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Occupy Wall Street, proteste a New York contro “contro l’influenza del denaro sulla politica”.

(fonte: ilpost.it)

Una protesta di centinaia di persone progettata da giorni, “Occupy Wall Street”, si sta sviluppando intorno alla Borsa di New York a Wall Street e davanti ad altri edifici di Borsa internazionali, compreso quello di Milano a piazza Affari (dove le prime manifestazioni sono cominciate nei giorni scorsi, e anche oggi sono presidiate da un gruppo di manifestanti).

Le dimostrazioni sono state convocate dal gruppo di hackers noto come Anonymous e dal movimento Adbusters. A Manhattan la polizia ha transennato la zona intorno alla Borsa e aumentato la presenza di agenti: per ora alcune centinaia di persone si sono radunate intorno alla famosa e simbolica statua del toro.

I partecipanti erano stati invitati a progettare presidi stabili con tende e accampamenti, per protestare “contro l’influenza del denaro sulla politica”, in imitazione delle occupazioni delle piazze nordafricane e poi spagnole e israeliane. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro

Le agenzie di rating si preparano a declassare l’Italia?

(fonte: RaiNews24)

L’agenzia internazionale di rating Moody’s “continua la revisione del rating italiano per un possibile downgrade”. Lo afferma Moody’s in una nota, sottolineando che la revisione si chiudera’ il prossimo mese.

Moody’s “ha messo sotto osservazione il rating italiano”, Aa2, “il 17 giugno scorso”. “Alla luce delle crescenti sfide economiche e finanziarie e degli sviluppi politici nell’area euro, Moody’s continua a valutare il rating italiano. Moody’s cerchera’ di chiudere la revisione il prossimo mese”.

La revisione del rating italiano e’ dovuta a diversi fattori: “Le sfide di crescita economica dovute alle debolezze strutturali macroeconomiche e al possibile aumento dei tassi di interesse nel tempo; i rischi nell’attuazione del piano di risanamento di bilancio che richiede una riduzione del debito;i rischi legati al cambio delle condizioni di finanziamento per i paesi europei con alti livelli di debito”.(Beh, buona giornata).

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro

Iva al 21%, i prodotti che da sabato aumenteranno.

E’ lungo l’elenco dei prodotti di largo consumo che sono a rischio rincaro, con il passaggio dell’aliquota Iva del 20% al 21%.

Per i consumatori i rincari scatteranno da sabato 17 settembre, e gli acquisti del week end sconteranno quindi l’Iva più alta. Le novità della manovra, introdotte durante l’esame parlamentare, entreranno in vigore solo il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, prevista per domani sabato 17 settembre.

Nessun rincaro invece dovrà esserci per pane e latte, pomodori e giornali, per fare degli esempi di prodotti con Iva al 4%.
Discorso analogo per il caffé: sé è da aspettarsi un rincaro per la confezione al supermercato, invariato dovrebbe restare il prezzo della tazzina al bar, perche nel primo caso l’Iva è al 20 e aumenterà al 21% nel secondo caso è al 10% e resta com’é.
Il maggior esborso annuo per le famiglie potrebbe oscillare dai 123 euro calcolati dalla Cgia di Mestre ai 173 da Federconsumatori e Adusbef fino ai 500 euro che preoccupano le catene di distribuzione come la Coop.

Ecco un elenco dei principali beni per i quali aumenta l’imposta di consumo dal 20 al 21% (Fonte: Ufficio studi Confcommercio Imprese per l’Italia).
– Televisori e prodotti per l’home entertainment – Macchine fotografiche e videocamere
– Computer desktop, portatile, palmare e tablet – Autocaravan, caravan e rimorchi
– Imbarcazioni, motori fuoribordo ed equipaggiamento barche – Strumenti musicali
– Giocattoli, giochi tradizionali ed elettronici – Articoli sportivi
– Manifestazioni sportive e parchi divertimento – Stabilimento balneare
– Piscine, palestre e altri servizi sportivi – Articoli di cartoleria e cancelleria
– Pacchetti vacanza
– Automobili, ciclomotori e biciclette
– Trasferimento proprietà auto e moto
– Affitto garage, posti auto e noleggio mezzi di trasporto – Pedaggi e parchimetri
– Apparecchi per la telefonia fissa, mobile e telefax – Servizi di telefonia fissa, mobile e connessioni internet – Tabacchi
– Abbigliamento e calzature
– Rasoi elettrici, taglia capelli, phon – Articoli per la pulizia e per l’igiene personale – Profumi e Cosmetici
– Gioielleria e orologeria
– Valigie e borse e altri accessori
– Servizi di parrucchiere
– Servizi legali e contabili
– Mobili e articoli per illuminazioni
– Biancheria e tessuti per la casa
– Frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forno – Piccoli elettrodomestici per la casa
– Piatti, stoviglie e utensili per la casa – Detergenti e prodotti per la pulizia della casa – Carburanti
– Caffè
– Bevande gassate, succhi di frutta e bevande analcoliche – Liquori, superalcolici, aperitivi alcolici – Vini e spumanti.
(Beh, buona giornata).

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Arrivano i Brics a salvare l’euro?

È in programma una teleconferenza tra i capi di stato di Grecia, Francia e Germania per il possibile intervento dei paesi Brics a sostegno delle economie maggiormente in difficoltà dell’eurozona. Brics significa: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Quello che una volta erano i paesi poveri vengono in aiuto a quelli che una volta erano ricchi. Così i Brics avranno più forza e autorevolezza per chiedere di far parte a tutti gli effetti dei grandi della terra. Bisognerà aumentare le sedie attorno al tavolo del G8? Beh, buona giornata.

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La Cina è vicina, ma solo a Eni, Enel e Finmeccanica.

Da http://rampini.blogautore.repubblica.it/?ref=HRER1-1

Ci sono cascati già a Madrid e Atene: dando per acquisito un “salvataggio” cinese dei propri titoli di Stato, per poi accorgersi che gli acquisti di Pechino erano modesti. Ora sull’intervento del “cavaliere bianco” da Pechino spera Tremonti, quello che per anni aveva dipinto la Cina come il demonio. Ma quando investono, se investono, i cinesi cercano solidità (Treasury Bond, Bund tedeschi) oppure attività strategiche: porti in Grecia, la Volvo in Svezia, le banche in America. La lista delle aziende italiane che possono interessare non è lunghissima: Eni, Enel, Finmeccanica. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro

Uscire temporaneamente dall’euro, patrimoniale al 5%: la ricetta di Loretta Napoleoni.

(fonte: RaiNews24)

Un “default pilotato” con la temporanea uscita dall’euro e il varo di una tassa patrimoniale che colpisca soltanto i ceti alti. E’ la ricetta che l’Italia dovrebbe “cucinare” per affrontare la crisi prima che sia troppo tardi, secondo l’economista Loretta Napoleoni, intervenuta oggi a Pordenonelegge per presentare il suo ultimo libro ‘Il contagio’ (Rizzoli).

Per traghettare il Paese verso lidi economico-finanziari meno agitati, secondo la Napoleoni occorre un governo di tecnici, non del modello dell’allora governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi ma un esecutivo di burocrati, “di quei professionisti dell’amministrazione pubblica che, per esempio, da trenta anni stanno al Tesoro e non sono troppo contaminati dalla politica”.

“Ci dicono che tutto va bene ma la situazione invece è molto molto difficile – ha aggiunto la Napoleoni – e mi spaventa il fatto che non ci sia, nè in Grecia nè in Italia, una ‘exit strategy’, un piano B, si pensa soltanto a salvare i Paesi”.
La soluzione proposta è invece quella di un “default pilotato”: “Se torniamo alla lira per un breve periodo la nostra economia avrà una forte spinta. E’ vero, creeremmo enormi difficolta’ ad alcune banche francesi, è per questo – ha spiegato – che bisogna elaborare un piano condiviso con altri Paesi”.
La patrimoniale cui pensa la Napoleoni è una tassa secca del 5 per cento mirata esclusivamente ai ceti molto ricchi, a “quell’un per cento della popolazione che detiene il 45 per cento della ricchezza nazionale e che consentirebbe di rastrellare quanto basta per ridurre il debito pubblico del 50 per cento”.

E per quell’altra metà del debito l’economista pensa a un rinegoziazione, “come ha fatto l’Islanda, come è stato fatto a Dubai”.

“Faccio una provocazione – ha proseguito la Napoleoni – prima che si paralizzi il money market come accadde nel 2008 e dovette intervenire la Federal Reserve. Il mercato ha bisogno di sicurezza, dunque chi ha una Ferrari è giusto che venga tassato, se non paga che gli si sequestri l’auto. Con questo mio libro lancio un appello perché si apra un grande dibattito in Italia”.(Beh, buona giornata).

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democrazia Dibattiti Finanza - Economia - Lavoro Lavoro Popoli e politiche

I governi europei nascondono dietro la crisi del debito la loro incapacità di favorire il lavoro.

di Massimo Mucchetti- Il Corriere della Sera

L’ Economist dedica la copertina alla ricerca del lavoro che non c’è in tutto l’Occidente. Nei 34 Paesi dell’Ocse, i più avanzati del mondo, i disoccupati sono 44 milioni, più o meno gli abitanti della Spagna. Ma per calcolare quanti posti mancano davvero andrebbero considerati anche i lavoratori part-time che vogliono il tempo pieno (un posto ogni due tempi parziali), i dipendenti sottoposti a sospensioni lunghe dall’attività (un posto ogni 1.800 ore di integrazione salariale) e infine gli scoraggiati (coloro i quali non hanno più cercato lavoro negli ultimi tempi). I posti che mancano nell’area Ocse diventerebbero così 100 milioni.

Il diavolo che minaccia l’Occidente è dunque peggiore di quello dipinto dal settimanale britannico. E tuttavia, al di là dei numeri, colpisce l’enfasi dell’antica testata liberale sulla questione del lavoro mentre i governi europei e la Bce combattono il deficit dei bilanci pubblici senza troppo curarsi degli effetti collaterali che deprimono l’economia, e dunque l’occupazione. Certo, da tempo la Banca d’Italia invoca politiche per la crescita basate su riforme a costo zero come quella, peraltro inderogabile, della giustizia civile e quella, tutta da approfondire, del mercato del lavoro. Ma oggi tra la durezza della crisi e il riformismo in stile anni Novanta emerge la stessa distanza che separa i fatti dalle parole: vanno male anche i maestri di quella stagione. E allora torniamo a chiederci se ci possa essere una ripresa duratura senza invertire la ridistribuzione sempre più ineguale della ricchezza, quando sappiamo che il disastro è cominciato dall’insolvenza dei poveri fatti indebitare per farli consumare senza aumentare loro le paghe. E poi crediamo davvero che l’Italia possa basarsi soltanto sull’estero quando le imprese esportatrici, peraltro ottime, importano sempre più componenti? E l’Eurozona potrà mai riprendersi se i suoi 450 milioni di cittadini non torneranno a spendere?

Forse non è un caso se George Magnus, l’economista principe di Ubs che aveva capito la crisi dei mutui «subprime » prima della Casa Bianca, ora scrive su Bloomberg : «Date a Marx una chance di salvare l’economia mondiale». La sua è una provocazione. Ma resta il fatto che il balzo della produttività è avvenuto attraverso il taglio dei costi, il trasferimento delle produzioni nei Paesi emergenti, gli arbitraggi fiscali e regolatori tra legislazioni e non solo attraverso il progresso tecnologico. Un processo che ha congelato i salari reali e aumentato la disoccupazione a tutto vantaggio dei profitti. Un’impresa riceverà applausi, se batte questa strada. Un Paese pure, se avrà l’accortezza di non costringere poi i clienti alla recessione, come invece sta facendo la Germania in Europa. Ma se lo fanno tutti? Se lo fanno tutti, ironizza Magnus, si entra nel paradosso marxiano della sovrapproduzione: il sistema ha fatto investimenti per sfornare una quantità di merci superiore alla sua capacità di consumo. E qualcuno deve pagare il conto.

Se non vogliono resuscitare il rivoluzionario di Treviri o, più probabilmente, esporre a tumulti nordafricani democrazie che ai giovani derubati della speranza sembreranno inutili, i governi dovrebbero porre in cima all’agenda il lavoro, non il deficit dei conti pubblici. E il lavoro si crea attivando la domanda interna. Anche a costo di un po’ di inflazione.

Sul Financial Times , sir Samuel Brittan critica i flirt marxisteggianti. Ma non censura i rischi della stagnazione salariale né gli auspici d’inflazione. Del resto, la Bank of England e la Federal Reserve continuano a stampare moneta, sia pur virtuale. E pur avendo conti peggiori dell’Eurozona, i debiti pubblici di Regno Unito e Usa galleggiano. La Bce non lo fa perché non ha alle spalle un governo che glielo chieda. E l’euro trema.

In queste condizioni, l’Italia non può lasciar correre il deficit né disimpegnarsi sulla riduzione del debito. Ma rischia anche la recessione se non riesce a riorientare il risparmio privato dai deludenti impieghi finanziari verso gli investimenti nell’economia reale attraverso la leva della politica industriale (che non vuol dire un’altra Finsider ma, per esempio, no ai contributi esagerati per le fonti rinnovabili e sì al risparmio energetico). E la domanda interna non parte se, in attesa di poter alzare i salari, non si usa con coraggio la leva fiscale. È possibile, a parità di gettito, trasferire almeno in parte l’Irap alle retribuzioni e al tempo stesso aumentare l’Irpef? Far pagare la sanità a tutti i cittadini secondo aliquote progressive anziché alle imprese e ai dipendenti sarebbe anche un atto di giustizia. E se si vuole fare un po’ di inflazione, a sollievo del debito pubblico, l’Italia dovrebbe convincere l’Eurozona ad aumentare l’Iva, così da spostare un po’ di peso anche sulle importazioni, avendo cura di salvaguardare i redditi bassi con ritocchi dell’Irpef. Insomma, possiamo rialzarci. Ma ci vorrebbe un governo. Capace di politica interna e di politica estera. (Beh, buona giornata).

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Tremonti spera nella Cina?

(fonte RaiNews24)

L’Italia punta alla Cina nella speranza che Pechino l’aiuti a uscire dalla crisi effettuando “significativi” acquisti di bond e investimenti in societa’ strategiche, quali Enel ed Eni. E’ un’indiscrezione del Financial Times secondo cui Lou Jiwei, presidente di China Investment Corp (Cic), uno dei maggiori fondi sovrani al mondo, ha guidato la scorsa settimana una delegazione in Italia per incontrare il ministro delle finanze, Giulio Tremonti, e Cassa Depositi e Prestiti.

Le autorita’ italiane – evidenzia il quotidiano – sono andate a Pechino due settimane fa per incontrare Cic e la State Administration of Foreign Exchange (Safe), che gestisce i 3.200 miliardi di dollari di riserve valutarie estere cinesi. Il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, ha incontrato investitori cinesi a Pechino in agosto. “Ulteriori negoziazioni – riporta il Financial Times – avranno luogo presto”.

La possibilita’ di un investimento cinese “arriva in un momento critico per l’Italia, con i mercati che chiedono rendimenti sempre piu’ alti per acquistarne il debito, che e’ previsto salire quest’anno al 120% del pil, risultando in Eurolandia secondo solo alla Grecia” evidenzia il Financial Times.

Tremonti ha scritto molto sui propri timori su una colonizzazione cinese dell’Europa ma “e’ costretto a cercare nuove alternative” con la crisi del debito e la messa in guardia della Banca Centrale Europea (Bce) sull’acquisto di bond che non puo’ continuare in modo indefinito.

Gli analisti si mostrano cauti sull’esito delle negoziazioni con la Cina: “Nonostante le numerose espressioni di fiducia di Pechino su Grecia e Portogallo, gli acquisti di bond dei paesi periferici di Euolandia da parte della Cina sono stati limitati” affermano.

“Non e’ chiaro quanto debito italiano sia nella mani cinesi ma – secondo il Financial Times – la Cina dovrebbe controllare il 4% dei 1.900 miliardi di dollari di debito italiano”. La Cina e’ il maggior creditore estero americano, con oltre 1.000 miliardi di dollari di debito statunitense.

La crisi ha spinto il governo italiano a “considerare la possibile vendita di partecipazioni startegiche in Enel e Eni. Cassa Depositi e Prestiti ha lanciato in luglio un fondo strategico con un investimento iniziale di 4 miliardi di dollari e che prevede di ampliare a 7 miliardi di dollari con la partecipazione di altri investitori, anche esteri”. Cic e’ stato creato nel 2007 con un capitale di 200 miliardi di dollari e asset per 410 miliardi di dollari. Cic “e’ guidato da interessi puramente economici e finanziari” ed e’ impegnati “a elevati standard professionali ed etici nella corporate governace, nella responsabilita’ e nella trasparenza”. (Beh, buona giornata).

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Finanza - Economia - Lavoro

La stangata sulle famiglie di 2mila euro.

Mentre sembra che l’Europa ci potrebbe chiedere ancora tagli alla spesa pubblica, se le misure previste nella manovra non garanrire le entrate promesse, si fanno i conti con la stangata per i consumatori.

La manovra economica si abbatterà sulle famiglie italiane con una stangata da oltre duemila euro (2.031 euro). E’ quanto sostengono Adusbef e Federconsumatori, che chiedono la modifica del decreto, sottolineando che il nuovo carico “si aggiunge all’inarrestabile crescita di prezzi e tariffe”.
Secondo le associazioni, a pagare tali cifre “saranno i soliti noti, vale a dire le famiglie a reddito fisso e i pensionati.

Tutto ciò non farà altro che aumentare il malessere delle famiglie, che inciderà sull’intera economia determinando ulteriori contrazioni dei consumi, nonché della stessa produzione industriale e dei servizi”. In aggiunta, “la manovra contiene nemmeno l’ombra di investimenti per il rilancio di un’economia assolutamente depressa”. Beh, buona giornata.

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Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

Bonanni e Angeletti si sono molto offesi per le nuove misure della manovra finanziaria.

Bonanni e Angeletti, dopo aver trasformato il sindacalismo italiano in una specie di cinghia di trasmissione degli interessi delle imprese verso i lavoratori, dopo essersi alleati col governo contro la CGIL, mandando in frantumi l’unita’ dei lavoratori, dopo essere stati a casa anche oggi, invece che partecipare allo sciopero generale contro le ingiustizie sociali contenute nella manovra finanziaria del Governo, si sono svegliati e, all’unisono, ne hanno cantate quattro sull’ennesimo rimaneggiamento delle norme della manovra.

Vedere per credere. “L’emergenza finanziaria non può giustificare l’aumento dell’Iva, soprattutto delle aliquote più basse, nè l’accelerazione dell’equiparazione dell’età per il pensionamento delle donne” sostiene Luigi Angeletti, segretario generale della UIL.

Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, si dichiara contrario alle modifiche introdotte: “Siamo contrari sia all’aumento dell’età pensionabile per le donne, sia all’aumento dell’Iva. Se il Governo vuole fare un intervento equo e condiviso socialmente, introduca una patrimoniale, escludendo la prima casa e ripristini il contributo di solidarietà a partire da chi non ha la ritenuta alla fonte, facendo pagare chi guadagna di più e possiede di più”.

Che massimalisti! Chissà come l’ha presa Sacconi, il Bava Beccaris dei diritti dei lavoratori italiani. Beh, buona giornata,

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Aumenta l’IVA, si salvi chi può.

Il preannunciato, smentito, riannunciato e, alla fine, forse, decido aumento dell’IVA arriva come una maledizione sulla persistente crisi dei consumi, che affligge le aziende produttrici, le aziende distributrici, i punti vendita, e la pubblicità. Dai giocattoli, ai televisori, auto e moto, abbigliamento e calzature, taglio e piega dal parrucchiere, caffè, vino e cioccolato. È su una lunga lista di prodotti e servizi che va a pesare l’aumento di un punto dell’aliquota ordinaria Iva del 20%.

Molte voci riguardano le spese per la casa, detersivi per pulire compresi, anche il turismo viene toccato con la previsione di un aumento per stabilimenti balneari e pacchetti vacanza. Facile immaginare – sottolineano le associazioni dei commercianti – le conseguenze negative sui consumi per le famiglie italiane già alle prese con la difficile congiuntura economica. Per Confcommercio il rischio è che «l’Italia paghi, tutta insieme, un conto davvero troppo pesante». «Ogni aumento dell’Iva – sottolinea da parte sua Confesercenti – si va tra l’altro a sommare ai recenti rialzi delle materie prime che a sua volta stanno surriscaldando l’inflazione».

Per il Codacons la decisione di aumentare l’Iva è «da irresponsabili» e va a a colpire anche le famiglie più povere.

L’aumento dell’Iva – sottolinea Federalimentare – riguarda un terzo dei prodotti alimentari abitualmente acquistati e, considerato che si viene già da cinque anni di flessione nei consumi alimentari domestici, frena ogni possibilità di rimbalzo della spesa e incentiva l’inflazione.

L’eventuale incremento dell’aliquota ordinaria Iva fa salire tra l’altro l’Italia in testa alla classifica dei vari regimi di aliquote ordinarie praticati dai maggiori Paesi europei. In Germania è infatti al 19,6%, in Francia al 19,6%, in Spagna al 18%, e in Gran Bretagna si attesta al 20%. Per la pubblicità italiana di prevedono tempi più cupi: la diminuzione delle vendute e’ direttamente proporzionale ai budget pubblicitari. Beh, buona giornata.

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Sciopero generale: ecco gli appuntamenti di Roma contro la manovra iniqua e insufficiente.

Oggi 6 settembre a Roma sfileranno due cortei: quello della Cgil alle 9.30 da piazza dei Cinquecento e quello dell’Unione sindacale di base alle 10 da largo Corrado Ricci.

CGIL. Dalle 9,30 alle 12,30 sfilerà il corteo della Cgil Roma e Lazio che partirà da piazza dei Cinquecento e percorrerà via Cavour, piazza dell’Esquilino, via Liberiana, piazza di Santa Maria Maggiore, via Merulana, via Labicana, piazza del Colosseo, via Celio Vibenna e via di San Gregorio fino all’Arco di Costantino, dove si terrà il comizio conclusivo con il segretario regionale Claudio Di Berardino e il segretario generale Susanna Camusso.

USB. Dalle 10 alle 14, da largo Corrado Ricci partirà il corteo organizzato dall’Unione sindacale di base. I manifestanti percorreranno via dei Fori Imperiali, piazza Venezia, via San Marco, via delle Botteghe Oscure, largo di Torre Argentina, corso Vittorio Emanuele, via della Cuccagna e giungeranno in piazza Navona. Beh, buona giornata.

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L’urlo di dolore del Presidente Napolitano.

Ecco il testo della nota ufficiale del Capo dello Stato:

“Nessuno può sottovalutare il segnale allarmante rappresentato dall’odierna impennata del differenziale tra le quotazioni dei titoli del debito pubblico italiano e quelli tedeschi. E’ un segnale di persistente difficoltà a recuperare fiducia come è indispensabile e urgente. Si è ancora in tempo per introdurre in Senato nella legge di conversione del decreto del 13 agosto misure capaci di rafforzarne l’efficacia e la credibilità. Faccio appello a tutte le parti politiche perché sforzi rivolti a questo fine non vengano bloccati da incomprensioni e da pregiudiziali insostenibili”.

Beh, buona giornata.

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Sono dolori per la pubblicità italiana: -4,2%.

Secondo le rilevazioni Nielsen, nel primo semestre dell’anno si registra un calo degli investimenti pubblicitari. Particolarmente negativo il dato di giugno. Infatti, da una parte il confronto con il giugno 2010, mese nel quale si disputavano i mondiali di calcio, dall’altra i primi sentori delle difficoltà finanziarie che hanno investito l’Italia nel corso dell’estate, hanno prodotto una contrazione dell’advertising che, nel singolo mese, ha coinvolto tutti i settori trainanti del mercato pubblicitario con l’eccezione di cura persona (+5,1%) e farmaceutici/sanitari (+10,8%).

Considerando il semestre la variazione rispetto al 2010 è stata del -4,2% considerando anche le tipologie commerciale locale, rubricata e di servizio. Il valore complessivo dell’advertising nei primi sei mesi del 2011 è stato di poco superiore ai 4,5 miliardi di euro. Gli eventi di questa estate che hanno portato Ocse e Fondo Monetario a rivedere al ribasso le precedenti stime di crescita del Pil freneranno molto probabilmente anche la ripresa del mercato pubblicitario auspicata per la seconda parte dell’anno.

I mezzi

La televisione, considerando anche i marchi Sky e Fox e le tv digitali rilevate da Nielsen, chiude i primi sei mesi in calo (-4,7%), con una raccolta superiore a 2,5 miliardi di euro. Le emittenti televisive hanno pagato, in particolare a giugno, il confronto con l’anno precedente, ma trova conferma la crescita in termini di audience e raccolta pubblicitaria delle emittenti trasmesse in digitale terrestre.

Gli investimenti su internet, superando i 300 milioni di euro senza considerare il search, continuano a crescere a doppia cifra (+14,1%) rispetto al 2010, ma anche il web a giugno ha subito un rallentamento. Il +4,7% rispetto al giugno 2010 è una delle crescite più basse degli ultimi anni a livello mensile.

L’out of home tv è l’unico altro mezzo che vede crescere la raccolta pubblicitaria nel semestre (+6,2%) mentre si registrano variazioni negative per tutti gli altri. La radio in particolare, oltre alla congiuntura del mercato, paga l’assenza di dati condivisi e realistici dovuta alla liquidazione di Audiradio.

Per quanto riguarda la stampa, ancora in forte calo la free press (-49,9%), i quotidiani a pagamento seguono sostanzialmente il trend del mercato (-5,1%), mentre i periodici limitano i danni (-1,5%). Variazione leggermente negativa per il direct mail (-0,9%). Esterna e cinema chiudono la prima parte dell’anno con cali più consistenti.

I settori

I primi quattro settori del mercato pubblicitario, ovvero alimentari, automobili, telecomunicazioni e abbigliamento hanno registrato nel mese di giugno una contrazione dell’advertising compresa tra il -9% e il -20%. Considerando il primo semestre, tra i primi dieci settori in termini di spesa hanno investito più del 2010 solo le aziende dei comparti automobilistico (+2,8%) media/editoria ( +2,2%), cura persona (+10,1%), farmaceutici/sanitari (11,7%). (Beh, buona giornata).

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro

Terno secco del Pd a Palazzo Madama.

Salve le feste laiche. Approvato dalla Commissione bilancio del Senato un emendamento Pd che salva le feste del Primo Maggio, del 25 Aprile e del 2 Giugno ma non le feste patronali. Lo riferisce Vincenzo Vita del Pd a margine dei lavori a Palazzo Madama. Le tre feste civili non saranno più accorpate alla domenica. (Beh, buona giornata).

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democrazia Finanza - Economia - Lavoro Popoli e politiche

La stampa finanziaria stronca il governo Berlusconi: non ha piu’ credibilità davanti ai mercati.

(fonte: ilmessaggero.it)

La negoziazione sulle misure della manovra trasmette un messaggio confuso ai mercati, in un momento in cui l’Italia necessità di una coerente politica economica. È quanto scrive il Financial Times, che oggi dedica a Roma un articolo in prima pagina.

«La decisione di Silvio Berlusconi di rinunciare all’austerity d’emergenza e smantellare il contributo di solidarietà ha suscitato l’indignazione popolare e allo stesso tempo c’è il rischio di confusione sui mercati e di un nuovo confronto con la Banca centrale europea», scrive il quotidiano londinese. E, ricordando che l’Eurotower vorrà che la portata complessiva delle misure di austerità non cambi e che si arrivi al pareggio di bilancio nel 2013, aggiunge: «Non è chiaro come la Bce reagirà alla modifiche apportate alla manovra». Inoltre, il quotidiano economico della City riflette sul ruolo del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti: «Se Silvio Berlusconi è il vincitore dell’ultima rivisitazione dei tagli per l’austerità, presentando se stesso come il protettore degli italiani, con l’accantonamento della proposta del contributo di solidarietà, il perdente – sottolinea in Financial Times – è il suo ministro dell’Economia Giulio Tremonti». Infatti, il titolare di via Venti Settembre, spiega il quotidiano, è «rimasto isolato sulla manovra “lacrime e sangue”» e «sta affrontando un crollo di consenso all’interno del governo da quanto ha messo la firma sull’originale pacchetto da 45,5 miliardi di euro».

L’Italia alla prova dei mercati «si scopre con i giorni contati»: i miglioramenti che sono arrivati grazie all’intervento della Banca centrale europea che ha acquistato titoli di stato devono essere confermati dai giudizi degli investitori, afferma il Wall Street Journal. «Oggi, grazie sopratutto all’aiuto della Banca centrale europea, i rendimenti sui titoli decennali italiani e spagnoli sono scesi» spiega il Wsj. Ma, aggiunge, «secondo gli analisti il felice stato delle cose potrebbe non durare». Secondo il quotidiano «il continuo coinvolgimento della Bce potrebbe essere ostacolato», vista la sua avversione all’intervento e, poi, sottolinea, c’è «la questione che riguarda il piano di austerità voluto dall’Eurotower in cambio del suo supporto». Il Wsj scrive sull’Italia in un pezzo con un titolo che gioca sul doppio significato della parola «borrowed», ovvero “preso a prestito” ma – nell’accezione “borrowed time” – con l’espressione «vivere con i giorni contati». (Beh, buona giornata).

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Attualità Finanza - Economia - Lavoro Lavoro

Manovra finanziaria o manovra contro i lavoratori?

CONFERMATO LO SCIOPERO GENERALE DEL SINDACALISMO
CONFLITTUALE IL PROSSIMO 6 SETTEMBRE- Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa diffuso da USB, Unione Sindacale di Base.

“Le ultime modifiche alla seconda manovra estiva colpiscono in modo ancor più pesante i lavoratori dipendenti ed i futuri pensionati, attraverso un ulteriore peggioramento del sistema previdenziale che di fatto ad oggi elimina la metà delle pensioni di anzianità, cioè quelle derivanti da riscatto di militare ed università”, afferma Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo Confederale USB.

Prosegue Tomaselli: “Prima le misure che avevano allontanato di un anno il diritto ad usufruire alla pensione; poi l’aumento di 5 anni per le donne, prima del pubblico e poi del privato; poi l’aggancio all’aspettativa di vita e l’ulteriore ritardo di tre mesi per andare in pensione. Ora si attacca la pensione di anzianità, che per oltre la metà deriva da riscatti del militare e dell’università. Se poi, come sembra, tali riscatti non saranno conteggiati neanche per raggiungere i 18 anni al 1995, necessari all’applicazione del regime retributivo invece che contributivo, allora all’aumento dai 4 ai 10 anni di lavoro in più si aggiungerebbe anche un forte salasso economico sulle pensioni”.

“In compenso – ironizza il dirigente USB – si ritira il contributo previsto per gli stipendi oltre 90.000 e 150.000 Euro, si lascia inalterata la politica delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni, si continua a tagliare la politica sociale degli enti locali, si bloccano i contratti e si congelano le tredicesime dei pubblici dipendenti, si ammorbidiscono i già limitati tagli ai costi della politica, non si costruisce una lotta seria contro l’evasione e non si applica alcuna patrimoniale”.

“Insomma, altro che lo ‘sgarbo’ di cui parla un incredibile Angeletti – conclude Tomaselli – il governo e la confindustria, con l’appoggio dei sindacati complici hanno scelto la strada della lotta di classe: la loro, quella dei ricchi, contro i lavoratori e i pensionati. Sta a noi ricambiare con gli interessi ed iniziare una lunga e determinata mobilitazione a partire dallo sciopero generale del prossimo 6 settembre”. (Beh, buona giornata)

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Finanza - Economia - Lavoro

Nel 2011 i consumi peggio che nel 2000: un buon momento per aumentare l’IVA.

La debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia prevedere un rallentamento generalizzato dell’uscita dalla crisi tanto che, a fine 2011, ben 17 regioni su 20 rischiano di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000». È quanto rileva un’indagine della Confcommercio, che evidenzia i ritardi del Sud. Su 20 Regioni italiane, la dinamica dei consumi pro-capite indica che solo Friuli, Molise e Basilicata segnano livelli di consumi superiori. Beh, buona giornata.

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Crollo della fiducia dei consumatori: non si vede luce in fondo al tunnel della crisi.

La fiducia dei consumatori è crollata ad agosto ai minimi da marzo 2009. L’indice calcolato dall’Istat si è attestato a 100,3 punti, in forte calo dai 103,7 di luglio, e ben sotto i 102 punti previsti mediamente dagli analisti. La flessione, diffusa a tutte le componenti, è particolarmente marcata per il clima economico, il cui indice diminuisce da 74,9 a 70,0. La fiducia sulla situazione personale scende da 118,8 a 116,2, quella sul quadro corrente passa da 116,5 a 112,8. L’indice sul complesso delle attese a breve termine segna un calo più limitato, passando da 87,8 a 87,5.

Peggiorano marcatamente, in particolare, i giudizi sulla situazione economica del Paese e sul mercato dei beni durevoli. Si deteriorano invece con minore intensità le valutazioni presenti e di prospettiva sul risparmio e le attese sull’evoluzione del Paese e del mercato del lavoro. Migliorano lievemente, per contro, quelle sulla situazione personale e sul bilancio familiare. I giudizi sulla dinamica dei prezzi al consumo restano stabili rispetto a luglio, mentre le previsioni sull’evoluzione futura dell’inflazione registrano una flessione rispetto al mese precedente. La fiducia peggiora in tutte le ripartizioni e il deterioramento è particolarmente intenso nel Nord-Est. Beh, buona giornata.

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L’Italia e’ il paese della disoccupazione.

(fonte: ANSA.it)
L’Italia ha il record negativo in Europa per la disoccupazione giovanile: sono 1.138.000 gli under 35 senza lavoro. A stare peggio i ragazzi fino a 24 anni: il tasso di disoccupazione in questa fascia d’eta’ e’ del 29,6%: uno su 3 e’ senza lavoro, rispetto al 21% della media europea. A fotografare la situazione del mercato del lavoro nel nostro Paese e’ l’Ufficio studi della Confartigianato.

Il primato a livello nazionale e’ della Sicilia con una quota di disoccupati under 35 oltre il 28%. E se la media italiana si attesta al 15,9%, va molto peggio nel Mezzogiorno dove il tasso sale a 25,1%, pari a 538.000 giovani senza lavoro. 

Inoltre, tra il 2008 e il 2011, anni della grande crisi – rileva la Confartigianato – gli occupati under 35 sono diminuiti di 926.000 unita’. Nella classifica delle regioni seguono la Campania con il 27,6% di giovani senza lavoro, la Basilicata (26,7%), Sardegna (25,2%). Conviene invece andare in Trentino Alto Adige dove il tasso di disoccupazione tra 15 e 34 anni e’ contenuto al 5,7%, oppure in Valle d’Aosta con il 7,8%, Friuli Venezia Giulia con il 9,2%, la Lombardia con il 9,3%.

Ma non sono solo i giovani le vittime della crisi del mercato del lavoro italiano. Il rapporto di Confartigianato mette in luce un peggioramento della situazione anche per gli adulti. La quota di inattivi tra i 25 e i 54 anni arriva al 23,2%, a fronte del 15,2% della media europea, e tra il 2008 e il 2011 e’ aumentata dell’1,4% mentre in Europa e’ diminuita dello 0,2%.(Beh, buona giornata),

 

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