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42 morti di lavoro in 20 giorni.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Salgono a 7 i lavoratori del trasporto deceduti nel mese di gennaio. Rappresentano un sesto del totale, che è di 42 morti in 20 giorni. La settima vittima è Sergio Tortora, 58enne di Bisceglie (Barletta Andria Trani), una vita intera alle dipendenze di Dibea Service. Lunedì 20 gennaio il camion che guidava si è scontrato con una vettura nell’area industriale di Brindisi. Per la violenza dell’impatto l’automezzo è uscito di strada ribaltandosi e il conducente è stato catapultato contro il parabrezza, sfondandolo e finendo all’esterno della cabina di guida. Tortora è morto sul colpo, mentre il suo accompagnatore è rimasto ferito.

Giuseppe Scibetta, 72enne commerciante del quartiere genovese di Cornigliano, è morto aiutando il figlio nei lavori di ristrutturazione di un appartamento al primo piano di uno stabile. Scibetta, che si era fatto carico della sostituzione degli infissi, era salito su una scala per lavorare su una finestra ma è caduto da un’altezza di 5 metri, riportando un grave trauma cranico che ne ha provocato la morte. Non è chiaro se la caduta sia stata causata dal cedimento della scala o dalla perdita dell’equilibrio.

#sergiotortora#giuseppescibetta#mortidilavoro

Gennaio 2025: 42 morti (sul lavoro 36; in itinere 6; media giorno 2,1)

9 Lombardia (sul lavoro 8, in itinere 1)

6 Campania (6-0)

4 Puglia, Calabria (4 – 0)

3 Piemonte, Toscana, Abruzzo (3 – 0)

2 Veneto (2 – 0); Liguria, Emilia Romagna (1 – 1)

1 Lazio, Basilicata (1 – 0); Marche, Sardegna (0 – 1)

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Attualità

Cala il numero dei morti. È ancora presto per capire se siamo in presenza di un calo strutturale o di una casualità.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Al 19 gennaio 2025 si consolida la diminuzione delle morti di lavoro rispetto al 2024: le vittime un anno fa erano state 53, quest’anno sono 40 (-13, con un calo che sfiora il 25%), per una media di 2,1 al giorno (era 2,6).

È ancora presto per capire se siamo in presenza di un calo strutturale o di una casualità. Nella poco onorevole graduatoria delle regioni la Campania sale da sola al secondo posto, perché proprio nella regione si sono verificate le ultime due morti.

Pasquale Sergio Tranchida (nella foto), 56enne di Marsala (Trapani), moglie e due figli, è il terzo autotrasportatore morto quest’anno. Sabato 18 gennaio, in viaggio sulla A1 in direzione nord, nei pressi dello svincolo di Afragola (Napoli) ha perso improvvisamente il controllo del camion, che ha colpito il guardrail e si è ribaltato più volte. Tranchida è stato sbalzato fuori dalla cabina di guida ed è morto sul colpo.

Un lavoratore 48enne del Gruppo Caramico di Salerno, residente a Cava de’ Tirreni, è morto venerdì 17 gennaio a causa di un malore che lo ha colpito mentre era al lavoro. Non disponiamo per ora di altri elementi.

#pasqualetranchida#mortidilavoro

Gennaio 2025: 40 morti (sul lavoro 34; in itinere 6; media giorno 2,1)

9 Lombardia (sul lavoro 8, in itinere 1)

6 Campania (6-0)

4 Calabria (4 – 0)

3 Piemonte, Toscana, Abruzzo, Puglia (3 – 0)

2 Veneto (2 – 0); Emilia Romagna (1 – 1)

1 Lazio, Basilicata (1 – 0); Liguria, Marche, Sardegna (0 – 1)

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Attualità

La Lombardia sempre in testa all’orribile graduatoria dei morti di lavoro in Italia.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Nell’orribile graduatoria delle morti di lavoro per regione, la Lombardia conta già più del doppio delle vittime rispetto alle “seconde”, 9 contro le 4 di Campania e Calabria. L’anno scorso al 17 gennaio erano 7. In altri termini, un morto ogni 48 ore. Il totale italiano del 2025 sale a 38, cioè 6 in meno rispetto al 2024.

Edoardo Catalano, barman 26enne di Casalmaiocco (Lodi), è morto all’alba di venerdì 17 gennaio tornando a casa dal locale milanese in cui lavorava. Erano le 4,45 quando ha perso il controllo della sua auto sulla provinciale Bettola – Sordio, nel territorio di Mediglia (Milano), e si è schiantato contro un palo della luce, rimanendo ucciso sul colpo.

Maurizio Ducoli, 69enne di Breno (Brescia), è morto giovedì 16 gennaio per il ribaltamento del trattore con il quale era andato a fare legna in un bosco di sua proprietà. L’allarme è stato dato dai familiari che non lo vedevano rientrare. Mobilitato anche il Soccorso alpino, fino al ritrovamento del corpo accanto al trattore capovolto.

Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio si è spento nel centro grandi ustionati dell’ospedale Cardarelli, a Napoli, l’agricoltore 63enne Lello Di Giovambattista, residente con la famiglia a Massa d’Albe (L’Aquila). Lunedì 6 gennaio era rimasto gravemente ustionato nel tentativo di arginare le fiamme che stavano distruggendo un deposito di mille balle di paglia. Era stato trasportato prima all’ospedale di Avezzano, poi a L’Aquila e infine, viste le condizioni disperate, al Cardarelli.

Francesco Nicola Primavera, tecnico 32enne nell’ospedale di Lanciano (Chieti), è morto giovedì 16 gennaio per un malore sul posto di lavoro. Dopo le prime cure a Lanciano, era stato trasportato all’ospedale di Chieti, dove è morto senza riprendere conoscenza.

Un malore sul posto di lavoro è anche la causa della morte di Ennio Cifone, 47 anni, dipendente della Lombardi Distribuzione di Maddaloni (Caserta). Si è sentito male venerdì 17 gennaio nel deposito della ditta, che commercia prodotti alimentari campani, ed è morto nel giro di poco.

#edoardocatalano#maurizioducoli#lellodigiovambattista#francescoprimavera#enniocifone#mortidilavoro

Gennaio 2025: 38 morti (sul lavoro 32; in itinere 6; media giorno 2,2)

9 Lombardia (sul lavoro 8, in itinere 1)

4 Campania, Calabria (4 – 0)

3 Piemonte, Toscana, Abruzzo, Puglia (3 – 0)

2 Veneto (2 – 0); Emilia Romagna (1 – 1)

1 Lazio, Basilicata (1 – 0); Liguria, Marche, Sardegna (0 – 1)

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Addio a David Lynch.

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Per Netanyahu una tregua è il lasso di tempo che trascorre tra lo svuotamento di un caricatore e l’altro, tra lo sgancio di una bomba e l’armamento della successiva. La vera tregua sarebbe nella fornitura delle armi Usa a Israele.

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Attualità

La Lombardia ha ripreso a macinare a pieno ritmo le vite dei lavoratori.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Delle 5 morti sul lavoro di martedì 14 gennaio, 3 si sono verificate nella regione e una quarta, avvenuta in Puglia, è riconducibile a un’azienda di Paderno Dugnano (Milano), la Effetre Fenice Energia.

Petre Zaim, 58enne romeno residente a Bassano del Grappa (Vicenza), era un dipendente Effetre e faceva capo alla sede di Pederobba (Treviso), competente per il Centro e il Sud Italia.

Martedì 14 gennaio era il suo primo giorno di lavoro nel cantiere per la nuova centrale termica del Policlinico di Bari, la cui costruzione è stata appaltata da Edison Energia proprio a Effetre. È stato colpito da un carico di materiali metallici sganciatosi dal braccio di una gru che aveva colpito un muro, per un errore del manovratore o per una raffica di vento improvvisa.

Zaim ha riportato danni gravissimi ed è morto nell’adiacente pronto soccorso. Il riconoscimento della salma è stato fatto dal figlio, che aveva accompagnato il padre nella trasferta pugliese.

Veniva dall’estero anche Cheik Ndiaie, 32enne senegalese residente a Cassago Brianza (Lecco), dipendente della FCF Solutions della vicina Bulciago. Martedì 14 gennaio era in trasferta alla dismessa Radaelli 1967 di Giussano (Monza e Brianza), per il recupero di materiali.

Era sul tetto di un capannone quando un pannello di ondulato plastico ha ceduto e Ndiaie è precipitato da un’altezza di 6 metri, morendo sul colpo.

Sergio Valenti, 56enne autotrasportatore di Entratico (Bergamo), è morto nelle prime ore di martedì 14 gennaio alla Fratelli Sala recupero ecologico di Zandobbio (Bergamo), dove era appena arrivato. Un malore ne ha causato la morte nel giro di pochi minuti.

Giovanni Magon, 61 anni, camionista di Gattinara (Vercelli), è morto martedì 14 gennaio sulla statale 36 a Mandello del Lario (Lecco), uscendo di strada con il tir carico di rifiuti. Il mezzo ha schiantato il guardrail e si è rovesciato fuori strada.

L’autista è rimasto intrappolato nella cabina e ne è stato estratto privo di vita.

Nino Petrillo, 67enne messo comunale di Barano d’Ischia (Napoli), è morto martedì 14 gennaio schiantandosi contro un muretto con l’auto di servizio.

La vettura ha preso fuoco ma non è bruciata completamente. Aperta un’indagine per capire le cause dell’incidente, che non ha visto coinvolti altri veicoli.

#petrezaim#cheickndiaie#sergiovalenti#giovannimagon#ninopetrillo#mortidilavoro

Gennaio 2025: 30 morti (sul lavoro 25; in itinere 5; media giorno 2,1)

7 Lombardia (sul lavoro 7, in itinere 0)

4 Calabria (4 – 0)

3 Piemonte, Campania, Puglia (3 – 0)

2 Veneto (2 – 0); Emilia Romagna, Toscana (1 – 1)

1 Abruzzo (1 – 0); Liguria, Marche, Sardegna (0 – 1)

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È morto nel giorno del suo compleanno, lontano dal suo Paese, nella cabina di guida di un tir.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

È un autotrasportatore portoghese, che proprio lunedì 13 gennaio compiva 43 anni. Non ne conosciamo ancora il nome, sappiamo per ora che nel primo pomeriggio è stato trovato privo di vita nel camion parcheggiato nei pressi di Ceva Logistics, nell’area industriale di Somaglia (Lodi).

I soccorritori ne hanno constatato la morte, secondo la prima ipotesi riconducibile a un malore.

Mario Morina, 59 anni, dipendente della cooperativa sociale La Spiga di Grano, è morto lunedì 13 gennaio a Pescia (Pistoia), paese in cui risiedeva con la moglie.

Addetto alla manutenzione del verde comunale, è stato travolto dalla caduta dell’albero che stava abbattendo lungo una strada sterrata in località Veneri, riportando un trauma cranico fatale.

Con tutta probabilità è stato il forte vento a far sì che l’albero venisse giù all’improvviso durante l’operazione di taglio.

Rossella Marongiu, 25enne infermiera dell’azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari, si è spenta domenica 12 gennaio nell’ospedale in cui lavorava.

Vi era stata ricoverata sabato 11, dopo un incidente stradale occorsole mentre in macchina raggiungeva il Brotzu da Samassi (Sud Sardegna), dove risiedeva con il compagno. Lungo la provinciale 65 ha perso il controllo dell’auto, che si è ribaltata più volte in un campo. La morte è stata causata dalle gravi lesioni alla testa.

#mariomorina#rossellamarongiu#mortidilavoro

Gennaio 2025: 25 morti (sul lavoro 20; in itinere 5; media giorno 1,9)

4 Lombardia, Calabria (sul lavoro 4; in itinere 0)

3 Piemonte (3 – 0)

2 Veneto, Campania, Puglia (2 – 0); Emilia Romagna, Toscana (1 – 1)

1 Abruzzo (1 – 0); Liguria, Marche, Sardegna (0 – 1)

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Addio a Franco Piperno.

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Quando si parla di genocidio, si parla di un’azione calcolata di privazione del presente e del futuro, dell’invivibilità dello spazio e del tempo di oggi e di domani.

da Il manifesto.

l primo gennaio il Palestinian Central Bureau of Statistics ha pubblicato un rapporto secondo cui la popolazione di Gaza si è ridotta del 6%. Mancano all’appello (ufficiale) 160mila persone.

Oltre 100mila sono fuggite in Egitto, e sono i «fortunati»: possedevano abbastanza per pagare i trafficanti dell’agenzia Hala, 5mila dollari a testa, o erano messi così male da ottenere il via libera alle cure all’estero.

ALTRI 45MILA
 sono stati uccisi. Un numero non meglio definito è sparito sotto le macerie: da mesi ormai si resta su una quota fissa, 10mila, il lavoro di ricerca e identificazione è reso quasi impossibile dal collasso della protezione civile.

Restano fuori dal conteggio i morti per mancate cure, fame o ipotermia. La rivista scientifica Lancet ieri ha rivisto il bilancio: le morti dirette per i raid israeliani sarebbero 70mila. Un bilancio che viene rivisto e discusso a suon di 10mila, 20mila, 30mila morti ammazzati.

Non si dibatte sulle decine o le centinaia. La folle unità di misura va di migliaia in migliaia, tanto da perdere quasi senso. E (assurdamente) visibilità.

Poi ci sono i feriti, 110mila. Il 25% ha riportato danni permanenti, amputazioni, disabilità È l’ipoteca sul futuro di Gaza, una società che non sa più come immaginarsi il futuro, figurarsi il presente, con una terra che si restringe, devastata e inquinata, infrastrutture inesistenti, settori civili basilari – sanità, educazione – sradicati.

Quando si parla di genocidio, si parla di questo, di un’azione calcolata di privazione del presente e del futuro, dell’invivibilità dello spazio e del tempo di oggi e di domani.

Per punire e soprattutto per porre fine a tali azioni, volontarie, la Corte penale internazionale a metà novembre ha emesso mandati d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro alla difesa Yoav Gallant.

Sono trascorsi due mesi e l’impunità – che pareva essersi sgretolata all’Aja – viene risollevata, come un muro, nel luogo dove è nato il diritto internazionale contemporaneo.

La Polonia, in aperta violazione dello Statuto di Roma (di cui è parte), giustificandosi con un intervento di natura politica privo di qualsiasi legittimità, annuncia una protezione speciale per il ricercato Netanyahu se decidesse di partecipare all’80esimo anniversario dalla liberazione di Auschwitz.

IL LUOGO che più di ogni altro simboleggia l’abisso in cui l’umanità è stata in grado di sprofondare e da cui la stessa umanità è riemersa, costruendo sulla disumanizzazione assoluta dell’essere umano un sistema di valori condiviso e una memoria collettiva, è lo stesso luogo in cui – scriveva mercoledì su queste pagine uno dei più noti studiosi dell’Olocausto, Moshe Zuckermann – si consuma «l’orrendo tradimento».

Un tradimento perpetrato, scrive Zuckermann, non solo dal primo ministro Netanyahu ma dalla simbiosi tra la barbarie dei suoi sottoposti (i soldati) e la gelida indifferenza della società israeliana.

Non sono soli: il tradimento pesa sulle sedicenti democrazie liberali a cui sono bastati appena 80 anni per violare un processo di rinascita condiviso e il riconoscimento della pari dignità di ogni essere umano.

Se quella dignità pari non lo è mai stata e radicate sono le diseguaglianze che erigono barriere tra le persone in ogni paese del mondo, lo scudo penale per Netanyahu è un simbolo potente: legittima la supremazia di alcuni paesi (titolari del privilegio a usare la violenza contro chi è considerato subalterno) e la legge del più forte come punto cardinale dei rapporti internazionali.

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Addio a Oliviero Toscani.

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Alla fine, – tomo tomo cacchio cacchio – il ministro c’ha messo una pezza.

Lo scambio Sala-Abedini si è felicemente concluso. Come anticipato per tutta la giornata di domenica da strane e cadenzate indiscrezioni telecomandate sulla stampa, il ministro Nordio ha ordinato la scarcerazione dell’ingegnere iraniano. Adedini è già in Iran. 

Possiamo scrivere la parola “fine”’? E no!

“Il ministro Nordio ha depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano Abedini Najafabadi Mohammad”, si legge nella nota ufficiale diffusa dal ministero della Giustizia.

“In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo degli Stati Uniti d’America e il governo della Repubblica italiana – si legge sempre nella nota del ministero – possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente”.

Adesso, se non vi dispiace,  vorremmo sapere chi è stato tanto servile con gli USA da inventarsi un’estradizione impossibile.

Mentre si fantastica di telefonate tra la polizia italiana e i servizi americani per l’arresto, di via libera che sarebbero stati dati da Biden e Trump per la scarcerazione, la domanda a cui il governo italiano deve dare precisa risposta è: visto che non c’erano gli estremi dell’estradizione, chi ha ordinato e predisposto l’arresto del cittadino iraniano a Malpensa lo scorso 16 dicembre?  

Per essere più precisi: agli ordini di chi gli agenti della polizia italiana hanno prelevato il passeggero all’aeroporto per associarlo al carcere di Opera?  

Non è difficile rispondere, basta semplicemente raccontare la verità, invece che le stravaganti versioni alla “tomo tomo cacchio cacchio” che abbiamo sentito fin’ora.

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Attualità

Perché l’austerità piace tanto alle banche centrali, alla Unione Europea, ai governi nazionali, compreso l’ineffabile governo di destra-destra italiano?

Le tre forme delle politiche di austerità – fiscale, monetaria e industriale- lavorano all’unisono per disarmare le classi lavoratrici ed esercitare una pressione discendente sui salari”, scrive Clara E. Mattei in “Operazione austerità” (Einaudi 2022).

Quali sono, dunque, le dinamiche della coercizione esercitata dall’austerità? Ecco uno schema di analisi, tratto dal libro di Mattei, che ci aiuta a capire le politiche economiche che muovono attualmente la Ue e i governi nazionali, compreso il governo Meloni.

I. Dall’austerità fiscale all’austerità monetaria.

L’austerità fiscale si traduce in tagli al bilancio, soprattutto al welfare, e in una tassazione regressiva (che chiede una percentuale superiore di denaro a chi ne ha di meno).

Entrambe le riforme permettono di trasferire risorse dalla maggioranza dei cittadini a una minoranza – le classi dei risparmiatori-investitori – per garantire i rapporti di proprietà e la formazione del capitale.

Contemporaneamente, i tagli al bilancio contengono l’inflazione grazie a due meccanismi principali. 

La prima cosa, la riduzione e il consolidamento del debito pubblico diminuiscono la liquidità in circolazione. Perché i detentori del debito non possono più usare le obbligazioni in scadenza come mezzo di pagamento.

In secondo luogo, i tagli al bilancio riducono la domanda aggregata: famiglie e imprese godono di un minore reddito disponibile e lo Stato stesso riduce gli investimenti.

Un calo della domanda di beni e capitali significa che i prezzi all’interno di un paese si mantengono bassi. Inoltre, questo strozzamento della domanda aggregata accresce il valore della moneta sui mercati esteri, scoraggiando le importazioni e migliorando così la bilancia commerciale (per cui le esportazioni supereranno le importazioni). 

Il valore di una moneta sui mercati esteri è di fatto favorevole se la bilancia commerciale di un Paese è positiva.

II. Dall’austerità monetaria all’austerità fiscale.

L’austerità monetaria (o deflazione monetaria, come è stata descritta sopra) comporta una decurtazione del credito nell’economia e coincide in primo luogo con un aumento dei tassi di interesse.

Questa cosiddetta “politica del denaro caro”, in cui il denaro è più difficile da prendere a prestito, fa crescere per il governo i costi dell’indebitamento e dunque ne limita i piani espansivi, specialmente di welfare.

Nel corso del XX secolo, le limitazioni alla spesa dello Stato aumentarono quando fu stabilito il gold standard (cosa che in Gran Bretagna accadde nel 1925): per mantenere la parità aurea, la prima cosa da è la fuoriuscita dei capitali, per cui la politica fiscale all’interno del proprio Paese. Lo fa minimizzando la spesa governativa e creando un ambiente favorevole al capitale sottoponendolo a una tassazione inferiore.

III. Dall’austerità industriale all’austerità monetaria.

Con l’espressione austerità industriale ci si riferisce all’imposizione della pace industriale, vale a dire rapporti di produzione gerarchici al riparo da contestazioni.

Una “pace” del genere è ovviamente alla base dell’accumulazione capitalistica, perché consente di proteggere i diritti di proprietà, le relazioni salariali e la stabilità monetaria nel lungo periodo.

L’austerità industriale favorisce inoltre la deflazione monetaria, che aumenta il valore della moneta nazionale. Infatti, una rivalutazione riuscita (cioè un aumento del valore della moneta) richiede soprattutto aggiustamenti di prezzo verso il basso, e in particolare un aggiustamento verso il basso dei prezzi del lavoro (il che significa salari inferiori), al fine di tagliare i costi di produzione.

Questo perché costi del lavoro inferiori tengono bassi i prezzi delle merci, il che a sua volta promuove la competitività internazionale nel momento in cui un Paese decide di migliorare i suoi tassi di cambio con un aumento delle esportazioni.

Quando la moneta si rivaluta, ridurre i costi di produzione diventa ancora più essenziale al fine di compensare un calo di competitività e dunque non perdere quote sul mercato estero, giacché i beni in quella valuta diventano più cari.

Se lo Stato può contare su poteri coercitivi sufficienti, come fu per lo Stato fascista, può intervenire direttamente con un’azione legislativa per tagliare i salari nominali, garantendo aggiustamenti di prezzo immediati e la competitività necessaria a rispettare il gold standard.

Naturalmente, anche in società meno autoritarie, come quella britannica (negli Anni 30, ndr), leggi del lavoro restrittive possono limitare la legittimità delle contestazioni industriali, per esempio criminalizzando gli scioperi di solidarietà.

La pace sociale e la repressione dei salari sono altrettanto importanti per attivare capitali ed evitarne la fuoriuscita, altra prerogativa della convertibilità in oro.

Un livello salariale basso riduce infine la domanda di consumo, che a sua volta fa scendere le importazioni e dunque ha un effetto positivo sulla bilancia commerciale che favorisce la rivalutazione monetaria.

IV. Dall’austerità monetaria all’austerità Industriale.

La politica del denaro caro fa sì che l’economia rallenti, perché indebitarsi diventa più costoso e gli imprenditori sono disincentivati a prendere a prestito denaro da investire.

Quando parte la deflazione e i prezzi scendono, le aspettative pessimistiche degli imprenditori riguardo al futuro riducono ulteriormente gli investimenti.

Minori investimenti significano meno occupazione.

Una disoccupazione più elevata non soltanto riduce i salari dei lavoratori; garantisce anche la “pace industriale” annientando la leva politica e la militanza del lavoro.

V.  Dall’austerità industriale all’austerità fiscale.

Una classe lavoratrice debole e docile è tale per cui la pressione per ottenere misure sociali, una tassazione progressiva e altre politiche redistributive viene subordinata alle priorità dettate dall’austerità di spostare risorse a favore delle classi dei risparmiatori-investitori.

I sindacati rinviano le proposte e le pratiche radicali che sfidano la proprietà privata e sono disposti a collaborare per aumentare l’efficienza della produzione in nome della causa nazionale.

VI. Dall’austerità fiscale all’austerità industriale.

I tagli al bilancio significano diminuzione delle opere pubbliche e del pubblico impiego più in generale, il che porta a un ampliamento dell’esercito di riserva del lavoro (il bacino di coloro che desiderano un’occupazione) e dunque danneggia il potere contrattuale dei sindacati, deprime i salari e accresce la competizione tra i lavoratori.

[…]

Queste dinamiche possono suonare tutt’ora famigliari, essendo precorritrici del rapporto che gli esperti del Fondo monetario internazionale hanno stretto e instaurato con gran parte dei Paesi periferici del mondo odierno, un rapporto basato su: prestiti condizionati a politiche di austerità; focus sulla ‘libertà economica’, più che politica; obbligo di aprire l’economia nazionale allo scrutinio internazionale.

La storia dell’Italia aiuta a leggere anche i casi di austerità più recenti con occhi maggiormente smaliziati.

A un esame ravvicinato, i programmi di aggiustamento strutturale del Fmi rivelano il medesimo obiettivo di fondo: costringere le popolazioni a produrre di più e a consumare di meno, al fine di salvaguardare l’accumulazione capitalistica”.

(Clara E. Mattei, “Operazione austerità, come gli economisti hanno aperto la strada al fascismo”, Einaudi 2022.)

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Da spregiudicato a pregiudicato.

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Non tornano i conti di quelli che non tornano a casa dal lavoro.

MORTI DI LAVORO? SÌ, NO, FORSE…

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Cinque vittime del lavoro portano il totale di questi primi 10 giorni del 2025 a 20 morti (- 4 rispetto al 2024). Accade nel giorno in cui l’Inail è costretta ad ammettere che sì, in Italia c’è un problema di sicurezza sul lavoro. Lo fa annunciando i dati dei primi undici mesi del 2024: mille vittime, +3,3% rispetto all’anno precedente (noi ne avevamo contate 67 in più).

Naturalmente c’è un colpo di coda filogovernativo, con il tentativo di dimostrare che va tutto bene. Consiste nel sostenere che c’è un calo del 3,7% nel rapporto tra casi mortali e occupati Istat, sceso da 4,32 a 4,16 casi mortali ogni centomila occupati.

Naturalmente c’è il trucco: 4,32 è il dato relativo al 2019 e qualcuno dovrebbe spiegare il perché di un confronto su base quinquennale. Forse perché fa comodo alla propaganda di governo? Nel confronto con il 2023 torna infatti il segno più, per l’esattezza +2% (da 4,08 a 4,16).

Mentono sapendo di mentire, tanto la gente non se ne accorge (ancor meno i media, che dormono al calduccio).

Nella foto: la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone con il presidente Inail Fabrizio D’Ascenzo.

#mortidilavoro#Inail#MarinaCalderone#fabriziodascenzo

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Ancora cinque morti di lavoro.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Il 2024 si era concluso con la morte, il 31 dicembre, di Pompeo Mezzacapo, lavoratore 38enne rimasto ucciso nel ribaltamento di un muletto alla Frigocaserta di Gricignano di Aversa (Caserta).

Dopo dieci giorni c’è stata un’altra vittima nello stesso polo logistico del freddo, un ragazzo di appena 19 anni, dipendente di una ditta esterna, ucciso da una fuga di ammoniaca.

Si chiamava Patrizio Spasiano e veniva da Secondigliano (Napoli). Venerdì 10 gennaio con tre colleghi stava facendo manutenzione quando si è verificata la fuga del gas tossico.

Gli altri lavoratori sono riusciti a mettersi in salvo, Patrizio è crollato senza vita su un ponteggio e il suo corpo è stato recuperato dai vigili del fuoco, intervenuti in forze e con tutti gli specialisti e le protezioni del caso.

La fuga di gas è stata di proporzioni tali da far scattare l’emergenza in tutta la zona, con i sindaci che invitavano gli abitanti a chiudersi in casa e a non uscire fino a sabato mattina.

Quarta vittima dell’anno in Calabria, regione che a sorpresa comanda la poco onorevole classifica delle morti di lavoro. Si tratta di poco meno di un sesto dei morti registrati in tutto il 2024 (26).

La vittima è il 63enne Antonio Occhiuzzo, moglie e due figlie, rientrato da poco tempo dalla Svizzera a Roggiano Gravina (Cosenza).

Giovedì 9 gennaio si è ribaltato con il trattore su un pendio ripido, è riuscito a dare l’allarme ed è stato ricoverato all’ospedale di Cosenza, dove è deceduto venerdì 10 gennaio.

Vittima di un trattore anche il 54enne Claudio Garassino, moglie e figlia, a Calizzano (Savona) conosciuto con il soprannome di Gaiàn.

Titolare di un agriturismo particolarmente vocato nell’ippicoltura, venerdì 10 gennaio è stato travolto da un trattore rimessosi in marcia mentre movimentava balle di fieno, riportando un grave trauma toracico che ne ha causato la morte.

Un 52enne di cui non conosciamo ancora il nome è morto venerdì 10 gennaio in un cantiere stradale sulla A14, tra i caselli di Cesena e Valle del Rubicone.

Con tre colleghi aveva allestito il cantiere con tutte le segnalazioni necessarie, ma questo non è bastato a impedire che un tir entrasse a tutta velocità nell’area e tamponasse un mezzo speciale, che è finito addosso alla vittima. Dipendente della Igsa di Ravenna, appaltatore Anas, l’operaio è morto sul colpo. Ferito l’autista del tir.

Rocco D’Ascanio, carrozziere 68enne di Avezzano (L’Aquila), è morto giovedì 9 gennaio nell’ospedale San Salvatore, nel capoluogo abruzzese.

Mercoledì 8 D’Ascanio era caduto da una scala nella sua officina e aveva battuto con violenza la nuca. Sulle prime era rimasto cosciente ed era stato portato nell’ospedale di Avezzano, poi l’aggravamento delle sue condizioni ne avevano consigliato lo spostamento a L’Aquila, dove è spirato.

#patriziospasiano#antonioocchiuzzo#claudiogarassino#RoccoDascanio#mortidilavoro

Gennaio 2025: 20 morti (sul lavoro 16; in itinere 4; media giorno 2)

4 Calabria (sul lavoro 4; in itinere 0)

2 Piemonte, Lombardia, Veneto, Campania, Puglia (2 – 0), Emilia Romagna (1 – 1)

1 Liguria, Toscana, Marche (0 – 1), Abruzzo (1 – 0)

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È stata fissata la data del processo per la morte di Satnan Singh.

di Piero Santomnastaso | Facebook.com/Mortidiavoro

Si aprirà il 1° aprile davanti alla Corte d’Assise di Latina il processo a carico di Antonello Lovato per la morte di Satnam Singh, il bracciante indiano di 31 anni deceduto il 21 giugno 2024 in ospedale a Roma dopo essere stato abbandonato in strada due giorni prima con un braccio amputato nelle campagne di Borgo Santa Maria.

Lovato, in carcere dal 2 luglio scorso, sarà processato per omicidio volontario e rischia una pena minima di 21 anni di reclusione.

Secondo il medico legale, se il bracciante “fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato”.

Per il giudice delle indagini preliminari Lovato, nella foto a sinistra, ha tenuto una «condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà». Otto le parti civili: oltre alla moglie Sony e ai parenti di Satnam, anche il Comune di Latina, Maurizio Landini e la Flai Cgil.

#satnamsingh#antonellolovato#mortidilavoro

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Ancora 6 morti di lavoro.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Marco Giannini, 38 anni, farmacista dell’ospedale di Livorno, residente a Forcoli (Pisa), ha perso la vita poco dopo le 7 di mercoledì 8 gennaio mentre in macchina andava al lavoro.

Sullo svincolo di Livorno centro della FiPiLi, da un camion che procedeva in senso contrario una pesante lastra di metallo è caduta sui jersey dalla mezzeria, spostandoli.

La lastra e le barriere di cemento sono diventati per l’auto di Giannini in una sorta di rampa di lancio. La macchina è stata catapultata oltre il guardrail ed è precipitata per una decina di metri finendo nel canale Scolmatore dell’Arno. Il professionista è morto sul colpo.

Carmelo Longhitano, 51enne di Roccafranca (Brescia), moglie e due figli, è morto mercoledì 8 gennaio a Trescore Cremasco (Cremona).

Titolare di un’azienda edile, Longhitano si trovava sul tetto di un’officina per alcune riparazioni quando all’improvviso una lastra ha ceduto e il lavoratore è caduto da un’altezza di 5 metri, riportando lesioni fatali.

Gino Creuso, 62enne agricoltore di Giugliano in Campania, è morto mercoledì 8 gennaio nella fattoria didattica di famiglia, la Farm 9.1.

Nelle prime ore del mattino, quando era da solo, è stato incornato al torace da un vitello di 6 quintali.

Creuso è stato trovato agonizzante dai familiari, che hanno lanciato l’allarme, ma 40 minuti di manovre di rianimazione dei soccorritori non hanno avuto effetto e l’agricoltore è deceduto per le gravi lesioni.

Un 48enne lavoratore amministrativo del carcere di Paola (Cosenza), mercoledì 8 gennaio è stato trovato impiccato nella palestra della casa circondariale.

Si tratta del secondo suicidio in 24 ore nella struttura: martedì 7 gennaio a togliersi la vita era stato un detenuto in isolamento.

I sindacati sono tornati a chiedere misure di prevenzione rispetto a un fenomeno sempre più preoccupante, che colpisce tanto i detenuti quanto i lavoratori esposti al burnout.

Domenica 5 gennaio si è spento nell’ospedale di Padova il 56enne Luigi Bovolenta, agronomo di Vigonza (Padova).

Valutatore per Control Union, ente certificatore internazionale degli standard ambientali, da vent’anni operativo in Africa come auditor per la gestione forestale, il 19 dicembre era tornato dal Gabon per trascorrere le festività con la moglie e i due figli.

Dopo Natale quelli che sembravano sintomi influenzali sono diventati un malanno preoccupante. Le analisi cliniche il 31 dicembre hanno stabilito che Bovolenta era affetto da una grave forma di malaria, contratta in Africa.

Ricoverato nel reparto di malattie infettive, l’uomo si è aggravato e neanche il trasferimento in rianimazione è riuscito a salvargli la vita.

#marcogiannini#carmelolonghitano#ginocreuso#luigibovolenta#mortidilavoro

Gennaio 2025: 14 morti (sul lavoro 11; in itinere 3; media giorno 1,7)

2 Piemonte, Lombardia, Veneto, Puglia, Calabria (sul lavoro 2; in itinere 0), Toscana (1 – 1)

1 Campania (1 – 0); Marche (0 – 1)

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Se si rispettasse il diritto internazionale, non si eseguirebbero mandati di cattura pretestuosi per puro servilismo nei confronti degli Usa. Se si rispettassero i diritti umani non ci sarebbe bisogno di spericolate trattative per lo scambio di ostaggi. Il caso Sala è stato l’insieme della due violazioni. Tutto il resto sono chiacchiere propagandistiche, pericolose quanto lo sono state le violazioni dei diritti fondamentali. 

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Altre 3 morti di lavoro.

Tre vittime del lavoro martedì 7 gennaio portano il totale dell’anno a 9, quasi un dimezzamento rispetto ai 17 morti nello stesso periodo del 2024.

Dal computo è stato espunto il nome di Mamadi Tunkara, vittima il 3 gennaio di un omicidio non legato al lavoro di addetto ai controlli in un Carrefour di Bergamo, come invece era sembrato in un primo momento.

Roberto Zanoletti, 56 anni compiuti il 6 gennaio, titolare della Zanoletti Selciatori di Clusone (Bergamo) è la prima vittima lombarda del 2025.

Martedì 7 gennaio, con l’aiuto di uno dei due figli, stava usando un’idropulitrice sui muri della sede aziendale. Per arrivare a pulire i punti più in alto, a oltre 6 metri dal suolo, avrebbe a quanto sembra ideato una soluzione precaria: è entrato in un cassone di legno che poi è stato innalzato sulle benne di un carrello elevatore manovrato dal figlio.

Per motivi da stabilire, Zanoletti è poi caduto da un’altezza di circa 3 metri, riportando lesioni che ne hanno causato la morte.

Anche Kaja Artan, 52 anni, albanese, era titolare di una ditta, la Tony Service, attiva nella movimentazione merci alla Smurfit Kappa di Lunata, a Capannori (Lucca).

Martedì 7 gennaio sua moglie, che alla Smurfit Kappa si occupava delle pulizie, si è allarmata non vedendolo rientrare ed è andata a cercarlo. Lo ha trovato esanime tra i bancali, con una ferita alla testa, morto.

Il muletto che Artan usava era regolarmente parcheggiato, per cui appare improbabile l’ipotesi di una caduta dal mezzo, mentre viene accreditata quella di un malore.

Valeria Piovano, 55enne autista della Gtt di Torino, martedì 7 gennaio è stata vittima di un malore al termine di una corsa della linea 12, in corso Vittorio.

Arrivata al capolinea la lavoratrice si è accasciata sul volante, un collega e i passanti hanno chiamato i soccorsi ma Piovano è morta poco dopo l’arrivo alle Molinette.

#RobertoZanoletti#artankaja#valeriapiovano#mortidilavoro

Gennaio 2025: 9 morti (sul lavoro 7; in itinere 2; media giorno 1,3)

2 Piemonte, Puglia (sul lavoro 2; in itinere 0)

1 Lombardia, Veneto, Toscana, Calabria (1 – 0); Marche (0 – 1)

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John Elkann farà vedere le Stellantis anche a Zuckerberg?

In piena era dello strapotere delle oligarchie tecno-finanziarie, ecco che Elkann entra in Meta.

“John è l’amministratore delegato di Exor e presidente di due delle aziende di portafoglio auto di Exor, Stellantis e Ferrari” – scrive Zuckerberg.

E continua: “Ha una profonda esperienza nella gestione di grandi aziende globali e porta una prospettiva internazionale al nostro consiglio”.

Che ne sarà delle promesse fatte al nostro governo circa l’automotive italiano? E che succederà al Gruppo Gedi che gestisce tra le altre testate Repubblica?

In attesa di eventi, la citata “profonda esperienza nella gestione di grandi aziende globali” dovrebbe cominciare a far preoccupare seriamente il personale di Fb, Instagram, Messenger e WA.

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