digitale in TV era l’incremento della concorrenza, a cui non vanno quindi posti questi ostacoli .
Quindi, per il telespettatore, se la sentenza venisse confermata, cosa cambierà ?
Dal nono canale in poi, i numeri potranno essere riassegnati. I nuovi canali nazionali passeranno prima delle locali, che ora sono posizionati dal 9 al 19. Invece, fino al canale 9 , tutto rimarrà come prima. E’ giusto ricordare che noi avevamo chiesto una riassegnazione di tutti i numeri ma su questo il TAR non ci ha seguito. Il TAR ha ritenuto anche che l’Agcom abbia concesso un termine troppo breve per partecipare alla consultazione pubblica, 15 giorni anziché i 30 giorni richiesti dalla legge. Questa consultazione è stata ritenuta comunque illegittima perché i soggetti interessati hanno potuto esprimere le loro osservazioni solo sullo schema di regolamento e non anche sul piano di numerazione.

L’Agcom ha annunciato ricorso .Quando si avrà l’esito finale di questa vicenda ?
Guardi, se l’appello verrà effettivamente proposto, entro 15 giorni ci dovrebbe essere un primo pronunciamento del Consiglio di Stato sugli aspetti urgenti della questione. Ed ove il Consiglio non dovesse sospendere la sentenza del TAR, già allora potrebbero cominciare a esserci delle conseguenze, perchè i canali potrebbero cominciare a spostarsi sui decoder. Successivamente ci sarà una camera di consiglio in cui i giudici esamineranno il problema nella sua interezza e adotteranno la sentenza definitiva. Inoltre, può darsi che la vicenda sarà trattata dal Consiglio di Stato assieme a quella posta dalle emittenti Canale 34 e Più Blu Lombardia, che riguarda emittenti locali che pure avevano avuto problemi sulla numerazione dei decoder. (Beh, buona giornata).

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Attualità Media e tecnologia Società e costume Televisione

3DNews/L’informazione ai tempi della “Concordia”.

di Antonio Mango

Tra falsi, rubamazzetto televisivo e super-show da salotto. La Costa Concordia ha svelato il lato B dell’informazione nazionale. Ricapitoliamo: la nave affonda, il capitano se ne va, i passeggeri si arrangiano con le scialuppe, tra cuochi filippini, eroi di giornata e navigatori già sugli scogli. La tragedia si consuma in due ore, tra le 21.42 dell’inchino omicida e le 23.00 più o meno del si salvi chi può. Segue la notte fonda dei salvataggi à la carte. Il tutto tra furiose litigate telefoniche (capitaneria vs comandante), rivelate per fornire il solito quadro melodrammatico degli italiani felloni o eroi.

Il buono (captain De Falco), il brutto (captain Schettino), il cattivo (lo scoglio assassino). Di questo si è nutrita l’informazione nazionale nelle fatidiche giornate del naufragio, arrivando tardi e male sulla colossale notizia, recuperando la défaillance con scampati e parenti incazzati, il solito psichiatra, qualcuno in divisa. Pronta la classifica della bontà o della sciaguratezza, processo già fatto, ma senza uno straccio di verifica: lo scoglio c’era o non c’era sulle carte? Boh. I circa mille addetti di bordo hanno fatto il proprio dovere o no? Boh. Il cuoco filippino era vicino alla scialuppa per caso o era lì perché queste erano le regole di addestramento? E chi lo sa. Gli ufficiali di coperta quanti erano e dov’erano, visto che sono stati trattati da desaparecidos? C’è qualcuno che lo sa? E soprattutto che cosa si sono detti il comandante e Costa crociere? E’ buio, si potrebbe dire parafrasando Schettino.

Domande senza risposta in quei momenti. Invece, ecco il piatto forte dell’informazione naufragata. Una possente bufala che circola in rete a poche ore dal disastro: un video girato nel ristorante della Concordia al momento dell’impatto, con relativo ambaradan di piatti, bicchieri e tavoli che volano. Peccato si trattasse di un video ripreso su un’altra nave, la Pacific Sea Sun in crociera tempo fa in Nuova Zelanda. Tanto bastò. Abboccano all’amo i principali Tg dell’ora di pranzo di sabato 14 e alcuni quotidiani nazionali on line. Secondo loro e per alcune ore quella era la sala ristorante della Concordia. Su Twitter, invece, il falso viene smascherato (da chi professionista dell’informazione non è) e l’errore rapidamente rimosso dalle testate imbufalate.

Com’era immaginabile si gioca un’altra importante partita tra social network e media mainstream. Mentre le tv nazionali fanno spettacolo (preceduti nella notte dalle notizie in diretta di Bbc e Cnn) e i grandi giornali si incagliano sull’ora tarda di venerdì 13 (Repubblica e Corriere sabato mattina tengono la notizia bassa) la vera informazione circola su Twetter, dove grazie agli hashtag (esempio #giglio oppure #schettino oppure #concordia) si aggregano notizie, si sbugiardano falsi, si dà subito conto della dimensione emotiva del fatto. La “cura” dell’informazione dovrebbe essere appannaggio dei professionisti dell’informazione e, invece, succede (sempre più spesso) che questi rincorrono il tempo dei social, bevendosi qualsiasi cosa che sappia di notizia.

C’è poi il rubamazzetto. Youreporter.it riceve e mette in rete le immagini girate col telefonino da naufraghi incipienti a bordo della nave. Il video va a finire su un Tg nazionale, ma il logo di chi per primo l’ha pubblicato scompare. Stavolta su internet si va, non per verificare, ma per rubacchiare.

Guelfi e ghibellini non potevano mancare e il set, ai tempi della Concordia, diventa la rete. Su FB, ore 21.08, la sorella del maître annuncia: “Tra poco passerà vicina vicina la Concordia, un salutone al mio fratello”. Quaranta minuti dopo si scatena l’inferno. Con i morti, i dispersi e la verità ancora da accertare va in scena la diatriba colpevolisti (quasi tutti) – innocentisti (amici di Meta di Sorrento, riuniti su Twetter #a sostegno di francesco schettino).

Il blob dell’informazione nazionale non poteva che trovare il suo acme nella tre-giorni vespiana con naufraghi rivestiti e truccati a dovere per il salotto, un ufficiale (medico) che non riesce a dire la sua, l’onnipresente psichiatra col maglioncino colorato e un compiaciuto e malinconico sorriso del conduttore per l’immagine clou della serata: la gemella Costa Serena, che passa accanto al Giglio e al relitto della Concordia. La vita continua. E pure le notizie-salotto di Vespa. (Beh, buona giornata).

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3DNews/Auditel, un metro inattendibile che affossa la qualità.

La delibera dell’Antitrust riaccende il dibattito sulle rilevazioni degli ascolti

“Per loro ci dividiamo in aspiranti aggrappati, ritirati onnivori, volubili selettivi, provinciali frivoli “

di Roberta Gisotti

Meglio tardi che mai arriva la sentenza dell’Autorità antitrust, su ricorso di Sky.
Con orgoglio ricordiamo che la verità sull’Auditel era già scritta nero su bianco nel libro “La favola dell’Auditel” (edizioni 2002 e 2005) e nel libro di Giulio Gargia “L’arbitro è il venduto” (2003), oltre che nella vasta letteratura sul tema oggi facilmente reperibile in Rete.
Una sentenza che non deve però farci abbassare la guardia se già nel 2005 la Magistratura di Milano – su ricorso di Sitcom, consorzio di quattro emittenti satellitari (Alice, Leonardo, Marco Polo, Nuvolari)- aveva condannato l’Auditel per “abuso di posizione dominante” e “turbativa di mercato”. Ma poi l’Auditel ricorse in Cassazione che annullò la sentenza, come ora annuncia di voler ricorrere al Tar contro l’Antitrust Non è quindi detta l’ultima parola. Del resto a fine 2005 l’Autorità garante per le comunicazioni aveva dato ad intendere di voler e poter riformare l’intero sistema di rilevamento degli ascolti televisivi. Ma non è stato così. Il nodo economico – trasversale agli orientamenti politici – che sottostà al patto dell’Auditel si rivelò più saldo di quanto immaginato. Del resto i controllati sono anche i controllori – come denuncia l’Autorità antitrust – in questa società privata, che pure svolge un ruolo pubblico, se il dato Auditel assume la valenza di consenso perfino politico.

Da 25 anni i rilevamenti Auditel sono funzionali ad un sistema televisivo che si continua a volere immutabile nei tempi, imprigionato nel duopolio (Rai-Mediaset), dove il polo pubblico è stato del tutto assoggettato al polo privato gestito da un unico soggetto, che arrivato al Governo del Paese ha comandato su ambedue i poli. Duopolio insidiato dal 2003 dalla Tv satellitare Sky di Rupert Murdoch, altro potentissimo e discutibilissimo monopolista, che da sempre ‘scalpita’ per qualche punto in più di share, che negli anni a fatica gli è stato concesso ma non abbastanza. Duopolio disperso oggi in uno scenario digitale del tutto trasformato che i dati d’ascolto continuano a registrare come se nulla o quasi fosse accaduto.

Da 7 canali nazionali analogici siamo passati a 37 digitali terrestri e se comprendiamo anche tutti i satellitari ci sono ben 250 canali. Eppure l’Auditel in questi tre anni di sisma televisivo non ha fatto una piega!
L’Auditel è sempre stato un sistema del tutto inaffidabile sul piano tecnico riguardo il campione, le modalità del rilevamento, l’affidamento a comportamenti a umani. Un sistema del tutto distorsivo nel modo di elaborare il dato grezzo – sconosciuto a tutti -minuto per minuto o anche 15 secondi se non si resta sintonizzati almeno 60 secondi, per cui basta restare pochi attimi davanti allo schermo per essere compresi nel pubblico di un programma che non ricordiamo di aver visto, o contribuire ad un picco d’ascolto – quanto spesso un picco di disgusto – che va a premiare proprio il peggio del peggio che non vorremmo aver visto in Tv.

Un sistema del tutto fuorviante per l’uso che se ne fa nelle redazioni televisive, sempre più anche dei Telegiornali, dove le scalette si fanno con i grafici dell’Auditel per compiacere una maggioranza di pubblico che in realtà non esiste, è virtuale, composta nei laboratori della Nielsen-Tv a Milano, ad uso e consumo di chi ci vuole tutti spettatori imboniti piuttosto che cittadini responsabili. Basti citare le categorie nei quali viene compresa nei rapporti dell’Auditel l’intera popolazione italiana: aspiranti aggrappati, ritirati onnivori, volubili selettivi, eclettici esigenti, provinciali frivoli, protettivi interessati, poi c’è il gruppo dei minori di 14 anni e quello dei non classificati, dove spero esserci anch’io. Sono semplificazioni di marketing che non vorremmo – come invece accade ogni giorno – finissero sui tavoli di chi decide i contenuti della Tv pubblica ma anche privata in base a queste idiozie per condizionare i nostri stili di vita e tendenze al consumo.
Basta con la dittatura dell’Auditel che ha mercificato gli uomini e soprattutto le donne di questo Paese.

Chiediamo pluralismo e trasparenza nella gestione del rilevamento e nella gestione dei dati di ascolto, che siano non solo quantitativi ma anche qualitativi per esprimere il gradimento ed anche le attese del pubblico. (Beh, buona giornata),

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3DNews/TV, IL MISTERO DEL MILIONE SCOMPARSO.

di Giulio Gargia

Sostiene Pancini, il direttore dell’Auditel, che un milione di spettatori può sparire da una settimana all’altra. Sono quelli della trasmissione di Santoro, che giovedì 8 dicembre avrebbe registrato il 5% , perdendo circa 3 punti di audience rispetto alla settimana scorsa. Senza contare che facendo i conti dal 3 novembre avrebbe perso più della metà dei suoi aficionados, visto che la stessa Auditel l’aveva accreditata del 12%. Insomma, un crollo epocale da fare invidia a Minzolini, Facchinetti o Banfi ( non Lino, l’altro ), cioè i migliori flop della stagione “ ufficiale”. E cosa avrebbe causato questo disastro da parte di gente che – come il pubblico dell’ex Anno Zero – ha tirato fuori 10 euro di tasca sua pur di vedere questo programma e poi se lo è andato pazientemente a cercare facendo lo slalom tra le televendite della miriade di canali del digitale ?

Sostiene Pancini che un pò è stata la festività e un pò la partita della Juventus, in contemporanea su RAI 2, a riuscire là dove la concorrenza di Piazza Pulita non era arrivata. Insomma, un milione di juventini, un pò delusi da Santoro un pò esaltati dalla fondamentale sfida con il Bologna degli ottavi di coppa Italia, match che avrebbe evidentemente deciso le sorti della stagione, hanno abbandonato Servizio Pubblico per andarsene in gita o, accesa la tv, si sono goduti lo spettacolo di Del Piero in panchina.

Sostiene Pancini che i dispersi potrebbero anche essere finiti sul web, però non può dirlo perchè l’Auditel non fa ricerche sulla rete.

Questo sostiene Pancini, e noi gli crediamo. Come gli abbiamo creduto quando disse che 1 milione e mezzo di telespettatori avevano visto per 20 minuti il cartello “ le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile” , una sera d’estate di qualche anno fa su Rai Uno.

Quei fetenti di Sky, invece, abituati alla BBC e alla concorrenza anglosassone, non gli credono. Insinuano il dubbio. Ricordano che Auditel è una società privata, che effettua un servizio in regime di monopolio e che per tale servizio viene compensata da tutti gli operatori del settore. Sui dati prodotti quotidianamente da Auditel si basa la valutazione della performance dell’intero mercato televisivo, una valutazione che impatta direttamente sui ricavi del settore, un settore cruciale per la crescita economica del Paese ma anche per tutto il “Sistema Italia” in considerazione del ruolo fondamentale di traino che svolge la pubblicità per le imprese che hanno un prodotto da far conoscere ai consumatori italiani. Perciò parlano di una governance da riformare e di una rappresentanza azionaria in conflitto di interessi. Nonchè “una distorsione dei risultati sul piano quantitativo e qualitativo”. In pratica Sky contesta all’Auditel la natura del campione (mancano circa 5 milioni di stranieri residenti in Italia, il 7-8 per cento della popolazione) e “vengono conteggiati anche coloro che non possiedono un apparecchio tv”. Circa 400 mila famiglie, il 2 per cento del totale dello share.

Ma che l’Auditel sia degna di fede lo possiamo affermare con cognizione di causa, rivelandovi che Sky ha malignamente copiato queste sue osservazioni da due libri, usciti 8 anni fa: “ La favola dell’Auditel” di Roberta Gisotti, e “ L’arbitro è il venduto”, redatto dal sottoscritto. Perciò, le cose che loro dicono adesso le sapevano. Quindi non solo sono copioni ma anche in malafede. Se lo sapevano, e non potevano non saperlo, perchè sono venuti a mettere zizzania nell’etere italiano ?

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Società e costume Televisione

3DNews/Telesaudade * – Il catalogo degli orrori

un sms di Ugo G. Caruso

Un’antisegnalazione ? “ L’Atlante illustrato della televisione 1988-1994 ” di M. Coppola e A. Piccinini, edito da Isbn. Un vero catalogo degli orrori che documenta i programmi e i divi eponimi dei “favolosi”, eccessivi, disimpegnati, cafoni anni ’80. Ultima tranche della cosiddetta Prima Repubblica in cui la tv pubblica inseguì quella privata in un’ignobile gara all’insegna della volgarità, stupidaggine, melensaggine, conformismo. Una lunga stagione tutt’altro che conclusa che fu specchio ma pure causa del tracollo antropologico-culturale del paese. Commentata da due curatori ( autori in passato di cose invero più pregevoli ) con la finta neutralità dello studioso, l’operazione tradisce invece una qualche benevola empatia a suo tempo in voga tra certa gauche, colpevole di civetteria intellettuale, un pò per snobismo, un pò per convenienza modaiola, sempre ipocritamente mimetizzata, s’intende, dietro la foglia di fico dell’estetica del trash. Dunque solo affettuosi buffetti e innocua ironia laddove ci stava bene una bella scudisciata. Stampato su carta scadente in tono con l’argomento.

* Telesaudade : movimento intellettuale per la conservazione e il recupero della vecchia TV in bianco e nero – ndr

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