(fonte:blitzquotidiano.it)
Approvata, con voto di fiducia posto dal Governo, la legge cosidetta “legittimo impedimento”. La Camera, in prima lettura, ha approvato un ordine del giorno con un elenco di manifestazioni o eventi che non costituirebbero assenza giustificata davanti a una Corte: la festa del Santissimo Crocifisso di Monreale, la fiera primaverile degli uccelli a Sacile, la sagra dello spiedino a Castello d’Agogna e la disfida del soffritto di maiale a Flumeri. In più, non dovrà essere consentito assentarsi dalle udienze neanche per partecipare alla presentazione di libri, a conferenze stampa o a convegni e meeting politici, come feste provinciali, scuole di formazione e inaugurazioni di nuove sedi di partito. Beh, buona giornata.
Categoria: Leggi e diritto
(fonte: AGI)
“Siamo preoccupati e delusi perché l’economia italiana va ancora male ed è necessario e urgente prendere decisioni per tornare a crescere. A pochi giorni dalle elezioni non si sente minimamente parlare di programmi non si sente parlare di crisi, economia, di crescita e dei problemi delle imprese e soprattutto dei lavoratori e dell’occupazione. Noi facciamo un richiamo forte alla politica: quello di concentrarsi su questi temi che sono i temi che veramente interessano alle persone”. Lo ha detto il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in un’intervista al Tg2. Beh, buona giornata.
L’Alto commissario per i diritti umani Navi Pillay a Roma per una visita di due giorni Audizione in Senato. Domani visiterà due campi nomadi. “I migranti non siano denigrati e attaccati” (fonte:repubblica.it)
Per l’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay è sbagliato utilizzare i militari per pattugliare le città, istituire le ronde e perseguire i clandestini. Dure critiche al pacchetto sicurezza sono state fatte stamane nel corso di un’audizione presso la commissione diritti umani del Senato dall’alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay.
L’Alto commissario Onu si è detta “preoccupata” per alcune norme del “pacchetto sicurezza” adottato in Italia. “Continuo ad essere preoccupata quando il pacchetto sicurezza rende lo status di clandestinità un’aggravante per chi commette un crimine comune”, ha detto la Pillay che ha invitato i politici ad assicurarsi che i “migranti non siano discriminati, denigrati e attaccati”.
L’Alto commissario per i diritti umani ha parlato anche degli ultimi episodi di violenza nel Sud Italia contro i migranti invitando le “autorità italiane” ad assicurare “urgentemente alla giustizia” i responsabili di tali violenze e ad assumere tutte le misure necessarie per “evitare che questi incidenti si ripetano”.
Oggi Pillay incontra il ministro dell’Interno Roberto Maroni e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Domani, inoltre, l’Alto commissario farà visita a due campi nomadi ed al Centro di identificazione ed espulsione per immigrati alla periferia di Roma. Beh, buona giornata.
«Cari promotori della Libertà, presto vi darò appuntamento per una grande manifestazione nazionale per difendere il nostro diritto al voto e quindi la nostra democrazia e le nostra libertà. Come sapete si è cercato di estrometterci dal voto per le regionali in Lombardia, nella città di Roma e nella sua provincia. Vogliono impedire a milioni di persone di votare per il Popolo della Libertà. È un sopruso violento e inaccettabile, che in parte abbiamo respinto. A Milano, sia pure con un ritardo di una settimana, la nostra correttezza è stata pienamente riconosciuta. A Roma, invece, abbiamo subito una duplice ingiustizia. Così le elezioni del 28 e 29 marzo ci vedono contrapposti a una sinistra che, invece di misurarsi democraticamente con il voto, scende in piazza seminando menzogne, invidia e odio». Berlusconi dixit. Beh, buona giornata.
(fonte:ilmessaggero.it)
La documentazione allegata alla presentazione della lista Pdl Roma è incompleta. Questa la motivazione con la quale l’Ufficio elettorale non ha ammesso oggi la lista Pdl alle elezioni regionali del Lazio. Secondo i magistrati, da quanto si apprende dai legali del Pdl, l’ufficio centrale ha ricevuto il deposito della lista ieri in applicazione al decreto legge. L’ufficio, secondo quanto si apprende, ha accertato che la documentazione non era completa. Per questo, non essendo corredata da tutte le carte prescritte, la lista non è stata ammessa Beh, buona giornata.
INCIDENTE SUL LAVORO-corriere .it
Caduto da impalcatura, grave in ospedale
Manovale operato alla testa con grave ematoma è stato portato in ospedale con chiamata anonima
ROMA – Lo hanno trovato a terra a Via Latina, adagiato sul marciapiede. Probabilmente rumeno o dell’est, con i segni chiarissimi di un incidente sul lavoro, vista la calce che lo ricopriva sul volto e sul corpo. La chiamata dell’ambulanza è stata anonima e gli uomini del soccorso hanno raccolto l’uomo lontano dal posto dell’incidente.
CONDIZIONI GRAVISSIME – E’ arrivato al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni intorno alle 16, in condizioni disperate. L’uomo di cui non si conosce il nome, è stato operato per trauma cranico grave con ematoma cerebrale e fratture craniche.
(Beh, buona giornata).
Ecco perché il Tar del Lazio ha detto no-ilmesaggero.it
Il decreto legge non può essere applicato perché la Regione Lazio ha una sua legge elettorale, la lista Pdl Roma non fu presentata all’ufficio elettorale entro il termine ultimo delle 12 di sabato 27 febbraio e il plico con tutta la documentazione a corredo della lista fu portato via da esponenti della Pdl alle 17 dello stesso giorno. Questi, in sintesi, i motivi per i quali i giudici amministrativi della seconda sezione bis del Tar del Lazio hanno respinto la richiesta di sospensione del provvedimento di esclusione della lista Pdl Roma dalle elezioni regionali del Lazio.
In primo luogo, i giudici partono dalla considerazione che «l’articolo 1 comma 1 del dl non può trovare applicazione perché la Regione Lazio ha dettato proprie disposizioni in tema elettorale esercitando competenze date dalla Costituzione». Dunque, osservano i giudici, «a seguito dell’esercizio della potestà legislativa regionale, la potestà statale non può trovare applicazione nel presente giudizio».
Quanto alla presentazione della lista Pdl Roma i giudici sottolineano come gli elenchi «dovevano essere presentati in Tribunale fino alle ore 12» e che dai documenti «si evince che alle 12 erano presenti per consegnare le liste persone non delegate dei ricorrenti», ovvero vi erano delegati di altri partiti, ma non del Pdl.
Inoltre, osserva la seconda sezione bis del Tar del Lazio presieduta da Eduardo Pugliese, «che anche se trovasse applicazione il dl, dai documenti risulta che il plico rosso (quello contenente la documentazione della lista, ndr) alle 17 veniva prelevato e alle 19.30 consegnato ai carabinieri che ne disponevano l’acquisizione». Per questo motivo, sottolineano i magistrati, «non c’è certezza né prova che il delegato del Pdl avesse con sé la documentazione prevista» al momento della chiusura dei termini e quindi «l’ufficio regionale elettorale proprio per questo non
avrebbe potuto ricevere i documenti».
La conclusione è che per i giudici non sussistono elementi per l’accoglimento della richiesta del Pdl e «l’esistenza di un grave danno» che avrebbe motivato l’accoglimento dell’istanza cautelare. (Beh, buona giornata).
“Oggi compio 62 anni, potrei chiedere un decreto interpretativo così invece che 62 ne avrei 26, tanto è un cavillo…”. Con questa battuta Emma Bonino, candidata del centrosinistra alla presidenza della regione Lazio, torna a criticare il decreto ‘salva-liste’ approvato dal governo venerdì, al termine dell’incontro con gli esponenti della fondazione Bruno Zevi. Beh, buona giornata.
(Adnkronos) – “Non siamo in competizione per grazie ricevuta, non abbiamo ricevuto nessuna grazia”. Cosi’ il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, commenta la decisione del Tar che riammette la sua lista alla corsa per le prossime regionali. “Non abbiamo avuto -sottolinea Formigoni- bisogno di nessun aiutino, di nessun decreto legge. La sentenza del Tar non fa riferimento al decreto approvato dal governo”. (Beh, buona giornata).
Il Presidente Napolitano risponde ai cittadini- da quirinale.it
Signor Presidente della Repubblica,
le chiedo di non firmare il decreto interpretativo proposto dal governo in quanto in un paese democratico le regole non possono essere cambiate in corso d’opera e a piacimento del governo, ma devono essere rispettate da tutte le componenti politiche e sociali per la loro importanza per la democrazia e la vita sociale dei cittadini italiani.
Confidando nella sua serenità e capacità di giudizio per il bene del Paese e nel suo alto rispetto per la nostra Costituzione.
Cordiali saluti
Alessandro Magni
Signor Presidente Napolitano,
sono a chiederle di fare tutto quello che lei può per lasciarci la possibilità di votare in Lombardia chi riteniamo che ci possa rappresentare. Se così non fosse, sarebbe un grave attentato al diritto di voto.
In fede
M. Cristina Varenna
Egregio signor Magni, gentile signora Varenna,
ho letto con attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in queste ore mi hanno scritto.
Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall’ufficio competente costituito presso la corte d’appello di Milano. Erano in gioco due interessi o “beni” entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare che si tratti di “beni” egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico.
Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell’opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere – neppure in Lombardia – “per abbandono dell’avversario” o “a tavolino”. E si era anche da più parti parlato della necessità di una “soluzione politica”: senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso. Una soluzione che fosse cioè “frutto di un accordo”, concordata tra maggioranza e opposizioni?
Ora sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze all’autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilità dall’altra parte.
Ma in ogni caso – questo è il punto che mi preme sottolineare – la “soluzione politica”, ovvero l’intesa tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi si erano a tal punto ristretti – dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano – che quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge.
Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell’interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione – comunque inevitabilmente legislativa – potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura.
La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l’acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E’ bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri.
Cordialmente
Giorgio Napolitano
(Beh, buona giornata).
E Berlusconi disse a Napolitano: scateno la piazza-di Marco Conti, Il Messaggero.
«Non ho bisogno della tua firma». Duro, durissimo Silvio Berlusconi al Capo dello Stato è arrivato a prospettare non solo l’inutilità della sua firma sotto al decreto legge, ma anche l’uso della piazza per contestare «una decisione che priva del diritto di voto milioni di cittadini».
La tensione con Giorgio Napolitano della sera precedente è stato di una durezza tale che solo ieri mattina è stato – forse soltanto in parte – recuperato il rapporto tra i due grazie alla telefonata che ieri mattina Gianni Letta ha imposto al Cavaliere: «Chiama Napolitano altrimenti non ne usciamo». Il consiglio del sottosegretario e di qualche ministro è stato raccolto dal presidente del Consiglio solo nella tarda mattinata.
Ripristinato un clima di «confronto istituzionale», come ieri sostenevano alcuni deputati del Pdl, è ripresa una trattativa difficile e complicata dalla voglia del Cavaliere di ”mettere una pezza” anche sul pasticcio compiuto a Roma, mentre leghisti ed ex An mostravano qualche cautela in più nei confronti del presidente della Repubblica e si sarebbero accontentati di sanare le irregolarità milanesi.
Fini e Berlusconi però non ci stavano a veder sacrificato il Lazio per colpa di una baruffa interna al Pdl romano. Mentre il presidente della Camera si è però mantenuto in posizione defilata pur dando il suo via libera, il Cavaliere, sbollita l’ira nei confronti del partito, ha puntato diritto ad un provvedimento d’urgenza superando anche l’iniziale «niente decreto» che il ministro Maroni aveva pronunciato qualche giorno fa.
Proprio al ministro dell’Interno è toccato ieri il compito di scendere in sala stampa per spiegare il testo di un decreto che di fatto sana le irregolarità di Milano e permette al Pdl romano di presentarsi nuovamente negli uffici elettorali.
La trattativa con il Colle ha fatto slittare di oltre un’ora il consiglio dei ministri e il via-vai di bozze e note con i tecnici del Quirinale è andato avanti mentre il Cavaliere al telefono parlava ai partecipanti di una manifestazione elettorale. Trovata la quadra solo poco prima delle dieci di sera, è iniziato un consiglio dei ministri riunitosi a ranghi ridotti per le numerosissime assenze.
Intorno ad un tavolo oltre al presidente del Consiglio, i ministri Maroni, Calderoli, Meloni e La Russa. La discussione è stata breve anche perché la pattuglia dei ministri presenti aveva sperimentato nei giorni scorsi la furia del presidente del Consiglio. La stessa che la sera precedente il Cavaliere era riuscito a sbollire solo verso le due di mattina grazie alla compagnia di un gruppo di giovani che il presidente del Consiglio ha fatto salire a palazzo Grazioli per «una pizzetta».
Restano ora nel Pdl la preoccupazione per le conseguenze del braccio di ferro ingaggiato con Quirinale giovedì sera alla presenza dei ministri La Russa, Maroni, Calderoli e del sottosegretario Letta. «Per un momento ho temuto che venissimo sbattuti fuori – ha raccontato uno dei ministri presenti alla scena – i due non si sono nemmeno salutati».
Se per il ministro Gelmini «il decreto non è assolutamente un golpe», per Berlusconi rischiare di perdere un milione di voti e una regione era troppo pericoloso e in grado di compromettere anche la tenuta del governo. Il grazie che nella tarda serata di ieri il presidente del Consiglio tributa alle «istituzioni per la collaborazione» e non al Quirinale, la dice lunga sull’entità dello strappo.
(fonte: repubblica.it) Le forze dell’opposizione alzano la voce contro il decreto “interpretativo” con cui il governo è intervenuto sul caso delle liste non ammesse alle regionali. Tra sit-in, presidi e manifestazioni, ecco una lista degli appuntamenti di oggi. Uno dei principali a Roma, alle 16,30 in piazza del Pantheon, a cui aderiranno sia i partiti del centrosinistra che il Popolo Viola.
Alle 11 di stamattina sit-in davanti Montecitorio. Lo ha convocato il portavoce nazionale della Federazione della Sinistra e candidato alla presidenza della regione Campania, Paolo Ferrero. “Si annuncia la scomparsa della Democrazia, uccisa dal governo il 5 marzo alle 19.30”. Sempre davanti a Montecitorio si sta svolgendo un’assemblea del Popolo Viola. “Il presidente Napolitano ci spieghi”: con questo e altri slogan i manifestanti sono decisi a rimanere in piazza fin quando non avranno “una risposta da Napolitano sulle ragioni della sua firma sul decreto. Organizzeremo anche una mobilitazione in questo momento di emergenza democratica”. Il Popolo Viola chiede al “Pd di concordare una manifestazione unitaria: non devono decidere solo i partiti ma anche i cittadini”. Tra gli slogan anche “Presidente Napolitano non abbiamo capito” e “Questo governo ha venduto la democrazia per un panino”. Al momento davanti a Montecitorio ci sono oltre duecento manifestanti. Al sit-in spiccano anche le bandiere dei partiti: molti i simboli dell’Italia dei Valori, di Rifondazione Comunista e Sinistra Ecologia e Libertà. Tra le altre anche alcune bandiere del Pd.
Milano, manifestazione davanti a prefettura. Sit-in davanti alla prefettura, organizzato da Vittorio Agnoletto per la Federazione della Sinistra. Decine di persone si sono fermate di fronte alla prefettura milanese bloccando il traffico per far sentire le loro ragioni e ribadire la propria contrarietà al decreto. Alcuni manifestanti, compreso lo stesso Agnoletto, si sono seduti a terra sulla strada di fronte alla prefettura incatenandosi simbolicamente e mostrando un volantino listato a lutto per “la morte della democrazia”. I dimostranti si sono poi diretti verso la sede del Tar lombardo in via Corridoni.
Alle 16.30 a Roma la manifestazione Pd e centrosinistra. Le forze del centrosinistra danno appuntamento oggi a Roma, alle 16,30, al Pantheon. “Contro la destra dei sotterfugi e degli imbrogli la parola d’ordine sarà: per vincere, sì alle regole, no ai trucchi”: comunica il Pd in una nota. Secondo quanto si apprende da fonti del centrosinistra, alla manifestazione dovrebbe partecipare anche la candidata alla presidenza del Lazio, Emma Bonino, insieme a Massimo D’Alema e Dario Franceschini. Ci sarà anche il Popolo Viola, che si ritroverà anche domani alle 15 a piazza Navona.
Popolo Viola, manifestazioni a Torino e Milano. Oltre a Roma il Popolo Viola annuncia manifestazioni anche a Torino e Milano. In ambedue le città l’appuntamento è stato fisstao alle 14 davanti alla sede della prefettura. “Altre città – informa un comunicato- si stanno organizzando per raggiungere Roma o il capoluogo più vicino. Ecco quello che tutti temevamo: di dover scendere in piazza contro un principio di dittatura”.
Milano, manifestazione Pd in via Dante (ore 17). Manifestazione del Partito Democratico alle 17 in via Dante a Milano. “Oggi pomeriggio manifestiamo con le penne per dire no al decreto salva liste, un provvedimento che invita a violare le regole, perché la penna è l’oggetto che i dirigenti del centrodestra avrebbero dovuto maneggiare meglio, evitando brutti pasticci”. Lo dichiarano i consiglieri regionali del Pd Giuseppe Civati e Carlo Monguzzi. “Saremo con il popolo di Facebook alle 16 davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, in corso di Porta Vittoria, e con il Pd e tutti coloro che chiedono il rispetto delle regole dalle 17 in Via Dante a Milano”.
Torino, presidio Pd davanti a prefettura (ore 17). Anche il Pd di Torino e del Piemonte scende in piazza contro il decreto. La dirigenza del partito ha promosso per questo pomeriggio alle 17 un presidio davanti alla prefettura, in piazza Castello.
Bologna, manifestazione Pd (ore19). Questa sera, in occasione di un’iniziativa elettorale già programmata col segretario provinciale Andrea De Maria, si terrà un primo momento di protesta del Partito Democratico di Bologna contro il decreto “interpretativo”. L’iniziativa si terrà alle ore 19 al Centro Civico Lame, in via Marco Polo 51 a Bologna.
Psi: “Minuto di silenzio”. “Di fronte a un uso distorto e disinvolto che questa maggioranza fa dei poteri assegnati al governo a proprio esclusivo vantaggio, i socialisti propongono un minuto di silenzio in tutte le manifestazioni di partito e la convocazione a Lugano di un vertice immediato di tutto il centrosinistra”. E’ quanto afferma in una nota Riccardo Nencini, segretario del Psi.
Libertà e Giustizia: “Manifestazioni in tutti i capoluoghi”. In un comunicato Libertà e Giustizia chiede “a tutti i politici dell’opposizione e a tutti i movimenti della società civile di valutare la possibilità di non indire un’unica manifestazione di piazza a Roma, contro il decreto salva liste, ma di organizzare manifestazioni unitarie nei capoluoghi di Regione, per consentire al maggior numero di cittadini di partecipare alla protesta, in questo momento drammatico della nostra storia”.
(Beh, buona giornata)
Il decreto legge interpretativo messo a punto dal governo per risolvere il caos delle liste del Pdl alle regionali nel Lazio e in Lombardia è composto da tre articoli. Il primo, quello principale, contiene 5 commi, costituendo il cuore del provvedimento.
Il provvedimento, si legge nell’intestazione, è «finalizzato all’intepretazione autentica» delle norme per la presentazione dei candidati. In particolare, il decreto fissa il principio secondo il quale chi si trova all’interno degli uffici elettorali del tribunale è può provarlo, ha diritto di presentare liste. Norma questa da applicare per riammettere la lista provinciale del Pdl a Roma. «Il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste dei candidati – si legge nel provvedimento – è assicurato con il comprovato ingresso nei locali del competente tribunale o corte d’appello entro l’orario previsto, dei delegati incaricati delle apresentazione delle liste». Il decreto consentirebbe poi, secondo quanto previsto dall’ultimo comma del primo articolo, di presentare le liste a Roma il primo giorno non festivo, dopo la pubblicazione del provvedimento, vale a dire lunedì dalle 8 alle 16.
Quanto alla verifica delle liste, la veridicità delle firme e la regolarità della loro autenticazione non sono invalidate dalla presenza di irregolarità meramente formali, come la mancanza o non leggibilità del timbro di chi autentica, dei dati relativi alla sua qualifica, della data e del luogo. Questo passaggio
consentirebbe il rientro del listino di Roberto Formigoni.
Il secondo articolo inoltre accorcerebbe i tempi della campagna elettorale e il terzo e ultimo sarebbe relativo all’entrata in vigore.
«Il comma 1 del decreto fa riferimento a chi è in grado di provare in qualsiasi modo di essere all’interno del tribunale o della corte d’appello entro i termini: e noi tra le altre cose abbiamo una dichiarazione del Tribunale che attesta che c’eravamo. Per cui lunedì, come prevede il comma 4, già possiamo depositare le liste all’ ufficio centrale circoscrizionale del Tribunale di Roma, dove normalmente si depositano e dove peraltro la nostra documentazione si trova già», ha spiegato il responsabile elettorale del Pdl, Ignazio Abrignani. (Beh, buona giornata).
(liberamente tratto da) Ecco la versione “definitiva” sulla scomparsa dei dinosauridi Nicol Degli Innocenti -Il Sole24ore
Ci sono voluti 65 milioni di anni, ma alla fine gli esperti hanno risolto in modo “definitivo” uno dei grandi misteri della scienza, scoprendo perchè i dinosauri si sono estinti. Un asteroide di enormi dimensioni è precipitato vicino alla penisola di Yucatan, che fa ora parte del Messico, con una forza superiore di un miliardo di volte alla bomba atomica sganciata su Hiroshima e creando un cratere con un diametro di cento chilometri. Nel giro di pochi giorni tutti i dinosauri sono morti.
Un team internazionale di 42 scienziati ha pubblicato sulla rivista Science i risultati della loro ricerca ventennale. L’esplosione causata dall’impatto dell’asteroide ha provocato incendi, terremoti, giantesche frane e tsunami, ma l’effetto più devastante è stato il lancio di rocce, detriti e polveri nell’atmosfera, che ha oscurato completamente il sole e ha creato un inverno globale. “Nel giro di due ore la Terra è stata completamente avvolta da una nuvola di polvere, – spiega uno degli scienziati, Joanna Morgan di Imperial College a Londra. – Sul pianeta è diventato buio e molto molto freddo.”
Il crollo della temperatura ha ucciso tutti i rettili a sangue freddo come i dinosauri, mentre alcuni piccoli mammiferi sono riusciti ad adattarsi alle nuove condizioni e a sopravvivere aprendo la strada, con il tempo, all’evoluzione degli esseri umani. “Questa giornata infernale ha segnato la fine del regno dei dinosauri, durato 160 milioni di anni, ma si è rivelata un gran giorno per i mammiferi, che fino ad allora avevano vissuto all’ombra dei dinosauri,” spiega Gareth Collins di Imperial College.
Gli esperti di Science escludono la teoria alternativa propugnata da molti scienziati che una serie di eruzioni vulcaniche abbia raffreddato l’atmosfera e provocato piogge acide causando l’estinzione dei dinosauri. (beh, buona giornata).
ROMA (Reuters) – Dopo un’incontro al Quirinale di oltre un’ora tra il capo dello Stato e il premier Silvio Berlusconi per cercare soluzioni legislative alla mancata ammissione di alcune liste del Pdl in Lazio e Lombardia alle elezioni regionali di fine marzo, slitta a domani un Consiglio dei ministri straordinario inizialmente annunciato per questa sera.
Lo riferiscono fonti governative, dopo che nel pomeriggio esponenti dell’esecutivo non avevano nascosto la possibilità che per sanare il problema liste si potesse far ricorso a un decreto legge e che tra le ipotesi vi fosse il rinvio della data delle elezioni, al momento previste per il 28 e il 29 marzo.
“Stasera non si fa, forse domani pomeriggio”, ha detto la fonte governativa a Reuters, riferendosi alla riunione del Cdm.
In una nota emessa al termine dell’incontro al Quirinale, il Colle fa sapere che Giorgio Napolitano, oltre al premier, ha visto stasera anche il ministro dell’Interno Roberto Maroni, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il ministro per la Semplificazione Normativa Roberto Calderoli e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
Nessuna dichiarazione né dal Quirinale né dal governo sui contenuti dell’incontro, mentre Berlusconi, rientrato a Palazzo Chigi, ha tenuto un vertice con alcuni ministri e Letta.
La posizione di Napolitano è cruciale perché il presidente si troverà a controfirmare l’eventuale decreto e un suo parere negativo creerebbe una frizione istituzionale della quale il governo non ha bisogno in un momento di tale caos.
In queste ore nella maggioranza si cita il precedente storico di un decreto legge varato dal governo Dini nel 1995 che consentì di prorogare di 56 ore i termini per la presentazione delle liste per le elezioni regionali.
C’è poi da considerare l’atteggiamento dei partiti di opposizione. Il centrodestra, dicono gli osservatori, ha i numeri per approvare a maggioranza in Parlamento un provvedimento d’urgenza che consenta in qualche modo di far rientrare in gara le liste escluse ma farlo a colpi di maggioranza potrebbe essere un boomerang in campagna elettorale.
D’altro canto, la reazione del numero uno del Pd Pierluigi Bersani oggi è stata netta già solo all’ipotesi di un decreto. “Qualsiasi intervento d’urgenza in materia elettorale in corso d’opera sarebbe totalmente inaccettabile”, ha detto a Napoli. (Beh, buona giornata).
Mentre ci stiamo tutti interrogando su come finiranno le controversie legali su voto alla regionali, tra trucchi, finte firme, marchietti copiati, panini mangiati fuori orario, viene approvata una legge che va contro i diritti di chi lavora: è stata sancita una scappatoia contro l’art.18 della Statuto dei lavoratori. Alla faccia dei precari, dei licenziati, dei cassaintegrati la lotta di classe contro la la classe dei lavoratori va avanti imperterrita. Beh, buona giornata.
La notizia.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto l’appello presentato da Roma dopo la sentenza dello scorso anno
Il ministro Gelmini: “Successo dell’Italia nel riaffermare rispetto delle tradizioni cristiane e identità culturale del Paese”
Crocifisso, Strasburgo dice sì al ricorso italiano.Il caso sarà esaminato dalla Grande Camera.-repubblica.it
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso presentato dall’Italia contro la sentenza che ha sostanzialmente bocciato, il 3 novembre scorso, la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. Il caso sarà quindi esaminato nei prossimi mesi dalla Grande Camera che, spiega la sentenza odierna della Corte di Strasburgo, si pronuncerà con un verdetto definitivo. Questo ultimo passaggio, aggiunge ancora il documento, “non è obbligatorio ma, nella pratica, è quasi sistematico”. La composizione della Grande Camera, sottolinea la sentenza, “sarà definita in uno stadio ulteriore”.
La notizia è stata appresa dal ministro degli Esteri Franco Frattini con “vivo compiacimento”: “E’ con soddisfazione che constato che sono stati accolti i numerosi e articolati motivi di appello che l’Italia aveva presentato alla Corte”, ha detto il ministro. Positivo anche il commento del deputato del Pd Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari Europei: “Non è negando il nostro passato che possiamo guardare al futuro di questo continente”, ha detto il deputato. Soddisfatta anche il ministro dell’Istruzione: “E’ un grande successo dell’Italia – ha dichiarato Mariastella Gelmini – nel riaffermare il rispetto delle tradizioni cristiane e l’identità culturale del Paese, ma è anche un contributo all’integrazione che non va intesa come un appiattimento e una rinuncia alla storia e alle tradizioni italiane”.
Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all’istituto statale ‘Vittorino da Feltre’ di Abano Terme, in provincia di Padova, frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. Dopo essersi inutilmente rivolta ai tribunali italiani aveva fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che aveva sentenziato che la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce “una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni” e una violazione alla “libertà di religione degli alunni”. Sulla sentenza il governo italiano aveva presentato ricorso.
Questa la notizia. Questo il commento.
E l’Italia si rimette in croce– di GIORGIA SPINA.
Una canzone di un noto musical cantava “Se il mondo fosse un gambero che a retromarcia va…” e nessuno, forse, pensava che un giorno quella strofa sarebbe diventata un’affermazione affatto ipotetica.
Questa volta il teatro che mette in scena la commedia non è il Sistina, ma l’Italia, e forse a questo punto sarebbe più corretto chiamarlo teatrino. Il cast è internazionale e di alto calibro: la Corte di Strasburgo.
Il copione è sempre lo stesso: tutto quello che si può mettere in atto per diventare un Paese degno di maiuscola, si vanifica con l’ingresso in scena dell’antagonista, il regresso.
E’ notiizia dell’ultima ora: la Corte di Strasburgo ha accolto il ricorso del nostro paesello che rivendicava il crocefisso nelle scuole, offeso dai dissacratori e dagli eretici che invece “erano pronti a farne legna da ardere”. Eh sì, perché alla fine della fiera questo è quello che tutti hanno pensato. I concetti di apertura e d’internazionalità appartengono ad altri vocabolari, di certo non al nostro.
E così l’Italia, non contenta della crisi, decide anche di rimettersi in croce. Sempre la stessa.
A quanto pare il vecchio lupo non vuole perdere né il pelo né il vizio.
E lo spettacolo continua. Attendiamo i colpi di scena. Sempre all’italiana, s’intende. (Beh, buona giornata).
Detenuto morto, assolti 12 medici-corriere.it
Francesco Marrone era entrato in coma per tumore al cervello. I familiari: ritardo nel ricovero al Pertini
ROMA – Sono stati assolti con la formula «perchè il fatto non sussiste» i dodici medici del carcere romano di Rebibbia, tra cui l’allora direttore sanitario Sergio Fazioli, sotto processo per rispondere della morte di Francesco Marrone, detenuto di Petrosino (Trapani), trovato senza vita nel 2004 nel penitenziario capitolino. La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico, Gennaro Romano; il pm aveva chiesto condanne comprese tra i nove mesi e i quattro mesi di reclusione per solo sei degli accusati. Omicidio colposo, l’accusa per la quale è stato celebrato il processo.
RICOVERATO AL PERTINI – Francesco Marrone, dopo un periodo di detenzione nel carcere dell’Ucciardone di Palermo, per una condanna a 4 anni e 9 mesi per l’omicidio dei genitori dell’ex compagna, era stato trasferito a Rebibbia. Lo stato di salute del carcerato aveva indotto poi i responsabili dell’istituto di pena a disporne il ricovero all’ospedale Pertini di Roma. Per i familiari dell’uomo, però, la decisione era stata intempestiva; da qui, la denuncia e il successivo processo ai dodici medici, oggi assolti. «Stava male da tempo – raccontò all’epoca il fratello della vittima, ex agente di polizia penitenziaria – eppure le autorità carcerarie ne hanno disposto il trasferimento in ospedale solo dopo che è entrato in coma per un tumore al cervello». Giudizio condiviso dalla procura capitolina che aveva contestato ai medici «di non avere prestato le necessarie cure ed avere certificato che il paziente simulava uno stato di incoscienza» (Fonte Ansa). (Beh, buona giornata).
Immigrati, il giorno della protesta da Milano a Napoli, migliaia in corteo-repubblica.it
Roma – Il corteo più grande è quello di Napoli dove a sfilare sono quasi in 20mila. Ma in tutta Italia sono migliaia gli immigrati che partecipano all’iniziativa “24 ore senza di noi”, promosso contro il razzismo e per i diritti dei quasi 5 milioni di cittadini di origine straniera che vivono e lavorano in Italia.
Il corteo di Napoli è partito da piazza Garibaldi ed ha raggiunto piazza Plebiscito, presenti tutte le comunità straniere, dal Bangladesh al Burkina Faso, dal Marocco al Senegal.
A Roma, tra cortei e musica, una delle tante iniziative è stato organizzata in collaborazione con Lega Ambiente: centinaia di rifugiati e richiedenti asilo insieme ai volontari hanno ripulito il parco di Colle Oppio. Un gruppo di immigrati ha manifestato sotto la sede dell’Inps, chiedendo che vengano restituiti ai lavoratori stranieri che decidono di tornare in patria i contributi versati per gli anni lavorati in Italia.
A centinaia stanno sfilando anche per le vie di Milano: “Basta razzismo, siamo i nuovi cittadini, le vostre pensioni le paghiamo noi”. E’ uno degli slogan gridati nel corso del corteo. Racconta Emanuel, 34 anni del Camerun, dipendente di un grande albergo: “Sono a Milano da sei anni e da sei anni in metropolitana vengo guardato con disprezzo. I motivi di questa manifestazione sono tanti, il punto è che non veniamo considerati come cittadini”.
Il giallo è il colore della giornata di “sciopero” degli immigrati. Ad Ancona la manifestazione è culminata in un comizio in piazza Rona. Alexandre Rossi, brasiliano con cittadinanza italiana, referente del comitato Primo marzo ha ha denunciato la politica di non gestione del fenomeno migratorio seguita dal governo: “Si vogliono cacciare gli stranieri quando il 20% della ricchezza del Paese viene proprio dal contributo dei lavoratori extracomunitari”.
La giornata è stata anche occasione di denuncia. A Caserta i giovani del centro sociale Insurgencia hanno mostrato un video al direttore generale dell’Azienda trasporto pubblico, nel quale si vede che molti autisti dei mezzi pubblici, su alcune linee, in particolare la M1N, la M1B e M4, non effettuano le fermate lungo il percorso se in attesa ci sono solo immigrati.
A Perugia il corteo – composto in gran parte da immigrati – è partito da piazza Italia, ha percorso corso Vannucci e in piazza IV Novembre si è svolta la manifestazione conclusiva. Presente, fra gli altri, il sindaco Wladimiro Boccali. Molti gli striscioni e i cartelli con frasi come: “No al razzismo istituzionale”, “Italiani e migranti per una nuova cittadinanza”, “Troppa intelligenza nessun diritto”, “Siamo tutti cittadini”. (Beh, buona giornata).
Domani il popolo viola è a piazza del Popolo alle 15. Sono previsti numerosi interventi e iniziative. Dallo striscione per ricordare i venti anni dalla scomparsa di Sandro Pertini, fino alla distribuzione – a pagamento – di spille, felpe e magliette. Tutto rigorosamente viola.
Online continuano a risuonare appelli affinché “i personaggi dell’informazione e della cultura partecipino alla protesta contro il governo”. Già pervenute le adesioni di Mario Monicelli, Alberto Asor Rosa, Margherita Hack, Andrea Camilleri, Giorgio Bocca, Moni Ovadia e Dario Fo.
E dal palco sarà letto l’articolo in cui Roberto Saviano ha invitato i cittadini italiani a ribellarsi allo scandalo della corruzione. Beh, buona giornata.