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Tromba d’aria.

E’un’ingiustizia che Lisa Robertson, hostess delle linee aeree australiane Qantas sorpresa a fare sesso in volo con l’attore britannico Ralph Fiennes, sia stata licenziata.

Era stata sospesa dal lavoro senza paga dopo che era emerso che i due avevano fatto l’amore nella toilette di un Boeing 747 in volo tra l’Australia e l’India, il 24 gennaio.

“La Qantas Airways ha annunciato che il contratto di impiego dell’assistente di volo Lisa Robertson per operare su aerei Qantas è stato terminato”, recita un comunicato diffuso oggi dalla compagnia.

La hostess sarebbe stata denunciata da un collega che ha sentito strani rumori provenienti dalla toilette, dalla quale ha poi visto uscire prima lui e poi lei. La Robertson aveva negato inizialmente di aver fatto sesso con il protagonista di “Schindler’s list”, dichiarando che lui l’aveva seguita nella toilette. Purtroppo la Qantas non rende noto il nome di quella carogna invidiosa che l’ha denunciata. Manco un guardone, un semplice “sentone”.

Il fatto è stato reso noto domenica scorsa un tabloid domenicale britannico. In una intervista Lisa Robertson ha ammesso di aver fatto sesso non protetto con Fiennes, e di avere in seguito trascorso la notte con lui nella sua camera di hotel in India, dove tra l’altro l’attore si trovava per un campagna di consapevolezza sull’Aids e l’importanza dell’uso del profilattico.

La donna ha dichiarato a The Mail on Sunday. “Lo so che qualcuno penserà che sia disgustoso e non sono orgogliosa di quello che ho fatto. E’ stato un comportamento sbagliato, ma non mi pento, è stato troppo bello”. La donna parla, parla. Ancora più esplicita la versione fornita dalla stessa hostess a Woman’s day. “Semplicemente mi sono alzata, gli sono andata vicino, gli ho preso la mano e gli ho detto di seguirmi, siamo andati nella toilette e abbiamo chiuso la porta e poi sono volati i vestiti”, ha affermato la Robertson.

Va bene. Tutto a posto. Facciamo un bel sufflè, ci mettiamo l’attore famoso, nel senso di affamato di fama, l’hostess in calore, il preservativo che non c’è, l’impegno sociale del pirla, che fa la campagna per Aids, ma non inguanta l’uccellino. Con un pizzico di hard, due dosi di cinismo, il calduccio dello stereotipo della hostess zoccola, la morbosità dei media della serie “niente sesso, siamo inglesi”. Aggiungere l’integerrima morale (pubblicitaria) della Qantas. Agitare, non mescolare e servire caldo caldo sui giornali inglesi della domenica, dopo la Messa, della serie “signora mia, non c’è più religione”. Che tanto fa il giro del Mondo.

Però, detto tra noi: è meglio che a bordo di un aereo si faccia sesso, piuttosto si abbia paura di attentati.

Però, detto fuori dai denti: invece che licenziare la Robertson, non sarebbe stato meglio licenziare quell’impiegato che qualche giorno fa ha impedito a un passeggero australiano di salire a bordo di un volo Qantas perché aveva una t-shirt anti-Bush?

Insomma, detto una volta per tutte: fare l’amore è meglio che fare la guerra. Beh, buona giornata.

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Vicentini magna rospi.

A Vicenza non è successo quello che è successo al G8 di Genova perché il capo del governo non è Belusconi, il Ministro dell’Interno non è Scajola, e Fini non ha scorrazzato nella sala operativa della Questura. Insomma, non c’erano i blak block del centro destra.

A Vicenza c’era il padre di Carlo Giuliani, che ha detto che tutti i governi, soprattutto questo governo di centro sinistra non va da nessuna parte che se non ascolta la base del paese, se non riesce ad accogliere le spinte di rinnovamento che vengono dal basso.

Con inaudita chiarezza, Arturo Parisi, Ministro della Difesa ha detto come stanno le cose a Vicenza. Parisi l’ha detta all’Infedele di Gad Lerner. Dopo aver premesso di essere stato un integerrimo oppositore al governo Berlusconi e un sostenitore della chiusura della Base della Maddalena, Parisi ha svolto questo ragionamenti: ci siamo trovati di fronte al fatto compiuto, abbiano chiesto agli Usa di spostare al localizzazione e abbiamo chiesto al Comune di Vicenza di esprimersi formalmente sull’utilizzo di Dal Molin.

Gli Usa ci hanno detto no, troppo tardi; la giunta di centro destra di Vicenza ha votato a maggioranza l’assenso del Comune alla costruzione della base. Poi Parisi ha detto una cosa che è il vero nocciolo della questione: uno può contrastare le politiche, ma quando gli organi istituzionali assumono decisioni, quelle sono vincolanti, diventano scelte della Repubblica italiana. Questo è il quadro, che la manifestazione di Vicenza non riuscirà a spostare di un millimetro.

Ed ecco perché comodo ha fatto a tutti, compresa la sinistra “radicale” l’intervento di Amato in Parlamento, il richiamo di Prodi agli uomini di governo perché non manifestino contro il governo. E’ stata una comoda via d’uscita per tutti. Lo stesso uso dell’indagine cosiddetta sulle nuove Br, centellinata giorno per giorno fino a ridosso della manifestazione è servita a spingere il dibattito attorno alla base di Vicenza da problema di politica estera del nostro governo a un fatto di pura contestazione di tipo locale, con pericolo di incidenti: non sfugga a nessuno che lo stesso simbolo grafico di No Dal Molin è simile, troppo simile al No TAV.

Come ci dicono le cronache, quest’anno l’influenza si chiama Americana, molti sono a letto con la febbre. Ma noi abbiamo visto i sintomi dell’influenza americana: la lettera aperta sui giornali italiani dei diplomatici guidati da Spogli, la vicenda dell’imam Abu Omar, il rinvio a giudizio degli uomini del Sismi e della Cia, con tanto di polemiche su chi viola il segreto di stato. E poi, appunto Vicenza con tanto di chiusura delle scuole. Chi ha pensato che la Caduta del Muro, l’allargamento della Ue e la globalizzazione superassero di fatto la Guerra Fredda ha sbagliato i calcoli: le servitù militari nel nostro paese sono il risultato dei Patti di Yalta. Di qui non si schioda. Gli Usa dicono: cari ex comunisti e dintorni andate pure al governo ma guai a voi se mettete in discussione Yalta e la Nato. Questo, in sostanza, quello che si è evinto dalle parole, lucide e taglienti del ministro Parisi.

Chi ha sfilato a Vicenza sa che il problema è l’autonomia delle persone che vivono in un luogo e che rivendicano il diritto di decidere se e cosa possa essere edificato nel loro territorio. Diritto sacrosanto: se ne ricordino i vicentini quando saranno chiamati a eleggere il nuovo sindaco, se ne ricordino tutti coloro che presto saranno chiamati alle urne per le prossime elezioni amministrative. Per non ingoiare le polpette avvelenate lasciate dal vecchio governo e per non doversi turare il naso per le bombette puzzolenti che questo governo, forse complice il carnevale, ha gettato sulla manifestazione di Vicenza bisogna eleggere consigli comunali e sindaci che hanno a cuore i loro territori, le persone che ci vivono e sappiano imporsi al governo centrale. A meno di voler di nuovo ingoiare rospi, come tocca fare ai cittadini di Vicenza. E a tutti noi. Comunque, 100 mila di questi giorni. Beh, buona giornata.

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Prodi, la nuova star di Bollywood.

Mentre in Italia siamo alle prese con le baruffe chiogiotte, anzi vicentine e mentre armi arrugginite vengono trovate in una cascina scarupata, tanto per dare un senso al confessionale di un reality- show sull’efficienza dei nostri servizi interni, della serie uno schiaffo per farli parlare, quattro per farli star zitti, che si son dichiarati prigionieri politici prima che la polizia gli suonasse alla porta, così da fare i fighi del bigonzo, e andare in “nomination” all’”Isola degli Storditi”, mentre appunto succedevano tutte queste cose, qualcuno stava facendo l’indiano. In India.

E così è nata l’alleanza economica India-Italia. Che ha anche dato il nome al documento conclusivo del primo ‘Ceo Forum’ italo-indiano, il board dei principali imprenditori dei due Paesi, lanciato nel luglio scorso dal presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e da Ratan Tata, patron dell’omonimo gruppo automobilistico. “Questo forum produrrà grandi risultati”, ha dichiarato Montezemolo al termine della riunione durata oltre tre ore.

Il documento, sottoscritto da tutti i protagonisti, è stato poi consegnato ai due capi di governo, Romano Prodi e Manmohan Singh. Per l’Italia si tratta di un fiore all’occhiello nelle relazioni con l’economia indiana: finora infatti Delhi ha sviluppato una simile iniziativa solo con gli Stati Uniti. Al summit dei Ceo (chief executive officer), che in italiano si traduce amministratori delegati, che ha concluso la missione imprenditoriale del sistema Italia in India, hanno partecipato, sul versante italiano, anche Corrado Passera di Intesa SanPaolo, Pasquale Pistorio come presidente onorario di STMicroelectronics, il patron della Piaggio Roberto Colaninno, l’amministratore delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini, l’ad di Generali Sergio Balbinot, Andrea Pininfarina, Fabrizio Di Amato di Maire Tecnimont, Daniel Winteler di Alpitur.

Insomma se i nodi della globalizzazione del nostro sistema industriale non sono riusciti ad andare al pettine durante il governo Berlusconi (e come avrebbero potuto!?) è il pettine che è venuto ai nodi: invece che farfugliare di dazi e misure protezionistiche, le aziende italiane si sono tirate su le maniche, e hanno preso a pedalare. Appresso al ciclista Prodi. Beh, buona giornata.

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Una fava e 1245 piccioni.

Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza la relazione conclusiva sui voli Cia e le ‘extraordinary renditions’ in Europa. Relatore l’euro-parlamentare Claudio Fava.

L’assemblea europea “condanna il fatto che paesi europei abbiano rinunciato al controllo sul proprio spazio aereo e sui propri aeroporti chiudendo gli occhi nei confronti dei voli operati dalla Cia”, che in alcune occasioni – si precisa – sono stati utilizzati “per consegne straordinarie o per il trasporto illegale di detenuti”. Il rapporto di Fava indica che fra la fine del 2001 e la fine del 2005 “i voli operati dalla Cia effettuati nello spazio aereo europeo e che hanno fatto scali in aeroporti europei sono stati almeno 1245 e che ad essi va aggiunto un numero imprecisato di voli militari utilizzati per lo stesso scopo”.

A questo punto il Parlamento europeo si “aspetta che il Consiglio faccia pressione su tutti i governi interessati per dare una piena e accurata informazione al Consiglio e alla Commissione e dove necessario avvii audizioni e una indagine indipendente senza indugio”.

Per noi italiani questo significa esplicitamente un preciso riferimento al caso Abu Omar, l’imam catturato a Milano, scorazzato su e giù per l’Italia e poi consegnato alle “cure” della polizia politica egiziana, che lo ha recentemente rilasciato, dopo averlo dorato e fritto per bene per un lungo periodo.

Per noi italiani questo significa che l’allora Capo del governo, Berlusoni, il Ministro della Difesa, Martino, il Ministro dell’Interno, Pisanu, nonché i ministri degli Esteri che si sono succeduti alla Farnesina durante il governo Berlusconi, vale a dire Berlusconi medesimo, Frattini e Fini hanno “rinunciato al controllo sul proprio spazio aereo e sui propri aeroporti chiudendo gli occhi nei confronti dei voli operati dalla Cia”, e hanno fatto nulla per impedire “consegne straordinarie o per il trasporto illegale di detenuti”.

Per noi italiani questo significa che i nostri servizi di sicurezza, che dipendevano dal governo Berlusconi hanno permesso che si violasse la sovranità della legge sul nostro territorio.

La nostra magistratura ha avviato un’indagine sui vertici dei nostri servizi, ben prima che il Parlamento europeo chiedesse che “il Consiglio faccia pressione su tutti i governi interessati per dare una piena e accurata informazione al Consiglio e alla Commissione e dove necessario avvii audizioni e una indagine indipendente senza indugio”. Per la nostra fortuna di Paese democratico in cui vige lo stato di diritto.

Per noi italiani significa una cosa molto grave: alcuni giornalisti italiani hanno deliberatamente voluto confondere le loro opinioni con i fatti, cercando di sostenere che in guerra tutto è lecito: anche l’arruolarsi nelle fila degli spioni se non addirittura sostenere che la tortura è lecita, se serve a sventare un attentato. Chi ha provato sdegno e repulsa aveva ragione.

Il Parlamento europeo ha approvato una relazione che ci restituisce la dignità dell’essere cittadini italiani, con passaporto dell’Unione europea. Di questo ci sentiamo di ringraziare un parlamentare italiano a Strasburgo, l’on Claudio Fava. Beh, buona giornata.

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Se vuoi diventare uno sveglio, cerca di dormire.

Chi dorme non piglia pesci? Col cavolo. Dormire è la migliore ginnastica per la memoria, infatti una buona notte di sonno è indispensabile per predisporre il cervello a memorizzare quel che si apprenderà nei giorni seguenti.

Lo dimostra uno studio di Matthew Walker della Harvard Medical School di Boston pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience che aggiunge un peso ancora maggiore al sonno, finora considerato importante per mettere ordine tra le cose già apprese. E invece dormire fa molto di più: gli esperti Usa hanno visto per la prima volta che la deprivazione di sonno per una notte mina le performance mnemoniche i giorni successivi, riducendo l’attivazione del centro della memoria, l’ippocampo.

Dormiamo sempre meno, sottolinea Walker con preoccupazione, eppure l’importanza del sonno per il viver sano è stata più volte evidenziata. Di recente, poi, una serie di studi ha messo chiaramente in luce che il sonno è importante per la costruzione dei ricordi a lungo termine delle informazioni assimilate durante il giorno.

In pratica nella veglia, durante le attività quotidiane, il cervello ingloba informazioni e forma nuove connessioni neurali (sinapsi). Di notte queste informazioni sono scremate e il cervello conserva solo quelle veramente utili, riorganizzando le sinapsi grazie alla plasticità neurale. Quindi il sonno può essere visto come un momento in cui il cervello fa ordine su cose apprese. Adesso per la prima volta, coinvolgendo 14 individui, i ricercatori Usa dimostrano che il sonno serve anche per predisporre il cervello alla formazione di nuovi ricordi nei giorni successivi.

Infatti gli esperti hanno chiesto ai volontari di non dormire per una notte e il giorno seguente gli hanno mostrato 150 immagini dicendogli di ricordarle. Due giorni dopo li hanno richiamati e hanno chiesto loro di ritrovare, tra oltre 250 immagini, le 150 viste due giorni prima. Durante questo test gli esperti hanno osservato l’attività dell’ippocampo con la risonanza magnetica e misurato le loro performance confrontandole con quelle di persone senza la notte insonne alle spalle.

E’ emerso che gli individui che non avevano dormito hanno molta più difficoltà a ritrovare le foto e il loro ippocampo é anche meno attivo. Questo studio conferma che la carenza di sonno ha un effetto dirompente sulla memoria e dimostra che impedisce anche la formazione di nuovi ricordi nei giorni seguenti oltre che il riordino di quelli già formati.

Adesso che siete svegli, leggete attentamente queste parole: se perdi il sonno per vedere “Sottovoce” diventi come Marzullo. Beh buona giornata.

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La notizia delle notizie.

Uomo morde cane, e come da manuale fa notizia. Più precisamente: ladro morde cane poliziotto che lo aveva stanato ma ha la peggio, perché viene morso a sua volta, ed è arrestato insieme al suo compare. E’ successo ieri in Nuova Zelanda, quando il pastore tedesco di nome Edge, in un episodio degno del commissario Rex, ha scovato nascosti fra i cespugli in fondo ad un argine due uomini, sospettati di una rapina da poco commessa in un mini market. Secondo il quotidiano Dominion Post, uno dei malviventi ha attaccato Edge addentandolo al collo, ma il cane ha reagito azzannandolo a sua volta.

E’ finita pari, nel senso che il cane morso ha morso quel cane d’uomo che lo aveva morso. Adesso aspettiamo si avveri la profezia della zebra, seconda la quale in pubblicità se una zebra corre in mezzo a una mandria di cavalli, ciò che dobbiamo comunicare è: cosa fa una mandria di cavalli attorno a una zebra?

E’ la madre di tutte le campagne pubblicitaria: il meccanismo di rovesciamento della realtà, che fa bella, credibile e gustosa la pubblicità. Non invasiva, ma accettabile, proprio perché si propone come iperbole del vero.

Ultimamente le cose sono andate per traverso: invece che il meccanismo di rovesciamento, abbiamo avuto pubblicità che fa venire da rovesciare. Speriamo in meglio. Beh, buona giornata.

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Quando si incazza don Abbondio.

Non c’è più religione. E’ scoppiata una lite “in famiglia” tra un parroco e la perpetua. Ha rischiato una denuncia per lesioni un anziano parroco di un paese alla foce del fiume Magra (La Spezia) che durante un alterco scoppiato per futili motivi si è messo a lanciare piatti alla sua perpetua. Erano passate da poco le 22 quando la donna, in evidente stato di alterazione, dalla canonica ha chiamato i carabinieri per chiedere aiuto. In pochi minuti una pattuglia dei militari dell’Arma guidati dal tenente Alessandro Coassin, della compagnia di Sarzana, è intervenuto e ha calmato gli animi. La donna, che non ha subito alcuna lesione, ha deciso però di non sporgere querela. Proprio come fanno le mogli quando i mariti violenti vanno fuori di testa.

La Chiesa Cattolica continua a essere contraria a ogni forma di “civile convivenza” tra adulti consenzienti, quello che l’acronimo chiama Pacs. E questo piccolo episodio di cronaca, che sembra tratto dalla fiction “Don Matteo” ci dà la misura della sproporzione tra la realtà dei fatti moderni e la vecchia consuetudine seconda la quale le donne fanno i servizi di casa agli uomini.

L’idea stessa che ancora oggi esista la figura manzoniana della perpetua è al tempo stesso un poco comica e altrettanto penosa. Ma ognuno ha il diritto di fare della propria vita quello che ritiene giusto e utile.

Che è una professione di libertà e tolleranza nei confronti del clero che sarebbe gradita il clero restituisse, in egual misura, nei confronti di chi, credente o non credente decidesse di convivere e di regolarizzare, attraverso i Pacs la propria scelta di vita in comune. E poi, come si fa a biasimare chi intende assumersi obblighi di fronte alla legge? E perché si dovrebbe impedirglielo: dove sta scritto che l’estensione dei diritti soffoca i diritti precedenti. Vuoi sposarti? Sposati. Vuoi convivere? Convivi. Basta che non maltratti la persona con la quale dividi il tetto.

Il fatto che tetto faccia rima con letto, anche questo è alla responsabilità dei singoli, adulti e consenzienti. Perché c’è una terza rima possibile, che forse è la prima parola da usare: rispetto. Anche tra un parroco e la sua perpetua. A questo servono le leggi e non servono le scomuniche. Beh, buona giornata.

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Ostaggi.

Dopo l’intervista rilasciata al Manifesto dai tecnici rapiti nel delta del Niger, ieri è giunta una telefonata a casa dei famigliari di uno di loro. La soluzione della vicenda preme sul Governo e sul Ministero degli Esteri.

Tecnicamente il problema è semplice: bisogna che gli ostaggi rimangano in vita, nel senso che le forze speciali nigeriane non tentino nessuna sortita contro i rapitori, perché questo potrebbe mettere seriamente a rischio la vita dei tecnici italiani dell’Eni.

Romano Prodi ha avuto assicurazioni in merito dal parte del capo del governo nigeriano, incontrato al vertice dell’Unione africana ad Addis Abeba. Interviste e telefonate sono la prova che i tecnici dell’Eni sono ancora vivi. Ma, come sottolinea la Farnesina, la situazione è molto delicata. Perché non c’è dubbio che le ragioni del rapimento sono, paradossalmente, comprensibili se non addirittura condivisibili. Una regione africana è ricca di petrolio e povera da morire: di fame, di malattie e di sete.

L’organizzazione politica che detiene gli ostaggi chiede che i proventi dello sfruttamento del petrolio vengano ridistribuiti a beneficio della popolazione che vive, ai limiti della sopravvivenza, sopra i giacimenti petroliferi. E allora scopriamo che il nostro Paese e il suo modello di consumo energetico sfrutta brutalmente un paese e la sua gente. Che l’Eni è per niente differente dalle altre compagnie petrolifere. Che noi avendo bisogno di petrolio possiamo fare a meno di scrupoli.

Quella stessa mancanza di scrupoli che fa di noi stessi ostaggi del petrolio: per quarantotto ore i gestori delle pompe di benzina scioperano contro il governo italiano che ha deciso la liberalizzazione della distribuzione della benzina, perché cali il prezzo della benzina . E’ uno straordinario cortocircuito: italiani ostaggi vicino ai pozzi di petrolio, italiani ostaggi dei prezzi davanti alle pompe di benzina.

E’ sbagliato rapire tecnici, ma le ragioni dei rapitori sono comprensibili. E’ un diritto scioperare, ma le ragioni dei gestori sono sbagliate.

Libertà e liberalizzazioni stanno facendo una danza macabra, grottesca, pericolosa.

Il petrolio, dopo aver inquinato il pianeta, comincia ad avvelenare il nostro rapporto con la realtà. Il nostro modello di sviluppo sta andando in corto circuito. Il prezzo da pagare corrisponde al prezzo di mercato, ma è il mercato che esprime valori che non siamo più disposti a pagare. Ce ne sentiamo ostaggi. E temiamo che a qualcuno salti in testa di usare la forza per uscire da questa stretta mortale.

Come è successo con la guerra in Iraq e in Afghanistan. Quell’uso della forza che piace tanto ai guerrafondai di casa nostra, come l’on. Fini che crede che la diplomazia italiana sia rimasta ai tempi dell’Asse (prima era Berlino oggi è Washington) e che quindi applaude alla lettera aperta degli ambasciatori dei paesi che occupano l’Afghanistan, per spingere l’Italia a rimanere in armi in quel paese.

Ostaggio anch’egli del ricordo della sua breve permanenza alla Farnesina, fa a meno di scrupoli nell’usare vicende di politica estera per fare polemiche di politica interna. Si vede che anche a lui il petrolio dà alla testa, forse perché è nero. Beh, buona giornata.

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Non c’è un bel clima tra noi e il pianeta.

La situazione meteorologica italiana non è “allarmante ma preoccupante”, ha detto il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso.

“Previsioni di pioggia nei prossimi mesi non ci sono e quindi potrebbero verificarsi grossi problemi per la poca acqua a disposizione”, ha detto ancora Bertolaso, aprendo un incontro tra gli esperti di clima al Dipartimento della Protezione Civile.

Bertolaso ha indicato che in caso di necessità si interverrà con provvedimenti ad hoc per consentire un utilizzo più funzionale dell’acqua. Come dire: ha buttato acqua sul fuoco.

Or dunque, non vi allarmate: nonostante siamo in pieno inverno queste cose Bertolaso le ha dette in maniche di camicia. Beh, buona giornata.

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Intolleranza a molti zeri.

Il presidente della Lega calcio di prima di Calciopoli, via telefonino sospese un derby Roma-Lazio: i capi ultras erano entrati in campo dicendo ai capitani delle rispettive squadre che negli scontri fuori lo stadio era morto un bambino. Non era vero niente, come aveva confermato il Prefetto di Roma, ma la partita fu sospesa.

Il presidente della Lega calcio di oggi ha detto in un’intervista a Radio Capital, pubblicata su la Repubblica di ieri: “I morti del sistema calcistico purtroppo fanno parte di questo grandissimo movimento, che le forze dell’ordine ancora non riescono a controllare.” Ne è nato un putiferio: Prodi ha stigmatizzato queste parole, il Coni potrebbe deferire il presidente della Lega, la qual cosa porterebbe alla sua destituzione.

Lo spettacolo deve continuare, sembra la parola d’ordine veicolata dalle squadre, dai dirigenti e anche dai calciatori: per loro ha parlato Maldini, che ha detto di non chiudere gli stadi. Perché? Per amore dello sport? Non pare essere così. Già nella giornata di domenica si dava conto di quanti soldi si erano “persi” con la sospensione del campionato: i concorsi a pronostici, i diritti televisivi, gli sponsor delle squadre.

Da un lato si chiedeva tolleranza zero contro gli ultras, dall’altro si dimostrava intolleranza per la perdita di cifre a molti zeri, dovuti allo stop negli stadi. Il tutto, si badi bene, mentre la salma del povero Raciti non era ancora stata tumulata.

Segno che il tassametro degli interessi in gioco corre più velocemente di ogni altra considerazione, ivi compreso un minimo di buon gusto, almeno per un funerale in corso. Segno dei tempi: una volta la marginalità sociale che sfogava la sua rabbia negli stadi si chiamava “guerra tra poveri”.

Oggi è chiaro che la guerra è tra squadre ricche di introiti e piattaforme televisive da un lato e la “canaglia pezzente” che si scontra ogni domenica dentro e fuori gli stadi di calcio, dall’altro. Come dire: chissenefrega, che comprino la tessere pay-per-view. Ma c’è un fatto nuovo: non s’era mai vista tanta noncuranza nei confronti delle forze dell’ordine.
Che Pier Paolo Pasolini quella volta avesse avuto ragione? Beh, buona giornata.

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Si stanno facendo del male a Vicenza.

“Parto per il Giappone, quando torno fatemi trovare il governo”, pare abbia detto il ministro degli Esteri D’Alema, un paio di giorni fa, prima di volare a Tokio. Parole profetiche, visto come la maggioranza si è incartata ieri al Senato, a proposito della vicenda del raddoppio della base militare americana a Vicenza.

Infatti, grazie all’imperizia della Finocchiaro, presidente dei senatori dell’Ulivo al Senato, è successo che l’opposizione ha votato un ordine del giorno che ricalca le dichiarazioni in aula del ministro della Difesa, Arturo Parisi, la maggioranza si impappina, e la Cdl batte il governo al Senato.

Una sconfitta inutile, dal punto della stabilità del governo, come si è affrettata a dichiarare Angela Finocchiaro, come si trattasse di una contestazione amichevole dopo un lieve tamponamento. Una figuraccia utilissima a descrivere il perimetro politico in cui muove il governo Prodi in politica estera. Tanto da andare al Senato in quell’ordine sparso, reso famoso dall’Armata Brancaleone: quando si va alla cieca, come minimo si prendono botte da orbi. E a poco serve, che dopo lo scivolone, sia stato approvato un documento che chiede al governo di riesaminare le servitù militari nel nostro Paese. Essendo il vero problema legato all’ampliamento della base di Vicenza, è chiaro che Schifani e compagnia bella della Cdl se ne siano usciti dall’aula, nel tentativo di vanificare una parziale rimonta del centro-sinistra.

Il clima è avvelenato perché ad astenersi, sta volta, non è stata la “sinistra radicale” ma quattro senatori Ds, molto poco favorevoli all’idea del Partito democratico e dunque disponibili, pur di fare un dispettuccio a Parisi, prodiano, a votare l’ordine del giorno della Cdl, il cui firmatario, tanto per aggiungere sale sulla ferita, è stato Calderoli della Lega. Tanto che, per una volta, la sinistra radicale sbeffeggia il resto della maggioranza, accusandola di “estremismo centrista”. Prodi chiama al telefono Napoletano, Parisi chiede un vertice.

Tra veti incrociati, guerriglie e ripicche, la brutta storia della promessa del fatta governo Berlusconi al suo amico Bush di raddoppiare la base militare americana a Vicenza passa straordinariamente e paradossalmente in secondo piano.

Mentre è andato in onda un bel esempio di geometria variabile, in cui la formula sembra essere Base (quella di Vicenda) per Bassezza (quella dei senatori della maggioranza). Beh, buona giornata.

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E Veronica prese il toro per le corna.

Emma Bonino, a proposito della lettera di Veronica Lario in Berlusconi, pubblicata su Repubblica di ieri, ha detto che se è vero che il “personale è politico” è pur vero che il privato non è pubblico. Però essendo la lettera diventata, appunto, pubblica, il pubblico ne parla. Abbiamo letto molte dichiarazioni, tra cui, notevoli, quella dell’avvocato Ghedini, nonché di don Bagget Bozzo, l’ideologo del Berlusconi-pensiero.

Fantastico: Berlusconi è andato in “nomination”, perché questo è il reality-show dell’anno. Di più, questo è il primo reality non televisivo mai realizzato nell’era della comunicazione globale: lanciato dal quotidiano Repubblica la notizia è stata ripresa da tutte le maggiori testate giornalistiche del mondo via web, almeno 17, tra cui il New York Times, il Washington Post, lo Spiegel, la Cnn, Bloomberg, senza contare i continui lanci delle agenzie nostrane.

Poi, a un certo punto del pomeriggio, ecco il colpo di scena annunciato: il melenso”in ginocchio da te” che Berlusconi lancia attraverso le agenzie, che tutte riprendono, ovviamente. La differenza sta nel fatto che della lettera pubblica di Veronica Lario conosciamo il tramite, cioè il quotidiano la Repubblica. Della risposta no: forse è uscita da un ufficio stampa, magari dalla solerte penna di un ghost-writer? Che ci sarebbe di male: nei reality, si sa, sono gli autori a scrivere le cose che i concorrenti tentano di far finta di dire spontaneamente.

Val la pena, però, di notare che la lettera pubblicata da Veronica Lario ha una cifra che sarebbe sbagliato sottovalutare. E’ in un passaggio molto significativo: “la difesa della mia dignità di donna ritengo possa aiutare mio figlio maschio a non dimenticare mai di porre tra i suoi valori fondamentali il rispetto per le donne, così che egli possa instaurare con loro rapporti sempre sani ed equilibrati.” Ecco il punto. Questa è la piaga su cui Veronica Lario ha messo, pubblicamente il dito.

Nei rapporti personali non ci sono depenalizzazioni, leggi ad personam, prescrizioni: sui rapporti affettivi non si può pensare di cavarsela con un falso in bilancio. Un maschio, bianco, ricco e potente crede di poter riprodurre nel personale la catena gerarchica di comando, come se gli affetti fossero un’azienda in cui il capo ha sempre ragione, per il semplice fatto che è il capo.

Paternalismo, sessismo, autocompiacimento, libido del potere: pessimi esempi del machismo, che Berlusconi ha sempre usato per affabulare, piacere, convincere. Mentre tutti intorno sghignazzavano per vile compiacenza. Ma anche prassi normale in azienda, quel mondo di cui Berlusconi si è auto-nominato paladino e interprete.

Una prassi molto italiana, basta vedere gli organigrammi delle aziende italiane: quante donne ci sono ai vertici delle più importanti imprese italiane? E in politica? E nelle istituzioni? Non vige forse la normalità del danno alla dignità umana e professionale delle donne, attraverso l’ammiccamento, la battutina, il doppio senso sessuale, lo sguardo indiscreto? Per poi dire: ma io scherzavo, mica se la sarà presa!? E magari, poi, scatta la ripicca, la ritorsione, il mobbing.

Veronica Lario ha scritto di volere che il suo figlio maschio impari il rispetto per le donne perché “possa instaurare con loro rapporti sempre sani ed equilibrati.” E’ un ceffone in piena faccia, come quello che molte donne, intimorite, ricattate o semplicemente basite dalla sfacciataggine maschilista, a volte non riescono ad assestare a chi tenta di umiliarle.

Ecco allora che ciò che è stato messo in pubblico da parte di Veronica Lario non è una vicenda privata, ma personale di una donna. Il personale è politico, non è forse vero, cara Emma Bonino? Beh, buona giornata.

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Pacs lateranensi.

Preoccupati che il Capo dello Stato desse troppo ascolto alle gerarchie ecclesiastiche sui Pacs, l’Unione degli atei italiani ha chiesto un incontro al Quirinale, sostenendo che”cercare un dialogo con le alte gerarchie della Chiesa, che più volte hanno definito le proprie opinioni in materia «principi non negoziabili», appare ai laici italiani un’impresa destinata ad avere scarso successo.” Neanche si fossero messi d’accordo prima, con un tempestività “diabolica” la Cei replica: “una legge sulle coppie di fatto è superflua”. I vesco ricordano che “di fronte alle accuse di indebita ingerenza nell’attività legislativa, anche per ciò che concerne il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, al riguardo la Chiesa non può rimanere indifferente e silenziosa”.

Per una volta, il diavolo e l’acqua santa nello stesso momento. Il presidente aveva, con molta cortesia detto che sui Pacs si poteva arrivare a una soluzione, “una sintesi” l’ha definita, in modo da conciliare la posizione della Chiesa e quella dello Stato.
Ma la Chiesa non ci sta e spara ad alzo zero, proprio come quel cannone che aprì la famosa breccia di Porta Pia. La Chiesa non gira l’altra guancia, anzi, fa la faccia cattiva, addirittura minacciosa.
Al nuovo Papa, che pure il presidente Napolitano aveva detto, cortesemente che ne avrebbe ascoltato le inquietudini, i Pacs proprio non gli vanno giù. Lo Stato italiano è laico, c’è pure scritto nella Costituzione. Ma quelli niente, come se la Breccia di Porta Pia non si fosse mai squarciata.

Eppure lo sappiamo tutti che è giusto che si permetta la legalità alle coppie di fatto, che un diritto non è un obbligo, ma una opportunità di rendere equa e solidale la posizione di fatto davanti alla Legge. Ma monsignor Giuseppe Betori è irremovibile: per quanto riconosca leggere sfumature tra i vescovi italiani, dice che “c’è fondamentale unità sul ‘no’ a qualunque riconoscimento giuridico alle coppie di fatto”.

E non volevano la pillola, e ancora vietano il preservativo, nonostante l’Aids, e non volevano il divorzio e neanche l’aborto. Andarono allo scontro e persero i referendum. Oggi lo minacciano. Cattolici o atei, siamo cittadini: i diritti non sono una partita tra scapoli e ammogliati.
Caro Presidente, se lei cercava una sintesi, beh la sintesi adesso ce l’abbiamo. Vogliono la guerra? E Pacs sia. Beh, buona giornata.

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Quei buchi nei calzini.

Jane Fonda, Tim Robbins, Sean Pen, Susan Sarandom erano tra i centomila americani che hanno sfilato a Washington contro la guerra in Iraq. C’erano anche reduci dalla sciagurata avventura bellica, sulle loro t-shirt c’era scritto Iraq Venterans againts War. Nel frattempo, nei sondaggi di opinione Bush crollava al 30% del gradimento degli americani. Come sono antiamericani questi americani. Nelle stesse ore Paul Wolfowitz mostrava i buchi dei suoi calzini in Turchia, durante una visita a una moschea.

Chissà come è invidioso Giuliano Ferrara, che di trash se ne intende. Anche a lui sarebbe piaciuto mostrare i calzini bucati, come Paul Wolfowitz, il falco, l’oracolo del politicamente scorretto, delle affermazioni brutali e senza mediazione. Il massimo che è riuscito a fare il neo-cons nazionale fu buttare la giacca di lino per terra, mentre si faceva intervistare in un programma televisivo, di quelli del capo, di cui è il capo del servizio d’ordine.

Wolfowitz è americano, pragmatico, intellettuale, pratico, spiccio, tutt’altra pasta dei neo-cons nostrani, quelli all’amatriciana.

Da teorico pervicace della supremazia della politica e dell’economia americana, muscolare e molto bellicosa, dopo aver anche militato a sinistra, tra i democratici, che così ci si fa una reputazione da intellettuale e poi ci si fa pagare come il figliol prodigo che ritorna, il nostro ha fatto un balzo felino nell’Amministrazione Bush.

Dopo aver ricoperto la carica vice segretario di Stato, ai tempi di Colin Powel, che dovette andare all’Onu a mostrare una provetta con una roba bianca dentro per dimostrare al mondo che si trattava della prova provata, “la pistola fumante”, delle armi di distruzione di massa, che non era vero, ma che la guerra si fece lo stesso, Wolfowitz fu candidato da Bush e accettato da tutti gli altri come presidente della Banca Mondiale.

Dal che si capisce a che servono le guerre: a intimorire tutti e mettere le mani sul malloppo. Insomma, l’uomo giusto nel posto ghiotto. E dunque, il nostro eroe è arrivato nella stanza dei bottoni e dei bottini.

Un lupo a guardia del gregge, a decidere quali progetti finanziare, quali paesi aiutare, quali prestiti erogare. E, per converso, quali ricattare, strangolare, minacciare, piegare, rovesciare.

Insomma, la guerra vera, quella fatta con gli interessi, i debiti e i dollari. Che la guerra, come si sa, è cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali. Quelli sono solo capaci di perderla, come stanno facendo in Iraq. Lo dicono i fatti, i morti, le stragi, ma lo dicono anche i dimostranti che tornano a migliaia nelle strade di Washington .Proprio come noi abbiamo fatto in tutti questi maledetti anni.

Perché è un fatto assodato che la guerra vera si fa con i colletti bianchi, con i dollari verdi, con l’oro nero, con i ricatti oscuri. Meglio della teoria delle armi di distruzione di massa è la pratica finanziaria della disperazione delle masse: quelle dei paesi poveri, quelli che fanno il World Social Forum, gli odiati paesi no global. Che se rompono troppo le balle, li mettiamo nella lista dei “paesi canaglia”.

Però stavolta, almeno per una volta, a Wolfowitz gli è andata buca. Se non nelle sue strategie, almeno nei calzini. E’ successo in Turchia e, per di più, di fronte a una moschea. Torna in voga un vecchio detto: sarà una risata che vi seppellirà. Beh, buona giornata.

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Mezze smentite e mezze porzioni.

Al convegno dei circoli Liberal, il trastullo che è stato regalato a Ferdinando Adornato per farlo giocare un po’al filosofo, (sapete com’è se a uno da piccolo non gli hanno regalato il piccolo chimico, poi crescendo diventa un piccolo cinico), Fini, candidato alla cena dei Telegatti come leader della Cdl, e scandidato la mattina dopo davanti a un cappuccino prima di entrare al cinema Capranica, dove appunto si teneva il convegno dei berluscons, ha detto: “Non facciamo nominalismi, pensiamo ai valori.”

E infatti, Berlusconi ai valori ci pensa eccome, soprattutto al valore di Mediaset, azienda quotata in Borsa. Berlusconi, dopo aver mezzo smentito la candidatura di Fini, ha invece riconfermato la sua rabbiosa opposizione al ddl Gentiloni.

Ora, lo sanno tutti qual è la tattica da sempre seguita dal Cavaliere: far finta di essere conciliante, far lavorare i pontieri per cercare di trarre vantaggi da una mediazione e poi, quando le convenienze diventano altre, ecco che scatta il piano B. Tutto all’aria: accuse, minacce, vittimismo, chiamata alle armi. Se lo ricorda ancora D’Alema, che credeva di trattare sulle riforme istituzionali e poi il piano B mandò la bicamerale all’aria.

E’ la stessa tecnica che sta usando oggi per quanto riguarda il ddl Gentiloni, che ha cominciato il suo iter parlamentare tra mille cavilli e ostruzionismi da parte dei deputati della Cdl.

C’è però una domanda che ci piacerebbe rivolgere al Ministro delle Comunicazioni: egli ha confezionato un disegno molto cauto, equilibrato, che pur contenendo spunti interessanti, in direzione della rottura della posizione dominante sul mercato della raccolta pubblicitaria, oltre tutto all’interno stesso delle direttive europee in materia, non può essere considerato un progetto profondamente riformatore del sistema televisivo italiano.

Nel ddl si danno per acquisite posizioni forti e quindi, invece che riformarle si tenta la via di gestirle. Nonostante questo cauto agire, Berlusconi si è scagliato con forza contro il ddl Gentiloni, definendolo un “piano criminale” per espropriargli l’azienda.

E allora, forse valeva la pena di fare una legge veramente severa, invece che una mezza porzione. Tanto Gentiloni sarebbe finito sbranato lo stesso. Beh, buona giornata.

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Noi che stiamo nei nostri sandali, ci piace Prodi come Bartali e i berluscones che si incazzano.

Berlusconi nomina Fini suo successore ai Telegatti. La Lega dice no ai cinque milioni di baionette contro la riforma della Tv. L’Udc sghignazza. Dal centro-sinistra, finalmente cala un pietoso silenzio. E intanto Prodi pedala.

Per la prima volta nella storia dello spettacolo, che uno che viene nominato delfino fa la fine del sorcio. Fini è stato nominato il successore del dopo-cena.

E’ successo durante le ultime esternazioni di Berlusconi alla cena che segue la cerimonia dei Telegatti. Nessuno nella Cdl ha gradito, anche il portavoce di Fini ha detto “sì, no, vabbé, forse, non so”.
Roba da “avanz-spettacolo”. Berlusconi ha anche detto che porterà in piazza cinque milioni di persone contro il ddl Gentiloni, la qualcosa fa tanto gli 8 milioni di baionette, pronte a combattere contro i nemici demoplutogiudaici del centro-sinistra.

Pensando di essere il Colosso di Rodi, Berlusconi ha fatto la figura dell’ex leader a cui gli rode: gli rode che la legge sulle tv vada avanti, nonostante il piano preordinato di ritardarne l’iter parlamentare, con tanto di sdegnosi abbandoni delle sedute in commissione Cultura e Trasporti della Camera da parte dei deputati del centro-destra; gli rode che sia stata giudicata inammissibile la Pecorella, quella legge che gli avrebbe consentito di non dover affrontare il processo d’appello sul caso Sme.

Ma gli rode, soprattutto a Berlusoni, che Prodi abbia cominciato a pedalare di gran lena.
Dopo la salita della Finanziaria, dopo il falso piano di Caserta, dopo le curve a gomito di Vicenza e dell’Afghanistan, Prodi tira la volata del Governo. Le liberalizzazioni, appena varate dal Governo colpiscono al cuore il berlusconismo.

Ben prima dei cinque anni del suo governo abbiamo sentito suonare sempre la stessa musica, dai soliti Soloni della politica italiana: il Cavaliere ha tutti i difetti del mondo, ma per modernizzare il Paese va bene anche uno come lui. Ora quest’alibi è caduto, non solo nelle urne, ma nei fatti. La vecchia storia del “turarsi il naso”, di montanelliana memoria non è più di attualità.

E’ dietro le spalle del Paese, è dietro la ruota del governo Prodi. Oggi i berluscones sembrano ex combattenti e reduci di una guerra persa contro i tempi che stanno cambiando.

Comici, spaventati guerrieri di un’era che sta cambiando, la schiera del berluscones sbanda e ondeggia, lo spettacolo non diverte più: oggi Berlusconi sembra in bianco e nero, mentre il Paese riprende i colori.
Non sono state, non sono e non saranno rose e fiori.

Ma a chi, come noi, sa stare nei suoi sandali, fa piacere che Prodi cominci ad andare come Bartali e che ai berluscones le palle comincino a girargli. Taratazza, taratazza, za, za! Beh, buona giornata.

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Il macero elettronico.

Un’azienda americana ha inventato la e-mail che si cancella qualche secondo dopo essere stata letta, evitando tracce informatiche o evitando di aggravare la memoria.

L’invenzione è della VaporStream di New York, che per un abbonamento di 20 sterline all’anno offre la garanzia che i messaggi di posta elettronica spariranno dopo la lettura.

Insomma, la novità che arriva dagli Usa e che apre a una nuova generazione di e-mail è ricevere messaggi di posta elettronica che si auto-distruggono dopo essere stati letti. Ecco che la tecnologia riconosce apertamente che la maggior parte dei messaggi via e-mail sono talmente inutili da volere che siano inceneriti immediatamente dopo essere stati subiti sul proprio account di posta elettronica.

E soprattutto, senza lasciare tracce né ingombri sulla memoria del computer. Dove non sono arrivate le norme anti-spam, ci arriva la genialata di una azienda che commercializza il diritto a essere lasciati in pace dagli invii molesti.

Qualcuno dirà che uno dovrebbe pagare per avere di più, non per avere di meno: ma questo è il fantastico mondo della comunicazione globale, dove essere lasciati in pace diventa un lusso.

Ma è anche il mondo della banalizzazione delle parole, dello scrivere, cioè del comunicare tra individui. Al giorno d’oggi è impossibile sottrarsi alla propria casella di posta: quella vera si riempie ormai solo di bollette da pagare, quella virtuale si va via via riempiendo di offerte, aderendo alle quali poi si riempie la casella reale, la cassetta della posta.

Una sorta di pozzo cartesiano, in cui un messaggio travasa le sue conseguenze con un altro messaggio, così che il virtuale e il reale azzerano le loro differenze. Chissà se un giorno qualcuno non inventi la raccolta differenziata della posta indesiderata. Beh, buona giornata.

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Il cinico in Erba.

“Azouz è il personaggio del momento e ha un gran futuro”, parola di Fabrizio Corona, fotografo degli scandali, della scuderia di Lele Mora, al centro dell’inchiesta sui presunti ricatti ai vip di cui si è parlato qualche mese fa.

Azouz Marzouk è l’unico superstite della strage della sua famiglia, avvenuta a Erba. Azouz è stato al centro di maldicenze razziste, fino a quando non si è scoperto chi fossero i veri assassini. Azuoz, da vittima sacrificale, si è lentamente trasformato in un personaggio pubblico: intervistato dai giornali, ospite di trasmissioni televisive, fotografato dai paparazzi.

Ora, sembra che un assistente di Corona abbia realizzato un servizio fotografico dei funerali di Raffaella e del piccolo Youssuf in Tunisia. Sembra, anche, che a invitare il vice- paparazzo alla cerimonia funebre svoltasi a Zanghouan, in Tunisia, sarebbe stato proprio Azouz Marzouk.

Il dipendente di Corona avrebbe realizzato in esclusiva un servizio fotografico che comprende anche momenti privati della famiglia Castagna durante la permanenza nel paese tunisino, comprese le ore di raccoglimento durante la veglia funebre nell’abitazione dei genitori di Azouz. Si parla si un compenso di 15 mila euro, che però viene smentito, come sempre accade in queste situazioni, tanto per renderle ancora più scabrose.

Carlo Castagna, il padre di Raffaella, ha reagito subito: ha diffidato Fabrizio Corona dal diffondere le immagini riprese in esclusiva alle esequie della figlia e del nipotino. Corona a sua volta ha precisato che ha ricevuto il permesso all’esclusiva a titolo gratuito e solo per quanto riguarda l’immagine di Azuoz Marzouk. Di cui alla cinica dichiarazione che val la pena,( pena, appunto), riportare di nuovo: “Azouz è il personaggio del momento e ha un gran futuro”.

Che uno pensi al futuro, proprio mentre non ha ancora finito di “seppellire” il proprio tragico passato recente è semplicemente cinismo allo stato puro. Aver voglia di avere un teleobiettivo sul viso rigato dalle lacrime è una scelta personale, e come tale è di personale responsabilità: ne risponda Azuoz al suo dolore, alla memoria dei suoi cari, così come si è trovato a doverne rispondere allo sdegno di Carlo Castagna. Noi militiamo dalla parte di questo sdegno, anche perché abbiamo militato dalla parte della compostezza e del senso della misura di questo uomo, durante l’orribile svolgersi dei tragici fatti di Erba.

Non ci sono ingranaggi perversi cui uno non sappia sottrarsi, se preferisce essere una persona. Se invece vuole diventare un personaggio, allora fa quello che sta facendo Azouz, a cui i media stanno insegnando una regoletta semplice-semplice: tutto fa spettacolo, bellezza.

Non si può impedire a Azuoz di fare quello che vuole, non si può impedire al fotografo di fare un accordo di esclusiva, non si può impedire a un talk show di fare di Azouz un personaggio, non si può impedire a un rotocalco di acquistare le foto e pubblicarle. Il pubblico è adulto e sa giudicare.

Anche se un modo per dissuadere che questo cinico commercio dei dolori dell’animo abbia successo, in effetti, ci sarebbe. Giorni fa al Grande Fratello, nella sua versione inglese, una concorrente ha insultato, con epiteti razzisti, una modella indiana. Ne è nata un polemica che ha raggiunto anche la diplomazia tra la Gran Bretagna e l’India. Lo sponsor del programma trasmesso da Channel Four ha minacciato di ritirare l’investimento.

Ecco, se gli inserzionisti pubblicitari disinvestissero i loro budget nella tv trash e nella stampa scandalistica, forse a nessuno verrebbe in mente di organizzare messinscene ciniche come quella di cui stiamo parlando.

Non si tratta di moralismo, né di censura preventiva, ma di quel minimo di responsabilità sociale, che farebbe bene alla reputazione dei marchi e dunque alla pubblicità. E molto male alla cronica mancanza di scrupoli, che vorrebbe essere l’ingrediente fondamentale del successo nel mondo dello show biz.
Beh, buona giornata.

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Il reggi-coder di Berlusconi.

La Commissione Europea dovrebbe dichiarare oggi illegittimi gli aiuti concessi dal governo Berlusconi per l’acquisto di decoder per il digitale terrestre.

Salvo sorprese dell’ultima ora, dovrebbe passare la linea di Neelie Kroes, commissaria europea per la Concorrenza, come conferma lo stesso vicepresidente Franco Frattini, il quale non nasconde tuttavia le sue riserve. “Io ho delle perplessità giuridiche – ha detto il commissario nel corso di un incontro con i giornalisti italiani – che riguardano il fatto di porre l’onere del rimborso a carico di soggetti che non si sono arricchiti”.

Secondo il commissario responsabile della Giustizia, sicurezza e libertà, la decisione di domani “porrà un problema piuttosto complicato e in effetti lascerà aperte tutte le possibilità”.

Frattini riterrebbe più giusto “chiedere il rimborso ai distributori che hanno tratto da questi aiuti un vantaggio economico. C’e’ inoltre un altro problema che riguarda la determinazione del quantum”. Già, il quantum. Politicamente dovrebbe pagarlo Berlusconi Silvio. Nei fatti Berlusconi Paolo, il fratello del grande fratello. Ma Frattini, che non vorrebbe che lo pagasse Mediaset e il suo digitale terrestre, vorrebbe accollare la spesa ai distributori.

E bravo Frattini, amico dei due fratellini. E a tutti quelli che hanno comprato il decoder, col contributo statale, anche se nella loro zona il segnale non è mai arrivato? E quelli a cui nelle Finanziarie del passato sono stati tolti soldi per finanziare i decoder, che oggi verranno dichiarati illegali, perché aiuti di stato, camuffati dalla legge Gasparri?

A proposito di Gasparri: hai visto che succede quando le leggi uno se la fa scrivere da quelli di Mediaset? Ecco a chi chiedere il quantum: proprio a Gasparri. Come dire, il Fini giustifica i mezzi. Beh, buona giornata.

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Siamo pacifisti o caporali?

Le baruffe chiggiotte all’interno della maggioranza di governo non servono. Quelle sui temi della pace ancora meno. Chi dice che il governo Prodi è un governo di guerra lo dice Not in My Name.

La vicenda di Vicenza è stata organizzata ad arte dal centro-destra. C’è cascata la sinistra, proprio a Vicenza.

La storia del rifinanziamente alla missione in Afghanistan è stata sollevata con un paio di mesi di anticipo sul dibattito parlamentare. A che gioco stiamo giocando?

Qui la pace sembra essere solo un pretesto delle componenti di minoranza del governo, alla ricerca di un inutile protagonismo in vista delle prossime amministrative. Chi vi ha chiesto di essere i paladini della battaglia pacifista?

Lo state facendo per conto vostro e a modo vostro. Mentre a Nairobi, al World Social Forum giungevano più di cinquecento italiani per discutere in Africa di un altro mondo possibile, unica condizione politica perché si realizzi la pace, a Roma meno di cento persone hanno manifestato contro Prodi e D’Alema, giusto per far scendere dal Palazzo una dozzina di parlamentari “della sinistra radicale” a criticare la politica estera del Governo.

C’è una sproporzione gigantesca: a Nairobi il movimento no global, anima e motore del pacifismo mondiale, a Roma i “caporali”, quelli che della bandiera arcobaleno fanno solo un pretesto di scontro all’interno della compagine governativa.

E’ il momento di rimettere le cose a posto.

Il governo italiano, eletto dagli elettori del centro-sinistra sta facendo quello che un governo di centro sinistra deve fare: agire in ambito europeo per battere l’unilateralismo made in Usa. Senza se e senza ma. Questi sono i modi e i tempi della politica internazionale e della diplomazia europea. Sulla sponda istituzionale questa azione di governo non ha bisogno di essere appoggiata, perché è nella coscienza collettiva, oltre che nel programma dell’Unione. Ma proprio per questo, a nulla giova venga contrastata.

Chi vuole di più, e anche a me farebbe piacere di più, deve cercare un vero e proprio legame con la società civile, col movimento, con la creatività politica e sociale di cui è ricco il nostro Paese.

Che è cosa diversa, molto diversa che cercare di strumentalizzare la pace, ai fini del piccolo cabotaggio politico.

Così si è annichilito un forte movimento d’opinione, che si era fortemente schierato contro il governo Berlusconi, colpevole di aver trascinato l’Italia “che ripudia la guerra”, come recita la Costituzione, nelle avventure belliche in Afghanistan e in Iraq. Le sciocche chimiche di allora sono riuscite a far scolorire due milioni e mezzo di bandiere della pace, che sventolavano dai balconi di tutta Italia.

Ora ognuno deve fare la sua parte: Prodi non deve cadere, la pace deve vincere.

I terreni sono diversi: c’è una partita che si gioca sul tavolo istituzionale, ce n’è un’altra che si gioca sul terreno della politica del cambiamento, nell’universo pratico e ideale di “un altro mondo possibile”. Chi fa finta di non capirlo, ciurla nel manico della bandiera arcobaleno.

Stavolta sbagliare è diabolico, perseverare è umano. Beh, buona giornata.

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