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Una Finanziaria da trenta miliardi di euro a chi sembrano pochi, a chi troppi.

Il presidente del Consiglio Romano Prodi ha risposto ai dubbi della Ue sulla Finanziaria le cui linee guida sono in discussione al consiglio dei Ministri. La riduzione da 35 a 30 miliardi di euro dell’importo della manovra, ha confermato il premier, “non cambia l’obiettivo del governo di un deficit al 2,8% del Pil, al 2007”.Il limite era il 3%, Berlusconi lo lanciò oltre il 4%.

Dal canto suo il ministro dell’Economia Padoa Schioppa ha detto: “La possibilità di uno slittamento su due anni della manovra per il rientro nel deficit non esiste. Sono stati presi impegni precisi con l’Europa”. Dunque le richieste di Rifondazione comunista e della sinistra cosiddetta radicale sono state bocciate. Ma il ministro delle Politiche sociali Paolo Ferrero insiste: “Secondo me non si regge una manovra di trenta miliardi di euro in una sola Finanziaria”.

Il fatto è che stiamo cercando superstiti di credibilità europea nelle macerie economiche dell’era Berlusconi-Tremonti. Ancora una volta, toccherà ai ceti più deboli il carico della ricostruzione. I cinque miliardi in meno provengono dal maggior introito fiscale.

Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Confindustria ha detto che non ci devono essere vendette fiscali contro le aziende. Facciamo così: o pagate le tasse o pagate la cauzione per le vostre evasioni pregresse. Però pagate. Così quei trenta miliardi non saranno pochi per Almunia, né troppi per Ferrero.

Cari imprenditori, i vostri fiscalisti dicono che pagate troppe tasse? Licenziateli, avrete i soldi da dare all’erario. Fatevi da soli la vostra finanziaria, perché è finita l’epoca della finanza creativa. Beh, buona giornata.

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Lo show biz-zarro dei Mondiali.

“La situazione italiana – ha detto il commissario europeo agli Affari finanziari Joaquin Almunia – sembra stia volgendo al meglio e speriamo che la vittoria dell’Italia darà una spinta alla crescita economica e renderà ancora più raggiungibile l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% entro il 2007”.

Per l’Italia vincere la coppa dei Mondiali non è stata solo la conferma del valore sportivo e neppure una riscossa morale rispetto allo scandalo tutto nazionale di Calciopoli. Vincere potrebbe significare addirittura dare uno slancio alla crescita economica del Paese.

Anche se, secondo il rapporto dello Svimez, riguardo al 2005, la situazione è piuttosto grave. E i dati parlano chiaro: nello scorso anno il Sud è peggiorato rispetto al 2004 in Pil e occupazione, crescendo per il secondo anno consecutivo meno del Centro-nord. Il pil per abitante è rimasto a 16.272 euro, pari al 60,3% del Centro-nord (26.985 euro). La riduzione dell’occupazione si è ripercossa negativamente sui redditi da lavoro e quindi sulla spesa per consumi delle famiglie meridionali (-0,3%); il calo si è fatto particolarmente sentire nei beni primari : i consumi non durevoli si sono ridotti per la prima volta dopo molti anni. Il quadro mantiene tinte fosche anche per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri, che nel 2005 rappresentano in Italia appena l’ 1,2% del Pil, contro valori medi nell’Ue del 5%.

Sempre secondo l’indagine della Svimez, l’associazione “vittoria ai mondiali-ripresa economica”, sembra prendere sempre più piede. Per il sottosegretario all’Economia Mario Lettieri, lo “spot” dato dal successo mondiale, varrebbe oltre mezzo punto di Pil: “Potremmo certamente dire che vale più di un mezzo punto di prodotto interno lordo, anche se – ha commentato – non possiamo fare una previsione precisa perché sarebbe imprudente”.

Mentre per Lorenzo Bini Smaghi, membro del consiglio esecutivo della banca centrale europea, sostiene dice “La vittoria ai mondiali di calcio sul Pil? Non bisogna darci troppa importanza, credo che l’Italia avesse bisogno di questo indipendentemente dalla situazione economica”.
Il dibattito è aperto. Esponenti di governo ed economisti discutono su un possibile miglioramento del Pil derivante dalla vittoria mondiale a Berlino. Il ragionamento è semplice: la vittoria mondiale infonde ottimismo nella società, i consumi hanno una spinta e quindi l’economia riparte. La domanda è: riparte per dove? Beh, buona giornata.

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