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Yankee go home.

Pare che George W. Bush, dopo la batosta elettorale, abbia abbandonato la linea dura sull’Iraq.

In una dichiarazione nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, il presidente americano avrebbe assicurato di essere pronto “a qualsiasi idea o suggerimento”.

Eccolo forte e chiaro il suggerimento: yankee go home. Beh, buona giornata.

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Bush perde le elezioni, dopo aver perso la guerra.

Un vero successo elettorale per i Democratici al Congresso, un possibile sorpasso al Senato.

Le elezioni di mid-term, quasi un referendum su Bush e le sue avventure militari, sono state una debacle, si potrebbe dire una Baghdad per i Repubblicani, dunque per Bush e il vero capo della cricca che ha occupato la Casa Bianca, Dick Cheney.

Bush ha riconosciuto la sconfitta, proprio come non fu capace di fare uno dei suoi lacchè: Berlusconi non ha imparato niente, neanche dall’amico George.

La prospettiva di un ribaltamento dei rapporti di forza per l’elezioni del prossimo presidente, fra due anni si fanno concrete.

Ciò che ci interessa, però, è la sconfitta della teoria della guerra preventiva, della esportazione della democrazia, delle teorie neo-con sulla supremazia dell’Occidente e della leadership degli Usa nell’Impero. Per l’Europa in generale e per l’Italia in particolare, la sconfitta dei Repubblicani è più importante della vittoria dei Democratici.

Fa giustizia delle velleità guerrafondaie, delle guerre di civiltà, dello stupro del diritto, con l’arresto, il sequestro e la tortura di cittadini di origine araba, perpetrati con la complicità dei governi europei, ricattati dalla guerra al terrorismo.

Fa giustizia dell’arroganza del vecchio governo, che ha giocato sulla pelle dei nostri soldati in Iraq e in Afghanistan, fa giustizia delle forze che compongono il nuovo governo, che ha giocato sulla pelle del movimento pacifista.

Si apre uno nuovo spiraglio di pace: per quanto piccolo, va subito colto e sviluppato. O rischiamo di pagare le conseguenze della catastrofe della guerra, dello scontro di religione.
Gli sconfitti si leccano le ferite, ma lasciano a noi le conseguenze delle loro malefatte. Beh, buona giornata.

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Figli di genitori minori.

Secondo uno studio condotto tra 2500 operatori turistici in Francia, Stati Uniti, Grecia, Gran Bretagna e Spagna da un’equipe internazionale diretta da Massimo Cicogna, psicoantropologo della Fondazione Ipsa, bambini italiani sono i più maleducati d’Europa.

Disturbano in aereo, in gita scolastica distruggono stanze d’albergo, nei ristoranti schiamazzano e scorrazzano. Nel luglio scorso il comandante di un aereo tedesco che andava a Manchester da Roma ha sbarcato un’intera scolaresca italiana in gita, che rompeva le palle a bordo.

Insomma, i nostri figli sono maleducati, incivili e anche un poco stronzetti. Rispondere “ grazie” per loro è un tabù, mangiare in maniera composta un traguardo inarrivabile, distogliere per un attimo l’attenzione dalla play station per ascoltare l’interlocutore un’impresa ardua, smontare la loro concentrazione su sms e chat a favore dello studio scolastico una battaglia quotidiana, e così via.

Senza contare che la tv ha sostituito il desco: i ragazzini ormai mangiano davanti alla tv, spesso da soli, senza che nessuno si curi di insegnarli non solo come si dovrebbe stare a tavola, ma neppure alcuna cura nel gustare il cibo e men che meno come si prende parte a una conversazione. Del significato dei quello che guardano, manco a parlarne.

Con la forchetta in un mano e il telecomando nell’altra, che volete che venga su? Un tele cafone, un tele troglodita, un tele dispettoso. D’altra parte, che fanno gli adulti: lo stesso, cenano davanti alla tv, con la forchetta in un mano, cercando di togliere ai figli il telecomando con l’altra, dicendogli, con la bocca piena: “Stai composto”.

E tra uno zapping e l’altro, ecco il terzo grado: come è andata a scuola? Che hai fatto? Perché fai questo, che cosa hai fatto? Quello si chiude sulla difensiva. Spesso il dialogo, se di dialogo si può parlare, è in dialetto o peggio in slang: ieri mi sono visto un film (dove, allo specchio, magari sulla fronte). Oppure: domani ci mangiamo una pizza. Come: come si mangiano le parole o peggio le unhie?.

Quando non si parla correttamente, si manca di rispetto all’interlocutore, figli compresi. Dopo aver abbandonato il passato remoto, strangolato il congiuntivo, ecco un’altra vittima del discorso: il riflessivo, come arma impropria del nostro lessico famigliare.

Senza contare gli atteggiamenti stravaccati, privi del senso dell’intimità o della privacy: sbadigli, grattatine impudiche, gestacci, o espressioni scurrili, senza curarsi del fatto che i ragazzini imparano emulando gli adulti, essi ci guardano, prima ancora di ascoltarci.

E allora le cose sono chiare: se i bambini italiani sono i più maleducati d’Europa, secondo voi da chi avranno imparato? Dice, dalla playstation: e chi gliel’ha comperata, abbandonandogliela nella mani, mentre vi facevate smaccatamente i fatti vostri? Dice: dalla tv. Ma davanti alla tv non c’eri pure tu?
Beh, buona giornata.

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Faccetta tosta.

Pare che Maurizio Gasparri, ex ministro delle Comunicazioni, attualmente deputato di An, abbia detto che “la presenza della Gregoraci a Buona domenica è diseducativa”. Ma lei, al centro dello scandalo vallettopoli e ora, con Sara Varone, nel cast del contenitore pomeridiano di Canale 5, replica: “Se causo disagio con la mia presenza a Buona domenica, posso andarmene”.

La vicenda che ha visto la Gregoraci balzare dal nulla al clamore della cronaca è legata alle sue frequentazioni con un altro membro di An, all’epoca portavoce di Gianfranco Fini, l’allora vicepresidente del Consiglio, nonché ministro degli Esteri.

Gli incontri con il membro di An avvenivano alla Farnesina, secondo quanto riportato dalla stampa, che rese note sia intercettazioni telefoniche che i verbali dell’interrogatorio della Gregoraci.

Il membro di An finì prima agli arresti domiciliari e poi a casa, cioè al Secolo d’Italia, giornale di An. Il fatto fece un certo scalpore perché metteva in luce che il membro di An faceva raccomandazioni per la Rai, presso cui la Gregoraci era legata da un contratto. Il quale contratto fu poi accantonato, per cui la Gregoraci passò a Mediaset, dove tutt’ora partecipa a Buona Domenica.

Quanto meno tardiva la tirata morale dell’on, Gasparri, tutto ciò che c’era di diseducativo c’è già stato: in un luogo di interesse pubblico (il Ministero degli Affari esteri), un membro di An ( partito al governo dell’epoca), incontrava per fatti intimi e privati una valletta che lavorava per la Rai (servizio pubblico).

La Gregoraci lavora adesso per una rete privata, per cui problemi di etica con gli organi pubblici non si pongono. Canale 5 è una rete commerciale, il problema se sia o meno edificante la partecipazione della Gregoraci riguarda esclusivamente i telespettatori, che possono agire col telecomando e gli inserzionisti pubblicitari, che possono non gradire quel programma nelle pianificazioni televisive.

Gratùite, a questo punto, suonano le parole dell’ex ministro, nonché fuori luogo le stesse parole della Gregoraci: non è a lui che deve offrire le proprie dimissioni dalla trasmissione. Queste cose le avremmo potute sentire quando lavorava per il servizio pubblico, al quale ha senz’altro causato imbarazzi e disagi. Anche per Fini e colonnelli non furono rose e fiori.

D’altronde, non si sentirono reprimende moralistiche dell’ex ministro, all’epoca delle frequentazioni della Gregoraci con il membro di An. Farlo adesso, ci vuole una bella faccetta tosta. Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia

Troppa tv stroppia pure la pubblicità.

L’Italia dei media corre e Internet ha raggiunto il 38% della popolazione, ma gli altri Paesi d’Europa sono già molto lontani. L’Italia resta comunque in coda nell’uso generale dei media. Lo dice il sesto rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione presentato a Roma a fine Ottobre.

Negli ultimi anni ci siamo accostati a più media per assolvere ai nostri bisogni, ma non siamo ancora vicini ai grandi Paesi europei. Resta forte la dipendenza dal modello televisivo tradizionale analogico terrestre.
Se questi sono i dati fatto, sembra che il quadro della situazione non sia molto chiaro ai soggetti economici coinvolti nello sviluppo dei media.

Prendiamo ad esempio la posizione di Giulio Malgara, presidente di Upa, l’associazione che raggruppa le aziende che investono in pubblicità, come è stata riportata da una intervista di Matteo Vitali per advexpress.it, il 18 ottobre scorso.

Sostiene Malgara: “Per quanto riguarda la ridistribuzione degli investimenti su altri mezzi, questo potrebbe avvenire, ma non è cosa certa- dice Malgara- Ad ogni modo, ritengo del tutto ingiusto che una legge (il ddl Gentiloni, ndr) influisca forzatamente nelle strategie di comunicazione e nella gestione dei budget di una azienda. Esistono, oggi, degli investitori che si affidano esclusivamente al mezzo televisivo, pur essendo del tutto liberi di pianificare sugli altri. Ciò significa che la scelta è fatta con cognizione di causa, e che i loro investimenti, una volta ridotti gli spazi televisivi, andranno del tutto, o in gran parte persi.”

Il giudizio del presidente di Upa, che anche il presidente di Auditel sulla Gentiloni è del tutto negativo: “Confermo tutto ciò che ho detto in questi giorni – ha affermato Malgara – il disegno di legge Gentiloni è negativo soprattutto perché, attraverso l’abbassamento del tetto pubblicitario al 45%, la riduzione dell’affollamento orario al 18% (comprese le telepromozioni, ndr) e il passaggio forzato di una rete Rai e una Mediaset sul digitale terrestre entro il 2009, causa una immediata diminuzione degli spazi pubblicitari in un momento in cui, vista la stagnazione o la scarsa crescita dei consumi, il mercato deve essere stimolato.”

La posizione di Malgara appare conservatrice dell’esistente panorama dei media in Italia, nega che lo sviluppo dei media sia un bene anche per gli investitori, nega che l’arrivo di nuovi soggetti possa favorire un migliore rapporto qualità-prezzo degli spazi pubblicitari.

Non vede, Malgara, la possibilità che nuovi soggetti diventino essi stessi utenti di pubblicità, nuovi investitoti, capaci di usare la pubblicità come strumento di una nuova concorrenza.

C’è anche un altro aspetto singolare nelle tesi sostenute da Malgara: egli sostiene che c’è un pericolo di riduzione degli spazi televisivi, in un momento nel quale le aziende hanno invece bisogno di più spazi. Però le nuove norme sul digitale terrestre dovrebbero entrare in vigore nel 2009, fra tre anni.

E poi, c’è da notare che il grande affollamento di questi anni non ha favorito la pubblicità, se è vero, come lo stesso Malgara sostiene, che i consumi languono: a tanta pubblicità televisiva non ha affatto corrisposto la tenuta né dei consumi, né delle quote di mercato.

Questo sistema dei media italiani, che vede una concezione “tolemaica” dei media, la tv ferma al centro dell’universo dei mezzi di comunicazione di massa, allora, non è solo retrogrado, ma palesemente inefficace alle esigenze, non solo dei telespettatori-consumatori, ma anche delle aziende-utenti di pubblicità.

Senza contare, che la posizione dominante delle tv, in particolare di Mediaset ha determinato una politica dei prezzi, tale per cui le aziende hanno cominciato a fare economie sui costi della creatività e sulle percentuali per l’acquisto e la pianificazione dei mezzi, con il risultato di un impoverimento delle idee, che a sua volta ha determinato una omologazione dei messaggi, che ha allontanato i telespettatori-consumatori dagli standard di gradimento dei messaggi. E la creatività italiana dai circuiti internazionali.

Strana la posizione di Lorenzo Strona, presidente di Unicom.

Dopo aver detto che la posizione dominante della tv è colpa della stampa (!?) che non è in grado di soddisfare le esigenze dei piccoli e medi investitori, a proposito del ddl Gentiloni dice ad advexpress.it, il 17 ottobre: “Stante questa situazione, appare di tutta evidenza l’inopportunità dell’iniziativa di porre artificialmente barriere alla naturale evoluzione delle dinamiche di mercato. Le nostre imprese, le medie soprattutto, per tentare di ovviare all’apatia del mercato, hanno necessità di aumentare la loro visibilità e di proporre ogni giorno nuovi stimoli al consumatore. Penalizzarne -continua Strona- la capacità di comunicare significa deprimerne ulteriormente la capacità di competere, con danni rilevanti a carico dell’intero sistema economico del Paese”.

Strana la posizione di Strona, dicevamo: più concorrenza tra media e all’interno degli stessi media penalizzerebbe il mercato. Il problema italiano, per Strona è poco spazio in tv per gli investitori. Per Strona, l’affollamento non esiste, è “una naturale evoluzione delle dinamiche del mercato”.

Pubblicità Italia Today, news letter del settore della pubblicità, il 16 ottobre scorso pubblica una sintesi delle posizioni espresse dai responsabili dei centri media, cioè da quelle agenzie che acquistano spazi televisivi per conto degli investitori. Il quadro che ne emerge è di un gran timore che la situazione del mercato muti.

Vediamo brevemente: “Le centrali chiedono tempo prima di dare un giudizio più dettagliato- scrive Pubblicità Italia-, ma non possono fare a meno di manifestare qualche motivo di perplessità circa gli aspetti più sostanziali del progetto di riforma della Gasparri.”

Secondo la testata di settore, Walter Hartsarich di Aegis lamenta da un lato la decisione di colpire una grande azienda italiana (Mediaste, ndr), sottolineandone il problema occupazionale, e dall’altro la limitazione che ne deriva a una pianificazione libera e di massimo rendimento. Ernesto Pala di Zenith ritiene che le risorse liberate dalla raccolta di Publitalia (la concessionaria di Mediaste, ndr) potrebbero andare perse, non ridistribuirsi cioè sul mercato a causa della mancanza di altre audience interessanti e del tetto di raccolta di Sipra (la concessionaria della Rai, ndr).
P
ositivo invece sulla riforma Auditel, ma con la speranza che si estenda a tutto il sistema “Audi”. Marco Muraglia di Muraglia Calzolari & Associati si esprime invece sulla possibilità che ad una apertura del mercato delle frequenze non corrisponda un’offerta di contenuti nuovi e di qualità. Alessandro Mandelli di Mpg preannuncia un innalzamento dei prezzi dovuto alla contrazione dell’offerta di spazi, che costringerà i centri media a cercare alternative al mezzo televisivo.

Fabio Ferrara (Starcom) è più positivo sulla riforma, ma indica come la vera rivoluzione la stia in realtà già facendo il mercato, anche con il calo di ascolti della tv generalista.

Come è possibile constatare, siamo all’eccesso colposo di cautela, come se ci si muovesse in campo minato, la qual cosa la dice lunga sulla predominanza delle concessionarie delle tv sulle decisioni dei centri di acquisto degli spazi.

Per fortuna dei telespettatori-consumatori e delle aziende-utenti di pubblicità, non tutti la pensano così.
Marcella Bergamini, media group director di Danone ha detto a Claudia Albertoni di advexpress.it, il 24 ottobre scorso . “In Danone pensiamo che stia iniziando un’era di grande cambiamento: tutti gli attori della comunicazione dovranno adottare un approccio diverso, ma questo non significa automaticamente che gli effetti saranno a priori negativi o penalizzanti.”

“ Non crediamo- ha aggiunto Bergamini- sia tanto importante guadagnare più o meno spazi, ma ottenere campagne visibili ed efficaci. A questo proposito, oggi in tanti riportiamo numeri che attestano una minore efficacia della tv imputabile anche all’eccessivo affollamento. Quindi, perché non pensare in positivo? Vedo piuttosto un incentivo all’eccellenza, dato che altre tv e media diversi – in particolare quelli che oggi lamentano difficoltà di affermazione per le logiche dell’attuale sistema – dovranno mettersi in gioco e provare a esprimere le loro potenzialità.”

Dalle agenzie di pubblicità, quelle creative, quelle che studiano e realizzano le campagne, i cui spot sono al centro del dibattito sull’affollamento e l’efficacia del mezzo televisivo arriva un pesante silenzio.

Come se lo stato dei media italiani non fosse cosa che riguarda chi inventa i messaggi, come se non riguardasse proprio i veicoli su cui i messaggi creativi viaggiano, in quel tragitto che va dalle aziende ai consumatori, passando per tutti i media, ma che in Italia trovano un via obbligata: la tv.

Per prudenza o per timorosa compiacenza, si fa finta di non sapere, o comunque si evita accuratamente di dire che la qualità dei messaggi ha necessità di qualità dei mezzi per divulgarli. Che la morte della creatività è nell’invadenza, nella disapprovazione, nella noia che la ripetitività provoca presso il telespettatore-consumatore. Che l’anomalia del sistema televisivo italiano è la causa principale della perdita di autorevolezza dei pensieri, dei concetti, delle idee che caratterizzano l’advertising made in Italy.

Quando vedono una campagna pubblicitaria italiana, la cosa più carina che fanno i creativi di Londra, di Parigi, di Barcellona, di Amsterdam, di New York, ma ormai sempre più spesso anche di Santiago del Cile, di San Paolo del Brasile, per non dire Shanghai o di Sidney è scuotere, sconsolatamente scuotere la testa.

E lo fanno anche gli imprenditori italiani, che quando vanno all’estero, la creatività se la scelgono in loco, mica se la portano da casa. Beh, buona giornata.

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Il water boarding, ovvero come trattare i detenuti a Panebianco e acqua.

Intervistato dal conservatore Scott Hennen, Dick Cheney, vice presidente degli Usa ha sostenuto la necessità in casi estremi di ricorrere alla tecnica di interrogatorio che prevede di stimolare i sensi di un detenuto, in modo da dargli la sensazione di essere sul punto di affogare.

Il metodo sarebbe stato utilizzato dalla Cia per ottenere informazioni da Khalid Sheikh Mohammed, il presunto stratega dell’attacco dell’11 settembre 2001. Gli interrogatori a Mohammed “ci hanno permesso di rendere più sicura la nazione – ha detto Cheney -, Mohammed ci ha fornito informazioni di enorme valore”.

Il vicepresidente si è detto convinto che non ci sia molto da riflettere sul fatto di “inzuppare” un detenuto, se questo serve a salvare vite, ma ha aggiunto di essere stato “criticato più volte come ‘vicepresidente per la tortura’. Noi non torturiamo – ha proseguito Cheney nell’intervista – non è ciò in cui siamo impegnati. Rispettiamo i nostri obblighi nei trattati internazionali di cui siamo parte e via dicendo.

Ma il fatto è che si può avere un programma di interrogatori molto solido senza la tortura e abbiamo bisogno di essere in grado di attuarlo”. Il vicepresidente non ha però apertamente confermato che il leader di al Qaeda sia stato sottoposto al ‘water boarding’.

Che cos’è il water boarding? Il ‘water boarding’ prevede di tenere un prigioniero in una posizione con i piedi rialzati rispetto alla testa, legato a una tavola, con il volto coperto da un pezzo di tessuto: in queste condizioni, viene fatta scorrere acqua su bocca e naso per dare la sensazione di essere sul punto di affogare.

Di ritorno da un viaggio in Missouri e Carolina del sud, il vice di Bush ha negato di essersi riferito a quella o ad altre tecniche per interrogare i presunti terroristi quando ha definito una cosa “ovvia” lasciar “inzuppare un po’ nell’acqua” un detenuto. “Non parlo di tecniche, non lo farei mai”, ha puntualizzato, “ho detto che un certo programma di interrogatori per un numero ristretto di detenuti è molto importante ed è stata una delle nostre più preziose fonti di informazioni”.

Dick Cheney tenta di arginare le polemiche sollevate da una sua frase che sembrava avallare la tecnica di interrogatorio del ‘water boarding’, in cui si fa credere al detenuto che stia per annegare.

Le parole di Cheney avevano provocato la furiosa reazione delle organizzazioni per i diritti umani: il ‘water boarding’, è stato paragonato da più parti a una forma di tortura. Cheney è stato accusato di aver dato la propria approvazione a interrogatori che prevedono un finto affogamento, ma la Casa Bianca ha negato che si riferisse ad alcun metodo specifico.

A pochi giorni dalle elezioni di medio termine negli Stati Uniti, con le quali saranno rinnovati tutti i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti e 33 su cento al Senato, la vicenda ha finito per diventare il caso del giorno per i giornalisti della Casa Bianca, che hanno approfittato di un incontro tra il presidente George W.Bush e il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, per chiederne conto al presidente. “Questo Paese non tortura, non tortureremo – ha assicurato George W. Bush – interrogheremo le persone che catturiamo sul campo di battaglia per determinare se possiedano o meno informazioni che saranno utili a proteggere la nazione”.

Il fatto è che Gauntanamo Bay non è in nessun di battaglia. Né sono sul campo di battaglia tutti coloro che sono stati rapiti e torturati su e giù per l’Europa, Italia compresa.

Angelo Panebianco sulle colonne del Corriere della Sera, quest’estate, prima che si capisse che l’attentatone di Heathrow era un bufala ordita dai servizi inglesi con la complicità di quelli pakistani, ebbe a scrivere: “Immaginiamo che tra qualche mese venga fuori che l’Apocalisse dei cieli, il grande attentato destinato a oscurare persino gli attacchi dell’Undici Settembre, con migliaia di vittime innocenti, sia stato sventato solo grazie alla confessione, estorta dai servizi segreti anglo-americani, di un jhadista coinvolto nel complotto, magari anche arrestato (sequestrato) illegalmente. Chi se la sentirebbe in Europa di condannare quei torturatori? La risposta è: un gran numero di persone. In Italia più che altrove.”

Il fatto è che per via delle elezioni di mid term, Dick Cheney smentisce di aver lodato il water boarding, Bush nega che gli americani torturano.

Povero Panebianco, vuoi vedere che è rimasto senza companatico? Insha’Allam (Madgi). Beh, buona giornata.

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L’ora legale? Dormiamoci sopra.

Lancette un’ora indietro nella notte fra sabato e domenica: alle 03:00 del 29 ottobre scatta infatti l’ora solare che ci accompagnerà fino alle 02.00 del 27 marzo2007.

L’ora legale, rimasta in vigore per sette mesi (dal 26 marzo al 29 ottobre), secondo quanto ha comunicato Terna ha consentito al Paese un risparmio di circa 80 milioni di euro, grazie alla riduzione dei consumi elettrici.

Che cosa ci abbiamo fatto con tutta questa energia risparmiata?
Ci abbiamo prodotto pessimi programmi tv, di cui l’ad di terna ne sa qualcosa, visto che è stato direttore generale della Rai.

Ci abbiamo prodotto tante ore di girato, di montaggio, di speakeraggio, di mixaggio di brutte campagne pubblicitarie.

Ci abbiamo prodotto, attraverso stampanti, telefax ed e-mail tonnellate di inutili e vacui comunicati stampa.

Ci abbiamo prodotto milioni di telefonate controllate, spiate e sbobinate, trascritte e pubblicate.

Ci abbiamo prodotto milioni di ore, mezz’ore, minuti e secondi, navigando tra le acque stagne di siti internet, stracolmi di niente e infarciti di banner e pop up noiosi e invasivi.

Ci abbiamo prodotto tonnellate di manifesti, di depliant, di volantini, di biglietti da visita, mailing, e francobolli per l’ultima assordante campagna elettorale, quella che è capitata proprio durante l’ ora legale in vigore.

Ci abbiamo prodotto gossip, rumors, bugie, menzogne, cazzate e vere e proprie stronzate, bullshit, per dirla come Frankfurt.

La domanda è: abbiamo risparmiato energia o sprecato un’ altra occasione per produrre meglio idee, pensieri, intuizioni, prefigurazione e visione del futuro?

Temo che questi ottanta milioni di euro li abbiamo buttati nel cesso. Non ci resta che dormirci sopra, visto che avremo un’ora in più di sonno. Beh, buona giornata.

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Sfiga e sfigati.

Portar ‘sfiga’ non è reato: non è passibile di condanna penale chi augura la cattiva sorte a un’altra persona.

Lo dice la Quinta sezione penale della Corte di Cassazione che ha parzialmente annullato la sentenza del giudice di pace di Genzano, in provincia di Roma, con la quale – nel 2005 – un trentenne era stato condannato per ingiurie e minacce.

La condizione è che il malaugurio si limiti ad essere una ‘previsione’ e non sia fatto nulla di concreto affinche’ si realizzi. Per capirci, se uno dice a un altro “ti cascasse il naso” e quello cade e si rompe il naso, sono guai. Se invece uno di a un altro “ te possano ammazzatte” e a quello, invece gli sparano, ma lo feriscono solamente, allora non c’è problema. Come tutti sanno, le sentenze non si commentano, semmai si impugnano.

Però, l’idea che la giurisprudenza si sia occupata della jella è un poco stramba. Suona come il riconoscimento giuridico della sfiga, e della figura dello jettatore: ci sono stati esempi, molto poco edificanti dal punto di vista umano, in cui a persone, più o meno famose, sono state affibbiate capacità jettatorie, con il conseguente drammatico peggioramento delle relative relazioni sociali, fino all’emarginazione dei poveretti in questione.

Sentenziare sulla sfiga equivale a riconoscerne la fattispecie giuridica, riconoscere che secondo la legge la jella esiste, ma può avere delle attenuanti, nella sua eventuale incapacità di portare vera sfiga. Come dire che quel giovanotto di Genzano è uno iettatore dilettante, che manda anatemi a vanvera, dunque ha diritto a una diminuzione della pena.

Il nostro è un paese in cui il mestiere del mago è molto diffuso, ha un giro d’affari enorme, secondo le ricerche è fiorente soprattutto in Lombardia. Se guardate ogni tanto i programmi delle tv locali della vostra città, scoprirete che pullulano di cartomanti e maghi in grado, a pagamento, di farvi vincere al lotto, ma anche di togliervi il malocchio, che è il combinato disposto fra sfiga e iattura.

Questi programmi hanno successo di pubblico, e sono anche pieni di piccola pubblicità locale. Anche i giornali quotidiani sono pieni di piccoli annunci in cui trovano spazio sciamani, fattucchieri, cartomanti e maghi. Se pagano la loro pubblicità, vuol dire che hanno clienti.

A volte pensiamo di vivere in un paese moderno, tra i più evoluti al mondo. Poi scopriamo che dietro l’angolo di casa nostra, c’è uno che fa soldi coi tarocchi, con la palla di vetro, il pendolino, e il filtro d’amore, approfittandosi di una fitta schiera di sfigati.

D’altronde, la superstizione pare faccia audiens, se è vero come è vero che le tv nazionali, quella pubblica compresa, sono piene di venditori di oroscopi, che sparano scemenze senza alcun fondamento, non dico scientifico, ma neppure con la realtà.

Tanto che una volta, una famosa conduttrice televisiva, che per carità di patria lasceremo anonima nella sua beata, sorridente e scosciata ignoranza, presentò Margherita Hack come famosa astrologa. Lei, astrofisica di fama mondiale, si limitò a sussurrare: “semmai, astronoma”.

L’altra nitrì una risatina da somarella. Che jella, povera figlia: cadere dalle nuvole proprio di fronte a chi studia il cielo. Beh, buona giornata.

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Homo videns.

Pensavate che troppa tv vi mangiasse il cervello? Da oggi vi ingoia tutta le testa. E’ stato inventato in Giappone dalla Toshiba, è una nuovo apparecchio televisivo che si indossa come un casco.

Pesa poco più di 2 chili ed è stato costruito per abbracciare l’intero volto del teleutente. E’ una specie di enorme casco spaziale, è la nuova televisione realizzata dalla Toshiba, un apparecchio che permette allo spettatore di avere una visuale a 360° dei programmi in onda.

Sarà in commercio tra un paio di anni e punta sugli appassionati di videogame come futuri acquirenti. A vederlo fa ridere, a pensarci fa venire i brividi. Pensate che meraviglia: vedere l’Isola dei famosi a 360 gradi, e sentire stereo le bestemmie di Ceccherini.

O assistere al tg di Fede a trecentosessanta gradi. Porta a Porta a 360 gradi, De Filippi a 360 gradi. E Marzullo in tutto lo splendore dei 360 gradi. Roba da perdere la testa. Per sempre. Beh, buona giornata.

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Veri dei e mezze figure.

“I 101 personaggi più influenti che non sono mai vissuti” è un bizzarro libro a cura di Alan Lazar, Dan Karlan, Jeremy Salter, pubblicato da HarperCollins e uscito in questi giorni nei librerie inglesi.
Il numero uno della graduatoria è “l’uomo Marlboro”, il cowboy inventato dal grande Leo Burnett. Al numero due si piazza il “Grande Fratello” dello scrittore George Orwell, incarnazione del potere onnipresente che schiaccia l’individuo.

Segue Re Artù, personaggio in bilico tra la leggenda e la storia, che impersonifica le qualità ideali del leader politico e del monarca. In quarta posizione Babbo Natale, anzi Santa Claus, così come lo ha definito l’iconografia inventata negli Stati Uniti. A seguire Amleto, Frankenstein, Sigfrido, Sherlock Holmes, Romeo e Giulietta, il dott. Jekyll e Mr Hyde.

Barbie si trova al 43/esimo posto, mentre Icaro, l’eroe della mitologia che ispirò i fratelli Wright e il sogno dell’umanità di sconfiggere la gravità e poter finalmente volare, si trova all’80/esimo posto. I 101 personaggi provengono tutti dalla finzione, dal mito, dalle leggende, dalla pubblicità,dalla televisione o dal cinema. Alcuni di loro sono sopravvissuti ai millenni, altri, come James Bond (51/esimo posto, simbolo dell’intrigo, del fascino sessuale e della britannicità) sono nati in tempi più recenti.

Al di là di ogni altra considerazione salutistica, è bello vedere che al primo posto di questa graduatoria di semi-dei leggendari ci sia una icona inventata dalla pubblicità. Quando per una sigaretta da donna col filtro si utilizzò, andando totalmente controcorrente il simbolo del machismo, il cow boy, appunto, nato dal genio di un grande come Leo Burnett.

Bei tempi quelli in cui la pubblicità era bella e intelligente, andava controcorrente, sapeva stupire il modo comune di vedere la realtà, perché osava pensare, osava lottare, osava vincere.

Tutto il contrario di oggi, in cui la pigrizia mentale, il conformismo creativo e la stupidità professionale cercano rifugio in quelle mezze figure che popolano le nostre campagne televisive, piluccando tra una velina e un calciatore, alla ricerca della missione impossibile di farli diventare testimonial di questa o quella campagna pubblicitaria. Così che il presunto personaggio televisivo passa da un programma allo spot che lo contiene, alla stessa velocità con cui il telespettatore spinge il tasto del telecomando per cambiare canale.

Una volta un pubblicitario, al quale incautamente dissi che Orwell si sarebbe rivoltato nella tomba se avesse saputo che un giorno il Grande Fratello sarebbe diventato un reality show, mi rispose, saccente: “Orwell? Ma no, il Grande Fratello è di Endemol”. Beh, buona giornata.

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C’è uno sciopero di due giorni indetto dalla Fnsi per il rinnovo del contratto nazionale

Non sono un giornalista. Però mi fa piacere essere solidale con i giornalisti di questa testata. Perciò non aggiornerò il blog finché dura lo sciopero. Beh, buona giornata.

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Cristo si è di nuovo fermato a Eboli.

L’analisi di 53 cantieri in dieci Paesi europei ha mostrato che le peggiori segnalazioni si trovano in Italia. In particolare, il titolo di strada con il peggior “lavoro in corso” è andato alla A3, nei pressi di Eboli (Salerno).

Allo studio hanno partecipato 16 “Automobile Club” europei, membri di EuroTest. I sopralluoghi sono stati effettuati tra aprile e luglio su cantieri di “lunga durata di almeno 1 km”. Nello stilare le graduatorie, si è tenuto conto di criteri come la frequenza e la chiarezza dei segnali e delle indicazioni sul manto stradale, la larghezza delle corsie, le condizioni dell’asfalto, la visibilità di notte e le informazioni sulla durata dei lavori.

Dei cinque cantieri italiani presi in considerazione, il migliore è quello sulla A4 nei pressi di Novara, che è stato giudicato “buono”. “Accettabili” quello sulla A22 dalle parti di Trento e quello sulla A3 nei pressi di Mileto (Vibo Valentia). Bocciato invece il cantiere sul Grande raccordo anulare di Roma all’altezza di Via Cassia.

I più sfortunati sono gli automobilisti che transitano sulla A3 nei pressi di Eboli. Lì, dice un comunicato della British AA (l’Automobile club britannico), si trova la situazione “peggiore di tutto il sondaggio, per mancanza di segnali che spieghino i lavori, frequenti e improvvisi cambi di velocità, segnali delle corsie poco chiari e mancanza di luci lampeggianti”. Già, Cristo ha rallentato, ha rischiato di uscire di strada e infine si è di nuovo fermato a Eboli. Beh, buona giornata.

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Stupidità.

Sono stati assegnati gli World Stupidity Awards, il più prestigioso, si fa per dire, premio alla stupidità del mondo. Secondo quanto riferisce Repubblica.it, a ideare i World Stupidity Awards è l’ARSE, “Academy Recognizing Stupidity Everywhere”, “team di esperti altamente qualificati, di fatto un pugno di idioti” spiega SpokesMoron Spence sul sito dell’ARSE. Hanno vinto quest’edizione:

-George W Bush. A lui è riservata un’intera sezione, “Le frasi più stupide di George W. Bush”, appunto. Frasi del tipo: “Io sono quello che decide, e decido che cos’è meglio”; oppure: “E’ nell’interesse del nostro Paese trovare coloro che potrebbero danneggiarci, e metterli al sicuro”; ma anche, e forse soprattutto, il fantastico: “Wow! Che grande, il Brasile”, pronunciato davanti a una mappa del Brasile, al cospetto del presidente brasiliano Ignacio Lula da Silva.
Bush era già stupido ad honorem grazie a Fahrenheit 9/11, per la sequenza in cui, con alcuni scolaretti, declama “La mia capretta” mentre le Torri Gemelle vengono giù.

-Dick Cheney. Al vice presidente Usa, convinto che “la resistenza irachena è agli ultimi respiri” è andato il riconoscimento per “la dichiarazione più cretina”. Dick Cheney è andato anche un riconoscimento perché, durante una battuta di caccia ha sparato in faccia per errore a un amico.

Vincono anche Michael Brown, ex direttore della Fema (la protezione civile Usa che gestì l’emergenza dell’uragano Katrina), il nordcoreano Kim Jong II (“Pronti alla guerra totale” disse a luglio dopo il lancio di prova di sette missili), il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad.

Il primo premio “Il momento più stupido” è andato alla testata di Zidane a Materazzi. Seguono Britney Spears che guida con il figlio piccolo in braccio, il danese Jyllands-Posten che pubblica le vignette su Maometto e le manifestazioni contro le vignette medesime.

A Mel Gibson, che dopo averr pronunciato frasi antisemite, fa la pipì in strada mentre lo arrestano per guida in stato di ubriachezza è andato il premio per aver reso “una situazione stupida, ancora più stupida”. A pari merito l’amministrazione Bush in Iraq,

Per aver “messo a rischio il pianeta”, vince la Corea del Nord, argento pari merito a Israele e Hezbollah, poi l’Iran, poi l’industria delle armi e quella del petrolio.

Se fra “i trend più stupidi” ci sono i reality show, uccidere in nome di Dio, e uccidere (a prescindere), il “premio alla carriera” è stato consegnato a “il Medio Oriente”.

Secondo Carlo M. Cipolla, professor emeritus di storia dell’economia a Berkeley che ha scritto Le leggi fondamentali della stupidità umana, “La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista “,(Quinta legge della stupidità umana).
I
vincitori del World Stupidity Awards ne sono una eccellente dimostrazione. Beh, buona giornata.

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Una notizia strana da morire.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, sembrerebbe essersi verificato un evento straordinario: una settimana senza incidenti mortali.

Pare, infatti che da lunedì 18 a domenica 24 settembre sui 3.400 chilometri della Rete del Gruppo Autostrade per l’Italia non sia morto nessuno.

Secondo il gruppo Autostrade si tratterebbe di un risultato senza precedenti, dal 1999, anno della privatizzazione. E anche se in 7 anni il tasso di mortalità della rete viaria si sarebbe ridotto del 50%, il dato viene reso noto anche come un riconoscimento all’impegno dell’azienda per la sicurezza.

Sempre secondo il gruppo Autostrade, dal 2002 sono state realizzate iniziative per il miglioramento delle infrastrutture e il controllo dei comportamenti di guida.

Non è che questo non possa far piacere, anche se una settimana di “astinenza” da carro funebre è francamente un po’ poco per cantar vittoria. Però, ciò che preoccupa è il metodo, più che il merito: se sette giorni senza funerali fanno fare un trionfalistico comunicato stampa circa l’efficacia delle misure di sicurezza, quando avvengono le tragedie che tutti conosciamo, non è che abbiamo visto né letto di autocritiche né di misure straordinarie. Il che fa pensare che la normalità, cioè niente vittime, diventa eccezionalità.

C’è una strana “incidenza” della statistica sulla formazione dell’opinione delle persone. Chiamiamola pure macabra, che è la definizione più corretta. Comunque, dopo tanti week-end neri sulle nostre strade, godiamoci pure una “settimana bianca”.

A questo punto ci starebbero bene gli scongiuri. Anche se la sicurezza non è una roulette russa contro la fatalità, ma la consapevolezza del sé e del mezzo che si sta guidando e, dunque, del come lo si sta guidando.

Questo è un discorso lungo, più lungo del 3.400 chilometri delle rete autostradale italiana. Perché a giudicare dai dati sulla sicurezza stradale in Europa, sulla strada della sicurezza gli automobilisti italiani sono lenti di comprendonio. Beh, buona giornata.

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Un altro lutto per l’articolo 11 della Costituzione.

Rivolgendo un disperato appello al presidente del Consiglio, Barbara Langella, la sorella del caporal maggiore Giorgio, ucciso oggi nell’attentato di Kabul nel quale sono rimasti feriti altri cinque militari ha detto: “Mandate a casa i ragazzi, mandateli a casa perché non è giusto che altre famiglie, altre mogli, altre madri, padri e fidanzate, soffrano di nuovo in questa maniera”.

Barbara Langella ha aggiunto: “Ne abbiamo già avuto un esempio a Nassirija, ne abbiamo avuto un altro a Kabul. Non si può lasciare morire i nostri ragazzi come carne da macello”.

Sono le stesse tristi, lucide e consapevoli parole che abbiamo sentito dalle Peace’moms negli Usa, mogli, sorelle e madri di uomini mandati a morire per la guerra dei Bush.

L’opinione pubblica mondiale è stata ingannata sulla guerra in Afghanistan.

L’opinione pubblica italiana è stata presa in giro sul rifinanziamento: quella in Afganistan non è un missione di pace, perché i nostri soldati sono impiegati come combattenti in Enduring Feedom, sotto comando Nato. Gli Stati Uniti hanno imposto ai governi europei l’obbligo di intervenire per proteggere un stato membro della Nato, minacciato da un attacco militare. Ma gli Usa sono oltreoceano e la Nato è fuori dalla sua zona geopolitica di competenza operativa.

La presenza delle nostre truppe fornisce obiettivi facili da colpire, come è facile colpire un convoglio con una bomba sul ciglio di una strada. E’ facile per i Taleban dimostrare di essere ancora in piena attività.

E’ facile per gli Usa dimostrare la necessità della guerra. Una sinergia perfetta: terrorismo e guerra al terrorismo trovano, simmetricamente ancora una volta la reciproca occasione di dimostrare la loro ragion d’essere.

Il governo italiano, guidato da Romano Prodi avrebbe potuto spezzare questa simmetria, ponendo almeno la questione della legittimità, di fatto e di diritto, ai tempi del voto sul rifinanziamento della missione italiana.

Così non è stato, così non si voluto fare. Con i funerali del caporal maggiore Langella seppelliremo, ancora una volta, come per le vittime di Nassirjia, l’articolo 11 della nostra Costituzione.

La nostra democrazia è a lutto e soffre come Barbara Langella, sorella del caporal maggiore ucciso a Kabul. Beh, buona giornata.

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Meglio un grande cervello che un cervello grande.

Si fa drammatica la questione della quantità e della qualità, nell’era delle comunicazione globale.

La questione si pone per il fatto che secondo un eminente scienziato, in futuro l’uomo avrà una testa con un cranio molto sviluppato, quasi doppio rispetto a quello dell’uomo contemporaneo.

Così la pensa il direttore del museo di Storia naturale di New York, Ian Tattersall. Negli ultimi due milioni di anni il cervello è diventato tre volte più grande, passando da 400 a 1.200 centimetri cubi. ‘Dobbiamo aspettarci -ha spiegato Tattersall – una crescita ulteriore, quella del cervello è una storia in costante evoluzione e apre prospettive entusiasmanti’. Entusiasta lui.

Il fatto è che alla presunta crescita della materia grigia, non pare sia corrisposta la crescita della persona. A volte, sembra proprio si regredisca. Basterebbe prendere a esempio gli ultimi duemila anni dei due milioni di anni presi in esame, per porsi la domanda se l’aumento della massa celebrale non abbia prodotto più disastri che fatti positivi. Parlo di pensieri bislacchi, di idee di supremazia, di tecnologie della distruzione, della devastazione del nostro pianeta.

Il fatto che, per esempio il cervello di George W Bush sia di 1.200 centimetri cubi, invece che di 400 non è una bella consolazione. Lo stesso vale per la misura cubica del cervello di bin Laden. La cosa non ci ha salvati dall’essere coinvolti nella catastrofe del terrorismo e della sanguinosa guerra al terrorismo.

Le stesse considerazioni potrebbero essere estese via via per tutta una serie di rappresentati umani attualmente sulla scena: siamo sicuri che la crescita della massa del cervello riguardi anche le veline, certi calciatori, i concorrenti dei reality, taluni conduttori dei tg, subrette, intrattenitori, opinionisti, presidenzialisti, tuttologi e politici ospiti in studio?

Forse è meglio parlare della qualità dei cervelli, più che della quantità di quello che passa per la testa. Meglio un grande cervello che un cervello grande. Beh, buona giornata.

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Popoli e politiche

Terrorismo: alla nuora perché la suocera intenda.

Secondo quanto riferisce l’agenzia Ansa, le autorità yemenite hanno autorizzato il rilascio di un uomo sospettato di essere un membro di al Qaida.

Le accuse contro l’uomo, accusato di pianificare un attentato nel centro della capitale Sanaa, si sono rivelate infondate.

Lo ha riferito una fonte della sicurezza. “Si è scoperto che stava trasportando medicine. Sembra che sia stata la suocera a denunciarlo”, ha detto la fonte.

Roba da “la sai l’ultima?” Nell’era della guerra al terrorismo, delle teorie della sicurezza preventiva, dello scontro di civiltà, della guerra religiosa e chi più ne ha più ne metta, si rischia di passare guai seri per colpa della suocera.

Poi dice che c’è la crisi della coppia. Neanche il compianto Gino Bramieri, barzellettiere formidabile, ne avrebbe raccontata una così. Fin qui il risvolto comico.

Il dramma è che le forze di sicurezza alle barzellette ci credono. E che in tutto questo, qualcuno se l’è vista davvero brutta. Più brutta di quella suocera, pettegola e vendicativa.

A proposito delle fobie antiterroristiche che ci attraversano la vita da qualche tempo a questa parte, chissà se possa valere anche in questo caso l’antico detto di parlare alla nuora perché intenda la suocera.

Vale a dire: la finiamo di renderci ridicoli, e finalmente ripristiniamo un minimo di dialogo? Il che è un altro modo per dire che, in questo caso, la nuora è il buon senso. Lo capirà anche la suocera? Beh, buona giornata.

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Media e tecnologia

Non basta più cambiare canale, bisogna cambiare la tv.

Secondo i dati Auditel, Circus di Canale 5 è andato intorno al 17 per cento, Miss Italia di RaiUno al 21. Poco, pochissimo. Pare che quelli che si occupano di tv non riescono a crederci.

Il fatto è che sembra che il pubblico rifiuta molto più di prima di essere passivo spettatore delle scelte dei palinsesti, infarciti di reality show. E quello che appare è che la nuova stagione dei reality in onda per ora è un fiasco. Secondo Dipollina di Repubblica, mentre “domenica una buona fiction di Italia 1(Doctor House) aveva battuto sia Bonolis che il reality della Parietti, lunedì è stata una serata d´ecatombe, la gente ha cercato rifugio ovunque: perfino nella milionesima replica del Marchese del Grillo con Alberto Sordi, su La7, volato quasi al 6 per cento, un risultato altissimo per la rete.”

Insomma, i reality che non vanno, come dimostra “Unan1mous” con la De Filippi che è stato portato a conclusione in fretta e furia; Bonolis o Parietti non tirano più la carretta come una volta.
Se alla Rai sono un poco frastornati, a Mediaste fanno i furbetti, e diffondono solo i dati d’ascolto della fascia 15-64 anni. Ma questo non salva sempre la situazione degli ascolti, che sono in fuga.

Secondo Dipollina, la sensazione più diffusa è che in tv non c’è niente da vedere.

La realtà è che così come è oggi la nostra tv, pubblica e commerciale, delude gli spettatori e tradisce le aspettative degli inserzionisti pubblicitari. Il duopolio si è avviluppato su se stesso.

Così, se i nodi tardano a venire al pettine, cioè tarda la riforma del sistema televisivo italiano, capace come dovrebbe di permettere l’ingresso di nuovi soggetti, succede che il pettine viene ai nodi, cioè la fuga degli ascolti diventa la giusta e sacrosanta punizione per una tv che sta perdendo il contatto con la realtà.

Il ministro Gentiloni ha promesso una nuova legge entro Settembre. Sarà terreno di scontro tra maggioranza e opposizione. Cioè tra rendite di posizione, che si annidano sia in Rai che a Mediaset e necessità di cambiare le regole del gioco.

La necessità di un deciso cambio di direzione non è solo più una necessità della politica, dei cittadini, del pubblico: coincide con l’interesse del mercato televisivo. Incredibile, ma vero. Beh, buona giornata.

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Bushismo.

A New York, al Palazzo di Vetro, dopo il discorso d’apertura dei lavori dell’ Assemblea generale dell’Onu, pronunciato dal segretario uscente Kofi Annan, con un accorato appello alla pace in Medio Oriente e alla sensibilità nei confronti delle altre religioni, uno fra i primi leader mondiali a parlare è stato il presidente statunitense George W.Bush.

“Rispettiamo l’Islam – ha detto il presidente Usa. “La propaganda su uno scontro tra l’Occidente e l’Islam è falsa”.

E’ una brutta notizia per Giuliano Ferrara, Magdi Allam, Vittorio Feltri, Marcello “Meticcio” Pera, Roberto “Betulla” Farina, Angelo “Tortura” Panebianco, Roberto “Magliettadellasalute” Calderoli.
Beh, buona giornata.

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O l’Onu o l’altro.

Kofi Annan, il segretario generale dell’Onu andrà in pensione il 31 dicembre.

L’Assemblea generale che si è appena inaugurata deve eleggere entro quella data il suo successore.
Il suo messaggio all’ Assemblea è stato insieme di inaugurazione e di commiato. Annan ha parlato davanti ai rappresentanti di un mondo che ha descritto a fosche tinte.

Un mondo che ha fatto passi avanti sul fronte dello sviluppo, il rispetto di diritti umani e la sicurezza rispetto al settembre 1997, quando, per la prima volta da segretario generale, si rivolse ai potenti della Terra nell’aula dell’Assemblea.

Ma il segretario generale ha osservato che a dieci anni di distanza, troppa gente resta esposta alle violenze della guerra e ha messo in guardia che la paura del terrorismo aumenti il pericolo di scontri di civiltà e di religioni.

“Il terrorismo uccide e sfregia relativamente meno persone di altre forme di violenza e di conflitto, ma diffonde paura e insicurezza e induce la gente a unirsi a gente che la pensa allo stesso modo evitando quanti appaiono loro diversi” ha detto Annan.

In un momento storico in cui le migrazioni hanno portato milioni di persone di diverse fedi religiose e di cultura a vivere nello steso paese, secondo Annan “gli stereotipi dell’idea di uno scontro tra civiltà sono sempre più diffuse e l’insensibilità – intenzionale o meno – verso le credenze e i simboli sacri di altri popoli diventa pretesto per quanti sperano di fomentare una nuova guerra di religione, stavolta su scala globale”.

Di coloro che, intenzionalmente o meno “sperano di fomentare una nuova guerra di religione, stavolta su scala globale” conosciamo nomi e cognomi.

In genere sbeffeggiano la pace e i pacifisti, innalzano peana allo scontro, diffondono intolleranza, alimentano la paura, diffamano l’operato dell’Onu.

Purtroppo alcuni di loro sono italiani, scrivono sui nostri giornali, parlano nelle nostre tv, taluni sono anche stati eletti in Parlamento.

Bisogna scegliere: o pace o guerra, o l’Onu o l’altra. Beh, buona giornata

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