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“Mentre Giorgia Meloni e la sua ministra Calderone gonfiavano il petto commentando i dati Inail, per ribadire che la sicurezza dei lavoratori è una priorità di questo governo, in Italia lunedì 14 ottobre è stata sfondata la barriera dei 900 morti nell’anno”.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Poco più di 500 metri separano via di Campo Marzio, dove l’Inail ha presentato lunedì 14 ottobre la relazione 2023, da via delle Vergini, dove è morto un ascensorista nigeriano di 48 anni, Peter Isiwele, per il crollo di una cabina ascensore.

Ma sono due mondi che più lontani non si può: da un lato l’annuncio in pompa magna di una diminuzione epocale di infortuni e morti di lavoro in funzione filogovernativa (nonché del solito, cospicuo avanzo di cassa), dall’altro la dura realtà di un cantiere in cui il sospetto del subappalto e la mancanza di controlli hanno fatto aprire un’indagine giudiziaria affidata alla polizia e all’ispettorato del lavoro.

Il fascicolo è stato aperto dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dal pm Pierluigi Cipolla, che ipotizzano i reati di omicidio colposo e lesioni in violazione delle norme antinfortunistiche.

Sì, perché nel crollo dell’ascensore di via delle Vergini sono rimasti gravemente feriti altri due lavoratori, uno dei quali ricoverato al Bambino Gesù avendo appena 17 anni.

Secondo il padre, presente anche lui nel cantiere, il ragazzo è un ascensorista con un anno di esperienza e regolare patentino, cosa quest’ultima impossibile per motivi di età.

Così come sarebbero stati semplici muratori gli altri due lavoratori coinvolti.

L’edificio appartiene a un fondo facente capo a Kryalos Sgr, società immobiliare – pardòn, di Real Estate – con sede a Milano, che si è affrettata a mettere le mani avanti: “L’immobile di Via delle Vergini è detenuto da un fondo di Kryalos Sgr per il quale la società svolge attività di gestione amministrativa e non svolge ruolo operativo.

Sull’immobile sono stati avviati lavori di bonifica per i quali è stato affidato mandato integrale all’Impresa Intereco Servizi Srl, fornitore altamente qualificato.

Inoltre, conformemente alla legislazione vigente e nel pieno rispetto delle regole, è stato nominato un responsabile dei lavori di comprovata esperienza (ing. Giorgio Lupoi) al fine di garantire la piena applicazione delle norme a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro”.

Mentre Giorgia Meloni e la sua ministra Calderone gonfiavano il petto commentando i dati Inail, per ribadire che la sicurezza dei lavoratori è una priorità di questo governo, in Italia lunedì 14 ottobre è stata sfondata la barriera dei 900 morti nell’anno.

Per l’esattezza 903, grazie alle 4 vittime odierne, tre delle quali extracomunitarie.

Kamal Mziuoira, 30enne marocchino residente a Borghetto Santo Spirito (Savona), è morto sulla A10 tra Varazze e Arenzano mentre a bordo di un furgone andava ad aprire un cantiere stradale.

Il mezzo al km 22 ha sbandato ed è finito contro un muro in cemento. Mziuoira e un collega sono stati sbalzati sull’asfalto, riportando ferite gravi, fatali per il 30enne.

Oleh Anitsa, camionista ucraino di 47 anni è morto al km 43 della A13, nei pressi di Ferrara, dove il furgone che guidava è andato a schiantarsi contro il camion che lo precedeva, in rallentamento per via di una coda.

Giampietro Barboni, agricoltore in pensione di 81 anni, è morto a Baldissero Torinese (Torino), nel ribaltamento del trattore con il quale stava lavorando in un terreno di sua proprietà.

#peterisiwele#kamalmziuoira#olehanitsa#giampietrobarboni#mortidilavoro#sicurezzasullavoro#inail

Ottobre 2024: 40 morti (sul lavoro 30; in itinere 10; media giorno 2,8)

Anno 2024: 903 morti (sul lavoro 682; in itinere 221; media giorno 3,1)

136 Lombardia (95 sul lavoro – 41 in itinere)

89 Campania (74 – 15)

81 Veneto (56 – 25)

72 Sicilia (50 – 22)

68 Emilia Romagna (52 -16)

66 Lazio (43 – 23)

58 Toscana (47 – 11)

56 Piemonte (42 – 14)

54 Puglia (36 – 18)

31 Sardegna (26 – 5)

26 Marche (18 – 8 )

25 Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

17 Liguria (15 – 2), Estero (14 – 3)

15 Friuli V.G. (13 – 2)

13 Umbria (13 – 0)

12 Alto Adige (11 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 105 morti (sul lavoro 72; in itinere 33; media giorno 3,5)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Quella volta che gli occhi dello scià di Persia si riempirono di amare lacrime.

In visita negli Stati Uniti nel novembre 1977, quando il presidente democratico Jimmy Carter voleva “moralizzare”la politica estera americana dopo il predecessore Richard Nixon, lo scià suscitò violente manifestazioni di ostilità.

I gas lacrimogeni utilizzati per disperdere studenti e attivisti, prevalentemente marxisti o di sinistra, che avevano invaso il Mall di Washington furono sospinti dai venti fin nel roseto della Casa Bianca, dove il monarca dovette interrompere il suo discorso radiotelevisivo in lacrime.

L’effetto simbolico di queste immagini incrinò il sistema autoritario e diede all’opposizione iraniana il coraggio di esprimersi, a maggior ragione visto che l’insistenza americana sul rispetto dei diritti civili contribuì a far mitigare la repressione. (“Uscire dal caos”, Gilles Kepel, Raffaello Cortina Editore.)

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Giuseppe, Paolo, Pasquale, Marco, Mauro, Carmine, Pietro, Sconosciuto sono morti di lavoro nel fine settimana.

di Pietro Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Sabato 12 ottobre ad Altavilla Vicentina (Vicenza), ha perso la vita Giuseppe Tagliapietra, 29 anni, dipendente della Tecnomat (il nuovo nome italiano di Bricoman, di proprietà della multinazionale francese Groupe Adeo, quella di Leroy Merlin e altri marchi della GDO).

Il lavoratore, che lascia la compagna e una figlia piccola, intorno alle 13 è stato schiacciato da un bancale di finestre crollatogli addosso durante la movimentazione nel piazzale esterno, ed è morto poco dopo nell’ospedale San Bortolo di Vicenza.

Mentre Giuseppe spirava, nel magazzino Tecnomat tutto continuava come nulla fosse e solo intorno alle 16 è stato deciso di chiudere i cancelli e sospendere gli affari.

Domenica 13 il punto vendita era regolarmente aperto, con buona pace della giornata nazionale dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro organizzata da Anmil.

“Business as usual”, insomma, ennesima riprova che le morti sul lavoro sono considerate un inevitabile danno collaterale e che, in prospettiva, non c’è alcuna intenzione di mettere seriamente mano alla sicurezza dei lavoratori.

Accade mentre le vittime del lavoro salgono a 899 nell’anno (altro che i 680 di cui parlano tutti i media riprendendo i proclami Inail).

Venerdì 11 ottobre il 25enne Paolo Cancian, ingegnere alla Lamborghini di Sant’Agata Bolognese, è morto sulla strada del ritorno a Modena, dove abitava, scontrandosi in moto con un’automobile.

Pasquale Malzone, idraulico 59enne di Postiglione (Salerno), è morto venerdì 11 ottobre colpito da malore durante un sopralluogo in un’abitazione di Controne.

Lascia la moglie e due figli.

Marco Capozza, 41enne operaio della Marcegaglia di Ravenna, è morto sabato 12 ottobre sulla strada del ritorno a casa, nella frazione di Sant’Alberto. Ha tamponato un furgone ed è stato tamponato a sua volta, volando con l’auto in un campo. È morto all’ospedale Bufalini di Cesena, dove era stato elitrasportato.

Lascia la moglie e due figlie.

Mauro Zearo, 63enne agricoltore di Gemona del Friuli (Udine), è morto sabato 12 ottobre nella sua azienda, schiacciato da un muletto che stava revisionando.

Dell’incidente si è accorto un parente, che ha dato l’allarme, ma Zearo è spirato poco dopo il ricovero nell’ospedale di Udine.

Carmine Casciello, autotrasportatore campano 65enne, è morto nella notte tra venerdì 11 e sabato 12 ottobre in un incidente stradale sulla E45, in corrispondenza del famigerato curvone di Collestrada.

L’autoarticolato carico di carni di maiale ha urtato il jersey e si è ribaltato su un fianco.

Casciello è morto sul colpo, mentre il secondo autista è stato ricoverato con una prognosi di 30 giorni.

Pietro Mastino, carabiniere 55enne residente a Olmedo (Sassari), ha perso la vita nelle prime ore di domenica 13 ottobre mentre andava a prendere servizio nel comando di Alghero.

Sulla provinciale 19 la vettura del militare è stata investita frontalmente da un’auto che aveva invaso la sua corsia di marcia.

Un 61enne di Cinisello Balsamo (Milano), è morto seppellito da una frana del terreno in una profonda trincea scavata nel giardino di casa.

Da verificare la versione che fosse alla ricerca di una perdita di acqua, date le dimensioni e la struttura degli scavi: i vigili del fuoco hanno dovuto lavorare due ore per recuperare il corpo.

#giuseppetagliapietra#paolocancian#pasqualemalzone#marcocapozza#maurozearo#carminecasciello#pietromastino#mortidilavoro

Ottobre 2024: 36 morti (sul lavoro 26; in itinere 10; media giorno 2,7)

Anno 2024: 899 morti (sul lavoro 678; in itinere 221; media giorno 3,1)

136 Lombardia (95 sul lavoro – 41 in itinere)

89 Campania (74 – 15)

81 Veneto (56 – 25)

72 Sicilia (50 – 22)

67 Emilia Romagna (51 -16)

65 Lazio (42 – 23)

58 Toscana (47 – 11)

55 Piemonte (41 – 14)

54 Puglia (36 – 18)

31 Sardegna (26 – 5)

26 Marche (18 – 8 )

25 Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

17 Estero (14 – 3)

16 Liguria (14 – 2)

15 Friuli V.G. (13 – 2)

13 Umbria (13 – 0)

12 Alto Adige (11 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

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Attualità

Cosa significa ritrovarsi senza partiti e in che senso questi ultimi stanno collassando?

La tesi da me avanzata, e che verrà espressa in maniera esaustiva, è che i partiti stanno crollando in due modalità differenti.

Da una parte, come ormai è stato dimostrato, i partiti non sono più in grado di coinvolgere i cittadini, la cui partecipazione elettorale è al livello più basso mai registrato e con un senso di appartenenza partitica in declino.

In modo simile, i cittadini sono sempre meno disponibili a impegnarsi con i partiti, sia in termini di identificazione sia di appartenenza. In questo senso, i cittadini stanno rinunciando a un coinvolgimento politico di tipo convenzionale.

Dall’altra parte, i partiti non svolgono più il loro ruolo di base per le attività dei loro leader, che guardano con sempre maggiore attenzione alle istituzioni pubbliche esterne e da esse prendono risorse.

I partiti possono ancora fornire la piattaforma necessaria ai leader politici, ma questa piattaforma è utilizzata nei fatti come rampa di lancio per raggiungere altri uffici e posizioni.

I partiti stanno dunque fallendo come risultato di un processo di mutuo indietreggiamento o abbandono, in cui i cittadini si ritirano verso una vita più privata o si rivolgono a forme di rappresentanza più specializzate e specifiche, mentre i leader di partito si ritirano nelle istituzioni, traendo i loro termini e modelli di riferimento più facilmente dai loro ruoli di governatori o funzionari pubblici.

I partiti stanno fallendo perché la tradizionale arena della democrazia partitica, in cui i cittadini interagivano con i loro leader politici e condividevano una senso di appartenenza partitica, è venuta meno. (“Governare il vuoto”, Peter Mair, Rubbettino).

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Attualità

I ricchi, la minoranza più privilegiata del mondo.

Circa l’8% del patrimonio finanziario delle famiglie è detenuto nei paradisi fiscali. Cosa significa concretamente?

Il patrimonio finanziario delle famiglie è la somma di tutti i depositi bancari, i portafogli di azioni e obbligazioni, le quote dei fondi comuni di investimento e i contratti di assicurazione vita detenuti dalle persone fisiche in tutto il mondo, al netto dei loro debiti.

All’inizio del 2014, secondo i bilanci nazionali pubblicati da organizzazioni quali la Federal Reserve negli Stati Uniti e l’Office for National Statistics nel Regno Unito, il patrimonio finanziario globale delle famiglie ammontava a circa 87.000 miliardi di euro.

Dalla mia stima risulta che l’8% di questo totale, pari a 6900 miliardi di euro, è detenuto in conti situati nei paradisi fiscali. È una somma non da poco.

A titolo di paragone, il debito pubblico totale della Grecia – che pure ha un ruolo centrale nell’attuale crisi europea – è di circa 320 miliardi di euro.

Come abbiamo visto, gli attivi detenuti in Svizzera ammontano a 2100 miliardi di euro, cioè circa un terzo del totale della ricchezza offshore.

Il resto è collocato negli altri paradisi fiscali che erogano servizi bancari privati per ultraricchi, tra cui Singapore, Hong Kong, le Bahamas, le Isole Cayman, il Lussemburgo e Jersey.

Bisogna tuttavia ricordare che la distinzione tra la Svizzera e gli altri paradisi non ha davvero molto significato, perché gran parte degli attivi registrati a Singapore o a Hong Kong è in realtà gestita dalle banche svizzere, a volte direttamente da Zurigo e Ginevra.

l valore totale della ricchezza privata offshore raggiunge quindi i 6900 miliardi di euro (o 7600 miliardi di dollari), di cui 1400 sotto forma di depositi bancari a basso rendimento più o meno «dormienti» e 5500 investiti in azioni, obbligazioni e fondi comuni di investimento, per un totale pari all’8% del patrimonio finanziario globale delle famiglie.” (da “La ricchezza nascosta delle nazioni: Indagine sui paradisi fiscali, di Gabriel Zucman, Thomas Piketty, Add editore). 

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Ti ricordi.

di Han Kang

Il lavoro che facevi da adolescente, però, era diverso. Quelle erano giornate di quindici ore, e avevi solo due giorni liberi al mese. I fine settimana non esistevano. La paga era la metà di quello che davano agli uomini per lo stesso lavoro e gli straordinari non erano retribuiti. Prendevi delle pillole per tenerti sveglia, ciò nonostante la stanchezza ti si abbatteva addosso come un’onda. I polpacci e i piedi che erano già gonfi all’inizio del pomeriggio. Le guardie che ogni sera pretendevano di perquisire le lavoratrici prima che se ne andassero a casa. Quelle mani, che si soffermavano sempre quando ti sfioravano il reggiseno. La vergogna. La tosse secca. Il sangue dal naso. Le emicranie. Quei grumi nel catarro che sputavi, qualcosa di simile a dei fili neri. Abbiamo la nostra dignità. Era uno dei motti preferiti di Seong-hee.

Ogni domenica libera che aveva, seguiva sempre le conferenze sul diritto del lavoro negli uffici del sindacato tessile di Cheonggye, e tutto quello che sentiva lì finiva negli appunti che poi usava per le vostre riunioni. Non avevi particolari timori quando cominciasti a seguire quegli incontri, dato che Seong-hee diceva solo che erano per studiare gli hanja, i caratteri cinesi. E tecnicamente era vero; tu e le altre ragazze studiavate veramente gli hanja ogni volta che vi vedevate. Dobbiamo conoscere milleottocento caratteri se vogliamo saper leggere bene un giornale.

Come primo compito, a inizio serata, tutte dovevate scrivere nel vostro quaderno trenta caratteri e memorizzarli. Poi Seong-hee cominciava la sua lezione. E questo significa che… abbiamo la nostra dignità. Seong-hee non era un’oratrice nata e, ogni volta che perdeva il filo del discorso o non riusciva a ricordare bene la parola che avrebbe voluto usare, ricorreva a quella frase come a una specie di tappabuchi. Secondo la costituzione, abbiamo la nostra dignità. Come chiunque altro. E proprio come chiunque altro, abbiamo dei diritti. Lo dice il codice del lavoro. La sua voce dolce e sonora faceva quasi pensare a una maestra di scuola elementare. Ci sono persone che sono morte in nome di questa legge.

Il sindacato riportò una vittoria schiacciante sul sindacato giallo. Il giorno in cui i crumiri e i poliziotti vennero ad arrestare i dirigenti, le centinaia di operaie che stavano lasciando i dormitori per il secondo turno della giornata formarono una muraglia umana. Le più grandi avevano ventuno o ventidue anni; la maggior parte di loro erano ancora adolescenti. Non ci furono veri e propri canti o slogan. Non arrestateli! Non dovete arrestarli!, gridavano le ragazze.

I crumiri le caricarono brandendo mazze di legno. Dovevano esserci un centinaio di poliziotti, pesantemente armati di caschi e scudi. Veicoli antisommossa con i finestrini schermati da reti metalliche. A che gli serve tutto questo equipaggiamento, ti venne da pensare, dato che noi non sappiamo combattere e non abbiamo armi?

«Spogliatevi!» urlò Seong-hee. «Togliamoci i vestiti tutte quante!». Impossibile dire chi fosse stata la prima a rispondere a quel grido di battaglia, ma nel giro di pochi istanti centinaia di giovani donne sventolavano in aria camicette e gonne, urlando: «Non arrestateli!». Tutti consideravano il corpo nudo di una giovane vergine qualcosa di prezioso, quasi sacro, perciò le operaie credevano che gli uomini non avrebbero mai violato la loro intimità mettendo le mani addosso a delle ragazze in reggiseno e mutandine.

Ma gli uomini le sbatterono a terra e le trascinarono. La ghiaia graffiò la loro carne nuda fino a farla sanguinare. I capelli si arruffarono, la biancheria si strappò. Non dovete farlo, non dovete arrestarli! In mezzo a quelle urla assordanti, il rumore di mazze che si abbattevano su corpi inermi, di uomini che spingevano ragazze sui furgoni antisommossa.

All’epoca avevi diciotto anni. Per sottrarti a due mani che cercavano di agguantarti, scivolasti e cadesti sulla ghiaia. Un poliziotto in borghese arrestò la sua corsa sfrenata giusto il tempo di calpestarti la pancia con un piede e darti un calcio nel fianco. Stesa faccia a terra, le voci delle ragazze ti sembravano oscillare tra i sussurri e le grida mentre perdevi e riacquistavi conoscenza. Dovettero trasportarti al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, dove ti operarono a causa di una perforazione intestinale.

Stesa nel letto d’ospedale, ascoltavi le notizie. Quando ti dimisero avresti potuto riprendere la lotta, fianco a fianco con le tue sorelle. Invece tornasti a casa dei tuoi genitori nel Sud, vicino a Gwangju. Non appena ti rimettesti in forze, tornasti a Incheon e trovasti lavoro in un’altra fabbrica tessile, ma venisti licenziata nel giro di una settimana. Il tuo nome era finito sulla lista nera. I due anni di esperienza che ti eri fatta in uno stabilimento tessile adesso non avevano alcun valore, e uno dei tuoi parenti dovette adoperarsi per farti avere un impiego come macchinista in una sartoria di Gwangju.

La paga era ancora peggio di quando stavi in fabbrica, ma ogni volta che pensavi di mollare ti tornava in mente la voce di Seong-hee: E questo significa che… abbiamo la nostra dignità. Le scrivesti, chiamandola onni, «sorella maggiore». Sto bene, «onni». Ma sembra che ci vorrà un po’ di tempo prima che io impari davvero a usare una macchina da cucire. Non è una tecnica particolarmente difficile, solo che nessuno si mi insegna bene. Ma devo avere pazienza, giusto? Per parole come «tecnica» e «pazienza» ti sforzasti di usare gli hanja anziché ricorrere semplicemente all’alfabeto hangŭl.

Scrivesti con cura i singoli tratti di quei caratteri che avevi imparato alle riunioni a casa di Seong-hee. Le sue risposte, quando arrivavano, erano invariabilmente brevi: Sì, certo. Sono sicura che riuscirai bene, qualunque lavoro tu faccia. Durò un anno o due, poi le lettere poco per volta si fecero meno frequenti, fino a cessare. Ti ci vollero tre anni per diventare finalmente una operaia addetta alla macchina da cucire.

Quell’autunno, quando avevi ventuno anni, un’operaia ancora più giovane di te morì durante un sit-in di protesta alla sede centrale del partito d’opposizione. Secondo il rapporto ufficiale del governo, si era tagliata i polsi con i cocci di una bottiglia di Sprite ed era saltata dal terzo piano. Non credesti a una sola parola.

Come mettendo insieme i pezzi di un puzzle, ti toccò osservare con attenzione le fotografie pubblicate nei giornali controllati dal regime e leggere tra le righe di editoriali dai toni furibondi e veementi. Non avevi mai dimenticato la faccia del poliziotto in borghese che ti aveva calpestata. Non avevi mai dimenticato che il governo addestrava attivamente e spalleggiava i crumiri, che all’apice di questa piramide di violenza c’era il presidente stesso, Park Chung-hee, un generale dell’esercito che si era impadronito del potere con un colpo di Stato militare.

Capisti benissimo il significato della misura di emergenza numero nove, che sanzionava severamente non solo gli appelli per l’abrogazione della costituzione Yushin, ma ogni tipo di critica al governo; così come capisti il significato degli slogan scanditi dagli studenti che facevano ressa all’ingresso principale dell’università. Mettendo assieme elementi sottotraccia di notizie false o tendenziose riportate dai giornali, riuscisti a comprendere gli avvenimenti che si verificarono in seguito a Busan e a Masan.

Eri convinta che le cabine telefoniche spaccate, i commissariati dati alle fiamme, le folle inferocite che scagliavano pietre formassero un disegno. Frasi cancellate che dovevi riempire con la tua immaginazione. Quando nell’ottobre di quell’anno il presidente Park venne assassinato, ti chiedesti: adesso che il vertice è stato eliminato, crollerà l’intera piramide di violenza? Sarà ancora possibile arrestare delle operaie nude che protestano? Sarà ancora consentito calpestarle e far loro scoppiare l’intestino? Attraverso i giornali seguisti l’ascesa apparentemente inarrestabile di Chun Doo-hwan, il giovane generale che era stato il favorito dell’ex presidente.

Te lo immaginavi benissimo mentre entrava a Seul su un carro armato, come un imperatore romano portato in trionfo, e si impossessava rapidamente della carica più alta del governo centrale. Ti si accapponava la pelle. Succederanno cose terribili. Il sarto, un uomo di mezza età, ti prendeva spesso in giro: «Sta attaccata a quel giornale come se fosse il suo nuovo innamorato, signorina Lim. Che bella cosa essere giovani e poter leggere dei caratteri così piccoli senza bisogno degli occhiali». E poi vedesti quell’autobus.

Era una tiepida giornata primaverile e il padrone della sartoria se n’era andato con il figlio, uno studente universitario, da alcuni parenti nella contea di Yeongam. Essendoti ritrovata inaspettatamente con un giorno di libertà, stavi passeggiando per le strade quando lo notasti, un normale autobus diretto verso il centro della città. STOP ALLA LEGGE MARZIALE! GARANTITE I DIRITTI DEI LAVORATORI! Il pennarello giallo spiccava in maniera vistosa sugli striscioni bianchi appesi fuori dai finestrini. L’autobus era gremito di decine di operaie in uniforme da lavoro provenienti dagli stabilimenti tessili delle città di provincia.

I loro volti pallidi ti fecero venire in mente dei funghi che non avevano mai visto il sole. Tenevano le braccia fuori dai finestrini e cantavano, battendo dei ramoscelli sulle fiancate dell’autobus. Le loro voci giungevano chiare fino a te, che ti eri fermata di botto, e adesso ricordi che assomigliavano al canto di un uccello. Ci battiamo per la giustizia, sì, sì! Viviamo insieme e moriamo insieme, sì, sì! Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio: ci battiamo per la giustizia! Ogni sillaba nettamente distinta nella tua memoria. Ipnotizzata da quel canto, barcollasti alla cieca nella direzione che aveva preso l’autobus.

Una sterminata folla di gente era scesa per le strade e si dirigeva verso la piazza di fronte all’Ufficio provinciale. Gli studenti, che sin dall’inizio della primavera si radunavano in massa davanti al cancello principale dell’università, non si vedevano da nessuna parte. Le persone che gremivano le strade erano anziani, bambini delle elementari, operai in tuta da lavoro, giovani impiegati – gli uomini in giacca e cravatta, le donne in tailleur e tacchi alti –, uomini di mezza età che indossavano maglioni con il logo del Saemaul Undong, il Movimento del Nuovo Villaggio, che brandivano lunghi ombrelli come se fossero armi.

Proprio alla testa di quella serpeggiante colonna di gente, i cadaveri di due giovani uccisi alla stazione venivano spinti su un carretto a mano verso la piazza.

________________

Han Kang (*) (1970), scrittrice sudcoreana, Premio Nobel per la Letteratura 2024, ha scritto pagine poetiche ma veementi sull’insurrezione di Gwangju del 18 maggio 1980, nella Corea del Sud. All’insurrezione popolare, episodio quasi del tutto sconosciuto in Occidente, seguì il “Massacro di Gwangju”, ordinato da Chun Doo-hwan, a capo di una giunta militare sostenuta dagli Stati Uniti.

I romanzi di Han Kang sono pubblicati in Italia da Adelphi. “Ti ricordi” è un episodio tratto da “Atti umani”, del 2014 e tradotto da Milena Zemira Ciccimarra e pubblicato da Adelphi nel 2017.

(*)Nell’onomastica coreana il cognome precede il nome. “Han” è il cognome.

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Attualità

Colpito a morte.

“Penso alla ferita suppurante nel mio fianco. Al proiettile che lo ha perforato. Lo strano gelo, la forza in apparenza attenuata dell’impatto iniziale, tramutatosi all’istante in una massa di fuoco che mi ha squassato le viscere.

Penso al buco che mi ha fatto nell’altro fianco, da dove è schizzato fuori tirandosi dietro una scia di sangue caldo. Alla canna del fucile da cui è stato sparato. Al grilletto ben oliato. All’occhio che mi teneva sotto tiro. Agli occhi di quello che ha dato l’ordine di fare fuoco.” (da “Atti umani” di Kang Han.) 

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Attualità

“Gli economisti, i sacerdoti della menzogna”.

di Emmanuel Todd

“Nel capitolo I abbiamo visto come gli Stati Uniti, che hanno più del doppio della popolazione della Russia, formino probabilmente il 33 per cento in meno di ingegneri rispetto a quest’ultima.

[…]

Oggi tra gli studenti americani, solo il 7,2 per cento studia Ingegneria, il che ci lascia ipotizzare una fuga sociale interna di cervelli: verso il diritto, la finanza e le scuole di economia e commercio, tutti settori in cui redditi possono essere più alti di quelli dell’ingegneria o della ricerca scientifica.

[…]

Nel constatare che le persone più istruite spesso hanno un reddito maggiore, questi sapientoni hanno ritenuto che tali redditi misurassero un effettivo contributo all’istruzione, un miglioramento del capitale umano.

Non gli è saltato in mente che gli studi superiori in Diritto, Finanza o Economia e commercio, più che generare un miglioramento delle capacità produttive o addirittura intellettuali degli individui interessati, conferisse loro, proprio in virtù della posizione sociale acquisita, una capacità di predazione superiore della ricchezza prodotta dal sistema.

Riassumiamo: i redditi più alti delle persone con un livello di istruzione maggiore riflettono il fatto che gli avvocati, i banchieri, e molte altre figure che trovano posto nel terziario sono, se in branco, eccellenti predatori.

Ecco dunque l’ultima perversione a cui ha condotto lo sviluppo dell’istruzione: la moltiplicazione dei laureati crea una moltitudine di parassiti.

Se i lettori francesi vogliono prendersi uno spavento e chiedersi perché il loro paese si stia impoverendo, anziché prendersela con i dipendenti pubblici o con gli immigrati, basta che riflettano sul numero di studenti presenti nelle scuole di economia, gestione, contabilità e vendita, passato da 16.000 nel 1980 a 239.000 nel 2021-2022.” (“La sconfitta dell’Occidente”, Emmanuel Todd, Fazi Editore.)

––––––––––––––––––––––––

Nota del redattore: non conosco le cifre che potrebbero essere comparate con la Francia, ma ècerto che in Italia la tendenza va nella stessa direzione. Basti pensare che gli avvocati nel Lazio e in Campania sono 66 mila, cioè 6 mila in più dei 60 mila legali dell’intera Francia. Solo a Roma, ci sono 24 mila avvocati, uno ogni 118 abitanti. Per fare un raffronto, gli avvocati in Italia sono molti di più, per esempio, dei Vigili del Fuoco, che sono 37.200, cioè l0 0,16 per cento degli impiegati pubblici italiani: in sostanza, abbiamo un Vigile del Fuoco ogni 15.000 abitanti. Per quanto riguarda Ingegneria, in Italia i laureati sono il 16,4 del totale. Tuttavia i corsi di laurea in Economia e Management sono i più popolari, se nel 2022 hanno attirato il 12 per cento dei laureati, il numero degli studenti è costante in crescita. Come in Francia. Questi dati sono stati ricavati da varie fonti. (M F).

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Attualità

I nostri occhi.

“Se solo i nostri occhi non fossero visibili agli altri, pensa. Se solo si potessero nascondere i propri occhi al mondo.” (da “La vegetariana” di Kang Han).

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Attualità

L’euro perde, mentre il dollaro è l’eroe dei paradisi fiscali.

di Emmanuel Todd, “La sconfitta dell’occidente”, Fazi Editore 2024.

“Uno degli affetti della crisi del 2007-2008 è stato che chi ha davvero i soldi ha perso fiducia nella moneta unica.

Tra il giugno 2008 e il febbraio 2022 (inizio della guerra in Ucraina), l’euro ha infatti perduto il 25 per cento del suo valore rispetto al dollaro.

I veri ricchi hanno quindi preferito accumulare in dollari piuttosto che in euro.

Perciò la causalità è circolare, poiché è la conversione dei patrimoni dei ricchi in dollari ciò che sostiene il valore del dollaro.

I paradisi fiscali hanno svolto un ruolo fondamentale nel mettere in moto un simile meccanismo.

Risulta istruttivo l’elenco più recente dei ‘paesi e territori che non cooperano a fini fiscali’, pubblicato il 21 febbraio 2023 sulla ‘Gazzetta Ufficiale’ dell’UE.

Sebbene vi sia inclusa la Federazione Russa, il resto dell’elenco si limita a entità soggette, a vario grado, alla giurisdizione statunitense:

-direttamente, come le Isole Vergini Americane, Guam e le Samoa Americane;

-in modo meno diretto, come Palau e le Isole Marshall;

-tramite la Gran Bretagna o le sue ex colonie, come le Isole Vergini Britanniche, Anguilla, le isole Turks e Caicos, le Bahamas, Trinidad e Tobago, le Figi, Vanuatu e le Samoa;

-anche la Costa Rica e Panama, pur non essendo formalmente americani, sono in mano agli Stati Uniti.

Come si può vedere, lo sviluppo di questo sistema deve molto al Regno Unito e alle sue dipendenze più o meno emancipate, ma il controllo finale è decisamente americano”.

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Attualità

La vita.

 “La vita è così strana, pensa dopo aver smesso di ridere.

Le persone, anche dopo che gli sono successe certe cose, non importa quanto terribili, continuano comunque a mangiare e a bere, ad andare al bagno e a lavarsi – in altre parole, a vivere.

E a volte ridono perfino di gusto. E probabilmente hanno questi stessi pensieri, e quando succede si ricordano tutta la tristezza che erano riuscite per breve tempo a dimenticare.” (da “La vegetariana” di Kang Han, Adelphi.)

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Attualità

Un colpo al cerchio e uno alla botte: i dati Inail sui primi 8 mesi del 2024 sono un infortunio statistico.

di Piero Santonastaso | Facebook.com/Mortidilavoro

Da un lato l’istituto ammette a denti stretti che i 680 morti di lavoro rappresentano un +3,5% rispetto al 2023, dall’altro sottolinea che crolla l’incidenza sul totale degli occupati Istat: -11,1% e -5,1% le denunce e i decessi rispetto al 2019 (sic).

Prosegue in sostanza l’opera di confusione statistica disposta dall’attuale governo sia in questo che in altri campi per dimostrare che tutto va bene.

Preme ricordare ancora una volta che l’Inail lavora con le denunce ricevute, tagliando così fuori un pezzo sostanzioso di mondo reale, fatto di lavoro nero e precario.

Non a caso i nostri numeri, raccolti attingendo alla cronaca senza distinzioni, dicono che nei primi 8 mesi dell’anno in Italia sono morti 772 lavoratori, 92 in più rispetto al dato Inail (+11,9%).

Aggiungiamo intanto altre due vittime alla strage dei lavoratori.

Mercoledì 9 ottobre il 72enne pensionato Franco Pittavino è morto a Cuneo, nella frazione di San Rocco Castagnaretta, lavorando con un macchinario spaccalegna collegato a un trattore.

Per motivi ancora da stabilire Pittavino è stato travolto dal macchinario, riportando ferite letali.

Giovedì 10 ottobre l’operaio 60enne Jemal Zemzemi, tunisino trapiantato ad Alcamo (Trapani), è morto precipitando dal tetto di una casa della città vecchia, dove stava facendo dei lavori di ristrutturazione.

Aperta un’inchiesta sulla posizione lavorativa e sull’uso di protezioni.

#INAIL#mortidilavoro#francopittavino#jemalzemzemi

Ottobre 2024: 28 morti (sul lavoro 21; in itinere 7; media giorno 2,8)

Anno 2024: 891 morti (sul lavoro 673; in itinere 218; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

88 Campania (73 – 15)

80 Veneto (55 – 25)

72 Sicilia (50 – 22)

65 Emilia Romagna (51 -14), Lazio (42 – 23)

58 Toscana (47 – 11)

55 Piemonte (41 – 14)

54 Puglia (36 – 18)

30 Sardegna (26 – 4)

26 Marche (18 – 8 )

25 Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

17 Estero (14 – 3)

16 Liguria (14 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Alto Adige (11 – 1), Umbria (12 – 0)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 105 morti (sul lavoro 72; in itinere 33; media giorno 3,5)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

A cosa e, soprattutto, a chi serve la guerra in Ucraina?

Emmanuel Todd, “La sconfitta dell’Occidente”, Fazi Editore 2024

“La sopravvivenza materiale degli Stati Uniti dipende dunque dal controllo dei propri vassalli.

Pertanto, il raggiungimento degli obiettivi russi in Ucraina, a cui non farebbe seguito l’espansione della Russia in Europa -‘Ma come? Non c’era alcuna minaccia, abbiamo sostenuto l’Ucraina per niente!’ – condurrebbe alla disintegrazione della Nato.

Soprattutto, porterebbe alla realizzazione del grande timore americano: la riconciliazione tra Russia e Germania.

Dal punto di vista statunitense, la guerra deve dunque continuare, non per salvare la ‘democrazia’ ucraina, ma per mantenere il controllo sull’Europa occidentale e sull’Estremo Oriente.

Finché gli strateghi di Washington terranno sotto il loro controllo le élite e i popoli europei, la guerra non potrà che proseguire.

Attualmente, se c’è un cosa su cui russi e americani sono perfettamente concordi è a proposito dei leader europei.

A Mosca e a Washington questi vengono percepiti alla stregua di vassalli, come dei servitori che hanno perduto ogni capacità di azione autonoma. E in quanto tali vengono disprezzati.”

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Attualità

Nei primi dieci giorni giorni di ottobre sono 26 i morti di lavoro, 888 dall’inizio dell’anno.

Mentre martedì 8 ottobre a Bologna si scioperava per Attilio Franzini, morto venerdì 4 in un cantiere ferroviario notturno a San Giorgio in Piano, un altro lavoratore perdeva la vita sui binari.

Questa volta di giorno, e non in Italia ma in Svizzera. La vittima è il frontaliere 49enne Giuseppe Maggiolini, che viveva con la moglie e i due figli a Domodossola.

Uno dei tanti che ogni giorno dalla Val d’Ossola emigrano nel Canton Vallese per guadagnarsi da vivere. Maggiolini alle 8 del mattino stava preparando un’area di cantiere a Goms, lungo i binari della Matterhorn Gotthard (Cervino Gottardo), quando è stato investito da un treno ed è morto sul colpo.

Lavorava per conto della Volken di Visp.

Michele Bianco, allevatore 53enne di Montesano sulla Marcellana (Salerno), martedì 8 ottobre è stato stroncato da un malore mentre lavorava insieme a un fratello nell’allevamento di montagna di proprietà della famiglia a Malandrena.

I soccorritori hanno potuto solo certificarne la morte.

Un corriere di 57 anni, con patologie pregresse, è morto nel pomeriggio di martedì 8 ottobre a Pisa, in via San Giuseppe Cottolengo, dove lo aveva portato il suo giro di consegne.

Il lavoratore è stato trovato da alcuni passanti riverso sul pianale del camion, colpito da malore. Anche nel suo caso i soccorritori non hanno potuto nulla.

Davide Masotti, 50 anni, torinese, è morto nella tarda serata di domenica 6 ottobre mentre in macchina andava a prendere servizio per il turno di notte alla Amazon di Torrazza Piemonte.

Sulla A4, poco dopo Chivasso Est, ha sbandato, urtando il guardrail e ribaltandosi proprio mentre giungeva un’altra vettura, che ha centrato in pieno la Panda di Masotti.

Le due macchine hanno preso fuoco e il lavoratore è rimasto intrappolato, morendo carbonizzato. La famiglia in viaggio sull’altra vettura è riuscita a mettersi in salvo.

A 78 anni Gianfranco Zamuner era ancora in prima fila nella gestione del Ponte di barche Zamuner, una struttura a pedaggio lunga 80 metri che collega le due sponde del Piave, sulla riva destra il comune di Fossalta, su quella sinistra Noventa, entrambi in provincia di Venezia.

Alle 5 di mercoledì 9 ottobre era su una barca insieme a quattro dei suoi cugini – tutti coinvolti nella gestione del ponte – per sganciare la struttura e accostarla alla riva sinistra.

Un’operazione necessaria per facilitare il passaggio della piena, come accaduto spesso in passato.

Nel buio fitto i cugini hanno sentito un urlo e non hanno più visto il 78enne, caduto in acqua e subito scomparso. I soccorsi sono scattati subito, con droni e un elicottero, senza esito. Le speranze di trovare Zamuner in vita sono praticamente nulle.

Aveva solo 19 anni Matteo Urzì, che mercoledì 9 ottobre alle 6,20 era sul furgoncino di famiglia insieme ai genitori, diretti da Piedimonte Etneo (Catania) alla fiera quindicinale di Santa Teresa di Riva (Messina), per aprire un banco vendita.

Sulla A18, nei pressi di Fiumefreddo, il Doblò carico di generi alimentari ha sbandato e si è ribaltato, venendo poi tamponato da un camion che seguiva a poca distanza.

Matteo è morto sul colpo, feriti gravemente i genitori.

Guidava invece un furgone frigorifero carico di pesce Pasquale Rizzo, 59enne di Montescudo (Rimini), che ha trovato la morte mercoledì 10 alle 7,30 sulla statale Flaminia nel territorio di Cantiano (Pesaro Urbino).

All’uscita da una galleria si è schiantato contro un camion che procedeva in direzione contraria. Rizzo è morto all’istante, ferito l’altro conducente.

Nel tardo pomeriggio di mercoledì 9 ottobre Mauro Morini, operaio 69enne di Pellegrino Parmense (Parma), ha perso la vita a causa dei gravi traumi riportati cadendo da un’impalcatura mentre era al lavoro in un’abitazione privata di Salsomaggiore Terme.

#giuseppemaggiolini#attiliofranzini#michelebianco#davidemasotti#mortidilavoro #gianfrancozamuner #matteourzì #pasqualerizzo #mauromorini #mortidilavoro
Ottobre 2024: 26 morti (sul lavoro 19; in itinere 7; media giorno 2,8)

Anno 2024: 888 morti (sul lavoro 670; in itinere 218; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

88 Campania (73 – 15)

80 Veneto (55 – 25)

71 Sicilia (49 – 22)

65 Emilia Romagna (51 -14), Lazio (42 – 23)

58 Toscana (47 – 11)

54 Piemonte (40 – 14), Puglia (36 – 18)

30 Sardegna (26 – 4)

26 Marche (18 – 8 )

25 Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

17 Estero (14 – 3)

16 Liguria (14 – 2)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Alto Adige (11 – 1), Umbria (12 – 0)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Come e perché Giorgia Meloni sta “facendo la Storia” dell’incompetenza in Economia.

di Guglielmo Forges Davanzati, “Gazzetta del Mezzogiorno”, 10 ottobre 2024.

Prendiamo sul serio la recente dichiarazione di Giorgia Meloni secondo la quale il Governo da lei presieduto “sta facendo la Storia” e proviamo a verificare se, sul piano della politica economica (ovvero, una parte importante, se non la più importante dell’azione complessiva di un esecutivo), sono stati introdotti elementi di significativa discontinuità e, se sì, con quali risultati.

Questa valutazione è importante anche perché può costituire la base per un bilancio del biennio trascorso da Meloni a Palazzo Chigi.

La legge di bilancio in discussione in questi giorni reitera un mix di misure già sperimentate sia dal centro-sinistra, sia dal centro-destra, a partire dai primi anni Novanta.

Fu, quella, una fase nella quale si decise di accelerare la transizione dal modello di economia mista prevalente negli anni Sessanta-Settanta (con rilevante intervento dello Stato, sia per la fornitura di servizi di welfare, sia come produttore di beni attraverso le imprese pubbliche) al modello di economia di mercato deregolamentata.

Tutti i principali provvedimenti annunciati o già realizzati da questo Governo (dalle agevolazioni fiscali alle imprese, alla reintroduzione dei voucher, al taglio dei finanziamenti alle Università, alle privatizzazioni, alla spending review) sono già stati sperimentati e costantemente ripetuti proprio a partire dalla svolta dei primi anni Novanta.

È interessante poi osservare che i due principali “cavalli di battaglia” di Giorgia Meloni – il rinnovo annuale una tantum del taglio del cuneo fiscale e la Legge sull’autonomia differenziata – non solo non rappresentano nulla di nuovo nella nostra Storia recente, ma sono sempre stati i punti di forza di Governi di centro-sinistra.

Per quanto riguarda il primo provvedimento, occorre ricordare che è stato inaugurato dal primo Governo Prodi nella Legge Finanziaria 2007, seguito, sulla medesima linea, dal Governo Renzi e successivamente dal Governo Draghi (con Fratelli d’Italia all’opposizione).

La Legge Calderoli sull’autonomia differenziata, motivo di vanto per Meloni e i suoi ministri, non si configura come provvedimento di politica economica, trattandosi di una Legge che si limita, al momento, a stabilire le procedure da seguire per il decentramento dei poteri alle Regioni che ne faranno richiesta.

Ciò almeno fino a quando non saranno individuate le risorse per finanziare i LEP. Anche in questo caso, non ci si trova di fronte a una discontinuità: la riforma del titolo V della Costituzione del 2001, da parte del Governo D’Alema, ha introdotto, per la prima volta, l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa per le regioni e le autonomie locali, creando le condizioni per il decentramento amministrativo.

Il Governo Meloni, dunque, fin qui, non ha fatto nulla di nuovo.

Ma vi è di più. Ha seguito, senza alcuna originalità, un indirizzo di politica economica che si è rivelato via via sempre più dannoso per l’economia italiana.

Ciò vale sia nel breve sia nel lungo periodo.


a) Nel primo caso, può essere sufficiente rilevare che il tasso di crescita – che si può usare come misura del successo dell’azione di governo – è passato dal 4% del 2022 allo 0.7% del 2023 e dello 0.3% nel primo semestre del 2024, secondo le ultime rilevazioni ISTAT (ottobre 2024).

Su fonte OCSE, il tasso di crescita dei Paesi industrializzati è, quest’anno, nell’ordine del 3.2%. Facciamo, dunque, peggio degli altri e peggio di prima.

Ciò nonostante un contesto macroeconomico sostanzialmente favorevole, per il calo del tasso di inflazione, dei tassi di interesse BCE e per l’ampio spazio fiscale derivante dal PNRR: un contesto che non è stato determinato dalle politiche attuate da questo Governo.

b) Per quanto attiene agli andamenti di lungo periodo, occorre considerare che l’economia italiana sperimenta una continua riduzione del tasso di crescita del Pil (e della produttività del lavoro) da oltre trent’anni.

L’evidenza empirica mostra che, soprattutto nel caso italiano, il declino coincide e accelera con l’aumento del grado di libertà economica.

La libertà economica viene, di norma, misurata con l’indice di Fraser e include numerose variabili, fra le quali la facilità di assunzione e licenziamento e l’entità dell’intervento pubblico in economia.

Una ampia ricerca della Banca d’Italia documenta questa relazione (si veda Gianni Toniolo, a cura di, L’Italia e l’economia mondiale. Dall’Unità a oggi, Collana storica della Banca d’Italia, 2013).

Dividendo in due sotto-periodi la nostra storia economica recente, si può riscontrare che negli anni successivi alla svolta liberista del 1992 – svolta che Meloni riproduce – il tasso di crescita del Pil in Italia ha registrato un aumento medio annuo dello 0.9% e la nostra economia ha sperimentato ben quattro recessioni.

Per contro, dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, in una stagione caratterizzata da maggiore intervento pubblico in economia, l’Italia ha fatto registrare aumenti del Pil reale mediamente superiori al 4%.

Fra il 1951 e il 1963 il prodotto interno lordo è cresciuto in media del 5,9% annuo, con un picco dell’8,3% nel 1961. In più, dal secondo dopoguerra al 1992 abbiamo sperimentato una sola recessione – quella provocata dalla crisi petrolifera del 1973 – e la massima convergenza del Pil pro capite fra Mezzogiorno e Nord del Paese (68% nel 1975, a fronte del 55% attuale).

La vera novità è semmai l’improvvisazione che spinge da due anni il Governo a provare, senza esito, a tassare gli extra-profitti bancari, per arrivare alla surreale proposta dei giorni scorsi (del viceministro all’Economia Federico Freni) di accordarsi con il settore bancario italiano per una “collaborazione concordata” con le banche in merito alla quantificazione delle tasse sui loro profitti.

Va ricordato, ove mai ve ne fosse bisogno, che la tassazione è da sempre e per definizione, un prelievo coattivo, che serve per finanziare le spese dello Stato.

È probabile, quindi, prendendo sul serio Giorgia Meloni, che il suo governo passerà alla Storia o per aver ripetuto misure già note o per aver introdotto nella politica economica nazionale una dose addizionale di incompetenza.

L’ossimoro della “tassazione su base volontaria” – con l’aggravante che la possibilità di non pagarle è un privilegio esclusivo delle banche – sta lì a dimostrarlo.

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Attualità

In Italia si muore di lavoro da Bolzano in giù.

di Piero Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Un autotrasportatore 41enne di Motta Camastra (Messina), è morto lunedì 7 ottobre in un incidente stradale avvenuto sulla ss 284 nei pressi di Scalilli, a Paternò (Catania).

Alla guida di un autoarticolato, l’uomo si è trovato la corsia di marcia invasa dall’automobile guidata da un 80enne di Paternò.

Nel tentativo di evitarla ha finito per lo schiantarsi contro un muro di contenimento. Nell’urto il tir si è rovesciato e ha preso fuoco, così come la vettura.

Entrambi i conducenti sono rimasti intrappolati tra le fiamme, senza possibilità di scampo.

Antonio Nazzaro, 60enne dipendente della Magazzini Generali Silos Frigoriferi, è morto lunedì 7 ottobre nel porto commerciale di Napoli, travolto da una gru durante le operazioni di scarico di una nave della compagnia cinese Cosco, ormeggiata alla banchina 42 con a bordo un carico di cellulosa.

L’agricoltore 60enne Helmut Volgger è morto lunedì 7 ottobre a Racines (Bolzano), schiacciato dal quad agricolo con il quale stava partecipando alla vendemmia nei terreni di famiglia in zona Telves.

Il veicolo si è rovesciato mentre Volgger percorreva una strada bianca, profondamente segnata dalle precipitazioni degli ultimi giorni.

#AntonioNazzaro#helmutvolgger#mortidilavoro

Ottobre 2024: 18 morti (sul lavoro 13; in itinere 5; media giorno 2,5)

Anno 2024: 880 morti (sul lavoro 664; in itinere 216; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

87 Campania (72 – 15)

79 Veneto (54 – 25)

70 Sicilia (49 – 21)

65 Lazio (42 – 23)

64 Emilia Romagna (50 -14)

57 Toscana (46 – 11)

54 Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 – 😎,

Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Liguria (14 – 2), Estero (13 – 3)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Alto Adige (11 – 1), Umbria (12 – 0)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Attualità

Il cadornismo di gramsciana memoria e l’attuale politica italiana.

Valentino Gerratana (terzo da destra in alto) fra i gappisti romani nel 1944. (Courtesy by Wikipedia).

Nel suo editoriale di insediamento alla direzione di Repubblica, Mario Orfeo scrive: “Una filosofa della politica mi ha citato Gramsci e la sua definizione di cadornismo politico: per la destra italiana “una cosa è giusta solo perché decisa da chi comanda e se non viene attuata la colpa è di chi si oppone”.

Vale la pena, dunque, andare a rileggere il significato che Gramsci dette al termine “cadornismo”.

In “Gramsci le sue idee nel nostro tempo” (Editrice l’Unità, Roma 1987), il filosofo e docente di storia della filosofia all’Università di Salerno, Valentino Cerratana (1919-2000), scrive:

 “Cadornismo

Del generale Luigi Cadorna, capo di Stato maggiore nella prima guerra mondiale fino al disastro di Caporetto, Gramsci si era occupato con particolare attenzione in occasione delle accese polemi­che sollevate intorno alla sua responsabilità per quella catastrofica sconfitta militare.

Ma Cadorna e Caporetto diventano ben presto nella riflessione gramsciana soprattutto metafore di un pensiero politico.

Molto spesso del resto nel linguaggio dei Quaderni la strategia militare si trasforma da forma apparente di modello in metafora eloquente della riflessione politica (vedi il caso più noto del confronto tra «guerra di movimento» e «guerra di posizione»).

Cadorna è visto da Gramsci come un burocrate della strategia: colui che sacrifica la realtà allo schema e che dopo aver costruito il suo piano strategico con ipotesi «logiche» non esita a dar torto alla realtà e si rifiuta di prenderla in considerazione.

In questo tipo di strategia agli individui non spetta altra sorte che quella di essere sacrificati, e non ha senso quindi parlare di sacrifici inutili.

Gramsci comincia col mettere in dubbio che questa logica sia valida già sul terreno della strategia militare.

Ma ciò che più gli preme è il discorso polemico contro quelli che definisce gli «strateghi del cadornismo politico» (Marx li chiamava «gli alchimisti della rivoluzione»).

È difficile, sottolinea Gramsci, estirpare dai «dirigen­ti» il «cadornismo»: «cioè la persuasione che una cosa sarà fatta perché il dirigente ritiene giusto e razionale che sia fatta, se non viene fatta, “la colpa” viene riversata su chi “avrebbe dovuto” ecc.

Così è difficile estirpare l’abitudine criminale di trascurare di evitare i sacrifici inutili.

Eppure il senso comune mostra che la maggior parte dei disastri collettivi (politici) avvengono perché non si è cercato di evitare il sacrificio inutile, o si è mostrato di non tener conto del sacrificio altrui e si è giocato con la pelle altrui».

Estirpare le cattive abitudini della politica era diventato il chiodo fìsso di Gramsci.

Si era convinto che queste cattive abitudini erano radicate in una concezione della politica basata sulla divarica­zione dei compiti dei governanti e dei governati, dei dirigenti da una parte e dei diretti dall’altra: ai primi spetta solo decidere, ai secondi solo eseguire.

Il vizio cadornistico di giocare con la pelle altrui trova qui il suo più succoso alimento.

Per questo gli errori più gravi sono anche i più difficili da raddrizzare.

Con un’altra immagine, cambiando metafora, Gramsci tornava a insistere: «è vero che si è formata una mentalità sportiva che ha fatto della libertà un pallone con cui giocare a football.

Ogni “villan che parteggiando viene” immagina se stesso dittatore e il mestiere del dittatore sembra facile: dare degli ordini imperiosi, firmare carte ecc. poiché si immagina che “per grazia di Dio” tutti ubbidiranno e gli ordini verbali e scritti diverranno azione: il verbo si farà carne.

Se non si farà, vuol dire che occorrerà attendere ancora, finché la “grazia” (ossia le cosiddette “condizioni obiettive”) lo renderanno possibile».

Da questo testo dei Quaderni del carcere appare confermata l’impressione che la polemica gramsciana contro il «cadornismo politico» fosse anche una polemica interna di partito.

Gramsci aveva infatti, com’è noto, disapprovato la politica della «svolta» con cui gli strateghi del Komintern avevano deciso tra il 1929 e il 1930 il rientro in Italia di centinaia di militanti comunisti, ai quali era affidato sulla carta il compito di guidare una allora improbabile insurrezione popolare, ma che erano destinati nella realtà a marcire nelle prigioni fasciste.

Anche a questo doveva pensare scrivendo con durezza della «abitudine criminale di trascurare di evitare i sacrifici inutili».” (https://www.nilalienum.com/gramsci/0_Glossario/GCadornismo.html)

In conclusione, l’accusa di “cadornismo”, se ben si attaglia al modus operandi della destra al governo, e della sua brama arrogante di potere, sembrerebbe che di “cadornismo” non sia esente neppure l’opposizione di centrosinistra che tra campi larghi e pericolosi tatticismi coltiva da anni “il vizio cadornistico di giocare con la pelle altrui”, cioè della classe lavoratrice, e dei ceti impoveriti dall’accettazione delle logiche neoliberiste.

D’altronde l’idea che “una cosa è giusta solo perché decisa da chi comanda e se non viene attuata la colpa è di chi si oppone”, è stato l’errore fatale di Molinari con la redazione, che finalmente gli è stato fatale, costretto come è stato a cedere il posto a Mario Orfeo.

Che almeno sembrerebbe essere partito col piede giusto.

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Attualità

Netanyahu ha inguaiato l‘Europa.

“Più di recente, l’immoralità dell’Occidente di fronte alla questione palestinese non ha fatto altro che rafforzare l’ostilità del Resto del mondo.

E l’opera di macelleria compiuta a Gaza dallo Stato di Israele, soprattutto con armi americane e accettata dall’Europa e dagli Stati Uniti, ha spinto l’intero mondo musulmano dalla parte del russi.

Tanto che, complice la fragilità militare del mondo arabo e l’ostilità patologica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran, la Russia è riuscita praticamente a porsi, senza particolari sforzi diplomatici, come una sorta di baluardo a difesa dell’islam.

Lungi dall’essere emarginata, la Russia è tornata a ricoprire un ruolo centrale nel mondo”. (“La sconfitta dell’Occidente”, Emmanuel Todd, Fazi Editore.)

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Attualità

È morto a 71, era pensionato e lavorava in nero in un cantiere. “Chissà cosa ne pensa l’ineffabile ministra del Lavoro, madrina della macchinosa e inutile patente a punti per le aziende dell’edilizia”.

di Piero Santonastaso | Facebook/Mortidilavoro

Un pensionato di 71 anni di Tavazzano con Villavesco (Lodi), è morto sabato 5 ottobre a Lodi Vecchio cadendo da un trabattello sul quale era salito senza protezioni.

È accaduto alla Romy Cosmetics di viale Europa, azienda con 2 (due) dipendenti che confeziona cosmetici per conto terzi, con un fatturato di circa mezzo milione.

Le ultime piogge avevano causato infiltrazioni dal tetto in amianto (!) e per sistemarlo la società si era rivolta a un muratore con partita iva, che a sua volta aveva “affittato” in nero il pensionato.

Quest’ultimo sabato ha perso l’equilibrio ed è caduto da un’altezza di 5 metri, morendo sul colpo. Tutto questo è accaduto nella regione “locomotiva d’Italia”, dove le persone rischiano la vita per pochi spiccioli, in questo caso per rimpolpare una magra pensione.

“Tanti anziani hanno l’esigenza di integrare la pensione con lavori vari, spesso non regolari – ha denunciato Morwenna Di Benedetto, segretaria Filctem Cgil Lodi – È un fenomeno che si sta diffondendo sempre più e merita di essere monitorato con maggiore attenzione. Certamente sia l’affidatario diretto dell’attività sia il suo aiutante erano sprovvisti di qualsiasi dispositivo di protezione individuale. Ancora una volta emergono tutte le criticità dei nostri sistemi di controllo che, a causa soprattutto della carenza di personale ispettivo, perdono di efficacia”.

Chissà cosa ne pensa l’ineffabile ministra del Lavoro, madrina della macchinosa e inutile patente a punti per le aziende dell’edilizia.

Domenica 6 ottobre si è spento nell’ospedale Civico di Palermo il 48enne Giovanni Casano, marinaio di Lampedusa soprannominato nell’isola Lupin, che il 4 agosto scorso era rimasto gravemente ustionato dall’esplosione e dal successivo incendio del motore di un’imbarcazione che stava provando per conto terzi al largo di Punta Sottile.

Trasportato in elicottero a Palermo, aveva subito diversi trapianti di pelle nel tentativo di sostenere la sua lotta per la vita, conclusasi purtroppo domenica mattina.

#giovannicasano#mortidilavoro

Ottobre 2024: 15 morti (sul lavoro 10; in itinere 5; media giorno 2,5)

Anno 2024: 877 morti (sul lavoro 661; in itinere 216; media giorno 3,1)

135 Lombardia (94 sul lavoro – 41 in itinere)

86 Campania (71 – 15)

79 Veneto (54 – 25)

69 Sicilia (48 – 21)

65 Lazio (42 – 23)

64 Emilia Romagna (50 -14)

57 Toscana (46 – 11)

54 Puglia (36 – 18)

53 Piemonte (40 – 13)

30 Sardegna (26 – 4)

25 Marche (17 – 7)

Abruzzo (20 – 5)

22 Calabria (17 – 5)

19 Trentino (15 – 4)

16 Liguria (14 – 2),

Estero (13 – 3)

14 Friuli V.G. (12 – 2)

12 Umbria (12 – 0)

11 Alto Adige (10 – 1)

9 Basilicata (9 – 0)

7 Valle d’Aosta (7 – 0)

4 Molise (4 – 0).

Settembre 2024: 92 morti (sul lavoro 66; in itinere 26; media giorno 3)

Agosto 2024: 97 morti (sul lavoro 67; in itinere 30; media giorno 3,1)

Luglio 2024: 104 morti (sul lavoro 83; in itinere 21; media giorno 3,3)

Giugno 2024: 104 morti (sul lavoro 71; in itinere 33; media giorno 3,4)

Maggio 2024: 101 morti (sul lavoro 79; in itinere 22; media giorno 3,1)

Aprile 2024: 105 morti (sul lavoro 85; in itinere 20; media giorno 3,5)

Marzo 2024: 84 morti (sul lavoro 68; in itinere 16; media giorno 2,7)

Febbraio 2024: 95 morti (sul lavoro 75; in itinere 20; media giorno 3,2)

Gennaio 2024: 81 morti (sul lavoro 55; in itinere 26; media 2,6).

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Molinari, te ne vai o no, te ne vai sì o no.

Maurizio Molinari, ex direttore di Repubblica.

Maurizio Molinari imperversa su Repubblica, nonostante non sia più alla direzione, oggi il giornale pubblica il suo editoriale.

Un peana al sionismo, senza un briciolo di terzietà, che dovrebbe connaturare il ruolo di un grande giornale. Non si capisce perché il nuovo direttore non abbia salutato i lettori, il Cdr non abbia espresso il suo gradimento: il cambio della guardia alla direzione di Repubblica è uno dei misteri della Repubblica.

Tornando ai contenuti dell’editoriale di Molinari, si nota un certo sporchino intellettuale, soprattutto da parte di chi ha avuto la presunzione di firmare almeno un paio di saggi sulle questioni geopolitiche che riguardano il Mediterraneo.

Il sospetto, più che comprensibile, è che il pezzo di oggi voglia fare da copertura ideologica alla minacciata e imminente rappresaglia minacciata contro l’Iran da parte di Netanyahu. Continuare la solfa propagandistica secondo cui criticare Israele sarebbe antisemitismo è accendere un candelotto fumogeno sulle vere ragioni del bellicismo spasmodico del premier israeliano.

Gillas Kepel, importante studioso del Medio Oriente.

“L’opposizione di Netanyahu (a ogni proposta di cessate il fuoco, ndr) è un’ostacolo solo finché rimarrà al potere, il che dipende dal fatto che l’operazione armata a Gaza continui o si concluda.

Se gli ostaggi sopravvissuti saranno liberati e la guerra finirà, in Israele si terranno le elezioni, le cui probabilità di successo per lui sono scarse.

Ma la cancellazione di questa ipoteca, se mai avverrà, lascerà intatta quella di Gaza, con le sue infrastrutture distrutte e l’85 per cento della sua popolazione sfollata nella zona di confine del Sinai egiziano intorno a Rafah, e sprofondata in una stato di indigenza e di stress sanitario e alimentare catastrofico”.

Questo scrive Gilles Kepel in “Olocausti” (traduzione dal francese di Lorenzo Alunni, per Feltrinelli, settembre 2024). Tesi avvalorata dall’attacco contro il Libano, evento successivo alla pubblicazione di questo saggio, che conferma la brama di guerra di Netanyahu, unica chance di non perdere i potere e finire in galera per corruzione.

Quanto a Maurizio Molinari, che ha perduto il posto prestigioso che aveva a Repubblica, perché ha perduto copie e credibilità da parte della redazione, e si ostina a fare il megafono della propaganda del Likud, è bene se ne faccia una ragione: da tempo ha ormai perso ogni credibilità anche, e soprattuto, agli occhi dei lettori.

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Ricevo la seguente precisazione:

“Il direttore saluterà i lettori sul giornale di domani, che sarà l’ultimo che firma.

Il gradimento del nuovo direttore avverrà dopo il discorso dello stesso e il piano editoriale che presenterà alla Redazione nei prossimi giorni. Il nuovo direttore si insedia domani mattina, ma il giornale in edicola domani è stato chiuso oggi dal vecchio direttore.

Quindi sarà il giornale di carta di domani mattina, ancora diretto e chiuso questa sera da Maurizio Molinari, a ospitare presumibilmente il suo saluto ai lettori. Cosa diversa per il sito che da domani mattina sarà diretto da Mario Orfeo”.

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