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TRE MORTI? NO, SEI

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Eccoci qui, l’ennesima giornata in cui i media non fanno il loro lavoro, i sindacati balbettano, la politica cade dal pero, il governo tace e gli imprenditori (completare a piacere).

È stato un martellamento continuo sui 3 lavoratori morti in Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania, come se 3 (tre) non fosse da anni la media quotidiana delle vittime del lavoro.

La cosa grave è però un’altra: martedì 25 marzo 2025, i lavoratori morti non sono stati 3, ma 6 (sei), esattamente il doppio.

Daniel Tafa, che viveva con i genitori e i due fratelli minori a Vajont (Pordenone), lunedì 24 marzo ha festeggiato il suo 22° compleanno.

All’1,30 del 25 è morto sul posto di lavoro, alla STM di Maniago (PN), azienda di stampaggio a caldo, la stessa in cui lavora il padre di Daniel.

È accaduto tutto in un attimo, quando il ragazzo ha riavviato il macchinario che stampa ingranaggi industriali; per motivi da appurare uno stampo ad altissima temperatura è andato in pezzi e uno di questi ha colpito Daniel alla schiena, uccidendolo sul colpo.

Era al lavoro nella notte del 25 marzo anche Nicola Sicignano, 51enne di Gragnano (Napoli), dove viveva con la moglie e i due figli. Operaio alla SB Ecology (Balestrieri Holding) di Sant’Antonio Abate (NA), è finito con la testa e un braccio negli ingranaggi di un nastro trasportatore, che lo hanno straziato.

Alle 7,30 di martedì 25 marzo Umberto Rosito, 38enne di Orvieto (Terni), moglie e una figlia, stava sistemando i segnali per un cantiere stradale al km 446 dell’A1 in direzione Firenze, poco dopo il casello di Orvieto. È stato colpito in pieno da un camion, che ne ha causato la morte istantanea.

Non erano ancora le 7 di martedì 25 marzo quando il 70enne Franco Cordioli, di Valeggio sul Mincio (Mantova), ha messo in moto il trattore nei Vivai Marconi di Roverbella (Mantova). ùIn quell’azienda aveva lavorato per 40 anni e dopo la pensione aveva continuato a farlo, con la mansione di trattorista.

Qualche minuto dopo le 7 Cordioli è stato trovato accasciato sul volante del trattore, che aveva tamponato un muletto, vittima probabilmente di un malore.

Due manovali macedoni sono morti nel tardo pomeriggio di martedì 25 marzo in un incidente stradale sulla 308, la nuova strada del Santo, nel territorio di Loreggia (Padova). Con il furgone della Luison di Castello di Godego (Treviso) rientravano da un cantiere insieme a un connazionale quando si sono scontrati frontalmente con un tir.

Nello schianto, secondo alcuni testimoni dovuto a uno sbandamento del furgone, hanno perso la vita il 52enne Bajram Bajramoski, residente a San Zenone degli Ezzelini (Treviso) e il 65enne Fuat Etemovski, che viveva a Pieve del Grappa (TV). Il terzo operaio è stato elitrasportato a Treviso, mentre l’autista del tir è ricoverato a Camposampiero.

#danieltafa#nicolasicignano#umbertorosito#francocordioli#bajrambajramoski#fuatetemovski#mortidilavoro

Marzo 2025: 78 morti (sul lavoro 63; in itinere 15; media giorno 3,1)

Anno 2025: 240 morti (sul lavoro 198; in itinere 42; media giorno 2,9)

38 Lombardia (sul lavoro 27, in itinere 11)

30 Veneto (25 – 5)

19 Sicilia (14 – 5)

18 Campania (15 – 3); Emilia Romagna (12 – 6)

17 Puglia (16 – 1)

15 Lazio (12 – 3)

14 Toscana (12 – 2)

13 Piemonte (13 – 0)

12 Abruzzo (11 – 1)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

6 Marche (5 – 1)

4 Alto Adige, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino, Friuli Venezia Giulia (3 – 0); Sardegna (2 – 1)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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80, 79 e 73 anni: è l’età delle ultime tre vittime del lavoro, tutte nel settore agricolo.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Il più anziano si chiamava Giorgio Mora, ed è morto lunedì 24 marzo a San Prospero (Parma), cadendo dal trattore, forse per un malore. I soccorsi sono stati rapidi ma nulla hanno potuto.

Ivaldo Caporali di anni ne aveva 79 ed è morto domenica 23 marzo a Sarripoli, frazione di Pistoia, durante la potatura degli ulivi.

Incerta la dinamica, perché Mora era da solo; la tesi più accreditata è la caduta da una pianta, con grave trauma cranico, ma c’è anche la possibilità che sia stato colpito alla testa da un ramo.

Raffaele Izzo, 73enne di Amalfi residente a Minori (Salerno), per tutti Maradona, è morto lunedì 24 marzo cadendo da una macèra a secco durante la pulizia di un terreno a Pogerola, lavoro per il quale sarebbe stato ingaggiato a giornata.

Nella caduta da un’altezza di circa 4 metri ha riportato traumi alla testa, risultati fatali.

#giorgiomora#ivaldocaporali#raffaeleizzo#mortidilavoro

Marzo 2025: 72 morti (sul lavoro 57; in itinere 15; media giorno 3)

Anno 2025: 234 morti (sul lavoro 192; in itinere 42; media giorno 2,8)

37 Lombardia (sul lavoro 26, in itinere 11)

28 Veneto (23 – 5)

19 Sicilia (14 – 5)

18 Emilia Romagna (12 – 6)

17 Puglia (16 – 1); Campania (14 – 3)

15 Lazio (12 – 3)

14 Toscana (12 – 2)

13 Piemonte (13 – 0)

12 Abruzzo (11 – 1)

10 Calabria (10 – 0)

7 Umbria (7 – 0)

6 Marche (5 – 1)

4 Alto Adige, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino (3 – 0); Sardegna (2 – 1)

2 Friuli Venezia Giulia (2 – 0)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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Il pogrom dei coloni israeliani in Cisgiordania.

Hamdam Ballall è il secondo da destra.

Decine di coloni israeliani hanno attaccato il villaggio palestinese di Susiya, nell’area di Masafer Yatta, nella Cisgiordania meridionale, distruggendo proprietà, e hanno tentato di linciare  Hamdan Ballal, Oscar per “No Other Land”.

Per giunta, mentre veniva curato in un’ambulanza, i soldati israeliani hanno arrestato lui e un secondo uomo palestinese.

Si è trattato di un pogrom in piena regola.

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La Sicilia schizza al terzo posto dietro Lombardia e Veneto nell’orribile classifica delle regioni con più morti.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Fino al 27 gennaio la Sicilia era una delle pochissime regioni senza morti di lavoro. Quel giorno è stata imboccata una china di cui non si vede la fine: 19 vittime in 56 giorni, una ogni 70 ore, 3 nell’ultimo fine settimana, terzo posto dietro Lombardia e Veneto nell’orribile classifica delle regioni con più morti.

Sabato 22 marzo Gandolfo Cascio, fabbro 49enne di Polizzi Generosa (Palermo), si è spento nell’ospedale Civico di Palermo, dove era ricoverato dal giorno prima, quando era caduto da una scala nel garage di un cliente. Non è sopravvissuto ai gravi traumi cranici.

Morte in un ospedale di Palermo, il Villa Sofia, anche per l’antennista 53enne Salvatore Aurilio, ricoverato da lunedì 17 marzo per una caduta durante un intervento in un condominio del capoluogo siciliano.

I soccorsi erano stati lunghi e complicati tant’è che per far arrivare il ferito in ospedale era dovuto intervenire il nucleo SAF dei Vigili del Fuoco. La situazione era però compromessa e giovedì 20 marzo i medici hanno dichiarato la morte cerebrale dell’artigiano. La famiglia ha acconsentito alla donazione degli organi.

Sabato 22 marzo è morto in un incidente stradale il 58enne catanese Ignazio Riccardo Asti. Rientrando con lo scooter da un impegno di lavoro a Misterbianco, si è scontrato frontalmente con un’automobile a San Giovanni Galermo ed è morto sul colpo.

Francesco Tedone, 62enne di Corato (Bari), operaio in un pastificio della zona, arrotondava lo stipendio con un secondo lavoro da imbianchino.

Domenica 23 marzo è stato trovato senza vita in un appartamento in ristrutturazione, dopo l’allarme lanciato dai familiari che non lo vedevano rientrare. Non è chiaro se la morte sia dovuta a una caduta o a un malore. La procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo.

Ghendi Muca, 30enne operaio agricolo albanese, è morto a Gessopalena (Chieti) domenica 23 marzo, quando il suo trattore gommato si è ribaltato, finendo in un fossato. L’uomo è deceduto all’istante.

#gandolfocascio#salvatoreaurilio#riccardoasti#francescotedone#ghendimuca#mortidilavoro

Marzo 2025: 69 morti (sul lavoro 54; in itinere 15; media giorno 3)

Anno 2025: 231 morti (sul lavoro 189; in itinere 42; media giorno 2,8)

37 Lombardia (sul lavoro 26, in itinere 11)

28 Veneto (23 – 5)

19 Sicilia (14 – 5)

17 Emilia Romagna (11 – 6); Puglia (16 – 1)

16 Campania (13 – 3)

15 Lazio (12 – 3)

13 Piemonte (13 – 0); Toscana (11 – 2)

12 Abruzzo (11 – 1)

10 Calabria (10 – 0)

7 Umbria (7 – 0)

6 Marche (5 – 1)

4 Alto Adige, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino (3 – 0); Sardegna (2 – 1)

2 Friuli Venezia Giulia (2 – 0)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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L’assassino è sempre il maggiordomo.

Il padrone cambia, la scena del crimine è sempre la stessa: la Palestina.

Gli USA lo usano. Lui usa gli USA.

È uno sporco lavoro. Il colonialismo sionista è il maggiordomo dell’imperialismo USA.

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LA MEDIA A MARZO SALE A 3 MORTI DI LAVORO AL GIORNO.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Disperazione nel piazzale della Grandi Riso di Pontelangorino, a Codigoro (Ferrara), per la morte del 41enne romeno Marius Bochis, dipendente della Montaggi Industriali di Ceregnano (Rovigo), dove viveva con la moglie e i due figli. Bochis, che venerdì 21 marzo era al lavoro in cima a uno dei silos, è caduto improvvisamente all’interno della struttura, precipitando per 4 metri, ed è morto sul colpo.

Roberto Falbo, 52enne di Lamezia Terme (Catanzaro), moglie e due figli, dipendente del mangimificio Fuoco di Lamezia, è morto venerdì 21 marzo cadendo da un’impalcatura all’interno dell’azienda. La morte è stata immediata. Da ricostruire la dinamica dell’accaduto.

Massimiliano Trozzi, 45enne imprenditore di San Biagio di Osimo (Ancona), è stato trovato morto dalla madre giovedì 20 marzo all’interno della Fraber, la sua azienda. Sabato 15 marzo Trozzi, che è anche presidente della squadra di calcio del Camerano, era stato al pronto soccorso di Osimo per un malore avuto mentre assisteva a una partita, ma era stato rimandato a casa con l’invito a farsi controllare dopo una decina di giorni. Il nuovo malore è arrivato prima.

Giovanni Carbone, 72enne di Pontecorvo (Frosinone), è morto mercoledì 19 marzo mentre insieme al figlio tornava a piedi a casa, dopo aver lavorato in un campo di proprietà. Carbone è stato investito da un’auto ed è morto sul colpo.

#mariusbochis#robertofalbo#massimilianotrozzi#giovannicarbone#mortidilavoro

Marzo 2025: 64 morti (sul lavoro 50; in itinere 14; media giorno 3)

Anno 2025: 226 morti (sul lavoro 185; in itinere 41; media giorno 2,8)

37 Lombardia (sul lavoro 26, in itinere 11)

28 Veneto (23 – 5)

17 Emilia Romagna (11 – 6)

16 Puglia (15 – 1); Campania (13 – 3); Sicilia (12 – 4)

15 Lazio (12 – 3)

13 Piemonte (13 – 0); Toscana (11 – 2)

11 Abruzzo (10 – 1)

10 Calabria (10 – 0)

7 Umbria (7 – 0)

6 Marche (5 – 1)

4 Alto Adige, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino (3 – 0); Sardegna (2 – 1)

2 Friuli Venezia Giulia (2 – 0)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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ENI E IL PREZZO DI 5 VITE.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Cinque vite umane per Eni valgono 255.000 euro. Lo si deduce dalle parole di Luca Tescaroli, procuratore della Repubblica di Prato, che mercoledì 19 marzo ha annunciato di aver inviato nove avvisi di garanzia per la strage di Calenzano del 9 dicembre 2024, quando quattro esplosioni nell’area di carico causarono la morte dei camionisti Davide Baronti, Carmelo Corso e Vincenzo Martinelli; e dei tecnici Franco Cirelli e Gerardo Pepe.

La scelta di non interrompere le attività di carico mentre si procedeva alle manutenzioni delle linee fu cosciente e dettata da una valutazione statistica del rischio, giudicato molto basso.

Inoltre, se si fosse interrotta l’attività tra le 9 e le 15, sarebbero andati perduti circa 255.000 euro di guadagni. Una linea di condotta che non è esclusiva del deposito di Calenzano, ma di tutti i depositi Eni.

Per questi motivi hanno ricevuto avvisi di garanzia per i reati a vario titolo di omicidio plurimo colposo, lesioni colpose e disastro colposo, sette dirigenti Eni e due dell’appaltatore Sergen, oltre alle stessa Eni per responsabilità amministrativa in ordine ai reati di omicidio e lesioni.

Si tratta di Patrizia Boschetti, responsabile della struttura organizzativa e gestione operativa del centro Eni spa di Roma; Luigi Collurà dirigente con delega di funzioni sulla sicurezza del deposito Eni di Calenzano; Carlo Di Perna, responsabile manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni spa; Marco Bini, preposto Eni richiedente il permesso di lavoro che ha classificato l’attività di Sergen; Elio Ferrara, preposto Eni che ha autorizzato il rinnovo del permesso di lavoro a Sergen per il 9 dicembre 2024; Emanuela Proietti, responsabile del servizio prevenzione protezione (Rspp) di Eni; Enrico Cerbino, responsabile del progetto esterno per le Manutenzioni e investimenti depositi Centro Eni; Francesco Cirone, datore di lavoro e Rspp della impresa esecutrice Sergen srl di Viggiano; Luigi Murno, preposto della Sergen.

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Quando le hanno detto che si trattava di rossi e spinelli non c’ha visto più.

Le hanno fatto credere che Ventotene era un centro sociale. Ecco perché s’è arrabbiata tanto.

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Dice che “ “Siamo cresciuti insieme all’Italia. E investiremo nel suo futuro”.

Cocco, comincia a pagare le tasse in Italia, invece che ad Amsterdam.

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Sei morti di lavoro in meno di 24 ore.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Accade in Sicilia, regione che arriva così a contare 15 vittime nel 2025, terzo posto nella classifica italiana della vergogna insieme a Campania ed Emilia Romagna (guida – come sempre – la Lombardia, seguita dal Veneto).

Terrificante l’incidente in cui hanno perso la vita tre operai agricoli e altri sette sono rimasti feriti. Si è verificato poco dopo le 14 di lunedì 17 marzo, sulla statale 194 all’altezza di Carlentini (Siracusa). Un van con nove operai che tornavano ad Adrano (Catania) dopo aver raccolto arance dall’alba a Francofonte (Siracusa), si è scontrato frontalmente con un camioncino.

Un urto legato con tutta probabilità a un’invasione di corsia, dal momento che entrambi i veicoli presentano i danni peggiori sul lato anteriore sinistro. Tre degli occupanti del van, uscito scoperchiato dall’incidente, sono morti.

Gli altri sei e il guidatore del camion sono stati ricoverati, anche con l’elisoccorso, a Caltagirone (3), Lentini e Catania (2). Quattro di loro sono in gravi condizioni.

Le vittime sono il 18enne Rosario Lucchese, deceduto durante il trasporto in ospedale: il 54enne Salvatore Lanza; il 56enne Salvatore Pellegriti.

Lavoravano tutti per una società di Adrano, ma Lucchese aveva iniziato da una settimana appena: doveva preoccuparsi del figlio che stava per arrivare. I due lavoratori più anziani lasciano moglie e figli.

Antonio Alongi era invece un operaio edile ed è morto a 55 anni a Monreale (Palermo), lunedì 17 marzo, cadendo dal tetto di un edificio in ristrutturazione, mentre rimuoveva alcune lamiere di copertura.

Anche Salvatore Mezzatesta, 75 anni, stava lavorando in un cantiere, a Santa Caterina Villarmosa (Caltanissetta), e anche lui è caduto da un’altezza di circa 3 metri, domenica 16 marzo.

È stato trasportato all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta con gravissime lesioni alla testa. I medici hanno tentato un intervento, ma il paziente è morto poco dopo.

La sesta vittima siciliana è un lavoratore di cui non è ancora stato diffuso il nome. È morto lunedì 17 marzo nella raffineria Sonatrach di Augusta (Siracusa).

Dipendente di una ditta esterna, ha chiesto di fare una pausa perché non si sentiva bene. I colleghi quando non l’hanno visto tornare sono andati a cercarlo e lo hanno trovato senza vita in un bagno dello spogliatoio.

Cesare Rizzo, 73enne di Gioi (Salerno), è morto lunedì 17 marzo mentre lavorava da solo nel cantiere per la ristrutturazione della casa destinata al figlio. È rimasto vittima del ribaltamento del dumper che stava guidando.

Un lavoratore 44enne della provincia di Mantova è morto nel primo pomeriggio di lunedì 17 marzo in un cantiere stradale sulla A13, all’altezza di Villamarzana (Rovigo). L’uomo è stato investito da un furgone mentre ritirava i coni di plastica che delimitavano il cantiere ed è morto sul colpo.

#rosariolucchese#salvatorelanza#salvatorepellegriti#antonioalongi#salvatoremezzatesta#cesarerizzo#mortidilavoro

Marzo 2025: 50 morti (sul lavoro 39; in itinere 11; media giorno 2,9)

Anno 2025: 212 morti (sul lavoro 174; in itinere 38; media giorno 2,8)

35 Lombardia (sul lavoro 25, in itinere 10)

27 Veneto (23 – 4)

15 Campania, Sicilia (12 – 3); Emilia Romagna (9 – 6)

14 Puglia (13 – 1); Lazio (11 – 3)

13 Piemonte (13 – 0); Toscana (11 – 2)

11 Abruzzo (10 – 1)

9 Calabria (9 – 0)

7 Umbria (7-0)

4 Basilicata (4 – 0); Liguria, Marche (3 – 1)

3 Trentino, Alto Adige (3 – 0); Sardegna (2 – 1)

2 Friuli Venezia Giulia (2 – 0)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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Ancora 5 morti di lavoro.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Venerdì 14 marzo registriamo cinque vittime, quattro delle quali sulle strade: con i mezzi di lavoro (tre) o in itinere (una).

Gianluigi Scaccia, aveva 26 anni, viveva a Silvi (Teramo) e faceva il corriere per la BRT di Pescara. Venerdì 14 marzo si è schiantato con il furgone aziendale contro un tir al chilometro 392 della A14, tra i caselli di Pescara Ovest e Pescara Sud, nel territorio di Francavilla al Mare (Chieti).

Quel tratto autostradale era interessato da un cantiere e si era formata una coda. Non è chiaro se il mezzo che lo precedeva abbia frenato bruscamente o se sia stato il corriere a non accorgersi del rallentamento. Scaccia è morto nella cabina di guida accartocciata.

Marco Di Pentima, 48enne di Pianella (Pescara), lavoratore dell’agroalimentare, è morto alle 5,45 di venerdì 14 marzo mentre andava al lavoro in moto.

Sulla sua Ktm si è scontrato con un’automobile alla periferia di Pianella; Di Pentima è stato sbalzato dalla moto, che si è incendiata, ed è morto sul colpo.

Paolo Fiorillo, 48enne contitolare di un’azienda agricola di Briatico (Vibo Valentia) ma residente nel capoluogo, è morto venerdì 14 marzo in un incidente lungo la statale 182 a San Pietro di Bivona.

Alla guida del Doblò della ditta, si è scontrato frontalmente con una vettura, riportando lesioni gravissime. È intervenuto l’elisoccorso per trasportarlo a Catanzaro, ma Fiorillo è spirato poco prima del decollo.

Francesco Mandaradoni, operatore dei servizi ambientali del Vibonese, si è spento venerdì 14 marzo nell’ospedale di Catanzaro.

Vi era stato trasportato in elicottero il 27 gennaio, quando era rimasto vittima di uno scontro frontale a Filandari (Vibo Valentia) mentre era alla guida del mezzo per la raccolta dei rifiuti. Un urto talmente violento da far staccare il cassone del furgone.

Un agricoltore 95enne di Anagni (Frosinone), Giuseppe Dandini, è morto venerdì 14 marzo dopo una settimana di ricovero al San Camillo di Roma.

Vi era stato elitrasportato venerdì 7 marzo insieme alla nuora 55enne: entrambi erano stati travolti da un albero crollato durante lavori di potatura nel bosco Pucinisco, alla periferia di Anagni.

#gianluigiscaccia#marcodipentima#paolofiorillo#francescomandaradoni#giuseppedandini#mortidilavoro

Marzo 2025: 35 morti (sul lavoro 27; in itinere 8; media giorno 2,5)

Anno 2025: 197 morti (sul lavoro 162; in itinere 35; media giorno 2,7)

35 Lombardia (sul lavoro 25, in itinere 10)

25 Veneto (21 – 4)

15 Emilia Romagna (9 – 6)

14 Puglia (13 – 1); Lazio, Campania (11 – 3)

13 Toscana (11 – 2)

12 Piemonte (12 – 0)

10 Abruzzo (9 – 1)

9 Calabria, Sicilia (9 – 0)

4 Umbria, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino, Alto Adige (3 – 0); Marche, Sardegna (2 – 1)

2 Friuli Venezia Giulia (2 – 0)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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Si continua a morire di lavoro, tra la generale indifferenza .

di Piero Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Peter Nussbaumer, 23 anni appena, forestale di Sarentino (Bolzano), giovedì 13 marzo faceva parte di una squadra impegnata nella bonifica di una zona isolata, a Lana al Vento.

La Val Sarentino è famosa per le sue falesie fragilissime, ed è stato proprio l’improvviso distacco di un masso a causare la morte sul colpo di Nussbaumer.

Paolo Marino, 48enne di Fonte Nuova (Roma), alle 7 di mercoledì 12 marzo stava andando al lavoro in scooter, sulla via Nomentana direzione Roma. Al chilometro 16 è passato sulla carcassa di un istrice che nessuno aveva spostato dopo l’investimento nella notte, e ha perso il controllo del mezzo.

È finito nella corsia opposta, scontrandosi con una vettura e riportando gravi lesioni che ne hanno causato la morte in pochi minuti.

Xhavit Halilaj, 65enne operaio albanese residente a Sacile (Pordenone), mercoledì 12 marzo era in viaggio sulla A28 alla guida di un furgone quando, nel territorio di Azzano Decimo, qualcuno gli ha segnalato problemi con il carico che trasportava.

Ha accostato ed è sceso per sistemare i materiali, ma è stato travolto e ucciso da un tir.

Un operaio romeno di 53 anni residente in provincia di Latina, è morto giovedì 13 marzo per un malore che lo ha colpito mentre per conto della ditta di cui era dipendente effettuava operazioni di resinatura alla Open Data di Anagni.

L’allarme è scattato subito ma i soccorritori hanno potuto soltanto constatare la morte del lavoratore.

#peternussbaumer#paolomarino#xhavithalilaj#mortidilavoro

Marzo 2025: 30 morti (sul lavoro 23; in itinere 7 media giorno 2,3)

Anno 2025: 192 morti (sul lavoro 158; in itinere 34; media giorno 2,7)

35 Lombardia (sul lavoro 25, in itinere 10)

25 Veneto (21 – 4)

15 Emilia Romagna (9 – 6)

14 Puglia (13 – 1); Campania (11 – 3)

13 Toscana (11 – 2); Lazio (10 – 3)

12 Piemonte (12 – 0)

9 Sicilia (9 – 0)

8 Abruzzo (8 – 0)

7 Calabria (7 – 0)

4 Umbria, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino, Alto Adige (3 – 0); Marche, Sardegna (2 – 1)

2 Friuli Venezia Giulia (2 – 0)

1 Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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Le teorie del signor Meno Peggio, alias prof. Romano Prodi.

Da giorni, il professor Romano Prodi si sta sperticando per sponsorizzare l’“effetto Serra”. Come suo costume politico, fin dai tempi in cui Massimo D’Alema, allora segretario del Pd, ce lo spinse addosso come leader dell’Ulivo, il suo punto di vista è il mantra del “meno peggio”, malattia venerea della sinistra neoliberista italiana. 

Tutto cominciò con l’IRI, di cui fu presidente dal 1982 al 1989 e poi ancora tra il 1993 e 1994, quando il nostro eroe ritenne che alla crisi dell’Istituto bisognasse rispondere con la privatizzazione di tutte aziende a capitale pubblico, perché era la scelta “meno peggio” per il PIL italiano. Alla fine, la sinistra italiana si ammalò di neoliberismo, mentre il mercato emesse la sentenza definitiva: il meno cadde e rimase solo il peggio.

Lo stesso accadde quando divenne presidente della Commissione europea, e il “meno peggio” avrebbe dovuto essere l’ingresso della lira nell’euro. In seguito, Prodi non riuscì neppure a essere il “meno peggio” di Berlusconi, che riuscì a battere due volte, ma non a sconfiggerlo, perché tra un’olgettina e l’altra il cavaliere montò in sella per la terza volta, non senza l’aiuto di Veltroni. Più peggio di così.

Ma veniamo all’ “Effetto Serra”, cioè alla manifestazione convocata a piazza del Popolo a Roma, dalla quale chi sa quanti e quali benefici effetti europeisti dovrebbero scaturire.

Nella sua intervista a Repubblica e nel suo intervento in tv da Fazio, riecco la teoria del “meno peggio”: la pace armata che ha votato il Parlamento europeo è “meno peggio” della guerra, dice il professore. Lo dimorerebbero, secondo la sua tesi, gli ottanta anni di pace garantiti dalla Nato all’Europa. 

Questa è una vera e propria cineseria, cioè quella inutile cavillosità di chi vorrebbe convincerci con teorie oziose, senza contare lo specifico riferimento alla cattedra che il nostro ha a Pechino, nell’università privata intitolata a Gianni Agnelli, di proprietà della Exor di Elkann. 

Ottanta anni di pace? Il professore ci vuole far dimenticare la Guerra Fredda? La guerra civile in Grecia? E il successivo regime dei colonnelli? Non si ricorda il fascismo in Spagna e Portogallo? La guerra civile contro i baschi e contro gli irlandesi nell’Ulster? Dimentica le stragi fasciste foraggiate dalla Cia in Italia per intimorire la classe operaia? E dopo la caduta del Muro, la guerra nella ex Jugoslavia e i bombardamenti di Belgrado? 

Se è una pace armata fino ai denti il motivo che dovrebbe convocarci in piazza che lui e le anime perse della sinistra liberale ci vogliono proporre oggi, la risposta è semplice: al “meno peggio” abbiamo già dato.

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Tesla di cavolo.

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Serra/te i ranghi.

I partiti socialisti si liquefecero in occasione della Prima guerra mondiale, solubili all’interventismo che spianò la strada alla carneficina imperialista prima e al fascismo poi, per sfociare nel nazifascismo, tragico protagonista della Seconda guerra.

Oggi la storia ha una tale voglia di ripetersi da produrre la farsa del voto a maggioranza del Parlamento europeo, per sperperare un enorme quantità di euro per le armi.

Tuttavia, la storia è maligna: così invece di dire un forte e chiaro NO alla guerra imperialista – cui l’Ue ha fretta di partecipare -, ecco che la “sinistra” chiama la piazza: per quale Europa? Per quella neo-interventista?

Il quotidiano Repubblica, passato dalla direzione di un feroce sionista, come è stato il tristo Molinari a quella di un Orfeo che, come nella mitologia, cerca di andare a prendere la pace negli inferi della Nato, ma si gira e quella diventa di sale, così che sponsorizza l’Effetto Serra della cultura politica progressista italiana.

Care anime belle della politica, della cultura, del pensiero scientifico, incapaci, come state dimostrando, di elaborare il lutto di quella coscienza di classe, che un tempo alimentava il vostro impegno politico e sociale, vi siete ormai ridotte a Serra/re i ranghi, come una sgangherata pattuglia di coscritti bellicisti, che brancola nella nebbia della mera propaganda europeista.

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In mano a chi è “ReArm Europe”?

Durante il suo mandato come Ministra della Difesa in Germania (2013-2019), Ursula von der Leyen ha affrontato critiche riguardanti la gestione delle forniture militari.

In particolare, nel 2015, l’opposizione e alcuni esperti hanno sollevato preoccupazioni sull’acquisto di 138 elicotteri da guerra per la Bundeswehr, costati 8,5 miliardi di euro.

Questi elicotteri presentavano numerosi problemi tecnici, tra cui avarie ai motori negli NH90 che quasi causarono incidenti, e difetti nel software che potevano portare a cortocircuiti.

Tali problematiche portarono alla sospensione temporanea delle operazioni di volo per l’intera flotta. Nonostante ciò, la marina e l’esercito sottolinearono l’urgenza di sostituire i velivoli obsoleti. 

Inoltre, nel 2014, von der Leyen ha promesso di affrontare le problematiche legate al budget delle attrezzature militari tedesche, dopo la pubblicazione di un rapporto KPMG che evidenziava ripetuti fallimenti nel controllo dei fornitori, dei costi e delle scadenze di consegna.

Ad esempio, ci sono stati ritardi e problemi di qualità con l’aereo da trasporto Airbus A400M Atlas, il caccia Eurofighter Typhoon e il veicolo corazzato Boxer.

Nel 2015, ha criticato pubblicamente Airbus per i ritardi nella consegna degli A400M, lamentando seri problemi di qualità del prodotto.

Sotto la sua guida, il ministero ha negoziato compensazioni per questi ritardi, inclusi 13 milioni di euro per i ritardi nelle consegne del secondo e terzo A400M, e ulteriori 12,7 milioni di euro per il ritardo nella consegna di un quarto aereo. 

Queste vicende hanno sollevato dubbi sulla gestione degli appalti militari durante il suo mandato, contribuendo alle controversie che hanno caratterizzato la sua leadership al Ministero della Difesa.

Ecco chi è frau “Pace con la forza”.

Nelle tasche di chi andranno gli 800 miliardi di euro per il riarmo?
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Doppio incidente.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

C’è un doppio incidente stradale dietro la morte di Marco Galaverni, titolare con il fratello Paolo di un’azienda agricola di Bagnolo in Piano (Reggio Emilia), che ha l’appalto per il concime prodotto da Sabar, gestore dei servizi ambientali per i comuni della Bassa Reggiana.

Lunedì 10 marzo un trattore che trasportava concime ha avuto un incidente a Novellara, su Strada della Vittoria, in cui sono rimaste ferite due donne.

Il trattorista non aveva con sé i documenti del mezzo e ha chiamato Paolo Galaverni per farseli portare. L’uomo ha girato la richiesta al fratello, che è partito con il Doblò aziendale per consegnarli.

Arrivato su Strada della Vittoria, una via di campagna, si è scontrato con un altro Doblò. Uno schianto violentissimo, in cui Marco Galaverni è morto sul colpo. In prognosi riservata il 25enne alla guida dell’altra vettura, trasportato dall’elisoccorso all’ospedale di Parma.

#marcogalaverni#mortidilavoro

Marzo 2025: 23 morti (sul lavoro 18; in itinere 5; media giorno 2,3)

Anno 2025: 185 morti (sul lavoro 153; in itinere 32; media giorno 2,7)

35 Lombardia (sul lavoro 25, in itinere 10)

24 Veneto (20 – 4)

15 Emilia Romagna (9 – 6)

14 Puglia (13 – 1)

13 Toscana, Campania (11 – 2)

12 Piemonte (12 – 0)

10 Lazio (8 – 2)

9 Sicilia (9 – 0)

8 Abruzzo (8 – 0)

7 Calabria (7 – 0)

4 Umbria, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino (3 – 0); Marche, Sardegna (2 – 1)

2 Alto Adige (2 – 0)

1 Friuli Venezia Giulia (1 – 0); Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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La mala informazione.

di Paolo Guenzi

Ci sono nei fatti due cose: scienza e opinione; la prima genera conoscenza, la seconda ignoranza. (Ippocrate)

Solo per fare un esempio emblematico, dal quale scaturiscono peraltro numerose implicazioni gravemente preoccupanti, si stima che nel 2020 il tempo medio di attenzione degli utenti sui social network fosse di 8 secondi (contro i 12 del 2000, peraltro) e quello continuativo dedicato a leggere un articolo online fosse di 15 secondi (secondo Jacques Attali, in “Disinformati. Giornalismo e libertà nell’epoca dei social”, Ponte alle Grazie, 2022).

Informare e informarsi è impegnativo e faticoso, ed è quindi incompatibile con simili tempi. Questo è un problema, perché si tratta di attività essenziali per la democrazia e in generale per il benessere e lo sviluppo della società.

La maggior parte degli esseri umani cerca di economizzare sul consumo delle proprie risorse, è quindi naturale che persegua e apprezzi il disimpegno.

Ecco allora che nei mezzi di pseudo-informazione di massa si affermano contenuti quali sport, moda, gossip, insomma il futile prevale largamente sull’utile, l’intrattenimento sull’informazione.

Come visto, si tratta di un ingranaggio tipico del marketing dell’ignoranza. (Paolo Guenzi, “Il marketing dell’ignoranza“, Egea)

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Le origini del revisionismo storico.

di Bettina Stangneth

Il vizietto nazista di bruciare pubblicamente montagne di libri ha dimostrato l’attenzione dal fatto che il nazionalsocialismo nutriva un grande, se non addirittura eccessivo, rispetto per la parola scritta.

I libri venivano bruciati perché si attribuiva loro un grande potere, in altre parole, li si temeva. Questa paura di perdere l’esclusiva dell’interpretazione era una dei moventi fondamentali dei nazisti.

L’uomo del primo Novecento aveva abbastanza esperienza del libro come mezzo di comunicazione di massa, da sapere che la storia non si limita ad accadere, ma viene scritta per le generazioni a venire.

Il fatto che l’“atto creativo” fosse sempre preceduto dalla lotta e dalla distruzione delle creazioni esistenti rispecchiava la tendenza radicale e aggressiva di Adolf Hitler.

Sin dal principio la consapevolezza con la quale i nazisti rielaborarono la storia non si estrinsecò solo nelle azioni, ma in un vero e proprio progetto culturale e, in questo caso, letterario: l’attività culturale venne denigrata in quanto “ebreicizzata”, intere branche della scienza furino screditate in quanto “troppo soggette all’influenza straniera”.

Il libro, dunque, era considerato uno dei più efficaci strumenti di potere in mano al nemico, in particolare agli ebrei. Selezionare e bruciare i libri – come in seguito si fece con le persone – fu solo il primo passo.

Il secondo fu quello di prendersi cura e di coltivare la propria razza e di dare vita a una propria scienza e cultura. Quindi servivano libri propri, sia in ambito artistico che scientifico, perché si credeva che con lo specifico approccio nazista si fossero finalmente gettate le basi che consentivano di trasformare la scienza e l’arte in un scienza tedesca e in un’arte tedesca.

Questo è il motivo per cui sotto il nazionalsocialismo venne prodotto un n numero impressionante di libri – e la reinterpretazione del sapere esistente fu devastante fin dall’inizio. (Bettina Stangheth, “La verità del male, Eichmann prima di Gerusalemme”, LUISS).

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Si lavorava senza misure di sicurezza: niente che somigliasse a caschi, imbracature, reti. E la tanto decantata patente a punti nei cantieri?

Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Alaa Abdelkarim Ramadan Ragarb aveva 35 anni, era arrivato a Torino dall’Egitto e lavorava per un lontano cugino, titolare di una ditta che allestisce ponteggi nei cantieri edili.

Venerdì 7 marzo è stato portato in condizioni disperate all’ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Al pronto soccorso i suoi accompagnatori hanno detto che era caduto dentro casa.

I medici hanno capito subito che si trattava di una balla colossale, incompatibile con le lesioni, e hanno allertato la polizia.

Mentre Alaa moriva, la verità è saltata fuori: il lavoratore era caduto da un’altezza di circa 10 metri in un capannone di Leinì per il cedimento del tetto durante il montaggio dei ponteggi.

In quel cantiere si lavorava senza misure di sicurezza: niente che somigliasse a caschi, imbracature, reti. Probabilmente nulla che somigliasse a un contratto. La procura indaga per omicidio colposo, che è il minimo. Sarebbe interessante avere un commento della ministra Calderone sul ruolo della tanto decantata patente a punti nei cantieri.

Carlo Cacciaguerra, operaio 55enne alla Bonfiglioli di Forlì, è morto venerdì 7 marzo mentre in moto tornava a casa a Castrocaro (Forlì Cesena).

Alla periferia del capoluogo romagnolo si è schiantato contro la fiancata di un tir che usciva dal piazzale di un’azienda ed è morto sul colpo.

Sabato 8 marzo c’è stata la prima vittima del 2025 in Friuli Venezia Giulia. Si tratta di Cristina Doretto, 51enne insegnante di geografia alle medie di San Michele al Tagliamento (Udine), che alle 8 si è sentita male mentre si preparava ad accompagnare una classe in gita scolastica: «Non mi sento bene, il cuore fa le bizze», le sue parole ai colleghi. Trasportata in emergenza all’ospedale di Udine, si è spenta poco dopo.

Giuseppe Scafidi, operaio 67enne della Rap (servizi ambientali di Palermo), residente a Baucina, è morto domenica 9 marzo intorno alle 8, mentre con un camion compattatore effettuava il giro di raccolta dei rifiuti nella zona di via Ernesto Basile.

Il lavoratore, che a novembre sarebbe andato in pensione, ha accusato un malore, è sceso dal mezzo e si è accasciato. I colleghi hanno allertato i soccorsi ma Scafidi si è spento poco dopo l’arrivo all’ospedale Civico.

#carlocacciaguerra#cristinadoretto#giuseppescafidi#mortidilavoro

Marzo 2025: 22 morti (sul lavoro 17; in itinere 5; media giorno 2,4)

Anno 2025: 184 morti (sul lavoro 152; in itinere 32; media giorno 2,7)

35 Lombardia (sul lavoro 25, in itinere 10)

24 Veneto (20 – 4)

14 Puglia (13 – 1); Emilia Romagna (8 – 6)

13 Toscana, Campania (11 – 2)

12 Piemonte (12 – 0)

10 Lazio (8 – 2)

9 Sicilia (9 – 0)

8 Abruzzo (8 – 0)

7 Calabria (7 – 0)

4 Umbria, Basilicata (4 – 0); Liguria (3 – 1)

3 Trentino (3 – 0); Marche, Sardegna (2 – 1)

2 Alto Adige (2 – 0)

1 Friuli Venezia Giulia (1 – 0); Molise (0 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

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