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Che cosa sta facendo e perché è importante capire cosa sta facendo Trump.

di Yanis Vaurofakis, intervista di Antonello Guerrera per Repubblica

“La strategia di fondo è la svalutazione del dollaro. I dazi sono uno strumento, non la motivazione.

Puoi applicarli qua, poi spostarli là, ridurne l’intensità. Ed è proprio quello che Trump sta facendo.

Se guardi bene, i dazi del 20% per l’Unione Europea sono già stati ridotti, per 90 giorni, al 10%. Nel frattempo però il dollaro si è svalutato del 10%.

Quindi, nel complesso, hai comunque un effetto del 20%. La svalutazione del dollaro è per Trump uno strumento più efficace dei dazi, perché favorisce le esportazioni americane, cosa che i dazi invece non fanno.

Quindi dobbiamo smetterla di fissarci su quello che fa Trump.

Dobbiamo capire, in Europa, che il nostro modello mercantilista è finito.

Non potremo più esportare deflazione nel resto del mondo come abbiamo fatto finora come nell’Eurozona. Non potremo più importare domanda per 240 miliardi di dollari — tanto vale il nostro saldo netto delle esportazioni verso gli Stati Uniti.

O rilanciamo gli investimenti, come io dico da tempo, ma anche come ha detto Mario Draghi, oppure restiamo fermi.

Dovremmo creare istituzioni che ancora non esistono — e nessuno nemmeno ne parla — per avere altri 600-700 miliardi di investimenti all’anno.

Oppure entreremo in stagnazione.

E temo che sarà così, perché quando iniziò la crisi dell’euro, c’era una certa Angela Merkel che aveva il capitale politico per introdurre questi cambiamenti. Lo ha sprecato in modo straordinario e ridicolo, insieme a Schäuble, e ora nessuno ha più quel capitale politico. Non Scholz, non Meloni, non Macron.

Sono tutti lì, che si agitano come polli senza testa, con ancora un po’ di vita addosso. E lo dico con grande dolore, perché l’Europa è ricca, colta, intelligente. Eppure stiamo entrando in un lungo periodo di stagnazione”.

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Attualità

L’università italiana sta facendo il servizio militare.

di Michele Lancione, Il manifesto

É stata consuetudine per le Università italiane nascondere i loro rapporti con il complesso militare industriale.

I progetti di ricerca finanziati dal Piano di Ricerca Militare di Crosetto venivano a malapena annunciati, e l’appartenenza al club di Leonardo – Fondazione Med-Or – passata in sordina (si veda il Rettore Lorito di Napoli che, un anno fa, promise le sue dimissioni dal consiglio scientifico della Fondazione e poi, finite le proteste, non si dimise).

Oggi assistiamo a un cambio di passo. Il rapporto con il mondo militare non viene piú messo in secondo piano, ma incoraggiato.

Questo dipende dal mutato contesto politico, inclusi i fondi messi in campo con il ReArm Europe: 800 miliardi di euro da spendere anche per sviluppare tecnologie utili a garantire, come si legge nella pubblicistica, «la pace in Europa».

Il Politecnico per il quale lavoro, a Torino, ha preso posizione pubblica a favore di questa rinnovata stagione militare. La questione, qui, non é solo che il Politecnico lavori con chi produce armi – l’ha sempre fatto – ma come giustifica il rinnovato sentore militarista.

Da un lato, si mette mano al significato dell’etica e dell’integrità della ricerca. Il nuovo regolamento etico appena approvato a Torino é esemplare.

Ricercatori e ricercatrici si devono impegnare a “ripudiare la guerra” ma, allo stesso tempo, sarà possibile svolgere ricerca per “fini militari” se gli “usi militari” saranno limitati alla “difesa dello Stato”.

Dall’altro, il Politecnico difende il rapporto con partners militari sulla base del cosiddetto duplice uso: non si può controllare come terzi useranno il nostro lavoro.

Qui si sottolinea anche la distinzione tra ricerca e produzione: chi fa scienza non arriva a produrre il dispositivo militare, ma si ferma al prototipo.

Cosa c’è di male? In fondo, é tutto vero: se non li usiamo noi a Torino, i fondi di riarmo li useranno altri; il duplice uso é difficile da controllare; e il lavoro di ricerca non porta al prodotto utilizzabile. Cosa c’è di male se come università pubblica facciamo ciò che il pubblico – lo Stato, l’Unione – ci chiede? The devil is in the details… Ne cito due.

Primo. La “difesa dello stato” apre le porte a qualunque questione militare presente nel mondo del capitalismo razzializzato contemporaneo. Si pensi alla guerra al terrore di Bush, che ha permesso di vestire qualunque cosa come una questione di Stato, con conseguenze enormi in politica interna e estera (dalla necessità di avere militari nelle nostre stazioni, all’invasione preventiva di paesi sovrani, come l’Iraq).

La questione Ucraina, mobilitata come problema di sicurezza per l’intero blocco, é un altro esempio in tal senso.

Se possiamo fare ricerca militare solo per fini di “difesa”, ma la “difesa” può plasticamente includere tutto – anche l’azione militare preventiva – dove sta il limite?

Secondo. Il duplice uso é un falso problema, cosí come quello della distinzione ricerca-prodotto. Chiaramente il Politecnico non può controllare cosa faranno terze parti del nostro lavoro, né dai nostri cancelli uscirà un Eurofighter fatto e finito.

La questione é altra. Se io, istituzione universitaria pubblica, instauro legami diretti e formali con Leonardo, che ha l’80% del suo fatturato in armi e cybersecurity militare, sto facendo qualcosa che ha ripercussioni reali, che non esisterebbero senza il mio coinvolgimento.

Ci sono tre livelli. In primis, si offre legittimazione epistemica e culturale a Leonardo, che nella pubblicistica metterà il logo di Polito, non gli effetti dei razzi OTO Melara operati dalle corvette Sa’ar 6 di Israele sulla popolazione palestinese a Gaza.

In secondo luogo, si aumenta la capacità di ricerca e sviluppo di Leonardo, che potrà contare non solo sui suoi laboratori ma anche su quelli delle Università.

Terzo, se dobbiamo parlare di duplice uso, la relazione diretta con chi produce armi facilita il passaggio di consegna del civile al militare.

Come scienziato… chiedo piú rigore. Vogliamo prenderci i soldi di ReArm Europe? Vogliamo lavorare con Leonardo? Facciamolo senza creazioni discorsive atte a legittimare la scelta militare come inevitabile. Senza invocare, come fa il Rettore del mio Politecnico, la necessità di «orientarsi tra le oltre cinquanta sfumature di grigio che il tema della difesa può avere». Quali sfumature ci sono, Rettore, nell’abbracciare rapporti istituzionali diretti con chi le armi le produce, con chi la cybersecurity la vende a regimi di mezzo mondo, con chi (come Frontex, altro nostro partner) attua ed é complice di respingimenti razzializzati nel Mediterraneo Nero?

La stagione di totale apertura al militare é iniziata. Siamo già al lavoro nel complesso militare-industriale-accademico che farà implodere l’Università, cosí come la possibilità di vivere senza l’eterna presenza della guerra, o come la chiamano i buoni, “difesa”.

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Attualità

Ancora tre morti di lavoro che non fanno notizia.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Giuseppe Scarpato aveva 54 anni, viveva da solo a Massa di Somma (Napoli) e nel fine settimana arrotondava i guadagni di operaio lavorando come imbianchino.

In nero, almeno a quanto trapela dalle indagini sull’incidente che sabato 12 aprile ne ha causato la morte. Scarpato per tinteggiare un soffitto in un appartamento a Pollena Trocchia (Napoli) è caduto da una scala battendo violentemente la testa ed è spirato nel giro di poco.

La Campania registra una seconda vittima: si tratta di un 60enne ucraino, che venerdì 11 aprile a tarda sera tornava a casa in bici dal lavoro lungo la provinciale 262 a Eboli (Salerno).

È stato travolto e ucciso da un automobilista pirata, che è fuggito lasciandolo agonizzante. L’allarme è stato dato da alcuni automobilisti di passaggio ma quando sono arrivati i soccorsi non c’era più nulla da fare.

Claudio Clementoni, 57enne elettricista di Sanremo (Imperia), è morto sabato 12 aprile nell’ospedale Sacra Corona di Pietra Ligure (Savona).

Vi era stato ricoverato giovedì 10 aprile dopo la caduta da una scala mentre eseguiva dei lavori in un appartamento sanremese. Lascia la moglie e un figlio.

#giuseppescarpato#claudioclementoni#mortidilavoro

Aprile 2025: 31 morti (sul lavoro 23; in itinere 8; media giorno 2,4)

Anno 2025: 292 morti (sul lavoro 237; in itinere 55; media giorno 2,9)

41 Lombardia (sul lavoro 30, in itinere 11)

33 Veneto (27 – 6)

25 Sicilia (16 – 9)

23 Campania (18 – 5)

22 Emilia Romagna (16 – 6)

21 Puglia (19 – 2)

20 Lazio (17 – 3)

19 Toscana (15 – 4)

17 Piemonte (16 – 1)

15 Abruzzo (13 – 2)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

7 Marche (6 – 1)

6 Basilicata (6 – 0); Liguria (5 – 1)

5 Alto Adige (5 – 0); Friuli Venezia Giulia (4 – 1)

4 Trentino (4 – 0)

3 Sardegna (2 – 1)

2 Molise (1 – 1)

1 Estero (1 – 0)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

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Attualità

Tre vittime, il numero perfetto dei morti di lavoro, ogni giorno, in Italia.

Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Tre ospedali in nemmeno 24 ore non sono stati sufficienti per salvare la vita di Pietro Zito, 35enne di Cinisi (Palermo), sposato, dipendente di una ditta che produce infissi a Carini (PA).

Giovedì 10 aprile era a Misiliscemi (Trapani) per la consegna di una pesante porta blindata ma qualcosa non ha funzionato – sarà l’inchiesta a stabilire cosa – e il lavoratore si è visto crollare addosso l’infisso.

Trasportato in gravissime condizioni all’ospedale di Trapani, da qui è stato trasferito in elisoccorso al Civico di Palermo. Le sue condizioni sono apparse subito molto gravi e, dopo le prime cure a Trapani, è stato trasferito in elisoccorso all’Ospedale Civico di Palermo e infine al Trauma Center di Villa Sofia, dove è morto nella giornata di venerdì 11 aprile.

Giovedì 10 aprile oltre al livornese Massimo Mirabelli è morto sul lavoro un altro 76enne: si tratta di Luigi Pugnaghi, residente a Sassuolo (Modena), vittima del trattore cingolato con il quale era salito in una zona impervia per fare legna tra i boschi di Monchio di Palagano, sempre nel Modenese.

L’uomo era da solo e l’allarme è stato dato in ritardo dai familiari che non lo vedevano tornare. Le ricerche sono iniziate nel tardo pomeriggio e dopo le 21 Pugnaghi è stato trovato senza vita accanto al suo trattore, vittima non di un ribaltamento ma di una caduta dal mezzo, seguita dall’impatto contro un masso che gli ha causato traumi cranici fatali.

Gianni Minotti, 48enne autotrasportatore di Castiglione di Ravenna, è morto venerdì 11 aprile alla guida di un autoarticolato che al km 99 della A14 in direzione sud ha tamponato un mezzo di Autostrade per l’Italia che segnalava i lavori in corso più avanti.

L’urto, nei pressi dell’uscita di Cesena, ha causato il ribaltamento dell’autotreno carico di farine e la morte pressoché sul colpo di Minotti. Il lavoratore gestiva insieme al fratello un’azienda agricola nei paraggi, cui era destinato il carico.

Alessandro Scafa, 55enne di Villaricca (Napoli), tecnico alla Tecfi di Pastorano (Caserta), è morto intorno alle 8 di venerdì 11 aprile stroncato da un malore che lo ha colpito mentre si trovava nel magazzino dell’azienda.

#pietrozito#massimomirabelli#luigipugnaghi#gianniminotti#alessandroscafa#mortidilavoro

Aprile 2025: 28 morti (sul lavoro 21; in itinere 7; media giorno 2,5)

Anno 2025: 289 morti (sul lavoro 235; in itinere 54; media giorno 2,9)

41 Lombardia (sul lavoro 30, in itinere 11)

33 Veneto (27 – 6)

25 Sicilia (16 – 9)

22 Emilia Romagna (16 – 6)

21 Puglia (19 – 2); Campania (17 – 4)

20 Lazio (17 – 3)

19 Toscana (15 – 4)

17 Piemonte (16 – 1)

15 Abruzzo (13 – 2)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

7 Marche (6 – 1)

6 Basilicata (6 – 0)

5 Alto Adige (5 – 0); Liguria, Friuli Venezia Giulia (4 – 1)

4 Trentino (4 – 0)

3 Sardegna (2 – 1)

2 Molise (1 – 1)

1 Estero (1 – 0)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

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Attualità

Nell’indifferenza generale, altri 3 morti di lavoro.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Francesco D’Alò, operaio 60enne, aveva lasciato moglie e figli a Grottaglie (Taranto) e si era trasferito in Emilia Romagna dopo aver trovato lavoro alla 3S Safety di Faenza (Ravenna), azienda che si occupa di cantieri e sicurezza stradale.

È morto nelle prime ore di giovedì 10 aprile in un cantiere stradale in via di chiusura tra le uscite 3 e 4 della tangenziale di Bologna: erano circa le 5,30 e D’Alò segnalava con una bandiera arancione ai veicoli in marcia di rallentare, mentre due suoi colleghi smantellavano il cantiere in cui avevano lavorato durante la notte.

Un camion ha investito D’Alò, uccidendolo sul colpo, ed è stato tamponato da un altro mezzo pesante, il cui autista è rimasto ferito.

I sindacati provinciali hanno proclamato per venerdì 11 aprile uno sciopero di due ore in uscita dei settori edilizia e metalmeccanica.

Il sindaco di Bologna, Lepore, ha scritto al ministro Salvini chiedendo un cambio di passo nei lavori su strade e autostrade intorno alla città, che procedono con lentezza esasperante e gravi rischi per i lavoratori e gli automobilisti.

Massimo Mirabelli, 76enne livornese, moglie, 2 figli e 4 nipoti, è morto giovedì 10 aprile a Montecatini Terme, stroncato da un malore mentre scaricava dal suo furgone biancheria per un albergo.

Il figlio Federico, assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Livorno, smentisce i titoli dei media, che definiscono Mirabelli ‘lavoratore in prova, al primo giorno d’impiego’.

“Babbo – ha detto alla stampa toscana – era già andato in pensione tempo fa, ha sempre fatto questo tipo di lavoro e conosceva il mestiere. Continuava a fare qualcosa, nonostante avesse 76 anni, perché come in ogni famiglia ci sono tanti bisogni da soddisfare. Stamani aveva ripreso questa attività con un contratto di un mese”.

Il contratto era con la ditta di trasporti elbana Mibelli Luigi Marco, che consegna biancheria per alberghi per conto della lavanderia industriale Lavabianco di Vaiano (Prato), con una filiale stagionale a Livorno.

Paolo Carlentini, 53enne dipendente di una ditta di autotrasporto di Carlentini (Siracusa), paese in cui viveva con la moglie e i 2 figli, è morto intorno alle 10,30 di giovedì 10 aprile mentre in moto tornava dal porto di Catania, dove aveva finito il suo lavoro.

Nei pressi dell’uscita di Lentini dell’autostrada Catania-Siracusa ha perso il controllo della moto ed è caduto, riportando lesioni fatali.

#francescodalò#massimomirabelli#paolocarlentini#mortidilavoro

Aprile 2025: 24 morti (sul lavoro 17; in itinere 7; media giorno 2,4)

Anno 2025: 285 morti (sul lavoro 231; in itinere 54; media giorno 2,8)

41 Lombardia (sul lavoro 30, in itinere 11)

33 Veneto (27 – 6)

24 Sicilia (15 – 9)

21 Puglia (19 – 2)

20 Emilia Romagna (14 – 6); Lazio (17 – 3); Campania (16 – 4)

19 Toscana (15 – 4)

17 Piemonte (16 – 1)

15 Abruzzo (13 – 2)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

7 Marche (6 – 1)

6 Basilicata (6 – 0)

5 Alto Adige (5 – 0); Liguria, Friuli Venezia Giulia (4 – 1)

4 Trentino (4 – 0)

3 Sardegna (2 – 1)

2 Molise (1 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

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Attualità

Continua la rassegna “Intuizioni di Primavera” a Bracciano.

NELLA TEMPESTA CHE HO NEL CUORE

con Andrea Dolcini

drammaturgia Antonio Costantino

regia Raffaello Fusaro

Sabato 12 aprile, ore 21

Teatro Delia Scala

Via delle Ferriere 16

 

Lui c’era. Lui che non sa parlare e nemmeno tacere. Lui c’eraallora e c’è ancora, fermo in quegli anni che lo hanno flashato in una giovinezza concitata e irrequieta. C’era e c’è, sul palco a raccontarci del suo eroe: Pier Paolo Pasolini. C’era onnipresente in borgata e nelle periferie, a osservare da testimone Pasolini, il suo mito, accanto a lui perfino a tavola in quelle cene dove…  nunè che m’hanno proprio invitato, diciamo più che altro che me so ‘mbucato…

Er Pasola c’era sempre. Sui campetti da calcio e in quelle trattoriepunto d’incontro tra artisti e intellettuali. Stava sempre in mezzosui set a sbirciare quando le grandi pellicole censurate e scandalizzanti di Pier Paolo venivano impresse nella storia di questo paese. Era a casa Sua, trasparente, a spiare dalla serratura come nasceva il guizzo di un verso, la folgorante esplosione di un pensiero.

Er Pasola giunge in teatro trafelato e in un dopo cena immaginario riporta i ricordi a noi, spettatori del futuro. Er Pasolaè la sintesi di personaggi che, fuori dall’ufficialità, narrano con pedante eccitazione, evocano con passione febbrile ogni azione e contrasto, ogni idiosincrasia di Pier Paolo verso le consuetudini borghesi e i perbenismi. Come il telecronista di una vita che diventa mitologica, Er Pasola è lui stesso un piccolo mito, quasi un fool che usa tutte le parole a disposizione per narrarci il Pasolini-pensiero, tra ricordi pubblici che diventano privati e viceversa, brandelli di versi, citazioni, infuocate invettive e liriche accorate. Un personaggio di fantasia ma concreto come solo uno del popolo sa essere, che usa le proprie abilità teatrali e di parola per riportare alcuni dei come e dei perché della storia di Pier Paolo. 

Il testo viene fuori dalle tasche povere di un ragazzo dai pochi costrutti grammaticali ma ricco di un patrimonio di reminiscenze e cimeli della memoria. Un monologo che – fuori dal solco tracciato dalle cronache dei critici e dei manuali di cinema e letteratura – racconta Pier Paolo da vicinissimo.                        Er Pasolainterpretato da Andrea Dolcini è un commensale infiltrato, uninserviente al servizio solo della strada, sfrontato come un giovane Rugantino, avverso a qualsiasi lavoro tranne che alla produzione di ricordi e associazioni d’idee. Andrea/Pasola, con sfrontatalibertà, unisce brani pop ai versi di Pasolini, narrando conirriverenza e immediata sincerità aneddoti, curiosità, particolari inediti dell’uomo e del poeta scuotendoci, commovendoci, destando in noi il ricordo di un intellettuale unico e irripetibile. 

 

dalle note di regia

 

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Attualità

Meloni va alla Casa Bianca il 17 aprile a incontrare uno che dice “Tutti in fila per baciarmi il culo”.

L’apoteosi della dietrologia.

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Attualità

Siamo a quota 279 morti di lavoro dall’inizio dell’anno.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Quarantesima vittima del lavoro in Lombardia, regione che ogni 60 ore esige il sacrificio di un lavoratore. I morti totali nell’anno arrivano a 279, praticamente in linea con il 2024 quando all’8 aprile si contavano 288 vittime (con un giorno in più).

La quarantesima vittima lombarda risponde al nome di Domenico Braga, 58enne di Gussola (Cremona), morto martedì 8 aprile a Roncadello, frazione di Casalmaggiore (Cremona). Intorno alle 10 Braga è stato ferito a morte dalla pressa per compattare cartoni e carta in uso alla Verdelook di Ettore Biacchi, azienda che commercializza materiali e arredi per il giardino e la casa. Braga è morto prima ancora che arrivassero i soccorsi.

Ivan Paulon, autotrasportatore 53enne di Pontestura (Alessandria), è morto martedì 8 aprile sulla A21, nei pressi di Villanova d’Asti (Asti) in un tipo d’incidente sempre più frequente. Paulon ha accostato sulla corsia d’emergenza per sistemare meglio il carico, è sceso dalla cabina ed è stato travolto e ucciso da un camion. È il terzo caso del genere nell’ultimo mese.

Lillo Morgante, 62enne di Naro (Agrigento), ha perso la vita martedì 8 aprile a Camastra, sempre nell’Agrigentino, cadendo da una betoniera mentre manovrava il braccio a pompa per una gettata di calcestruzzo. L’operaio è morto sul colpo.

Un 40enne indiano è morto martedì 8 aprile a Matera, a Borgo la Martella, intrappolato nella macchina rotoimballatrice che stava manovrando. Nulla da fare per i soccorritori.

Gianni R., 67enne pensionato di Morro Reatino (Rieti), è morto lunedì 7 aprile straziato dalle lame della motozappa. L’assenza di testimoni rende difficoltosa la ricostruzione dell’accaduto.

#domenicobraga#ivanpaulon#lillomorgante#mortidilavoro

Aprile 2025: 18 morti (sul lavoro 12; in itinere 6; media giorno 2,2)

Anno 2025: 279 morti (sul lavoro 226; in itinere 53; media giorno 2,8)

40 Lombardia (sul lavoro 29, in itinere 11)

33 Veneto (27 – 6)

23 Sicilia (15 – 6)

21 Puglia (19 – 2)

20 Lazio (17 – 3), Campania (16 – 4)

18 Toscana (14 – 4); Emilia Romagna (12 – 6)

17 Piemonte (16 – 1)

14 Abruzzo (12 – 2)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

7 Marche (6 – 1)

6 Basilicata (6 – 0)

5 Alto Adige (5 – 0); Liguria, Friuli Venezia Giulia (4 – 1)

4 Trentino (4 – 0)

3 Sardegna (2 – 1)

2 Molise (1 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

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Attualità

L’Italia è il paese dell’impunità criminale internazionale.

Dopo lo scandalo del boia libico scarcerato e addirittura accompagnato a casa con un volo di Stato, ecco un’altra vergognosa violazione del diritto internazionale.

Il volo che portava Netanyahu a Washington è entrato e uscito dallo spazio aereo italiano senza che nessuno abbia impartito l’ordine di costringerlo ad atterrare per eseguite l’ordine di cattura emesso dalla Corte penale internazionale.

Il governo italiano si macchia per la seconda volta in pochi mesi del reato di favoreggiamento nei confronti di un imputato di reati contro l’umanità.

La prima ministra Meloni, il ministro Tajani, il ministro Nordio hanno disonorato lo Statuto di Roma, adottato il 17 luglio 1998, entrato in vigore il 1º luglio 2002, dopo che è stato ratificato da almeno 60 Stati.

L’ordine di cattura contro Netanyahu è in vigore dal 21 novembre 2024.

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Attualità

Il piano Madagascar.

di Raul Hilberg

Fino al 1940, i programmi di emigrazione si erano limitati a prevedere il trasferimento di diverse migliaia di ebrei, 150.000 nel caso del piano Schacht.

Il progetto Madagascar riguardava milioni di Ebrei. I suoi fautori volevano liberare dalla popolazione ebrea tutta la zona del Reich-Protettorato e tutta la Polonia occupata. L’idea, a grandi linee, fu promossa dalla sezione III dell’Abteilung Deutschland del ministero degli Esteri (l’Abteilung Deutschland, del resto, doveva dedicare molte delle sue attenzioni alle questioni ebraiche).

Il piano venne trasmesso a un ufficio vicino che lo accolse con favore: L’Ufficio centrale della Sicurezza del Reich diretto ha Heydrich. Quest’ultimo fu entusiasta dell’idea.

La reazione più che favorevole di Heydrich si spiega perfettamente se si prende in esame il progetto. Ricordiamo in sintesi che il Madagascar, isola africana, doveva essere ceduta dalla Francia alla Germania con un trattato di pace.

La marina tedesca si sarebbe riservata le basi migliori dell’isola, e il resto del Madagascar sarebbe stato posto sotto la giurisdizione di un governatore della polizia che avrebbe risposto direttamente a Heinrich Himmler.

La zona controllata dal governatore della polizia doveva diventare riserva ebraica. Quanto al trasferimento degli Ebrei, sarebbe stato finanziato con le proprietà che questi erano costretti a lasciare nei territori di partenza.

Questo piano, secondo l’Abteilung Deutschland, era di gran lunga preferibile all’insediamento di una comunità in Palestina. Innanzitutto, la Palestina apparteneva al mondo cristiano e musulmano. Poi, trasferiti nel Madagascar, gli Ebrei avrebbero potuto servire da ostaggi per garantire la buona condotta dei loro “compagni di razza” in America.

Heydrich non sapeva che farsene di quegli argomenti. A lui bastava che la quasi totalità dell’isola fosse governata dalle SS e dalla polizia. Ma il piano Madagascar non vene mai varato. Si fondava su un trattato di pace con la Francia, ma questo trattato dipendeva dalla fine delle ostilità con l’Inghilterra.

Se non si poneva un termine al conflitto, non ci sarebbe stato un trattato di pace, e senza trattato di pace non c’era il Madagascar.

Il piano Madagascar fu l’ultimo importante tentativo destinato a “risolvere il problema ebraico” con l’emigrazione. (Raul Hilberg, “La distruzione degli Ebrei d’Europa”, Tomo II, pagg. 435-436, Einaudi).

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Attualità

Piazza Affari chiama, Palazzo Chigi risponde.

Non appena il governo Meloni ha detto che sono disponibili 10 miliardi di euro per compensare l’eventualità dei dazi, magari pescando nel Pnnr, subito Piazza Affari si è ripresa.

Quelli che “giocano con la Borsa”, come al solito, hanno ottenuto quello che volevano. “E io pago”, diceva Totò.

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Attualità

Netanyahu ha fatto ammazzare 208 giornalisti.

Nei giorni scorsi è stato diffuso uno studio del Watson Institute for International and Public Affairs (https://home.watson.brown.edu/) secondo cui nel conflitto a Gaza “sono rimasti uccisi più giornalisti della guerra civile americana, della prima e della seconda guerra mondiale, della guerra di Corea, della guerra del Vietnam, delle guerre in Jugoslavia negli anni Novanta e Duemila e della guerra in Afghanistan successiva all’11 settembre messe insieme”.

208 quelli calcolati dai ricercatori.

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Attualità

Neoliberisti smuskerati.

Come un elefante in una cristalleria, Trump sta mandando in frantumi la globalizzazione. 

Il principio è “la distruzione creativa”, quella di schumpeteriana memoria: Trump ha avviato un processo distruttivo delle regola imposte dal WTO trent’anni fa, attraverso il quale la sua innovativa politica dei dazi, usati come il martello di Thor, col quale violenta l’economia mondiale, rende obsolete le vecchie idee sul mercato, sostituendole con nuove soluzioni,  più efficienti, avanzate o desiderabili. 

Apparentemente, quella di The Donald sembrerebbe una provocazione all’insegna della figura retorica del “io sono io e voi non valete che un dazio”. 

In realtà è esattamente quello che il capitalismo finanziario desidera, per continuare a fare soldi a palate: è tempo di rimettere in circolazione gli ingenti profitti, accumulati negli ultimi decenni.

Anche a costo di “depurare” gli interessi maturati dai piccoli investitori, che sono quelli che stanno perdendo di più in questi giorni nelle Borse di tutto il mondo. D’altronde è noto che chi “gioca in Borsa” spesso dimentica che c’è chi “gioca con la Borsa”.

Il fine che giustifica i mezzi trumpiani è che i mercati globali si dividano per specializzarsi, si ché non sia più la quantità degli scambi commerciali, ma la qualità specifica della produzione di beni e servizi a competere e fare le differenze, in modo da governare con più autoritarismo le risorse energetiche, l’ambiente naturale, la creatività tecnologica, le esportazioni, la manifattura e di conseguenza la mano d’opera. Là dove fosse necessario, con la deterrenza, cioè l’uso della forza armata, magari nei mari indocinesi.

Mentre i governi europei, ormai obsoleti perché prodotto scadente e scaduto della globalizzazione, sembrano pesci che si dibattono agonizzanti sulla tolda di quella carretta del mare che è diventata l’Ue, la rottura trumpiana si è avverata, come se improvvisamente la politica avesse ripreso il sopravvento sulla finanza.

Così, dopo la crisi del neo-keinesismo che ha mandato alle ortiche la socialdemocrazia europea, – e con lei lo Stato sociale -, ecco il tonfo del neoliberismo, del “meno stato-più mercato” alla Milton Friedman, che getta in confusione politica e nella disperazione del consenso le destre europee.

Se ne è accorto anche Elon Musk, che su X posta un Friedman d’annata, che ciurla sul manico del neoliberismo con la storiella della matita, anche se il beniamino “dei patrioti de noantri” forse non ha ancora ben capito quello che può succedere anche al suo stesso impero finanziario. 

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Pelle nera e coscienze sporche.

Marine Le Pen ha utilizzato indebitamente oltre 4 milioni di euro destinati agli assistenti parlamentari del Parlamento Europeo per finanziare attività del partito in Francia. Insomma una truffa, ai danni della Ue. Ecco perché è stata condannata. Quei soldi erano destinati ai dipendenti del gruppo parlamentare, che di conseguenza lavoravano con stipendi da fame.

Un po’ come la storia della cassa integrazione per i suoi dipendenti che si intascava la Pitonessa durante il Covid, secondo l’accusa che la vede sotto processo, ma ancora al governo.

Oppure, un po’ come la storiaccia dei 49 milioni di rimborsi elettorali non dovuti ma incassati e intascati dai dirigenti della Lega dell’era Bossi.

Si sa che alla destra è sempre piaciuto il nero, soprattutto i fondi neri.

Però che Le Pen si paragoni a Martin Luther King è disperazione populista allo stato grezzo.

Il reverendo Luther King era afroamericano, si batteva per i diritti dei neri d’America, per questo è stato assassinato da un suprematista bianco.

Madame Le Pen di nero ha la coscienza, oltre che la carriera politica razzista, suprematista e sovranista. Così, anche a pelle, il paragone proprio non regge.

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Nei conteggi INAIL, mancano all’appello 29 vittime.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

L’Inail ha comunicato i suoi conteggi per il primo bimestre 2025: 97 vittime del lavoro e 36 in itinere, per un totale di 133.

Sarebbero diminuiti gli infortuni sul posto di lavoro (-5,5%), ma aumentati i casi mortali (+6,6%); altrettanto per i casi in itinere, con un calo delle denunce (-2,1) e un aumento delle vittime (+33,3%).

Nei mesi di gennaio e febbraio 2025 noi avevamo contato invece 162 morti (135 sul lavoro e 27 in itinere), 15 in meno rispetto al 2024, con un calo dell’8,4%. Mancherebbero all’appello 29 vittime, un quinto del totale Inail, ma si sa che l’istituto non copre l’intera platea lavorativa e lavora soltanto sulle denunce di infortunio, peraltro sottoposte a scrematura.

Ecco il link: https://www.inail.it/portale/it/inail-comunica/comunicati-stampa/comunicato-stampa.2025.04.denunce-di-infortuni-e-malattie-professionali-i-dati-inail-di-febbraio.html?fbclid=IwY2xjawJfT7ZleHRuA2FlbQIxMAABHosL5-rq3DdY06V31kJb49jCyCM4f7vTjzTsVeuCsl8o0XvPN38QfoXb2cwQ_aem_TxKVx3OkENTncCXhlSaXAA

Segnaliamo il passaggio secondo il quale in Italia sul fronte della sicurezza dei lavoratori va sempre meglio: l’incidenza infortunistica del 2025 è crollata del 18,1% rispetto al 2019, passando da 309 a 253 infortuni ogni 100mila occupati Istat.

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LA GRANDE ARTE AL CINEMA.


Lunedì, 7 aprile 2025, al Cinena FARNESE, in Campo de’ Fiori, Roma, alle 17.15, anteprima nazionale e successiva lectio del filosofo dell’arte Professore Giuseppe DI GIACOMO sul film e sul tema L’ALBA DELL’IMPRESSIONISMO, durata 90 minuti. Introduce il film e conduce l’incontro Riccardo Tavani.

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E se Trump ci stesse facendo un favore?

Lo sgomento di Confindustria è goffo quanto grottesco è il panico di Palazzo Chigi. Per non dire della coda di paglia di Bankitalia.

Fanno tutti finta di non sapere che finora il nostro sistema economico ha fatto fatturati con le esportazioni,  – di prodotti finiti, ma anche di componentistica – per rendere profittevoli i quali sono stati depressi stipendi e salari, col risultato di desertificare i consumi interni.

Era la globalizzazione, bellezza! Ma il gioco è bello quando dura poco.

Donald Il Terribile ha capovolto il paradigma. E sono diventati dazi amari.

Quindi, cari industriali italiani è inutile piagnucolare: vi tocca fare i capitalisti veri, produrre e vendere in Italia e alzare stipendi e salari – magari di quel fatidico 8,7 per cento –  se no nessuno compra più niente.

È ora che il Made in Italy giochi in casa. Alla faccia dei sovranisti governativi: Meloni tolga il prosciutto dagli occhi (e dalle orecchie). O glielo toglie Trump.

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Marzo chiude con 99 vittime, ad aprile già 9 morti di lavoro.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Due vittime in itinere nell’incidente stradale avvenuto poco dopo le 8 di giovedì 3 aprile sulla regionale 353 a Muzzana del Turgnano (Udine), dove si sono scontrati frontalmente un’autovettura e un furgone.

A perdere la vita il 37enne Dimitri Zornik, data analyst team leader alla beanTech, azienda informatica del capoluogo friulano, e il 67enne Enzo Lazzarini, idraulico 67enne di Latisana.

Entrambi sono morti sul colpo, mentre il secondo occupante del furgone, ribaltatosi nel fosso che costeggia la strada, è stato elitrasportato in ospedale.

Andava al lavoro anche il 48enne Andrea Senesi, autista della Elbana Servizi Ambientali. Intorno alle 6 di giovedì 3 aprile, si è schiantato con la moto contro un palo metallico di una stazione di servizio sulla piana di Mola, nel comune di Porto Azzurro (Livorno).

Nessuno ha assistito all’incidente e l’allarme è stato dato da un automobilista che si era fermato a fare rifornimento, ma per il lavoratore, che risiedeva a Capoliveri, era ormai troppo tardi.

#dimitrizornik#enzolazzarini#andreasenesi#mortidilavoro

Aprile 2025: 9 morti (sul lavoro 4; in itinere 5; media giorno 3)

Anno 2025: 270 morti (sul lavoro 218; in itinere 52; media giorno 2,9)

39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)

33 Veneto (27 – 6)

22 Sicilia (14 – 6)

20 Puglia (18 – 2);

Campania (16 – 4)

19 Lazio (16 – 3)

18 Emilia Romagna (12 – 6)

17 Toscana (13 – 4)

16 Piemonte (15 – 1)

13 Abruzzo (12 – 1)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

7 Marche (6 – 1)

5 Alto Adige (5 – 0);

Liguria, Friuli Venezia Giulia (4 – 1)

4 Trentino, Basilicata (4 – 0)

3 Sardegna (2 – 1)

2 Molise (1 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

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Netanyahu sta facendo quello che hanno sempre fatto i suoi predecessori, che a loro volta hanno fatto quello che facevano i colonialisti in Medio Oriente.

di Ilan Pappè

Con la piena consapevolezza da parte di Moshe Dayan, Ariel Sharon fu il primo ad adottare il metodo della punizione collettiva in risposta al nascere delle resistenze nella Striscia.

La sua politica includeva la demolizione di abitazioni, arresti di massa senza processo, lunghe ore di coprifuoco e violente irruzioni nella case e nelle baracche.

Nel 2008 è stata creata una pagina web ufficiale per commentare la vita e le conquiste di Sharon, un sito in cui, anziché tacere del suo ruolo a Gaza in quei giorni, lo si elogiava con orgoglio:

«Sharon partecipa personalmente a queste perquisizioni. Ordina ai soldati di eseguire un’ispezione fisica completa di tutti i maschi e a volte, per poter condurre una perquisizione, impone il coprifuoco nel campi profughi.

Il chiaro obiettivo della missione è trovare terroristi e ucciderli. I soldato hanno l’ordine di non cercare di catturare i terroristi vivi. Sharon comanda loro di essere duri con la popolazione locale, di eseguire perquisizioni nelle strade e, se necessario, persino di spogliare i sospetti; di sparare per uccidere qualsiasi arabo in possesso di una pistola; di sparare per uccidere qualsiasi arabo che non obbedisca a un ordine di Stop! e di ridurre il rischio della propria vita non esitando a fare fuoco massicciamente, sradicando gli alberi dei frutteti che rendono difficile la cattura dei terroristi, demolendo le case e cacciandone via i proprietari in altre abitazioni, così da approntare delle strade sicure.

Hida Abdel-Shafi, un alto capo palestinese, ha dichiarato: “Per garantire la sicurezza, Sharon aveva deciso di aprire delle strade nel campo di Al Shateya e a Rafah. Ciò portò alla rimozione di case, di abitazioni dei profughi, il che non era un’azione da intraprendere alla leggera, tuttavia né Dayan né il governo israeliano fecero obiezioni e così lui ha davvero distrutto le case di molti rifugiati”.

Eli Landau, alleato politico e e amico di Ariel Sharon, afferma: “Era un ufficiale molto alto in grado che, insieme alle truppe, andava di casa in casa, di bunker in bunker, di aranceto in aranceto, per dimostrare le sue intenzioni. Tre mesi dopo Gaza era tranquilla.

Il terrore era stato schiacciato con il pugno di ferro, con mano violenta. Aveva seminato la paura a a Gaza, ed era temuto”.(<www.ariel-sharon-life-story.com/08-Aiel-Sharon- Biography-1971-War-against-Terrorism.shtml>)».

I metodi e di dettagli della rappresaglia si fondavano sulle misure militari contro-insurrezionali adottate dai britannici contro i palestinesi durante la rivolta araba degli anni Trenta; a quanto pare, i nuovi governanti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza erano rimasti fortemente impressionati da questa metodologia spietata.

Sotto i britannici, questo modello di disumanità era rimasto in vigore per tre anni; per i palestinesi, invece, dura da oltre cinquant’anni. (Ilan Pappé, “La prigione più grande del mondo, storia dei territori occupati”, Fazi Editore, pagg.189-190.)

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MORTI DI LAVORO: +43% NEL VENETO

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Al 2 aprile del 2024 il Veneto contava 23 vittime del lavoro. Quest’anno, alla stessa data, è già a 33, con un incredibile aumento del 43%.

L’ultimo morto è il 52enne Vincenzo Arsena, moglie e due figli, pugliese di origini ma residente a Porto Mantovano (Mantova), da 3 anni dipendente della Anodall Extrusion di Trevenzuolo (Verona), produttore di profilati in alluminio acquisito nel 2018 dal gruppo lussemburghese Valfidus.

Poco dopo le 6 di mercoledì 2 aprile Arsena è stato folgorato mentre movimentava materiali su un carro ponte: una scossa potente, al punto da avvolgere tra le fiamme il lavoratore, che è precipitato al suolo, probabilmente già privo di vita.

Fabiana Chiarappa, 32enne soccorritrice nella postazione del 118 a Turi (Bari), è morta nella serata di mercoledì 2 aprile in un incidente stradale mentre tornava in moto dal lavoro.

Biker appassionata, ha perso il controllo della sua Suzuki SV650 e si è schiantata contro un muretto. Grande il dolore dei colleghi intervenuti sul posto.

Giuseppe Gabbi, 64enne direttore e istruttore del Centro volo di Campagnano (Roma), è morto mercoledì 2 aprile precipitando con un ultraleggero a Isola del Cantone (Genova).

Dopo l’impatto il velivolo si è incendiato, non lasciando scampo a Gabbi. Con lui è morto il 38enne Riccardo Muci, agente di polizia pugliese, nominato da Mattarella Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica per aver salvato nel 2018 decine di persone da un incendio sulla tangenziale di Bologna.

I due erano partiti da Mazzè (Torino), dove avevano acquistato l’ultraleggero, ed erano diretti a Sutri (Viterbo). L’aereo è stato visto volare bassissimo, secondo le prime ipotesi tentando un atterraggio di emergenza.

Un 26enne pugliese, agente della Guardia di Finanza, si è tolto la vita nella sede del Comando generale a Roma sparandosi con la pistola d’ordinanza. È accaduto martedì 1° aprile. Ancora presto per dire se si è trattato di un caso di burnout.

#vincenzoarsena#fabianachiarappa#giuseppegabbi#RiccardoMuci#mortidilavoro

Aprile 2025: 6 morti (sul lavoro 3; in itinere 3; media giorno 3)

Anno 2025: 267 morti (sul lavoro 217; in itinere 50; media giorno 2,9)

39 Lombardia (sul lavoro 28, in itinere 11)

33 Veneto (27 – 6)

22 Sicilia (14 – 6)

20 Puglia (18 – 2); Campania (16 – 4)

19 Lazio (16 – 3)

18 Emilia Romagna (12 – 6)

16 Piemonte (15 – 1); Toscana (13 – 3)

13 Abruzzo (12 – 1)

10 Calabria (10 – 0)

8 Umbria (8 – 0)

7 Marche (6 – 1)

5 Alto Adige (5 – 0); Liguria (4 – 1)

4 Trentino, Basilicata (4 – 0)

3 Friuli Venezia Giulia (3 – 0); Sardegna (2 – 1)

2 Molise (1 – 1)

Gennaio 2025: 87 morti (sul lavoro 72; in itinere 15; media giorno 2,8)

Febbraio 2025: 75 morti (sul lavoro 63; in itinere 12; media giorno 2,7)

Marzo 2025: 99 morti (sul lavoro 79; in itinere 20; media giorno 3,2)

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